MIRANO, Leonardo
Nacque nel 1577 da Battista a Casasco d’Intelvi (presso Como), paese di origine anche di altri marmorari lombardi operosi a Genova, come i Ferrandino.
Fu proprio la collaborazione con i fratelli Giuseppe e Giovanni Battista Ferrandino, figli di Alessandro (Franchini Guelfi, 1996, p. 447), a generare l’errore di Soprani (1674) che lo chiamò Leonardo Ferrandino, errore perpetuato da Ratti (1766; 1768) e fino alle verifiche archivistiche di Belloni (1985). A Genova entrò nella bottega di Taddeo Carlone e nel 1599, presentato da Alessandro Ferrandino, in quella di Luca Carabio (Decri). L’atto di matrimonio con Barbara Castello nel 1612 è registrato nella parrocchia di S. Sabina (Belloni, 1988, p. 27), residenza degli scultori in marmo di nazione lombarda, all’arte dei quali il M. era ascritto.
La sua prima opera nota è la statua marmorea di S. Limbania, firmata e datata 1617, nella chiesa genovese di S. Tommaso (Alizeri; Parma Armani, 1988, pp. 16, 18). In questa scultura il M. appare artista ormai maturo nella raffinata e incisiva trattazione del rilievo, nel movimento del ricco panneggio, in un drammatico frangersi delle superfici, che costruisce forme molto diverse da quelle statiche e levigate degli altri scultori lombardi attivi a Genova, forse per le suggestioni della scultura del fiorentino Francesco Fanelli, proprio in quegli anni operoso in città. Gli stessi caratteri presenta la Madonna col Bambino nella chiesa della Ss. Annunziata, firmata, scolpita poco prima del 1618 per la chiesa di St-François-de-Paola di Arles, ma rifiutata dai committenti per una macchia scura sul viso. Il M. ne eseguì immediatamente un’altra identica, firmata anch’essa e datata 1618, che giunse ad Arles nel 1619. La sua straordinaria bellezza la salvò dalla distruzione di questa chiesa, e la statua fu collocata nell’abside della cattedrale di St-Trophime dove tuttora si trova (Belloni, 1985; Franchini Guelfi, 2003).
Assai simile è la Madonna col Bambino nella chiesa parrocchiale di Aubagne, che si può attribuire al M. con la stessa collocazione cronologica (Fabbri, 2001, 2003), mentre della Madonna di S. Stefano di Larvego (Genova), tuttora nella sua originaria collocazione, è stato rintracciato il contratto firmato nel 1629 dal «magister Leonardus Miranus» (Belloni, 1988, p. 30). Nel 1620 giungeva nella chiesa di S. Ilario (Genova) una Madonna con gli stessi caratteri stilistici (ibid., p. 28), che portano ad attribuire al M. anche la Madonna della Misericordia, datata 1618, del duomo di Imperia (Parma Armani, 1988, p. 70).
In questi anni il M. era un artista affermato. Nella sua bottega assumeva con regolare contratto apprendisti, fra i quali (1630) Battista e Paolo Ferrandino (Belloni, 1988, p. 270).
Scolpì altre immagini mariane (1622, Madonna col Bambino: Alfonso, p. 139; 1634, Madonna della Misericordia: Belloni, 1988, p. 30, ambedue non ancora rintracciate) e realizzò anche arredi marmorei, come nel 1620 un portale per la chiesa genovese di S. Francesco da Paola e nel 1627 un altare per Filippo Doria, del quale non si conosce l’ubicazione (ibid., pp. 28 s.); nel 1628 rifece la figura di sirena sulla fontana di piazza Soziglia (non più esistente: Pastorino), mentre nel 1627 si era impegnato a scolpire per Sebastiano Ferrari dieci angeli e dieci festoni di frutta (Belloni, 1988, p. 29), finora non rintracciati, certo destinati a un monumento funebre o a un complesso d’altare.
Nel 1621 l’arte degli scultori di nazione lombarda deliberava di realizzare un altare marmoreo per la propria cappella nella chiesa di S. Sabina; fra gli scultori che aderirono all’impresa, il M. scolpì uno degli angeli (perduto) per il frontone del complesso. Nel 1629 si impegnò a realizzare statue e arredi per la cappella Della Rovere nella chiesa di S. Caterina, con balaustre e pavimento marmorei e un altare con la Madonna e due Angeli.
Dopo la distruzione della chiesa genovese nell’Ottocento, nulla resta di questo sontuoso complesso, che il M. non riuscì a terminare e che dopo la sua morte fu concluso da Giuseppe Ferrandino (Alfonso, p. 139; Belloni, 1988, p. 29). Lo stesso portò a termine anche un altro incarico affidato nel 1624 al M., l’altare marmoreo della famiglia Peloso nella cattedrale di Albenga, oggi nella chiesa parrocchiale di Ceriale (Albenga; Franchini Guelfi, 2007).
Incarcerato per debiti nel 1634, il M. venne liberato da Giuseppe Ferrandino che si accollò l’onere del suo obbligo (Alfonso, p. 140). Morì a Genova il 26 apr. 1637 (Belloni, 1985, p. 39).
Non è noto se il M. riuscì a realizzare le sculture marmoree, probabilmente angeli, per il monumento sepolcrale di Giovan Battista Senarega (contratto del 1632; Alfonso, p. 139); il 1° apr. 1638 Giuseppe Ferrandino riceveva dai Balbi il compenso per le ultime sculture eseguite dal M. prima della morte, oggi disperse: due statue di S. Pietro e di S. Giovanni Battista, un bassorilievo con l’Annunciazione, un mascherone per fontana da giardino, infine una Madonna per l’altare maggiore della chiesa (distrutta) dello Zerbino (Belloni, 1985, p. 39).
Non molte, dunque, le opere finora rintracciate del M., anche perché tutte le attribuzioni di Belloni si sono dimostrate inaccettabili, o per ragioni stilistiche o perché documentate di altri artisti, come le sculture di Fanelli nel santuario della Misericordia di Savona (Parma Armani, 1993), gli angeli di Andrea Sormano sull’ingresso della cripta dello stesso santuario, (Noberasco) e quelli di S. Gerolamo di Quarto (Genova), attribuiti da Belloni (1988, p. 28) al M. perché identici a quelli della cripta savonese. Potrebbe invece essere opera sua la bella Madonna col Bambino del Museo nacional de escultura di Valladolid (Franchini Guelfi, 2002, p. 242).
Fonti e Bibl.: R. Soprani, Le vite de’ pittori, scoltori et architetti genovesi, Genova 1674, p. 295; C.G. Ratti, Istruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura, scultura, ed architettura, Genova 1766, p. 155; R. Soprani - C.G. Ratti, Vite de’ pittori, scultori ed architetti genovesi, Genova 1768, p. 430; F. Alizeri, Guida artistica per la città di Genova, II, Genova 1847, pp. 182 s.; F. Noberasco, I «Sormano» di Savona, in Atti della Società savonese di storia patria, XXI (1939), p. 284; T. Pastorino, I «barchili» e le fontane pubbliche di Genova, in Genova, 1964, n. 4, p. 26; L. Alfonso, Tomaso Orsolino e altri artisti di «natione lombarda» a Genova e in Liguria dal sec. XIV al XIX, Genova 1985, pp. 139 s.; V. Belloni, L. M. scolpì 1618, in La Casana, XXVII (1985), 2, pp. 34-39; Id., La grande scultura in marmo a Genova (secoli XVII e XVIII), Genova 1988, pp. 26-33, 269 s.; E. Parma Armani, Diffusione dei santuari nel territorio della Repubblica e rinnovamento dell’iconografia mariana, in La scultura a Genova e in Liguria dal Seicento al primo Novecento, Genova 1988, pp. 16, 18, 70 s.; Id., Un committente genovese per il santuario della Misericordia di Savona tra Cinque e Seicento: Franco Borsotto, in Atti e memorie della Società savonese di storia patria, XXIX (1993), p. 66; F. Franchini Guelfi, Ferrandino, in Dizionario biografico degli Italiani, XLVI, Roma 1996, pp. 445-451; F. Fabbri, Le commerce de la statuaire de marbre entre Gênes et la Provence: mécénat et dévotion à l’âge baroque, in Provence historique, CI (2001), p. 80; F. Franchini Guelfi, La scultura del Seicento e del Settecento. Marmi e legni policromi per la decorazione dei palazzi e per le immagini della devozione, in Genova e la Spagna. Opere, artisti, committenti, collezionisti, a cura di P. Boccardo - J.L. Colomer - C. Di Fabio, Milano 2002, pp. 241 s.; F. Fabbri, Sculture genovesi nel Sud della Francia in epoca barocca: elementi di rinnovamento artistico e devozionale, in Studi di storia delle arti, 2003, n. 10, p. 153; F. Franchini Guelfi, La scultura del Seicento e del Settecento. Statue e arredi marmorei sulle vie del commercio e della devozione, in Genova e la Francia. Opere, artisti, committenti, collezionisti, a cura di P. Boccardo - C. Di Fabio - P. Sénéchal, Milano 2003, pp. 172, 174; A. Decri, Vent’anni di vita dell’arte: presenze, apprendistati e attività degli Antelami a Genova 1598-1618, in La Valle Intelvi. Contributi per la conoscenza di ambiente, archeologia, architettura, arte, lettere e storia delle valli e dei laghi Comacini, 2005, n. 10, p. 35; F. Franchini Guelfi, Un patrimonio disperso: l’arredo marmoreo del Seicento e del Settecento, in La cattedrale di Albenga, a cura di J. Costa Restagno - M.L. Paoli Maineri, Albenga 2007, pp. 298-300.