MOCENIGO, Leonardo.
– Nacque a Venezia, il 26 genn. 1551, nel palazzo di S. Samuele, da Marco Antonio di Pietro ed Elisabetta Vitturi di Benedetto, secondogenito di cinque fratelli e una sorella.
Il maggiore, Pietro (1548-1620), amministrò il patrimonio della famiglia, accrescendolo con le doti delle sue due mogli, Pisana Pisani di Vettore, nipote per parte della madre Paola, dell’influente procuratore di S. Marco, Marco Foscari, e Foscarina, erede di un altro procuratore, il ricchissimo Giacomo Foscarini. Zaccaria (1553-71) fu poeta celebrato da G. Ruscelli (Le imprese illustri …, Venezia 1572, p. 283). Giovanni (1558-1607), secondo di questo nome, essendo il primo morto neonato, fu l’unico ad avere discendenza. Si interessò di letteratura, architettura, filosofia. Ospitò, e poi denunciò, Giordano Bruno all’Inquisizione veneziana (23 maggio 1592), ma le complicazioni politiche che ne seguirono lo relegarono a incarichi politici di secondo piano. Cecilia sposò (2 marzo 1568) Domenico Cappello di Vincenzo, del ramo di S. Maria Formosa, omonimo e pronipote del famoso capitano generale da Mar.
Poco si sa della formazione del M., se non che fu coetaneo e sodale di Nicolò Contarini, futuro doge, allora allievo di Paolo Sarpi. Fu con questo parte attiva nella fazione dei «giovani», e le sue posizioni anticuriali, mediate da senso dello Stato e cultura giuridica, gli valsero l’epiteto, da parte dell’ambasciatore inglese H. Wotton, di «Catone veneziano» (Pearsall Smith, p. 127). La perdurante carriera del padre, che in tarda età – cosa insolita – assoldò e guidò fanti nella guerra di Cipro (1570), più volte senatore e del Consiglio dei dieci (26 sett. 1582), non facilitò quella del M., che dovette ripiegare sulla lunga strada delle magistrature minori. Fece esperienza nella Quarantia civile nuova (31 genn. 1577), nel Collegio di dodici (8 febbr. 1579) e come auditor vecchio (17 maggio 1579), sopra console (10 febbr. 1585), provveditore alle pompe (23 sett. 1590). Resse la podestaria di Treviso in tempi tranquilli (19 maggio 1591), tanto si ricava dalla stringata relazione che presentò in collegio, guadagnandosi l’ingresso in Senato (29 sett. 1593), dove fu riconfermato quasi ogni anno. Eletto alla Giustizia nuova (9 ott. 1593), fu uno dei due provveditori sopra i Banchi pisani e Tiepolo (28 ott. 1593) e, successivamente, sopra Gastaldo (14 sett. 1595), provveditore sul frumento in Terraferma (13 luglio 1596), alle beccarie (9 maggio 1597). Entrò nel Consiglio dei dieci (10 ott. 1597), quando la sua parte, con Leonardo Donato, Nicolò Contarini e Antonio Querini, dettava la linea politica dello Stato, e ne fu convinto esecutore negli incarichi affidatigli: capitano a Padova (24 sett. 1599), consigliere di Venezia (3 luglio 1603), ancora nel Consiglio dei dieci (18 ag. 1602 e 1° ag. 1604). La crisi culminata nell’interdetto papale (17 apr. 1606) lo vide podestà di Brescia (10 ag. 1605).
Riuscì ad avere ragione dei religiosi «di natura licentiosa» e «poco fedeli» alla Repubblica (Relazione di Brescia, p. 181), usando il rigore più assoluto – arrivò persino alla forca – senza il quale Brescia e territorio «sarebbero rimasti desolati da sacerdoti» (ibid.). Ma furono i troppo frequenti casi criminali e gli omicidi a preoccuparlo maggiormente e ancor più gli ostacoli formali frapposti dagli avogadori di Comun, accusati dal M., senza mezzi termini, di vanificare il suo lavoro, tanto da spingerlo a suggerire al doge «opportuna provisione» (ibid., p. 182).
Nuovamente del Consiglio dei dieci (5 ag. 1607), insieme con Contarini, accusò (11 dic. 1607) e condannò (10 genn. 1608), per intelligenza con il nunzio pontificio Berlinghiero Gessi, Angelo Badoer di Alberto, importante esponente del patriziato filopapale, in quello che fu il punto più alto dell’intransigenza politica veneziana. Per pochi mesi savio all’Eresia (6 apr. 1610), il M. fu inviato provveditore e inquisitore in Terraferma al di là del fiume Mincio (10 ag. 1610).
Per sei mesi si mosse tra Brescia, Bergamo e Crema, reprimendo la criminalità con mano ferma: emise 12 condanne a morte e imprigionò 180 rei e malviventi, ma opportunamente mediò tra le fazioni nobiliari «perché accomodati li grandi, gli altri loro partiali hanno in conseguenza, se non fatte le pace, almeno perse l’inimicitie», infine chiese l’invio periodico di provveditori in Terraferma sul territorio (Archivio di Stato di Venezia, Collegio, Relazioni, b. 54, 8 ag. 1611).
Ormai personaggio di primo piano del panorama politico veneziano – fu ancora del Consiglio dei dieci (4 sett. 1611 e 4 ag. 1613), inquisitore del doge L. Donado (19 luglio 1612), correttore della legge (12 ag. 1612), consigliere di Venezia (19 ag. 1612 e 20 apr. 1615), savio all’Eresia (12 luglio 1614) – ebbe, per meriti, la Procuratia di S. Marco de ultra (4 dic. 1615).
Abitò nelle Procuratie nuove, a S. Giminiano, consentendo di completare il rinnovo, iniziato dal fratello Pietro, del palazzo di S. Samuele. Ricoprì altri incarichi tra i quali savio alle Acque (8 dic. 1615) e provveditore alle Biave (13 febbr. 1616). Rifiutò la nomina a capitano generale da Mar offertagli (1° apr. 1618), di fatto un tentativo di metterlo fuori gioco dei suoi avversari, ma accettò quella a riformatore allo Studio di Padova (6 dic. 1619), savio all’Eresia (5 nov. 1621 e 10 ott. 1625), deputato alla Fabbrica del palazzo ducale (2 marzo 1623). Nel testamento (3 sett. 1616, con codicilli fino al 2 dic. 1625) nominò eredi i figli del fratello Giovanni (Ibid., Notarile, Testamenti, b. 1244/460).
Il M. morì a Venezia il 22 febbr. 1627.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Avogaria di Comun, Libro d’oro, Nascite, reg. 3, c. 198r; Capi del Consiglio dei dieci, Lettere ai rettori, bb. 26, c. 1; 136, c. 137; Collegio, Relazioni, bb. 37, sub 18 mag. 1607; 48, sub 23 marzo 1593; Consiglio dei dieci, Criminale, regg. 16, cc. 118v, 133, 138, 140; 24, cc. 3-4, 11v, 74; 85; 26, cc. 17r, 26, 50r, 77, 86; ibid., Misc. codd., regg. 60, sub 21 sett. 1597, 6 febbr. 1598, 1° sett. 1607, 23 ag. 1609, 9 sett. 1611, 14 luglio 1598, 7 genn. 1603, 22 maggio 1603, 7 luglio 1603, 26 nov. 1603, 22 giugno 1605, 17 maggio 1607, 1° ott. 1607, 9 febbr. 1608, 1° ott. 1609, 27 apr. 1610; 61, sub 2 genn. 1612 m.v., 1° ott. 1613; ibid., Parti comuni, reg. 56, cc. 3, 40, 51v, 58v, 78, 81-82, 164r; Misc. codd., I, Storia veneta, 21: M.A. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de’ patritii veneti, V, c. 193; Notarile, Atti, bb. 606, cc. 160, 308, 401; 607, c. 11; 608, c. 399; 612, c. 402; 620, c. 101; ibid., Testamenti, bb. 57/600; Segretario alle Voci, Elez. ai pregadi, reg. 1, cc. 16, 21, 22, 24, 28, 43, 45; ibid., Maggior Consiglio, regg. 7, c. 160; 8, cc. 9, 146; 11, cc. 1-2, 67, 114, 143; ibid., Pregadi, regg. 6, cc. 35, 38, 85, 116, 131; 8, cc. 106, 117; 9, cc. 73, 80, 83, 92, 104-105, 108, 123, 167; 10, cc. 60, 105, 139, 155, 158; 11, c. 114; Venezia, Arch. storico del Patriarcato, Chiesa S. Giminiano, Registri dei morti, reg. 3, c. 157; Ibid., Biblioteca del Civico Museo Correr, Codd. Cicogna, 3782 (=2890/II/229): G. Priuli, Li preziosi frutti …, II, c. 221; 2502: M. Barbaro, Discendenze patrizie, V, c. 119; Mss. Donà dalle Rose, 352: Anagrafi … S. Giminiano, sub 21 ag. 1624; Mss. P.D. Venier, 63: Consegi …, 10 febbraio, 17 maggio 1579; 64, 10 febbr. 1585; 65, 23 sett. 1590; 66, 19 maggio 1591, 29 settembre, 9 ottobre, 28 ott. 1593, 14 sett. 1595; 67, 13 luglio, 29 sett. 1596, 9 maggio, 16 maggio, 26 settembre, 6 ott. 1597, 6 sett. 1598, 24 sett. 1599; 68, 2 sett. 1601, 18 ag. 1602, 3 luglio 1603, 1° ag. 1604, 31 luglio, 10 ag. 1605; 69, 5 ag. 1607, 23 ag. 1609, 6 aprile, 10 agosto, 19 sett. 1610; 70, 4 sett. 1611, 19 luglio, 19 ag. 1612, 4 ag. 1613, 12 luglio, 10 ag. 1614, 20 aprile, 4 dicembre, 8 dic. 1615, 23 gennaio, 13 febbr. 1616; 71, 8 aprile, 15 apr. 1616, 20 luglio 1617, 4 gennaio, 28 luglio, 11 ag. 1618, 6 dic. 1619; 72, 5 nov. 1621, 11 giugno, 9 ag. 1622, 2 marzo 1623, 22 ag. 1624, 10 ott. 1625; Ibid., Biblioteca naz. Marciana, Mss. it., cl. VII, 829 (=8908), reg. 17: Consegi …, c. 65r; N. Crasso Iuniore, Elogia patritiorum Venetorum, Venetiis 1612, pp. 7 s., 31; Correttioni, leggi … Maggior Conseglio dell’anno 1613, Venetia 1613; L. Mocenigo, Relazione di Treviso, in Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, III, Podestaria e capitanato di Treviso, a cura di A. Tagliaferri, Milano 1975, pp. 92 s.; Id., Relazione di Brescia, ibid., XI, Podestaria e capitanato di Brescia, Milano 1978, pp. 181-184; A. Morosini, Degl’istorici delle cose veneziane …, VI, Venezia 1720, pp. 452, 497; R. Fulin, Studi dell’Archivio degli inquisitori di Stato, Venezia 1868, pp. 8, 21 s., 26; H.F. Brown, Calendar of State papers …, XII, London 1905, p. 519; L. Pearsall Smith, The life and letters of sir H. Wotton …, II, London 1907, pp. 127-129, 142; A.B. Hinds, Calendar of State papers …, XIII, London 1907, pp. 568 s., 573; XV, ibid. 1909, p. 97; V. Spampanato, Vita di Giordano Bruno, Roma 1931, pp. 458, 749; P. Savio, Per l’epistolario di Paolo Sarpi, in Aevum, X (1936), p. 34; G. Cozzi, Il doge Nicolò Contarini …, San Casciano Val di Pesa 1958, pp. 123, 125-128; F. Gaeta, Badoer, Angelo, in Diz. biogr. degli Italiani, V, Roma 1963, p. 100; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Mocenigo, tav. XI.