Leonardo da Vinci
Leonardo da Vinci si formò come artista, ma nel corso della sua carriera tese a diventare uno scienziato. Il suo studio delle leggi e delle forme naturali, oltre che finalizzato alla mimesi artistica o tecnologica (processo già avviato nel mondo delle botteghe degli artisti e degli ingegneri fiorentini del Quattrocento, e che egli portò a compimento), diventò studio autonomo e prettamente scientifico. La sua opera ha assunto, per genesi e per caratteristiche, i tratti di un caso di grande interesse per la storia della scienza.
Leonardo nacque a Vinci (nei dintorni di Firenze) il 15 aprile 1452. Entrò ancora ragazzo nel mondo delle botteghe fiorentine, come quella di Andrea del Verrocchio, nella quale si formò tra il 1469 (e forse anche prima) e il 1476. In questo mondo egli trovò una commistione di arte e di tecnologia che costituì per lui una fondamentale lezione, ma anche una concezione produttivistica dell’opera d’arte, ancorata a precise commissioni e scadenze, verso la quale fu presto insofferente.
Così, nel 1482 lasciò Firenze per la Milano degli Sforza. Una grande corte signorile poteva assicurargli uno stipendio che lo affrancasse dalle scadenze legate alla produttività del mondo delle botteghe e che gli consentisse di realizzare a suo agio le proprie ricerche scientifiche.
Quando, nel 1499, lasciò Milano, rientrando a Firenze l’anno successivo, non fu certo per nostalgia della città nella quale si era formato, ma per la caduta degli Sforza. Rimase a Firenze pochi anni, e dal 1506 fece ritorno a Milano, dopo aver intessuto buoni rapporti con i francesi, nuovi signori della città.
Solo il richiamo di una corte più fastosa lo portò a cambiare ancora residenza. Nel 1513 fu eletto papa, con il nome di Leone X, il fiorentino Giovanni de’ Medici, e Leonardo, che era in ottimi rapporti con Giuliano, fratello del nuovo papa, decise di lasciare Milano per Roma.
L’ultimo trasloco, nel 1517, fu sempre per una corte, ancora più potente: quella del re di Francia Francesco I ad Amboise, dove Leonardo trascorse gli ultimi anni della sua vita e dove morì, il 5 maggio 1519.
L’anatomia e ciò che (con termine anacronistico, ma per chiarezza) possiamo definire geologia sono gli ambiti scientifici ai quali Leonardo dedica maggiore attenzione, e probabilmente quelli in cui la sua ricerca raggiunge i risultati migliori. Questo non è forse casuale, dato che, in entrambi i casi, si tratta di scienze descrittive e morfologiche, dominate dalla comprensione delle forme naturali e quindi implicanti un forte tasso di visualizzazione.
L’origine dell’interesse di Leonardo per l’anatomia ha un contesto preciso: il mondo delle botteghe artistiche fiorentine nel quale egli si forma è in quel periodo il centro dell’anatomia artistica. Leonardo parte da questo orizzonte, ma lo supera presto. L’anatomia artistica, Michelangelo Buonarroti incluso, non va oltre lo studio di muscoli e ossa in funzione di una corretta rappresentazione del corpo umano in arte. Leonardo punta più in alto, considerando ogni sistema anatomico del corpo umano e ambendo a rinnovare l’anatomia come scienza.
Dopo aver realizzato, verso il 1485, un gruppo di studi di muscoli e ossa ricchi di innovazioni ma sostanzialmente legati ancora all’anatomia artistica, egli esegue nel 1489 lo studio accurato di un cranio umano (ff. 19057-59 dei manoscritti e disegni di anatomia conservati nella Royal library a Windsor Castle, d’ora in poi RL), che ci introduce nella dimensione filosofica della sua ricerca anatomica, a lungo incompresa e che è stata chiarita dagli studiosi solo recentemente. Scopo precipuo di queste lucidissime rappresentazioni del cranio è infatti l’individuazione della sede dell’anima intellettiva, che Leonardo tenta di individuare in un punto centrale e interno in base alla ricerca di rapporti proporzionali tra le parti ossee che compongono la testa.
Questa connessione diretta tra anima e corpo è la controparte anatomica della contemporanea ricerca fisiognomica, affidata a una serie di disegni e brani (per es., RL, f. 12490). In effetti, entrambi gli orizzonti di studio, quello craniologico e quello fisiognomico, sono originali sviluppi della tradizione aristotelica di studio anatomico de animalibus. La fisiognomica zoologica è infatti parte di questa tradizione e dei suoi sviluppi leonardiani.
Allo stesso tempo, l’anima intellettiva di cui Leonardo cerca di individuare la sede organica è identificata con il senso comune, che nella tradizione era una stazione di convergenza delle sensazioni esterne. In tal modo Leonardo tende ad abbassare l’intelletto umano verso un livello sensitivo, virtualmente condiviso da uomini e animali. Come testimoniato anche da studi di anatomia comparata (per es., il manoscritto K dell’Institut de France a Parigi, f. 110r), Leonardo studia l’anatomia umana partendo dal mondo animale, in modo esattamente contrario all’indirizzo che sarebbe prevalso nella storia della biologia fino al Settecento.
La ricerca anatomica di Leonardo subisce un’intensificazione a partire dal 1507 circa, quando, nell’ospedale di Santa Maria Nuova a Firenze, egli realizza due dissezioni umane: quella di un vecchio e quella di un bambino di due anni (come descritto in RL, f. 19027v). A seguito di queste dissezioni egli fornisce una delle prime descrizioni di arteriosclerosi senile, sviluppando in modo originale una tradizione di studio dell’anatomia patologica affermatasi a Firenze tra fine Quattrocento e inizio Cinquecento, per es. con Antonio Benivieni (1443-1502).
Ma è soprattutto dopo il rientro a Milano che Leonardo, tra il 1510 e il 1513, realizza gli studi anatomici più intensi: quelli noti come Anatomia A (incentrati su muscoli e ossa), quelli sul cuore e quelli embriologici contenuti in fogli ora presso la citata Royal library.
L’Anatomia A costituisce, nella storia della scienza, il più antico gruppo di rappresentazioni sistematiche di ossa e muscoli basate su dissezioni condotte secondo il nuovo spirito umanistico ispirato a Galeno. Più tardi, il De humani corporis fabrica (1543) di Andrea Vesalio sarà l’opera più rappresentativa di questo indirizzo. Non esiste alcun rapporto diretto tra queste due opere: tuttavia Vesalio si forma in Veneto, ambiente dominato già all’inizio del secolo da un deciso umanesimo medico e dal quale proviene Marcantonio della Torre (1481-1511), anatomista che insegna nell’università di Pavia proprio intorno al 1510, periodo cui risalgono appunto le dissezioni condotte da Leonardo e che sono alla base dell’Anatomia A. La collaborazione di Leonardo con della Torre, riferita da Giorgio Vasari nella sua biografia di Leonardo (in Vite de’ più eccellenti architetti, pittori et scultori italiani […], ed. 1568), può aver contribuito non solo al galenismo dell’Anatomia A, ma anche ad arricchire il bagaglio filosofico-naturale di Leonardo, data l’impostazione di alcune opere di della Torre.
Gli studi sul cuore, realizzati specialmente verso il 1513, quando Leonardo si trova a Vaprio d’Adda (presso Milano), ospite della famiglia del suo allievo Francesco Melzi, sono basati su dissezioni di animali, ma contengono impressionanti descrizioni dinamiche del sangue e dettagliatissime illustrazioni delle valvole cardiache e degli atri. Anche se in questi studi egli non scopre la circolazione del sangue, alcune sue descrizioni morfologiche sono più esatte di quelle di autori più tardi, incluso l’inglese William Harvey (1578-1657).
Con gli studi embriologici ritorniamo in una dimensione più filosofica. Leonardo, che li ha iniziati a Milano verso il 1509, continua a inserirvi note anche quando, nel periodo 1513-16, si trova a Roma. Essi comprendono la rappresentazione di un feto umano nell’utero (RL, f. 19102r), con il feto certamente basato su un esemplare umano, laddove la placenta, rappresentata come una serie di formazioni bottoniformi interne alla parete uterina, è palesemente basata su una dissezione bovina. Ma al di là di questa dimensione morfologica, ne esiste una filosofica. Leonardo, studiando la placenta, si interroga sullo statuto vitale del feto. Si pone domande del tipo: il feto è vivo o meno? Ha un’anima o si trova sotto la tutela dell’anima materna?
Tali questioni sono molto pericolose da un punto di vista teologico, e proprio mentre Leonardo arriva a Roma, nel 1513, durante il V Concilio Lateranense il papa Leone X promulga la bolla Apostolici regiminis, condannando come eretici i filosofi naturali che tendono a dimostrare la mortalità dell’anima. Il De immortalitate animae (1516) di Pietro Pomponazzi viene accusato di eresia proprio a seguito di questa bolla, e pubblicamente bruciato. Pomponazzi insegna a Padova negli anni in cui della Torre vi è studente, e forse quest’ultimo può essere stato per Leonardo il veicolo di tali idee ‘materialiste’. Fatto sta che proprio mentre Leonardo è a Roma, qualcuno lo accusa presso il pontefice a causa delle dissezioni che egli compie in un ospedale (probabilmente quello di Santa Maria della Consolazione), come egli stesso riporta nel Codice Atlantico (f. 500r).
La parte più celebre e più studiata delle ricerche di Leonardo in ambito geologico, sparsa in vari altri manoscritti e raccolta soprattutto nel Codice Leicester, è certamente data dagli studi idrologici, e questo a ragione, dato che l’acqua è certamente, tra i quattro elementi, quello che Leonardo considera l’agente fondamentale delle trasformazioni alla base della forma della Terra. Leonardo è tra i primi a porre al centro dello studio della Terra il suo processo formativo, ovvero la sua storia. I fossili di animali marini ritrovati in montagna diventano per lui elemento fondamentale per ricostruire questa storia.
Leonardo ipotizza due fondamentali eventi alla base della struttura attuale della Terra. Uno di questi avrebbe agito a livello locale, ed è da lui individuato nell’abbassamento del Mediterraneo dopo l’apertura dello Stretto di Gibilterra. L’altro è di tipo più globale, e riguarda la Terra nel suo insieme. L’erosione delle montagne a opera delle acque scarica in mare terre che appesantiscono il fondo degli oceani, i quali occupano soprattutto gli antipodi, cioè l’emisfero opposto al nostro (quello abitabile). Conseguentemente, come in una bilancia o in un’altalena, all’abbassamento dell’emisfero oceanico fanno riscontro un alleggerimento e una risalita di quello abitabile e delle sue montagne. Grazie a questo opposto moto, il centro di gravità del globo terracqueo si mantiene fisso al centro dell’Universo. La risalita delle montagne nell’emisfero abitabile può altresì avvenire, ipotizza Leonardo, per un immane crollo sotterraneo, dovuto sempre a erosione, con relativo appesantimento degli antipodi e conseguente risalita di monti nell’emisfero abitabile (Codice Leicester, f. 36r).
Le forme in cui questi concetti di statica vengono applicati al corpo della Terra sono, insieme alla concezione storica della Terra, uno degli aspetti fondamentali e più innovativi della ricerca geologica di Leonardo.
Tra le scienze quantitative (o prevalentemente quantitative) indagate da Leonardo vi sono le proporzioni, la geometria e l’aritmetica, la statica e la meccanica, l’ottica e l’astronomia. Il loro studio si sviluppa soprattutto durante il primo soggiorno milanese, quando, specialmente negli anni Novanta del Quattrocento, il pensiero leonardiano sembra dominato da maggiore fiducia nell’esistenza in natura di leggi matematiche. Ma ben presto subentra una sempre più forte consapevolezza dell’interferenza di fattori fisici che alterano continuamente la perfezione dei modelli matematici.
L’incontro con Luca Pacioli, giunto a Milano nel 1496, segna profondamente l’interesse di Leonardo verso questi ambiti, documentato soprattutto nei manoscritti I e M di Parigi, nel Codice II di Madrid e in numerosi fogli del Codice Atlantico. Mentre Pacioli traduce per lui dal latino Euclide, Leonardo disegna le tavole geometriche del De divina proportione, il trattato composto da Pacioli a Milano a partire dal 1496 e pubblicato nel 1509.
Più che gli esercizi aritmetici con numeri frazionari, è la geometria il campo nel quale Leonardo realizza sviluppi interessanti. Due temi lo appassionano: nell’ambito della geometria piana, lo studio dell’equivalenza tra superfici rettilinee e curvilinee, ciò che egli chiama scienza de equiparantia; nell’ambito della geometria solida, la trasformazione di un solido in un altro con lo stesso volume ma di forma diversa o, in base alla sua definizione, scienza de trasformazione. Il primo ambito diventa sempre più nelle sue mani una specie di geometria ‘pittorica’, e (specialmente nei più tardi esiti, contenuti in diversi fogli del Codice Atlantico) l’equivalenza tra superfici rette e curve, segnate come aree chiare o scure, genera mosaici geometrici di grande interesse e bellezza. L’altro, la trasformazione dei solidi, diventa in modo analogo una specie di scultura virtuale.
Sviluppando un’antica tradizione di studi, nata soprattutto tra gli architetti e che, nel Rinascimento, viene rivisitata ripartendo da quello che sulle proporzioni del corpo umano aveva stabilito Vitruvio, Leonardo indaga i rapporti proporzionali tra le varie parti del corpo umano. L’esempio più celebre di tali indagini è il disegno conosciuto come Uomo vitruviano (Venezia, Galleria dell’Accademia, nr. d’inventario 228). Risalente al 1490 circa, rappresenta la fiducia di Leonardo nelle scienze quantitative. Oltre a restituire una serie di rapporti proporzionali interni tra le dimensioni di parti singole del corpo (testa, volto, mano, naso) e le dimensioni del corpo nel suo insieme, questo studio rappresenta anche, in modo magistrale (perché simultaneamente nella stessa immagine), la nozione vitruviana secondo la quale il corpo maschile di proporzioni ideali è quello che può essere inscritto in un cerchio e in un quadrato. Leonardo estende questo campo di studio ad ambiti mai toccati dai suoi predecessori, come il mutamento delle proporzioni del corpo umano nel corso del tempo.
Questa scienza attrae Leonardo come altri artisti del Rinascimento, quali Leon Battista Alberti, Filippo Brunelleschi e Lorenzo Ghiberti, che non solo ne sviluppano i contenuti ma la utilizzano in funzione della rappresentazione dello spazio in arte: le leggi matematiche alla base della visione diventano leggi della rappresentazione dello spazio in pittura, o prospettiva.
Il contributo migliore dato all’ottica da Leonardo consiste nello studio di una serie di complicanze fisiche che ai suoi occhi intaccano l’esattezza delle leggi proporzionali e matematiche della piramide prospettica albertiana. Così, se l’immagine della forma di un dato oggetto raggiunge l’occhio senza perdere la sua individualità, nonostante il suo incrociarsi con le immagini di altri oggetti, lo stesso non può dirsi per i colori, per i rapporti tra ombre e luci, che si influenzano e alterano a vicenda.
In seguito, approfondendo gli studi di anatomia e fisiologia dell’occhio (manoscritto D di Parigi), anche la diffusione piramidale con apice nell’occhio delle immagini delle forme degli oggetti viene da lui messa in crisi, perché, come egli sottolinea, l’immagine termina, nell’occhio, non in un punto ma su una superficie. La prospettiva aerea applicata in vari capolavori sarà l’esito di questo passaggio da un’ottica matematica a una prevalentemente fisica.
Quest’ambito diventa in Leonardo l’originale campo di applicazione dei suoi studi di ottica. La Luna è il corpo astronomico più indagato negli studi sparsi in vari manoscritti (per es., Codice Leicester, Codice Arundel, manoscritto F di Parigi). Leonardo arriva a dimostrare, correttamente, che la Luna ha natura analoga a quella della Terra. Questa dimostrazione rifiuta la concezione tradizionale che attribuiva una natura perfetta alla Luna, perché, come gli altri corpi celesti, formata da una sostanza incorruttibile, l’etere. La dimostrazione di Leonardo contiene tuttavia un’ipotesi erronea, quella dell’esistenza di mari lunari. Tale conclusione è raggiunta attraverso un’analisi ottica e un ragionamento analogico: così come la luce del Sole, riflessa da un mare mosso da tante onde, viene percepita da un occhio posto lontano dal mare come uniforme luminosità, così la luminosità uniforme della Luna piena deriva, analogamente, dalla presenza sulla Luna di mari, le cui onde riflettono la luce del Sole verso gli osservatori posti sulla Terra.
Il Medioevo aveva lasciato fondamentali opere sia nella scienza de ponderibus (statica), sia nello studio dinamico (causa) e cinematico (fenomenologia) del movimento. Come nel caso di altre scienze quantitative, esistono nell’opera di Leonardo tracce evidenti del suo avvicinamento alla dimensione teorica di queste scienze. Egli si occupa a più riprese della spiegazione del movimento in base alla teoria aristotelica dell’antiperistasi, che attribuisce valenza dinamica al mezzo fluido (aria o acqua) in cui avviene il movimento, o in base alla teoria medievale dell’impetus, che postula una forza motrice impressa nel mobile dal suo motore. Leonardo opta ora per l’una, ora per l’altra, ma lo spazio attribuito nella sua opera all’antiperistasi sembra coerente con la tendenza a dare rilievo alla dimensione fisica dei fenomeni.
Anche in merito al movimento del corpo umano e animale, gli esiti più importanti degli studi in Leonardo consistono nella loro applicazione a fenomeni concreti, con l’importante versione mimetica e tecnologica data dai progetti per la macchina volante.
Leonardo progetta macchine di svariata destinazione, spesso legate a bisogni concreti, come quelli connessi con la regimentazione delle acque o con la guerra. Tuttavia, l’aspetto più affascinante delle sua opera tecnologica consiste nella concezione della macchina come imitazione radicale della natura. Questa dimensione teorica consente di dare valenza scientifica a studi tecnologici altrimenti chimerici se considerati in base ai materiali dell’epoca, come quelli per il volo umano. Questi diventano anzi i più rappresentativi della sua opera di inventore.
I primi progetti per tali macchine realizzati da Leonardo a Firenze (per es., nel f. 447E della Galleria degli Uffizi, o nel Codice Atlantico, f. 860r) erano destinati alla scena teatrale, secondo una pratica attestata più volte in quella città nel corso del Quattrocento. Peraltro, l’ambito delle macchine per il teatro vede Leonardo molto impegnato anche in anni più tardi, come documentato dagli allestimenti realizzati per le corti milanese e francese. Ma, per quanto concerne la macchina volante, la grandezza di Leonardo consiste nell’andare oltre questa dimensione pratica di bottega e nell’immaginare una macchina realmente capace di far volare l’uomo.
I numerosi studi destinati a questo progetto possono essere divisi in tre fasi successive. Negli anni Novanta del Quattrocento, punto di partenza sono le potenzialità dinamiche del corpo umano: il famoso progetto del vascello volante (manoscritto B di Parigi, f. 80r) è per l’appunto un sistema macchinale che intende trasmettere alle ali della macchina il movimento sviluppato da braccia, gambe e testa del pilota. Nei primi anni del Cinquecento, epoca cui risale il Codice sul volo degli uccelli (Torino, Biblioteca reale), il punto di partenza è costituito invece dal volo naturale e dall’anatomia degli uccelli, e la dimensione mimetica raggiunge il suo culmine. Infine, negli ultimi anni, l’attenzione si sposta sull’aria e i venti e sulla possibilità del volo a vela.
È soprattutto come ingegnere militare, più che come artista, che Leonardo si presenta nella famosa lettera indirizzata al duca Ludovico Sforza, detto il Moro, all’epoca del suo trasferimento da Firenze a Milano (Codice Atlantico, f. 1082r).
Negli anni trascorsi a Milano egli progetta gigantesche balestre e carri falcati, proposti in vari fogli del Codice Atlantico. A questi progetti di carattere più virtuale fanno seguito, dopo il rientro a Firenze (dove per alcuni mesi è ingegnere militare per Cesare Borgia), studi molto più concreti e riflessioni sulle armi da fuoco. Si tratta di studi riguardanti sia la difesa da queste ultime (per es., progetti di fortezze capaci di ridurre l’impatto dei proiettili), sia l’offesa e il miglioramento delle artiglierie, come il sistema rotante con sedici bocche di fuoco (Codice Atlantico, f. 1r).
Così come lo studio scientifico dell’aria ha una sua ricaduta tecnologica nei progetti per la macchina volante, gli studi dell’acqua hanno come controparte pratica una serie di progetti di ingegneria idraulica. Ben documentata è l’attività di Leonardo come ingegnere idraulico per vari governi: quello fiorentino, con progetti destinati a rendere navigabile l’Arno; quello francese a Milano, con progetti di canalizzazione delle acque a nord della città; quello pontificio, con il progetto di bonifica delle paludi pontine (RL, f. 12684).
Tutti questi progetti sono basati su attente ricognizioni topografiche intorno alla natura dei suoli, la loro storia e la loro interazione con le acque oggetto di intervento. Al di là della produzione cartografica (si pensi alla mappa di Imola; RL, f. 12284), molti disegni conservati a Windsor Castle e che apparentemente rappresentano paesaggi sono in realtà frutto di queste ricognizioni.
L’attività di ingegnere idraulico genera anche progetti di macchine da lavoro, come il cavafango (manoscritto E di Parigi, f. 75v) o le gigantesche gru scavacanali (Codice Atlantico, ff. 3r e 4r).
Le opere di Leonardo consistono in carte manoscritte, costituite da fogli sciolti o da raccolte di fogli in forma di codici. A Parigi, presso l’Institut de France, si trovano i manoscritti denominati da A a M. Il Codice Leicester, di proprietà di Bill Gates, si trova a Seattle. Il Codice Arundel e i Codici Forster I-III si trovano a Londra (rispettivamente alla British library e al Victoria and Albert museum), il Codice Trivulziano a Milano (Biblioteca del Castello Sforzesco), il Codice sul volo degli uccelli a Torino (Biblioteca reale), i Codici di Madrid I-II alla Biblioteca nacional di quella città. Le principali raccolte di fogli sciolti sono quella della Royal library a Windsor Castle, quella, impropriamente denominata Codice Atlantico, presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano, e quella della Galleria degli Uffizi di Firenze. Mai stampati prima della fine del Settecento, questi manoscritti sono poi stati editi in forma integrale e critica più volte.
Quasi tutti si possono trovare oggi all’interno dell’Edizione nazionale dei manoscritti e dei disegni di Leonardo da Vinci, curata dalla Commissione nazionale vinciana e pubblicata tra il 1973 e il 1998 a Firenze dalla casa editrice Giunti-Barbera:
Il Codice Atlantico della Biblioteca Ambrosiana di Milano, a cura di A. Marinoni, 12 voll., 1973-1980.
I Codici di Madrid, a cura di L. Reti, 5 voll., 1974.
Il Codice “Sul volo degli uccelli” nella Biblioteca reale di Torino, a cura di A. Marinoni, 1976.
Il Codice di Leonardo da Vinci nella Biblioteca Trivulziana di Milano, a cura di A.M. Brizio, 1980.
I disegni di Leonardo e della sua cerchia nel Gabinetto disegni e stampe della Galleria degli Uffizi a Firenze, a cura di C. Pedretti, G. Dalli Regoli, 1985.
I manoscritti dell’Institut de France, a cura di A. Marinoni, 12 voll., 1986-1990.
The Codex Hammer of Leonardo da Vinci, ed. C. Pedretti, 1987.
I Codici Forster del Victoria and Albert Museum di Londra, a cura di A. Marinoni, 3 voll., 1992.
Il Codice Arundel 263 nella British Library, a cura di C. Pedretti, C. Vecce, 2 voll., 1998.
La raccolta di fogli della Royal library a Windsor Castle è stata invece stampata in Gran Bretagna in un’edizione critica in due parti:
Corpus of the anatomical studies in the collection of Her Majesty the Queen at Windsor Castle, ed. K.D. Keele, C. Pedretti, 3 voll., London 1978-1980 (trad. it., 3 voll., Firenze 1980-1985).
The drawings and miscellaneous papers of Leonardo da Vinci in the collection of Her Majesty the Queen at Windsor Castle, ed. C. Pedretti, 2 voll., London 1982-1987.
I testi letterari sono stati editi in:
The literary works of Leonardo da Vinci, ed. J.P. Richter, C. Pedretti, 2 voll., Oxford 1977.
C. Pedretti, The literary works of Leonardo da Vinci edited by J.P. Richter: a commentary, Oxford 1977.
M. Kemp, Leonardo da Vinci: the marvellous works of nature and man, Cambridge (Mass.)-London 1981, New York 20062.
Leonardo e l’età della ragione, a cura di E. Bellone, P. Rossi, Milano 1982.
Leonardo: il Codice Hammer e la Mappa di Imola presentati da Carlo Pedretti, catalogo della mostra, Bologna, Palazzo del Podestà, Firenze 1985.
K.H. Veltman, Studies on Leonardo da Vinci: linear perspective and the visual dimensions of science and art, in collab. with K.D. Keele, München 1986.
Leonardo da Vinci, ed. M. Kemp, J. Roberts, P. Steadman, catalogo della mostra, London, Hayward gallery, New Haven (Conn.)-London 1989.
Gli ingegneri del Rinascimento da Brunelleschi a Leonardo da Vinci, a cura di P. Galluzzi, catalogo della mostra, Firenze, Palazzo Strozzi, 1996-1997, Firenze 1996.
E.O. Macagno, Leonardian fluid mechanics, 24 voll., Iowa City (Ia.) 1986-2006.
D. Laurenza, De figura umana: fisiognomica, anatomia e arte in Leonardo, Firenze 2001.
D. Laurenza, Leonardo: il volo, Firenze 2004.
P. Marani, Leonardo da Vinci, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 64° vol., Roma 2005, ad vocem.
M. Kemp, Leonardo da Vinci: experience, experiment and design, London 2006.
La mente di Leonardo: nel laboratorio del genio universale, a cura di P. Galluzzi, catalogo della mostra, Firenze, Galleria degli Uffizi, 2006-2007, Firenze 2006.
D. Laurenza, Leonardo: l’anatomia, Firenze 2009.
Leonardo’s da Vinci anatomical world: language, context and ‘disegno’, Atti del Convegno, Firenze (30-31 maggio 2008), a cura di A. Nova, D. Laurenza, Venezia 2011.
Leonardo da Vinci anatomist, ed. M. Clayton, R. Philo, catalogo della mostra, The Queen’s gallery, London 2012.