DELLAPORTA, Leonardo
Nacque a Candia prima del 1346 da famiglia di origine italiana, forse genovese, che pare però ellenizzata, almeno a giudicare dal fatto che il D., in un suo componimento poetico, si dichiara cretese e ortodosso. Non si sa alcunché dei suoi studi, ma sicuramente ricevette una buona istruzione sia italiana sia greca. A ricordato per la prima volta in un documento del 4 nov. 1364, che è una sentenza emessa dai "provisores" straordinari di Creta inviati da Venezia per giudicare i responsabili della rivolta del 1363. Il D., che al momento si trovava in prigione per aver pronunciato parole offensive contro la Repubblica, fu condannato a restarvi per tutto il mese e, in seguito, a non allontanarsi da Candia senza il permesso delle autorità veneziane finché fosse durata la rivolta nell'isola.
Negli anni seguenti il D. viaggiò a lungo visitando molti paesi sia per commercio (pare essere stato anche comandante di una nave mercantile) sia per desiderio di conoscenza. Durante la guerra di Chioggia militò sotto le insegne di Venezia, combattendo in Italia e sul fronte dell'Egeo. Si trovò a Treviso nel 1378 quando la città venne assediata dal re di Ungheria Ludovico I e, quindi, a Negroponte assediata dai Genovesi. Fu infine a Trieste al momento della cessione da parte di Venezia al duca d'Austria Leopoldo (9 ag. 1382). Durante la guerra o, più probabilmente, a guerra conclusa (tra 1381-82 e 1389) venne nominato sopracomito di galea, a Negroponte. Sembra aver compiuto in questo stesso periodo, su incarico del duca di Creta, la prima delle sue missioni diplomatiche recandosi presso il sultano Murad I di cui la Repubblica seguiva con preoccupazione i successi militari. La missione ebbe successo e, qualche tempo più tardi (31 maggio 1389), il Senato lo inviò da Venezia in Tunisia come ambasciatore presso il sultano Abu I-Abbas Ahined in seguito al fallimento di una precedente legazione.
Gli fu pertanto ordinato di imbarcarsi sulla galera dell'ammiraglio dell'Adriatico Nicolò Zeno per raggiungere a Napoli di Romania Leonardo Trevisan, viceammiraglio dell'Adriatico, il quale lo avrebbe condotto fino a Tunisi per poi riportarlo a Methoni o dove il D. volesse. Allo Zeno era stato in precedenza ordinato di esercitare una forte pressione diplornatica, assieme al Trevisan e a Pierazzo Malipiero provveditore di Napoli di Romania e di Argo, sul despota di Morea Teodoro I Paleologo per convincerlo a cedere a Venezia Argo, che i Veneziani avevano acquistato nel dicembre dell'anno precedente. Le trattative con il despota di Morea ritardarono la missione del D. per almeno un mese: sembra avervi preso parte lo stesso D., che fu ricevuto da Teodoro Paleologo nel castello costruito in cima all'acropoli di Argo. Il viaggio alla volta della Tunisia riprese in agosto ed era concluso ai primi di dicembre, quando il D. si trovava nuovamente a Venezia.
A Tunisi il D. ottenne un successo parziale giungendo a un accordo con il sultano che prevedeva la liberazione dei veneziani prigionieri (ma non la possibilità di riportarli in patria) e la disponibilità di Abu I-Abbas a firmare un accordo con Venezia a condizione che la Repubblica inviasse un ambasciatore che restasse a Tunisi anche come console. A tale fine il sultano scrisse al Senato, indicando il D. come persona adatta per ricoprire l'ufficio. Tornato a Venezia, il D. portò la letiera del sultano cui accompagnò una sua relazione e il Senato, il 9 dic. 1389, decise di aderire alla richiesta di Abu I-Abbas.
Non fu scelto però il D. e, dopo il rifiuto di due eletti, l'invio venne ritardato fino al giugno 1391. A questa data la Repubblica inviò in Tunisia Iacopo Vallaresso, che il 4 luglio 1391 ottenne la firma del trattato e la restituzione dei prigionieri.
Il D. tornò quindi a Candia (forse alla fine del 1389) per esercitarvi la professione di avvocato: l'ufficio gli era stato affidato dal Senato il 10 maggio 1389 come ricompensa per i servizi prestati allo Stato veneto.
Lo troviamo ricordato a Candia da un documento del 27 ag. 1390 come procuratore dell'abate del monastero di S. Tomaso dei Borgognoni assieme a Leonardo Trevisan consigliere del duca di Creta. La nuova professione, che il D. risulta aver esercitato fra il 1389 e il 1402, gli consentì di condurre una vita agiata per parecchi anni.
Nel 1403 il duca di Creta lo inviò nuovamente in missione diplomatica, questa volta presso il signore dell'emirato turco di Mentescè in Caria di Asia Minore per concludere un trattato di amicizia fra questo e la Repubblica. Anche questa missione ebbe. buon esito e il D. il 24 lug. 1403 riuscì nell'intento ottenendo condizioni vantaggiose per Venezia. Si trattò dell'ultimo successo del D. che, tornato a Creta, venne incarcerato.
Quando ciò sia avvenuto e per quanto tempo sia rimasto in carcere non è noto; si sa soltanto che nel luglio 1414 si trovava di nuovo in libertà. La carcerazione deve quindi essere compresa al massimo fra il 1403 e il 1414. Quanto all'accusa, sappiamo che gli furono addebitati "illeciti rapporti con una donna" e "la paternità di un figlio illegittimo" (Manussacas, 1966, p. 299). Il D. stesso, nella sua autobiografia, conferma la veridicità della prima accusa, mentre respinge con fermezza la seconda. L'11 luglio 1414, di nuovo in libertà, procedette legalmente contro un suo debitore di cui fu sequestrato il raccolto.
Morì a Candia fra la fine del 1419 e il 14 giu. 1420.
Della sua famiglia è noto soltanto il nome di un figlio, Berto, che si incontra in vari documenti.
La fama letteraria del D. è legata a quattro componimenti poetici in greco volgare scritti durante la prigionia. Il primo di questi (di 3166 versi) è un immaginario dialogo fra il poeta e la Verità e presenta particolare interesse poiché, ai vv. 1200-1376, si legge l'autobiografia dell'autore. Il secondo (168 versi) è una sollecitazione fatta dal D. alla sua anima perché non si trovi impreparata al momento del giudizio, che ha come modello in prosa un sermone in greco attribuito a Efrein Siro. Il terzo (794 versi) è la versificazione della passione evangelica di Cristo, mentre il quarto (92 versi) contiene preghiere e inni a Cristo e alla Vergine sul modello della poesia religiosa bizantina. I versi del D. sono stati in parte pubblicati o tradotti in italiano da M. I. Manussacas, che li ha scoperti nel codice I 40 del monastero del Pantocrator del Monte Athos: in greco nel 1954, nel 1957 e nel 1972-73 (ediz. completa del secondo poema alle pp. 67-72), e in italiano nel 1966.
Fonti e Bibl.: Diplomatariuni Veneto-Levanti . num sive Acta et diplomata res Venetas Graecas atque Levantis illustrantia, II,a cura di R. Predelli, Venetiis 1899, nn. 29 pp. 417 s., 137 pp. 231-37, 160 pp. 293-96; M. I. Manussacas, Περὶ ἀγνώστου Κρητὸς ποιτοῦ πρὸ τῆς ῾Αλώσεως. ῾Ο Λεονάρδος Ητελλαπόρτας καὶ τὸ ἔργον αὐτοῦ, in Πρακτικὰ τῆς ᾿Ακαδημίας ᾿Αθηνῶν, XXIX (1954), pp. 32-44; Id., La littérature crétoise à l'epoque vénitienne,in L'Hellénisme contemporain, IX (1955), p. 97; Id., ῾Ο ποιητὴς Λεονάρδος Ητελλαπόρτας ὡς πρεοβευτὴς τῆς Βενετίας εἰς Τυνησίαν, κατ᾿ἀνέκδοτα βενέτικα ἔγγπαϕα (1389), in ᾿Επετηρὶς ῾Εταιρείας Βυζαντινῶν Σπουδῶν, XXVII (1957), pp. 340-68;Id.,Νέα ἀνέκδοτα βενετικὰ ἔγγραϕα περὶ τοῦ κρητὸς ποιητοῦ Λεονάρδου Ητελλαπόρτα (σειρὰ δευτέρα 1386-1420),in Κρητικὰ Χρονικά, XII (1958), pp. 387-431;G. E. Ferrari,in Archivio veneto, s. 5, LXII (1958), pp. 113-17; F. Thiriet, La Romanie vénitienne au Moyen Age, Paris 1959, p. 302;A. Pertusi, Le fonti greche del "De gestis, moribus et nobilitate civitatis Venetiarum" di Lorenzo de Monacis cancelliere di Creta, in Italiamedioevale e umanistica, VIII (1965), pp. 169 s.; M. I.Manussacas, Un poeta cretese ambasciatore di Venezia a Tunisi e presso i Turchi: L. D. e i suoi componimenti poetici, in Venezia e l'Oriente fra tardo Medioevo e Rinascimento, a cura di A. Pertusi,Firenze 1966, pp. 283-307; B. Lavagnini, La letter. neoellenica,Firenze 1969, pp. 76, 300; M. I. Manussacas, Τὸ ὑπομνηστικόν τοῦ Λεονάρδου Ητελλαπόρτα καὶ πεζὸ πρότυπό του, in ᾿Επετηπὶς Εταιρείας Βυζαντινῶν Ζηουςῶν, XXXIX-XL (1972-73), pp. 60-74; G. Fedalto, Stranieri a Venezia e a Padova, in Storia della cultura veneta, III, 1,Vicenza 1980, p. 511.