MASCAGNI, Leonardo
– Nacque a Prato dove fu battezzato il 3 sett. 1560. Il padre, Giovanni di Antonio, di origini non pratesi, aveva ottenuto la cittadinanza solo quattro anni prima, nel 1556.
Legati da vincoli di parentela ad alcune tra le più facoltose e influenti famiglie di Prato – ai Buonamici, ai Guizzelmi, ai Rocchi e ai Verzoni – i Mascagni appartenevano al ceto dirigente; e se il padre Giovanni fu agente e procuratore del preposto di Prato Pierfrancesco Riccio, il M. ricoprì cariche autorevoli presso gli organi di governo e gli enti pii cittadini (nel gennaio 1598 e nel maggio 1611 fu eletto tra gli Otto priori e nel 1618 tra gli ufficiali dell’istituto di beneficenza del Ceppo vecchio).
Le notizie riguardo alla formazione pittorica del M. sono alquanto scarse. Certo è che, grazie all’appartenenza del padre all’Opera di S. Maria del Soccorso, egli ebbe modo di entrare in contatto con Santi di Tito, a cui l’Opera aveva commissionato tra il 1579 e il 1580 il dipinto per l’altare maggiore del santuario, poi consegnato nel 1585. In quest’arco di tempo il M. frequentò probabilmente la bottega di Santi di Tito, come suggerisce il fatto che un acconto versato dall’Opera di S. Maria del Soccorso per l’esecuzione della pala fu consegnato a questo pittore il 21 apr. 1582 a Firenze «per Lionardo Mascagni» (Fantappiè, II, p. 378). Un’ulteriore occasione d’incontro tra il M. e Santi di Tito fu offerta nel 1583 dal breve soggiorno pratese di quest’ultimo per affrescare le figure, oggi scomparse, di S. Marco e S. Leonardo ai lati dell’altare della chiesa di S. Maria del Soccorso.
L’ipotesi di un apprendistato presso la bottega di Santi di Tito è confortata dalla piena adesione del M. – evidente nelle opere giovanili – ai modi della pittura controriformata propria di quell’ambito; ma accanto a questa componente culturale emergono, specie in una fase più matura, anche spunti ripresi da Andrea del Sarto (Andrea d’Agnolo) e Alessandro Allori, insieme con suggestioni fiamminghe (Mannini, 1987, p. 4).
Oggi il catalogo del M. si presenta piuttosto compatto e omogeneo (Cerretelli, 1998). Il gruppo dei dipinti certi, per lo più firmati, va integrato con i numerosi riferimenti documentari a opere perdute del M., a testimonianza di una produzione pittorica distribuita prevalentemente entro i confini del territorio pratese e, cronologicamente, lungo l’ultimo decennio del Cinquecento e i primi due del Seicento.
La prima opera del M. ricordata dai documenti è il perduto ritratto di Agostino di Bindaccio Guizzelmi che dovette essere dipinto nel 1584, dal momento che l’effigiato, nato nel 1534, era «d’anni 50» (Ciardi, p. 749).
Il ritratto del canonico pratese costituisce una delle rare opere di soggetto profano documentate del Mascagni. Nel proprio memoriale Guizzelmi – prelato vicino a Carlo Borromeo e raffinato collezionista – definisce il M. «cugino nipote», annotando anche altri due incarichi da lui affidati al Mascagni. In data 10 giugno 1592 questi venne infatti pagato 30 denari per avere eseguito alcune decorazioni ad affresco in casa Guizzelmi, fra cui un secondo ritratto del committente «sopra il pozzo» e quello della sorella. Altre pitture nella dimora di Guizzelmi vennero realizzate dal M. nell’ottobre 1595 (ibid.).
Il 1° marzo 1585 il M. si immatricolò all’Accademia del disegno a Firenze e il 16 luglio dell’anno successivo ricevette il primo compenso; dalla documentazione relativa risulta residente a Prato. A partire dagli anni Novanta – probabilmente in virtù della parentela che lo legava alle famiglie più illustri della città – il M. si attestò quale principale artista locale di riferimento per la realizzazione di opere a soggetto religioso e destinazione ecclesiastica, in un periodo in cui i gusti della committenza pratese si orientavano in modo esclusivo verso l’ambito fiorentino.
Numerosi pagamenti registrati tra il 1585 e il 1611 attestano inoltre – in parallelo allo svolgersi della sua parabola artistica – l’impegno continuativo posto dal M. nell’esecuzione di «drappelloni», manufatti di carattere devozionale commissionati dai principali istituti pii pratesi. Il 9 maggio 1589 egli venne pagato 49 lire dall’Opera del Cingolo per aver dipinto una piccola tavola raffigurante la Madonna e i ss. Piero e Filippo, oggi perduta, a ornamento dell’altare di una chiesina, di proprietà dell’Opera, situata in Val di Bisenzio (Guasti, p. 124).
Nel 1591 il M. firmò il dipinto raffigurante la Madonna del Rosario per l’oratorio dell’Immacolata Concezione a Tizzana; mentre datata al 1592 è la pala – anch’essa firmata – con la Madonna e il Bambino in trono tra i ss. Chiara, Bartolomeo, Francesco e Alberto, commissionata al M. dalla Compagnia di S. Bartolomeo della chiesa del Carmine di Prato (oggi sull’altare maggiore di S. Bartolomeo). Del 1594 sono i due affreschi firmati dal M. nella sala antistante il refettorio del convento pratese di S. Domenico: il Cristo e la samaritana al pozzo sul lavabo e la lunetta con la Madonna e il Bambino tra i ss. Domenico e Marco, in cui egli riprese lo schema compositivo della Madonna del Sacco di Andrea del Sarto. Nello stesso anno il M. eseguì anche la tavola, firmata, con il Crocifisso e i ss. Marco, Girolamo, Sebastiano e Antonio Abate in S. Bartolomeo a Prato e – per una committenza esterna al territorio pratese – quella raffigurante la Visitazione per la chiesa dei Ss. Simeone e Giuda a Corniola.
In queste prime opere – caratterizzate da un cromatismo vivace e da composizioni schematiche, popolate da santi dalle espressioni devote e ingenue – il M. interpreta con rustica semplicità i dettami della pittura postridentina.
Nel 1600 i confratelli della Compagnia della Ss. Concezione di Mezzana chiesero al M. di restaurare, per la somma di 36 lire, la pala d’altare del loro oratorio raffigurante l’Immacolata Concezione – probabilmente opera di Giovanni Maria Butteri – dipingendo ai lati della Vergine le figure di S. Giovanni Battista e S. Zeno.
L’anno seguente il M. realizzò una copia della celebre Pietà (Firenze, Galleria Palatina) di Fra Bartolomeo (Bartolomeo di Paolo) su commissione del frate pittore don Raffaello Chiari dei serviti, come ricorda l’iscrizione alla base del quadro: «F. Raphaellis de Claris de Prato expensis Leonardus de Mascagnis de Prato pinxit A. D. MDCI». La tela, destinata al convento dei servi di Prato, si trova ora nella locale Galleria comunale; mentre un’altra copia della medesima composizione – ugualmente ascrivibile al M. – è conservata nella chiesa di S. Paolo a Carteano.
Sempre nel 1601 il M. firmò la Circoncisione con s. Caterina d’Alessandria per la pieve di S. Pietro a Iolo e venne pagato dall’Opera del Crocifisso del Carmine per aver dipinto un’immagine di Cristo, oggi perduta. Da questo anno la produzione del M. non è testimoniata da opere conservatesi né documentata, fino a quando, nel 1610, le monache di S. Matteo a Prato gli commissionarono un’Annunciazione, oggi in collezione privata (Cerretelli, 1998, p. 47). Databile al 1612 circa è il dipinto con S. Orsola, le Vergini e s. Pietro (Prato, Museo dell’Opera del duomo), la cui esecuzione fu allogata al M. dalla Compagnia di S. Orsola; agli stessi anni risale probabilmente la piccola Discesa dello Spirito Santo conservata nella chiesa del monastero pratese di S. Clemente (ibid.). Il 17 nov. 1618 il M. fu pagato 70 lire per aver dipinto la tela raffigurante la Madonna con Bambino tra i ss. Silvestro, Bartolomeo, Raffaele, Barnaba, Caterina d’Alessandria e Giovanni Evangelista, destinata al dormitorio delle fanciulle dello spedale di Prato della Misericordia e Dolce (Prato, Galleria comunale). Nello stesso anno il M. eseguì anche la tavola con la Vocazione di s. Matteo – firmata e datata «Opus Leonardi Mascagni 1618» – per l’altare maggiore della chiesa dell’omonimo convento pratese (Ibid.).
Queste ultime due opere – ben articolate dal punto di vista compositivo e cromatico – mostrano come il M., giunto al crepuscolo della propria attività, avesse ormai abbandonato la rustica semplicità dei dipinti della fase giovanile per sperimentare soluzioni in grado di coniugare i dettami pittorici titeschi con il decorativismo di Alessandro Allori e dei suoi allievi G.M. Butteri e Giovanni Bizzelli (Mannini, 2002, p. 64).
Il M. morì a Prato il 21 apr. 1621 e venne posto nella sepoltura di famiglia nel chiostro della chiesa di S. Domenico.
Fonti e Bibl.: F. Baldanzi, Indice cronologico di artisti pratesi, in Pel Calendario pratese del 1850, V (1849), p. 114; G. Guasti, I quadri della Galleria e altri oggetti d’arte del Comune di Prato descritti e illustrati con documenti inediti, Prato 1888, pp. 70-72, 106 s., 123 s.; Musei di Prato. Galleria di Palazzo Pretorio, Opera del duomo, Quadreria comunale, a cura di G. Datini, Bologna 1972, pp. 7, 46; Prato e i Medici nel ’500. Società e cultura artistica (catal.), Roma 1980, pp. 81, 207, 209, 265; La Galleria di Palazzo degli Alberti. Opere d’arte della Cassa di risparmi e depositi di Prato, a cura di G. Marchini, Milano 1981, pp. 30 s.; R. Fantappiè, Il bel Prato, I, Prato 1983, pp. 102, 174, 185, 229, 266, 299, 311, 370, 384; II, ibid. 1983, pp. 176-179, 212, 378, 382; R.P. Ciardi, Architettura e arti figurative, in Prato: storia di una città, II, Un microcosmo in movimento (1494-1815), a cura di E. Fasano Guarini, Firenze 1986, pp. 715 s., 748 s.; M.P. Mannini, Inediti nel territorio pratese: il Seicento, in Prato: storia e arte, XXVIII (1987), 70, pp. 4, 14; Due anni di restauro a Prato nell’attività del Museo civico e della soprintendenza, a cura di B. Santi - M.P. Mannini, Firenze 1989, pp. 13 s., 17; M. Gregori, La pittura a Firenze nel Seicento, in La pittura in Italia. Il Seicento, Milano 1989, I, p. 296; S. Toninelli, ibid., II, p. 807; Il Museo civico di Prato: le collezioni d’arte, a cura di M.P. Mannini, Firenze 1990, pp. 15 s., 20 s., 25, 32, 126-133; C. Cerretelli, Pittori pratesi dal ’200 al ’900. Calendario pratese 1994, Prato 1993, pp. 2 s.; M.P. Mannini, Lineamenti artistici e culturali per la lettura del territorio, in Antiche terre di Prato. Una nuova provincia, Firenze 1994, p. 128; C. Cerretelli, in C. Cerretelli - R. Fantappiè, Il Seicento a Prato, Prato 1998, pp. 44-47, 51-53; C. Lenzi Iacomelli, I casi di Prato, Pistoia e Pisa, in Storia delle arti in Toscana. Il Seicento, a cura di M. Gregori, Firenze 2001, p. 234; (Così) celesti (così) terreni. Un secolo di pittura 1550-1650 nei dipinti del Museo civico di Prato (catal.), a cura di M.P. Mannini, Prato 2002, lato «terreni/celesti»: pp. 11, 52 s., 55 s., 58; lato «celesti/terreni»: pp. 62-69; D.E. Colnaghi, A Dictionary of Florentine painters. From the 13th to the 17th centuries, London 1928, p. 175; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 198.