MORO, Leonardo
MORO, Leonardo.– Nacque a Venezia, nel palazzo di famiglia a S. Marcuola, nei pressi della chiesa di S. Girolamo, il 3 luglio 1576, da Giovanni di Leonardo (15 ottobre 1552 - 18 marzo 1624) ed Elisabetta Nani di Giorgio, sorella del diplomatico e procuratore di S. Marco de Citra Agostino, sposatisi nel 1573.
Nonostante la moglie fosse latrice di più di 20.000 ducati di dote, il padre di Moro, pur figlio di una Querini del facoltoso ramo detto delle Papozze, Elena di Stefano, spese i suoi anni giovanili per risanare il patrimonio di famiglia, allora dissestato. D’altra parte, tali influenti parentele, le amicizie che seppe coltivare – fu intimo del procuratore di S. Marco de Ultra, ed esponente della fazione dei ‘giovani’, Leonardo Mocenigo di Marco Antonio, al punto di nominarlo suo esecutore testamentario (8 novembre 1621) – e le sue innate capacità ‘brogliesche’, gli resero più agevole la carriera politica. Riuscì eletto provveditore al Cottimo di Alessandria (3 maggio 1590), ai dieci Offici (17 febbraio 1591), ai dieci savi alle Decime in Rialto (23 aprile 1598), provveditore sopra la Legna (2 ottobre 1603), provveditore alle Biave (30 maggio 1604); fu più volte del Consiglio dei dieci (la prima il 4 aprile 1606) e consigliere di Venezia per il sestiere di Cannaregio (20 dicembre 1609 e 17 dicembre 1623), savio alle Acque (3 aprile 1612), governatore delle Entrate (8 gennaio 1617) e senatore, quasi ininterrottamente, dal 1598 alla morte. Oltre a Moro, ebbe altri cinque figli: Carlo (15 aprile 1579 - 14 giugno 1606), Agostino (2 settembre 1581 - 15 febbraio 1650), Giorgio (30 giugno 1583 - 17 luglio 1631), marito di Elena Malipiero di Bernardo e il solo ad avere discendenza, ebbero incarichi politici di poco conto; Bernardo (26 aprile 1588 - 23 giugno 1654) si mise fuori gioco prendendo come moglie Angela Rufini, che non era nobile; l’unica femmina, Elena, sposò (4 giugno 1598) Filippo Vitturi di Daniele, al quale diede Filippo Daniele.
In Moro furono riposte le ambizioni della famiglia per arrivare a quelle responsabilità pubbliche di primo piano ormai precluse al padre: si riconoscevano in lui adeguate capacità, non solo intellettuali, che pure il prozio materno, Pietro Querini, vescovo di Concordia, gli aveva accreditato già in giovane età lasciandolo erede di un legato di 500 ducati presumibilmente a garanzia degli studi (24 settembre 1584). Fece le prime esperienze come savio agli Ordini (18 settembre 1601 e 9 settembre 1602): presentò una relazione proponente la ricostruzione, in altro luogo, della chiesa e del monastero di S. Francesco del Deserto, piccola isola della laguna presso Mazzorbo, vista «la mala qualità di quell’aere» e le malattie che affliggevano i frati (19 dicembre 1602, Arch. di Stato di Venezia, Senato. Terra, f. 165, sub 22 dicembre 1602). Resosi pratico dei meccanismi delle magistrature veneziane con gli incarichi di provveditore sopra i Conti (5 gennaio 1603), provveditore alle Pompe (15 febbraio 1605) e officiale alle Rason Nuove (18 giugno 1606), ottenne il saviato di Terraferma (29 dicembre 1612), avendo così accesso al Pien Collegio, organo nel quale si formavano gli ambasciatori veneziani. Ancora savio di Terraferma (27 settembre 1614), entrò in Senato (29 agosto 1615). Due altri saviati (29 settembre 1615 e 29 settembre 1616) e la rielezione a senatore (16 aprile 1617) ne fecero il candidato per l’ambasciata al duca di Savoia, consueto primo passo della carriera diplomatica. Venne eletto il 21 aprile 1617, per sostituire Antonio Donado di Nicolò, a fine mandato. Poco chiari sono i motivi per i quali, già avuta la commissione con gli ordini del Senato (18 agosto 1617), rinunciò. Ormai in carica a tutti gli effetti, si scusò con un dispaccio da casa (21 agosto), evento forse unico nella prassi diplomatica veneziana, adducendo motivi di salute, economici, di opportunità politica, arrivando persino a sottolineare la disparità di trattamento con altri ambasciatori. Motivazioni pretestuose, dietro alle quali si intuiscono le manovre della sua parte politica. E infatti la carriera di Moro non ne patì: anzi rifiutò pure il capitanato di Bergamo (24 agosto 1617) per rientrare savio di Terraferma (18 gennaio 1618), questa volta con la responsabilità di tenere la cassa del Collegio, ed esservi riconfermato l’anno successivo (29 dicembre 1618). Gli venne quindi assegnato il delicato e prestigioso incarico di sindaco, avogadore e inquisitore in Terraferma assieme con Marco Giustinian di Giustiniano e Angelo Da Mosto di Girolamo (11 agosto 1619), incarico già ricoperto, con determinazione e mano ferma, proprio dal sodale del padre, il procuratore Leonardo Mocenigo.
Le direttive dei Pregadi (11 dicembre 1619) per ristabilire una situazione che in terraferma stava diventando critica, complici corruzione e crisi economica, vertevano su quattro punti: controllare i rappresentanti pubblici, garantire l’imparzialità dei processi, riordinare l’amministrazione e l’esazione delle imposte, regolare camere fiscali e monti di pegno. Ammalatosi Da Mosto (13 marzo 1620), Moro e Giustinian proseguirono visitando ben 22 reggimenti. Affrontò con energia gli eventi quando fu necessario: a Verona vennero deferiti all’Avogaria di Comun il podestà Sebastiano Foscarini di Nicolò e i due camerlenghi per non aver impedito un traffico di monete false (5 agosto). Nella sua lunga relazione al Senato (21 agosto 1621, ibid., Collegio. Relazioni, reg. 54/9, cc. 240r-287r) Moro si preoccupò di evidenziare le cause della crisi, fossero queste i compensi insufficienti di rettori e loro ministri – era il caso delle piccole podestarie come Loreo o Cavarzere – o lo scarso gettito fiscale dovuto alla mancanza di regole certe per daziari e camere fiscali. Segnalò il diffondersi nelle campagne della manifattura della seta, «mercantia, nella quale con poca spesa si fanno grandissimi guadagni [...] in mano a persone civili e gentihuomeni», dove però «il publico resta grandemente defraudato» (ibid., c. 234r).
Due volte savio del Consiglio (30 marzo 1621, ma entrò il 29 giugno, e 30 giugno 1622), e altrettante senatore (19 settembre 1621 e 30 settembre 1622), venne scelto come ambasciatore in Spagna (28 dicembre 1622), per sostituire Alvise Corner di Giovanni, a fine incarico.
Gli fu data la commissione il 9 aprile 1624: doveva negoziare sui confini del Milanese, prestare attenzione all’evolversi della situazione in Valtellina, occuparsi della guerra di corsa che sempre più di frequente danneggiava i commerci veneziani. Arrivato a Madrid con il segretario Gerolamo Gratarol (17 giugno), presentò le sue credenziali a Filippo IV il 5 luglio. Subito dovette confrontarsi con l’ambasciatore cesareo per una lite sui titoli e conseguenti precedenze davanti al re di Spagna, arrivando ai limiti dello scontro fisico (11 luglio) e riuscendo alla fine a mantenere parità di trattamento con la casa d’Austria. Informò il Senato sulla situazione politica e sui movimenti della flotta spagnola in partenza per il Brasile, ma che si temeva diretta in Adriatico. Intervenne con efficacia presso il viceré di Napoli Antonio Álvarez de Toledo per la galea veneziana del sopracomito Lauro Minotti, a questi ammutinatasi e rifugiatasi a Vieste, nel Gargano (7 giugno 1625).
Ammalatosi a un piede, mentre era in arrivo il successore Alvise III Mocenigo di Tommaso, morì a Madrid il 3 febbraio 1627.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Arch. proprio Schulemburg, reg. 38: Spagna 1627 (relazione di Spagna apocrifa attribuita a Moro); Avogaria di Comun. Libro d’Oro. Nascite, reg. 55, c. 197r; Cancellier Grande, reg. 6, ad nomen G. Gratarol; Collegio. Relazioni, reg. 54/9, cc. 240r-287v; Maggior Consiglio. Deliberazioni, reg. 33, c. 35rv ; Miscellanea Codici. I. Storia Veneta, 21: M.A. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de’ patritii veneti, V, c. 268r; Notarile. Testamenti, bb. 1279/59, 70; 304/660; Segretario alle Voci: Elezioni del Maggior Consiglio. Pregadi, reg. 1, c. 35; Pregadi, regg. 7, c. 20; 9, c. 70; 10, cc. 2s., 12; 11, c. 68; Maggior Consiglio, reg. 12, c. 169; Senato. Dispacci: Ambasciatore Savoia, f. 44, n. 96; Ambasciatore Spagna, filze 58, nn. 306, 1-36; 59, nn. 37-78; 60, nn. 79-172; 61, nn. 173-239 e nn. 1-3; Provveditori da Terra e da Mar, b. 270 [lettere di Moro sindaco e inquisitore in Terraferma]; Senato. Secreti. Deliberazioni, regg. 109, c. 341r; 123, cc. 22v-24v, 33v-34v, 38r, 39r , 42rv, 49rv, 51v-52v, 71rv, 87v-88v, 91v-92v, 94r, 105rv, 107v, 108v, 121r-123r, 124v-125r, 130r-131v, 141v-142r, 150rv, 161r, 165rv, 171v, 176v-177r, 182v-184v, 218rv, 242r-243r, 248v-251v, 274rv; 116, cc. 79rv, 115r, 126r, 196v-197r; 117, cc. 203v-204r, 349v-350v; 124, cc. 24rv, 36v-38r, 40r-41r, 55v-56r, 69r, 74v-75r, 88r-90r, 105v-106r, 124v-125r, 128r-129r, 136r-137r, 141r-142r, 144r, 149r-150v, 172rv, 176v-177r; 125, cc. 184v-185r, 192v-194r, 213rv, 225r-v, 231r, 248r-249r, 253r-254r, 275v-276r, 296rv, 319rv, 351r-352r, 355rv, 362r-366r, 375v-376r, 385rv, 393r; 126, cc. 11v-12v, 46v, 54v-55r, 98v-99r, 104v-106r, 125v, 136v, 140v-141r, 149r, 154v-155r, 169r, 174rv, 178r-179r, 189v-181r, 203r-204r, 209v-210r, 222v-224v, 226v-227r, 236r, 255r-256v, 265rv, 269rv, 270r-271r; Senato. Terra, filze 165, sub 21 dicembre 1602; 236, sub 10 ottobre 1619; 237, sub 11 dicembre 1619; 238, sub 4 gennaio 1620; 239, sub 13, 18, 28 marzo, 3, 24 aprile 1620; 240, sub 9 maggio, 26 giugno 1620; 241, sub 11, 17 luglio, 5, 28 agosto 1620; 242, sub 12 settembre 1620; 243, sub 11 dicembre 1620; 244, sub 8 gennaio, 5 febbraio 1621; 245, sub 26 marzo 1621; 247 sub 29 giugno 1621; 248, sub 15 settembre 1621; Venezia, Arch. storico del Patriarcato, Chiesa S. Marcuola. Battesimi... dati all’Avogaria di Comun, c. 67; Biblioteca del Civico Museo Correr, Mss. Cicogna, codd. 1720: Copie di lettere scritte a ser V. Dandolo..., sub 6 gennaio 1612; 2502: M. Barbaro, Discendenze patrizie, V, cc. 171rv; 2524: Lettere di diversi a A. Contarini..., n. 66; 2736, Storia sacra e profana... Spagna, sub 28 gennaio 1626; 2994, n. 18: Verona; Ibid., Ms. P. D., B, cod. 510: L. Moro, Relatione di Spagna fatta da.... L. M. ambasciator ordinario per la Serenissima Repubblica di Venetia 1627 [relazione di Spagna apocrifa attribuita al M]; Ibid., Ms. P. D., Venier, Consegli..: codd. 68, sub 18 settembre 1601, 19 settembre 1602, 5 gennaio 1603, 15 febbraio 1605; 69, c. 38r; 70, e sub 29 dicembre 1612, 27 settembre 1614; 29 settembre 1615; 71, cc. 14v, 233r, 234v, 255rv, 295v, e sub 29 dicembre 1618, 11 agosto 1619; 72, cc. 160v, 188r, 210v, 225v, 238v, 257r, 276v; Biblioteca nazionale Marciana, Ms. It., 17(=8306): G. A. Cappellari Vivaro, Campidoglio veneto, III, cc. 138r, 139r; Inventari de manoscritti delle biblioteche d’Italia, a cura di G. Mazzatinti, III, Forlì 1893, p. 32; X, ibid. 1900, p. 72; ibid., a cura di C. Lucchesi, XXXII, Firenze 1925, p. 7; B. Nani, Historia della Republica Veneta..., in Degl’Istorici delle cose veneziane..., VIII/1, Venezia 1720, p. 298; Relazioni degli stati europei lette al Senato dagli ambasciatori veneti..., a cura di N. Barozzi e G. Berchet, I/1 (Spagna), Venezia 1836, pp. 23, 593; Calendar of State Papers..., a cura di A.B. Hinds, XIV, London 1908, pp. 578-580; XVIII, ibid. 1912, pp. 371, 381, 404, 408-410, 412s., 422, 433, 448, 449, 459s., 471s., 495s., 503, 512, 513, 519, 521, 572s., 590s.; Relazioni di ambasciatori veneti al Senato, a cura di L. Firpo, VIII (Spagna), Torino 1981, pp. XIX-XX, 596-598.