MASSABÒ, Leonardo
– Figlio di Lorenzo e di Anna Maria Piatti, piccoli commercianti, nacque il 5 dic. 1812 a Porto Maurizio, allora città dell’Impero francese. Rimasto orfano di padre a soli due anni, il M. ebbe un patrigno, Giuseppe Sibilla, che assecondò la sua precoce vocazione di pittore, originata forse dalla prossimità con la bottega di Tommaso Carrega, interprete locale della stagione tardobarocca, e dalla passione condivisa con il pittore Giuseppe Federici, più grande di cinque anni. Sui banchi di scuola il M. conobbe Francesco Dulbecco, anche lui portato per il disegno, con il quale avrebbe condiviso l’avventura romana: i due, appena quindicenni, si imbarcarono, infatti, alla volta di Civitavecchia per frequentare a Roma l’Accademia di S. Luca.
Il profitto del giovane M. è attestato dal secondo premio nella classe di disegno ottenuto nel 1830 per un Gladiatore moribondo e dal diploma conseguito nel 1834. È del 1833 la sua prima opera nota, un Autoritratto a olio che ne attesta la raggiunta maturità tecnica ed espressiva (L. M. Disegni, p. 25).
Seguì le indicazioni sulla necessità dello studio dal vero del purista Tommaso Minardi, professore all’Accademia, del quale frequentò lo studio. Ma il più significativo punto di riferimento del giovane M. nell’ambiente romano fu Francesco Coghetti, l’artista lombardo che lo introdusse alla corte dei Torlonia. L’attività del M. nelle residenze Torlonia, il palazzo, distrutto agli inizi del XX secolo per consentire l’ampliamento di piazza Venezia, e la villa, situata fuori porta Pia, oggetto di un complesso intervento di ampliamento e abbellimento diretto da G.B. Caretti a partire dal 1832, è documentata nel 1837.
Il M. vi lavorò affiancato da un altro artista conosciuto all’Accademia di S. Luca, Domenico Tojetti, con il quale condivise anche lo studio in via della Maschera d’Oro. Il suo incarico prevedeva la realizzazione di tre lunette e di tre piccoli quadri nel braccio di Teseo del palazzo e di sei esagoni, oltre all’ovato centrale e a un lunettone laterale, nella sala da ballo del casino nobile della villa. L’attività al servizio di Alessandro Torlonia costituì la prima seria opportunità di eseguire lavori di ampia portata e di misurarsi con affermati artisti del tempo e con temi e stili vari.
La fama che ne derivò gli aprì la strada ad altre committenze, in primo luogo dalla sua città d’origine, dove fu chiamato a eseguire la pala d’altare nella chiesa Nuova, da poco completata: sul finire del 1839 gli venne commissionato un grande quadro del Beato Leonardo da Porto Maurizio, conforme al disegno e al bozzetto che aveva presentato.
I buoni rapporti con l’amministrazione della sua città natale consentirono l’assegnazione, su proposta dello stesso M., della seconda «gran tela» della stessa chiesa al suo maestro Coghetti.
È in questo periodo che, con Tojetti, realizzò per il cardinale Carlo Odescalchi il quadro (perduto) L’estasi del beato Martino di Porres e operò in diverse altre residenze della famiglia Torlonia (la villa Carolina di Castel Gandolfo e il palazzo a via del Corso) nell’ambito di committenze assegnate allo studio di Coghetti.
Il successo della carriera del M. fu però momentaneamente interrotto da un evento sfavorevole: le autorità del Regno di Sardegna, al quale Porto Maurizio era stato annesso dal Congresso di Vienna, avevano accertato la renitenza alla leva dell’artista e ne richiedevano la coscrizione. L’intervento della comunità artistica romana presso l’ambasciatore a Roma del re di Sardegna e, soprattutto, la supplica alla «Sacra Real Maestà» del sindaco e dei consiglieri di Porto Maurizio portarono a una soluzione di compromesso: si consentiva che gli obblighi di leva fossero trasferiti ad altra persona presentata dalla famiglia Massabò. Messe da parte le preoccupazioni legate alla coscrizione, il successo del M. riprese il suo corso: nel luglio 1842 fu citato nell’articolo pubblicato nel Tiberino in occasione della festa per l’erezione dell’obelisco in memoria di Giovanni Torlonia nella villa fuori porta Pia per magnificare gli affreschi che vi aveva eseguito e, successivamente, fu menzionato in modo enfatico dai critici d’arte Camillo Ravioli e Giuseppe Checchetelli (Campitelli, 1997).
Nel frattempo, erano scaduti i termini concordati per la consegna della tela del Beato Leonardo e il sindaco di Porto Maurizio sollecitava il rispetto degli impegni presi: nel maggio 1842 sull’altare maggiore era stata installata la statua di S. Maurizio, ma la chiesa risultava quasi del tutto priva di quadri.
Nel novembre dello stesso anno il M. si impegnò a effettuare la consegna nella successiva primavera, consegna che in realtà avvenne solo il 15 nov. 1843. Si trattò peraltro di un vero trionfo per il pittore che rientrava con tutti gli onori in patria dopo quindici anni, al culmine della sua carriera.
Tornato a Roma, il M. stentò a trovare nuove importanti commissioni. La prima di rilievo consisté in una tela sul tema della Visitazione, destinata all’altare maggiore della chiesa di S. Maria in Aquiro, per sostituire il quadro andato da poco perduto a causa di un incendio; a questa fece seguito una tela raffigurante la Flagellazione di Cristo e una con il Martirio di s. Lorenzo. Entrambe le commissioni debbono essere probabilmente ricondotte all’entourage del cardinale Giacomo Luigi Brignole. Nel 1846, nel clima entusiastico che pervadeva Roma dopo l’elezione del pontefice Pio IX, entrò in contatto con il giovane Nino Costa, del quale eseguì un ritratto (L. M. Disegni, p. 44). A questo periodo risale anche l’unico quadro di soggetto storico, Aimone di Savoia che accoglie in Avignone l’offerta del trono vacante di Savoia (ibid., p. 43). Confuse sono le notizie sulle sue simpatie mazziniane.
Nella seconda metà del 1847 il M. tornò a Porto Maurizio; e non è dato sapere se la sua partenza da Roma fosse legata al clima politico di quegli anni, a motivazioni connesse con la sua attività di pittore o a ragioni del tutto private. A Porto Maurizio lavorò all’esecuzione della tela della Nascita di s. Giovanni Battista, destinata alla chiesa parrocchiale di Pieve di Teco, e ricevette la commissione per quella della Madonna del Rosario, per la basilica di S. Maurizio a Imperia. Nel 1849 fu per un breve periodo a Torino, da dove tornò a Roma, in tempo per vivere l’epilogo della Repubblica Romana.
Nella prima metà degli anni Cinquanta lasciò definitivamente Roma e l’atmosfera di intrighi che si era costituita con la restaurazione del Papato per trasferirsi a Torino, dove lavorò all’esecuzione delle tele commissionategli a Porto Maurizio e a nuove commissioni per chiese di Torino e di Marsiglia.
Tra il 1855 e il 1856 tornò a Porto Maurizio, dove aprì uno studio di pittura accanto alla sua abitazione e ricevette la commissione per quattro medaglioni affrescati con Padri della Chiesa per il duomo della città.
Il 10 genn. 1859 sposò Carolina Schielotto; con il matrimonio si ristabilirono equilibri interiori e si riaccesero nuovi entusiasmi che portarono il M. a cimentarsi nuovamente con l’affresco e con i temi mitologici degli ottagoni di villa Torlonia, replicati sui soffitti di palazzo Bianchi a Oneglia.
Un ulteriore ritorno ai temi di villa Torlonia è testimoniato dall’affresco raffigurante Il volo delle tre Grazie, eseguito successivamente sul soffitto del ridotto del nuovo teatro Cavour di Porto Maurizio.
Negli anni successivi dipinse due tele, presumibilmente per il duomo di S. Giovanni di Oneglia, raffiguranti l’Estasi di s. Teresa e S. Anna che insegna a leggere alla Vergine, opere di notevole qualità espressiva. Un nuovo impulso all’attività del M. derivò dalla canonizzazione del beato Leonardo, avvenuta nel 1866, e dall’incontro con il mecenate Agostino Acquarone.
Gli furono commissionati la tela del Battesimo di Gesù, i due affreschi della Cacciata dei mercanti dal tempio e del Commiato di s. Leonardo da papa Benedetto XIV per la basilica di S. Maurizio a Imperia, una S. Monica per Agostino Acquarone e il ritratto (perduto) di quest’ultimo, oltre a S. Leonardo che predica la sua prima missione in Artallo, per la parrocchiale di questo paese.
Alla fine degli anni Sessanta risalgono il S. Luigi Gonzaga di Artallo e il Sacro Cuore di Molini di Prelà (L. M. Disegni, pp. 48, 51); e di poco successivo è il sipario del teatro Cavour raffigurante Le glorie d’Italia, inaugurato nel dicembre 1871. A quest’opera seguirono la raffigurazione delle Anime purganti della parrocchiale di Terzorio e la S. Agnese del duomo di Porto Maurizio. Nel giugno 1874 il re Vittorio Emanuele II gli concedette la nomina a cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia; e un riconoscimento ufficiale giunse anche dai suoi concittadini che, nel 1879, lo nominarono presidente della Commissione d’ornato della città. Nello stesso anno completò la tela raffigurante il Transito di s. Giuseppe per la basilica di S. Maurizio; e nel 1881, il dipinto con l’Annunciazione per il monastero della Ss. Annunziata di Diano Castello. Tra il 1881 e il 1883 il M. realizzò la sua ultima opera: la Crocifissione per la parrocchiale di Pontedassio.
Il M. morì il 21 dic. 1886 nella sua abitazione di Porto Maurizio.
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