Olschki, Leonardo
Filologo e storico, figlio di Leo Samuele Olschki, fondatore dell’omonima casa editrice, nacque a Verona il 15 luglio 1885. Si trasferì con la famiglia nel 1890 a Venezia e in seguito a Firenze, e compì gli studi nella facoltà di Lettere dell’Università di Firenze prima e di Roma poi. Nel 1906 si stabilì a Heidelberg; dal 1909, dopo il dottorato, vi insegnò filologia romanza, svolgendo inoltre attività di lettorato di italiano presso la Scuola superiore di commercio di Mannheim, il Politecnico di Darmstadt e l’Università di Freiburg im Bris gau. Nel 1933, a causa delle persecuzioni razziali, fu costretto a lasciare Heidelberg; si trasferì a Roma, dove proseguì il rapporto di collaborazione con l’Istituto di filologia romanza dell’università. Nel 1939 fuggì dall’Europa insieme alla moglie, e trovò asilo negli Stati Uniti; qui ottenne diversi incarichi universitari (1939-50). Nel 1957 diventò membro straniero dell’Accademia dei Lincei. Morì a Berkeley il 7 dicembre 1961.
I suoi studi storico-letterari e linguistico-filologici, soprattutto su Medioevo e Rinascimento, hanno come principale interesse il mondo neolatino e le culture orientali, spaziando dall’italiano al tedesco, al francese, all’inglese. Tra i suoi scritti: Giordano Bruno (1927); Galilei und seine Zeit (1927); Die Romänischen Literaturen des Mittelalters (1928); La poesia italiana del Cinquecento (1933); Struttura spirituale e linguistica del mondo neolatino (1935); The genius of Italy (1949, trad. it. in 2 voll., 1953); Dante «poeta veltro» (1953); L’Asia di Marco Polo (1957).
La sua esegesi machiavelliana confluisce nel saggio Machiavelli the scientist (1945) e ha come obiettivo prioritario quello di evidenziare gli aspetti scientificamente innovativi del suo pensiero storico e politico, in rapporto alla tradizione umanistico-rinascimentale sulla monarchia e sul principe (il catalogo di virtù o speculum principis). La virata in senso monarchico delle idee politiche del Segretario scaturisce, secondo O., dalla crisi delle istituzioni repubblicane all’inizio del 16° sec. ed esprime pienamente la sua lungimiranza in quanto unica soluzione ipotizzabile per la salvaguardia della libertà fiorentina e italiana. La conoscenza dell’antichità associata all’esperienza contemporanea fornisce a M. gli strumenti per un’originale indagine del passato. Il Principe pone le fondamenta della nuova scienza politica proprio nel suo impianto razionale; l’assetto teorico e la metodologia dell’analisi machiavelliana costituiscono il vero scarto rispetto alla tradizione, in perfetta sintonia con la rivoluzione scientifica di Leonardo e Galileo Galilei e con il metodo induttivo. La scienza politica si definisce così come un sistema di regole universali, i cui postulati sono l’immutabilità della natura umana (che determina il ripetersi nel tempo di analoghi fenomeni), e la riduzione della molteplicità del reale alle sole forze di «fortuna» e «virtù» che regolano i processi storici. La storia diviene una scienza empirica e l’età antica il campo sperimentale cui riscontrare gli eventi presenti. Lo statista deve possedere una forza attiva (la «virtù») e conoscere le leggi che dominano il corso della storia, per valutare l’opportunità di imitare il passato per contrastare il potere della «fortuna».
Bibliografia: A.R. Evans, Leonardo Olschki 1885-1961, «Romance philology», 1977-1978, 31, pp. 17-54; E. Brissa, Le patrie di Leonardo Olschki, in I lettori d’italiano in Germania. Convegno di Weimar, 27-29 aprile 1995: atti della sezione storica, a cura di D. Giovanardi, H. Stammerjohann, Tübingen 1996, pp. 91-98; D. De Camilli, Machiavelli nel tempo: la critica machiavelliana dal Cinquecento a oggi, Pisa 2000, pp. 127-28.