FERRERO, Leonardo
Nato a Cuneo il 7 dic. 1915 da Antonio e da Domenica Peano. Allievo di A. Rostagni, si laureò a Torino nel 1937. Professore di latino e greco dal 1940 insegnò nei licei classici di Casale Monferrato, Cuneo e Torino.
Il F. iniziò la sua produzione scientifica con scritti sulla poetica di Lucrezio, di Catullo e di Orazio. Come rilevava il Rostagni, l'originalità del volume Poetica nuova in Lucrezio (Firenze 1949, Prefaz. di A. Rostagni) consiste nel modificare, o addirittura nello smentire, la critica che aveva presentato Lucrezio isolato dalla società ed estraneo alle correnti letterarie del tempo.
Il F. approfondì il contatto di Lucrezio con Catullo, guardando all'alessandrinismo in generale e dimostrando, con una tesi ancora valida, i legami fra il mondo poetico di Lucrezio e la poesia e la poetica neoterica e alessandrina, e non solo nella tradizione arcaicizzante.
Nei due volumi catulliani (Interpretazione di Catullo e Un'introduzione a Catullo, Torino 1955) il F. identificava la poesia con la cultura del poeta, che realizza la sua poesia nei momenti fondamentali della sua vita e dello svolgimento culturale contemporaneo.
Lo studio più problematico e più suggestivo rimane forse quello sulla poetica oraziana (La "Poetica" e le poetiche di Orazio, Torino 1959). Il metodo genetico che molto ricorda il Jaeger dell'Aristotele è applicato dal F. forse in modo più compatto di quanto sia consentito dai testi; ma pure questo lavoro, che risolve le poetiche delle Satire ed anche delle Odi nella poetica unitaria dell'Ars oraziana, è istruttivo, perché la stessa formazione dell'Epistola ai Pisoni è vista non tanto in funzione delle fonti quanto nella storia interiore dell'anima e della cultura di Orazio, "che condiziona e trasceglie le fonti".
La parte più problematica non è tanto il collegamento della poetica delle Satire con l'Arspoetica, quanto la poetica dell'ingenium rintracciata nel Canzoniere, che più difficilmente può esser considerata un'anticipazione della dottrina teorizzata nell'Arspoetica per quanto riguarda il fine del poeta e l'esperienza pratica: i carmi oraziani rigettano la techne, ma vengono tuttavia collocati nello sviluppo unitario del pensiero estetico oraziano.
Con il libro Storia del pitagorismo nel mondo romano (Torino 1955) il F. era giunto a tracciare la storia di un grande movimento filosofico o, se vogliamo, la storia di un'idea, soprattutto nell'aspetto sociale e politico, ed era giunto a concepire un disegno di proporzioni così vaste partendo dall'edizione di un testo importante come il De Republica di Cicerone. Questo dimostra il fondamento testuale della sua storia dell'idea pitagorica.
Il F. non fu solo studioso del pitagorismo, ma anche un appassionato lettore di Platone e di Aristotele; solo nel 1974 è apparsa la sua traduzione di H. F. Cherniss, The riddle of the early Academy, Berkeley-Los Angeles 1945, col titolo L'enigma dell'Accademia antica (Firenze 1974).
Dopo aver vinto il concorso universitario nel 1957, insegnò letteratura latina presso il magistero parificato dell'Aquila, e fu nel 1963 chiamato su quella cattedra dall'università di Trieste. A quella data risale una svolta decisiva dei suoi interessi. Non più i poeti Catullo, Lucrezio e Orazio, ma gli storici, il problema della storiografia romana dagli annalisti a Livio.
La interpretazione della storiografia greca come storia del passato contrapposta alla storiografia romana come storia del presente e la dimostrazione che gli storici romani del passato sono immersi nella storia, "nel gruppo sociale, nella tradizione culturale, nella vita vissuta" molto più di quanto lo fossero gli storici greci, quali storici del presente, sono due novità della ricerca ispirata dalla visione critica della letteratura romana quale si era venuta profilando agli inizi del Novecento, ma, non per questo, priva del legame col contemporaneo momento storico.
La grande tematica del Rerum scriptor. Saggi sulla storiografia romana, Trieste 1962 - il rapporto tra poesia e storia, tra storiografia annalistica e storiografia pragmatica, tra retorica e storia, tra storiografia e critica storiografica -, era un allargamento della problematica che il F. aveva affrontata nell'articolo su attualità e tradizione nella Praefatio liviana (Attualità e tradizione nella "Praefatio" liviana, in Riv. di filologia e di istruzione classica, n. s., XXIV [1949], pp. 1-47.
Tale articolo del 1949 è una trattazione analitica dei motivi interni ed esteriori presenti in uno scritto che risale al 27 a. C., che è l'anno della morte della Repubblica. Nella Praefatio confluiscono le esperienze giovanili di Livio, ma si stabiliscono anche dei principi generali che riflettono la formazione intellettuale, etica e culturale dello scrittore. Il F. non ha remora a parlare dell'elemento profondamente umano nella valutazione storica fatta da Livio, vale a dire della sollicitudo animi, che non sempre può corrispondere all'imparzialità.
L'esemplarità di questo saggio deriva dalla ricchezza dei rapporti che il F. venne man mano istituendo tra Virgilio e Livio, tra Livio e Orazio, tra tradizione storiografica greca e tradizione retorica, tra Livio e Polibio. Ma il F. individua anche problemi che poi sono diventati addirittura di moda, quale il problema del pubblico cui si rivolge l'opera, in particolare a quale specie di pubblico si indirizzasse la storia liviana.
In quest'articolo vi sono i germi della ulteriore problematica sulla storiografia romana: il F., infatti, mostrò come sulla impostazione formale, estrinseca o programmatica o tradizionalistica, prevalesse la personalità del rerum scriptor, dello storico di una res immensi operis.
Della Storia della letteratura latina. Profilo e testimonianze (Firenze 1959) il suo sodale Italo Lana bene ha colto il motivo fondamentale dell'impostazione: la tendenza del F. a subordinare gli aspetti tecnici e formali dell'opera poetica al fatto spirituale del poetare e, soprattutto, ad approfondire i caratteri pragmatici e politici, che non solo caratterizzano la civiltà culturale di Roma, ma aiutano a comprendere la condizione moderna dell'intellettuale nella società. Infatti il F. cercò di districare il problema del rapporto, nel mondo romano, tra i rappresentanti della cultura e i ceti dirigenti, tra letterati e uomini d'azione e tra autori e pubblico.
Come osservava giustamente il Lana "l'aspetto propriamente tecnico e specifico della letteratura come fatto artistico e come poesia era subordinato all'interesse per la ideologia, per la funzione civile dell'intellettuale".
Va inoltre sottolineato che l'individuazione dei fatti e dei motivi ideologici è priva di quell'oltranzismo che oggi percorre qualche storia letteraria troppo ancorata a punti di vista fondamentalmente estranei al mondo antico.Nominato preside della facoltà di lettere dell'università di Trieste nel 1963, accanto alla sua vita di studioso, il F. profuse un grande impegno e fu promotore di molte iniziative culturali.
Diede inizio a seminari sui codici latini della Biblioteca Guarneriana di San Daniele del Friuli; agitò il problema di una valorizzazione del patrimonio archeologico della regione; promosse la fondazione del Centro Slataper; stabilì rapporti di collaborazione con la Deputazione di storia patria della regione e con la Società filologica friulana. Volle infine anche la creazione dell'Istituto per l'atlante storico linguistico ettiografico del Friuli-Venezia Giulia e di un Istituto universitario di studi ladini.
Il F. morì a Trieste il 31 dic. 1965.
Tra le sue opere va ricordata anche l'edizione del De Republica (Lo Stato) di Cicerone, Firenze 1953.
Fonti e Bibl.: Cfr. gli scritti di A. Origone, M. Gigante, P. Boyancé, F. Arnaldi, I. Lana, A. Ruata, in Ricordo di L. F. (Trieste, 29 apr. 1966), Trieste 1966; G. Nenci, L. F., in Quaderni di storia, III (1967), 6, pp. 183-200; Studi di storiografia antica in memoria di L. F., Torino 1971; M. Gigante, In ricordo di L. F., in Quaderni giuliani di storia, I (1987), pp. 69-80.