VILLERE (Philaras), Leonardo
Nacque da Giovanni ad Atene verso la fine del Cinquecento.
Trasferitosi in Italia, nel 1608 entrò nel Collegio greco di S. Atanasio a Roma, dove conseguì il grado di dottore in teologia e insegnò per quattro anni grammatica e umanità. A questi anni risale una sua traduzione in greco moderno della Dottrina cristiana di Roberto Bellarmino pubblicata a Roma nel 1616. Nel 1617 lasciò Roma forse per recarsi in Francia, dove sicuramente si stabilì di lì a poco, essendo entrato al servizio di Carlo Gonzaga duca di Nevers e Réthel, che, vagheggiando un’azione militare per liberare la Grecia dal dominio turco, nel 1619 aveva dato vita alla Milizia cristiana. Villeré stesso era un cavaliere della Milizia e, stando ad alcuni componimenti scritti in suo onore, sarebbe stato invitato da Nevers in missioni diplomatiche presso i papi Gregorio XV e Urbano VIII. Probabilmente resosi conto della mancanza di prospettive di questo progetto politico-militare, Villeré (come aveva francesizzato il cognome greco) nel 1625 tentò invano di essere nominato “maestro da scola” della comunità greca di Venezia. Quasi certamente lasciò il servizio di Carlo Gonzaga intorno al 1627, quando questi divenne duca di Mantova. Negli anni passati al suo servizio, Villeré aveva guadagnato il favore delle personalità più in vista del regno di Francia, dal re Luigi XIII al duca Gaston d’Orléans, al cardinale Richelieu e fu grazie ai buoni uffici di quest’ultimo che intorno al 1632 entrò al servizio del duca di Parma Odoardo Farnese.
Di lì a poco, per quanto è dato sapere, venne ufficialmente nominato residente a Parigi, carica che ricoprì sino al 1654. Purtroppo la sua corrispondenza diplomatica dalla Francia, conservata in tre buste presso l’Archivio di Stato di Napoli, è andata distrutta durante la Seconda Guerra mondiale. Gli eventi bellici hanno inferto gravi danni anche all’Archivio di Stato di Parma rendendo non leggibili per la loro fragilità gran parte dei documenti delle scatole 24 e 26 del Carteggio Farnesiano Estero, Francia che contengono utili informazioni sul soggiorno parigino di Villeré. È dunque assai difficile stabilire sulla base della documentazione a nostra disposizione quale sia stato il suo ruolo concreto nel rappresentare gli interessi parmensi presso la corte di Francia. Villeré aveva assunto l’incarico all’indomani della conclusione della seconda guerra di successione del Monferrato e, durante la sua residenza, Parma partecipò alla fallimentare campagna militare francese in Italia contro la Spagna. Dopo la morte di Richelieu, le ambiguità della politica estera di Mazzarino e la protezione accordata dalla Francia ai Barberini, nemici dei Farnese, fecero maturare un riavvicinamento del duca di Parma alla Spagna. Villeré si trovò dunque a Parigi in un momento chiave dei rapporti tra il ducato e la Francia e fu senz’altro partecipe della svolta antimazzariniana di Odoardo Farnese, interrompendo i suoi rapporti sia col cardinale sia con François-Annibal d'Estrées per sei anni e simpatizzando apertamente con la Fronda.
Nella primavera del 1654, Mazzarino accusò Villeré di aver cospirato contro di lui. Il duca Ranuccio II, successo al padre nel 1646, inviò immediatamente a Parigi il conte Ranuccio Riva per sostituirlo. Il 1° maggio 1654 Villeré venne messo di fatto agli arresti domiciliari, la sua abitazione venne perquisita e tutte le sue carte vennero sequestrate. Il residente toscano nel dare notizia di questi eventi, scrisse a Firenze che Villeré era stato accusato dal vescovo greco Cirillo di Trebisonda di aver partecipato a una congiura ordita da altri due greci (Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, 4658, c. 88). L’accusatore era una figura ambigua che, apparentemente per le sue posizioni filoromane, aveva dovuto lasciare la propria sede vescovile nel 1635. Stabilitosi a Roma nel 1643 si era legato ai Barberini e all’elezione di Innocenzo X si era trasferito a Parigi. Proprio negli stessi giorni in cui Villeré veniva rimosso dalla sua carica, lo raggiunse la notizia che il papa aveva conferito il titolo di arcivescovo di Trebisonda ad Agostino Franciotti (Pecchiai, 1949, pp. 167-184). È forse possibile che le accuse contro Villeré e gli altri due greci fossero in qualche modo legate a queste sue vicende personali. Sempre stando al resoconto del residente toscano, mentre l’innocenza di Villeré era stata rapidamente riconosciuta, uno dei due greci era stato incarcerato nella Bastiglia mentre l’altro era riparato a Rouen sfuggendo a un mandato di arresto. Nonostante si fosse stabilita la sua innocenza, il duca Ranuccio non reintegrò Villeré nella sua carica per l’opposizione di Mazzarino. A nulla valsero gli interventi in suo favore dell’arcivescovo di Tolosa Pierre de Marca e della principessa palatina Anna Gonzaga.
Nei ventidue anni in cui Villeré fu residente a Parigi aveva acquistato una qualche fama come studioso ed erudito. Probabilmente al primo periodo della sua residenza risale un’ampia selezione manoscritta degli epigrammi inediti dell’Antologia Palatina. Il manoscritto, già parte della collezione di Pierre Séguier, è ora conservato presso la Bibliothèque nationale, Coislin 352, e nella sua parte finale include alcuni epigrammi composti dallo stesso Villeré: tra questi un sonetto scritto in occasione della morte di Giovanni Demisiani (1614), un encomio di Richelieu e un’ode pindarica in onore dell’Immacolata Concezione della Vergine. Nel 1633 ripubblicò a Parigi la sua traduzione in greco moderno della grande Dottrina cristiana del Bellarmino, dedicandola al cardinale Richelieu e aggiungendovi una traduzione latina. L’opera venne poi nuovamente pubblicata in una terza edizione a Roma dalla congregazione di Propaganda Fide nel 1637. Nel 1644 venne pubblicato a Parigi un volumetto con la già ricordata ode in onore della Vergine. Suoi epigrammi in greco e in latino sono in volumi miscellanei a stampa.
A celebrare i suoi meriti, probabilmente nel 1652, vennero pubblicati un suo ritratto di Claude Mellan e un encomio latino in sua lode accompagnato da un elaborato emblema in cui veniva allegoricamente riassunta la sua vita (una stampa dell’emblema, accompagnata da versi in greco e in latino, venne pubblicata autonomamente). Nella primavera del 1652, Villeré, per il tramite dell’agente del Parlamento inglese a Parigi René Augier, fece avere una copia del suo encomio e del ritratto a John Milton che con la pubblicazione della Pro populo Anglicano defensio l’anno precedente era ormai assurto a fama europea. Villeré aveva commentato positivamente con Augier l’apologia miltoniana del regicidio, esprimendo il suo disappunto per la decisione del Parlamento di Parigi di condannarla al rogo. Milton si affrettò a ringraziare Villeré inviandogli da Londra una breve lettera nel giugno 1652. Nella primavera del 1654, Milton menzionò esplicitamente il sostegno di Villeré nella Pro Populo Anglicano Defensio Secunda, celebrando la sua origine ateniese.
Furono probabilmente questi contatti con Augier e Milton, a spingere Villeré a recarsi in Inghilterra quando si rese conto che, per l’ostilità di Mazzarino, non avrebbe potuto tornare a occupare la carica di residente. Arrivato a Londra incontrò Milton, ormai avviato verso la cecità e si offrì di fargli avere la consulenza di un noto medico parigino, che può certamente essere identificato in François Thévenin. Milton indirizzò a Villeré una lettera di ringraziamento datata 28 settembre 1654 in cui descriveva i sintomi della sua malattia.
Villeré si inserì appieno nel mondo politico-diplomatico londinese e sappiamo che frequentò i residenti della Repubblica veneta, della Toscana e della Svezia, con cui parlava spesso delle prospettive politiche della Grecia. Tentò poi di coinvolgere lo stesso Oliver Cromwell in alcuni suoi progetti in favore dei greci, di cui però non conosciamo i dettagli.
Sin dal dicembre 1654 Villeré si mise in contatto con Antoine de Bordeaux, l’agente francese in Inghilterra, chiedendo un lasciapassare per poter attraversare la Francia senza pericolo di essere arrestato. Mazzarino glielo concesse solo nel marzo del 1655, nonostante fossero nel frattempo venuti alla luce i suoi rapporti con l’agente del principe di Condé. Forse a causa di una grave malattia, Villeré rimandò la partenza sino alla primavera del 1656.
Tornato a Parma l’8 settembre del 1656, venne nominato Consigliere di Stato e inviato a Venezia per assistere Orazio Farnese, allora al servizio della Repubblica Veneta durante la guerra di Candia. Questi morì il 2 novembre di quell’anno pressoché in coincidenza con l’arrivo di Villeré a Venezia. I dispacci settimanali che Villeré inviò a Parma negli anni della sua residenza sono ricchi di informazioni politiche su quello che si muoveva nel Mediterraneo, nel Nord Europa e nell’Europa orientale. Al di là dei suoi compiti diplomatici, Villeré durante il suo soggiorno fu il punto di riferimento di alcuni greci della Morea che affermavano di esser pronti a sollevarsi contro il Turco in sostegno della Repubblica Veneta. Nel maggio 1659 Villeré rese nota al Collegio una lettera del patriarca di Costantinopoli che presentava questo piano e nell’ottobre accolse a Venezia il suo amico Luca Medici, che chiedeva alla Repubblica di armare alcune migliaia di maniotti. Medici, che aveva studiato con lui al Collegio greco a Roma, aveva antichi legami con il Granducato di Toscana. Per questo nel 1660, lui e lo stesso Villeré, si misero in contatto con la corte granducale per contrattare il trasferimento di alcuni greci a Livorno.
La sua corrispondenza con la corte di Parma fa costantemente riferimento a ritardi nei pagamenti della sua diaria e alle sue difficoltà economiche. Alla morte di Mazzarino, tentò invano di essere ripristinato nella sede di Parigi e la rimozione dall’incarico di residente a Venezia nel marzo 1661 fu per lui un grave colpo. Sappiamo che nei mesi successivi manifestò l’intenzione di recarsi nuovamente a Londra, ma non sappiamo se poi vi sia effettivamente andato. Era sicuramente in Francia nel 1668, quando pubblicò a Parigi un’ode in greco e in latino in lode dell’impegno antiturco della Repubblica di Venezia. In quello stesso anno, il Senato di Venezia volle affidare a Villeré la custodia della Biblioteca di S. Marco, ma per problemi di salute Villeré non prese possesso della carica.
In un elenco settecentesco dei bibliotecari della Marciana si dice che sarebbe morto nel 1669. Ma il parmense Cornelio Magni parla ampiamente di lui in una relazione d’Atene datata 15 dicembre 1674, facendo cenno alla sua morte che sarebbe avvenuta l’anno precedente «in Parigi con il taglio della pietra alla quale soggiaceva», ma è possibile che la data non sia precisa (C. Magni, Relazione della Città d’Athene…, Parma 1688, pp. 26-28).
Oltre a quello già menzionato di Claude Mellan, esiste un altro ritratto a stampa di Villeré, conservato a Versailles, Château de Versailles et de Trianon, Inv. Grav. LP 29 bis. 75.2.
Per una descrizione della corrispondenza diplomatica conservata a Napoli prima delle distruzioni belliche A. Cauchie - Léon van der Essen, Inventaire des Archives Farnesiennes de Naples au point de vue de l’histoire des Pays-Bas Catholiques, Bruxelles 1911, pp. 455 s.; il carteggio diplomatico da Venezia è conservato presso l’Arch. di Stato di Parma, Carteggio Farnesiano e Borbonico Estero, Venezia, 518-519. Il nome di V. è spesso menzionato nei carteggi diplomatici francesi da Londra: Parigi, Ministère de l'Europe et des Affaires étrangères, Correspondance politique, Angleterre, 63-64, passim. Per i rapporti tra V., L. Medici e il Granducato di Toscana Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, 3028, passim , Ibid., 3029, passim. Per alcuni riferimenti alle vicende francesi di Villeré Archivio di Stato di Venezia: Senato, Dispacci, Francia, 117, cc. 141v-142v, 662r, 541r-v, Ibid., 118, c. 21r. Per i rapporti con O. Cromwell Oxford, Bodelian Library, Rawlinson, A.23, c. 177; A.24, c. 86; Sheffield, University Library, Hartlib Papers, 29/5/59r. Il manoscritto dell’Antologia greca è conservato a Parigi, Bibliothèque nationale, Coislin 352; Jacques D’Orville (1698-1751) ne fece una copia ora a Oxford, Bodleian Library, D’Orville Mss., 236.
Per le opere e la biografia di V. è ancora imprescindibile É. Legrand, Bibliographie hellénique ou description raisonnée des ouvrages publiés par des Grecs au XVIIe siècle, Parigi, 1894-1903, I, pp. 104-108, 309-315, 348, 467-478; II, pp. 60 s., 67-70, 114; III, pp. 182, 216, 310, 407-416, 529, 550. Inoltre: A Collection of the State Papers, of John Thurloe…, a cura di T. Birch, London, 1742, II, pp. 246, 289, 303, 418, 629, 648; III, p. 327; S. Chardon de la Rochette, Notice sur Léonard Philaras, in Mélanges de critique et de philologie, II (1812), pp. 302-332;J. Hutton, The Greek Anthology in France and in the Latin Writers of the Netherlands to the Year 1800, Ithaca 1946, pp. 188 s., 280 s., 577; P. Pecchiai, Il metropolita Cirillo di Trebisonda ed una sua protesta contro Innocenzo X, in Orientalia Christiana Periodica, XV (1949), pp. 167-184; M. Zorzi, La libreria di San Marco. Libri, lettori, società nella Venezia dei dogi, Milano 1987, pp. 222 s., 387, 479 nota 144; M. Roberts, Swedish Diplomats at Cromwell’s Court, 1655-1656 the mission of Peter Julius Coyet and Christer Bonde. Translated and edited by Michael Roberts, London 1988, p. 143; Α. Karathanasis, Ανέκδοτη επιστολή τοῦΛεονάρδου Φιλαρά (1668) (Una lettera inedita di Leonardo Filara [1688]), in “Ο Ερανιστήs, VIII (2016), pp. 74-78; J. Milton, Epistolarum Familiarium Liber Unus and Uncollected Letters, a cura di E. Haan, Leuven 2019, pp. 200-212, 233-246.