LEONE IV papa, santo
Romano, figlio di un Radoaldo, prete del titolo dei Santi Quattro Coronati, fu eletto papa alla morte di papa Sergio II (27 gennaio 847) e consacrato il 10 aprile successivo senza che fosse chiesta a Lotario la ratifica dell'elezione: all'imperatore si addusse a scusante la gravità della situazione e si fece espressa riserva dei suoi diritti. Poiché le incursioni dei Saraceni avevano minacciato più volte Roma stessa, L. - riprendendo un progetto già elaborato, sembra, da Leone III e precisato in un capitolare imperiale del dicembre 846 - circondò il Vaticano e le immediate dipendenze fino a Castel S. Angelo di un muro di cinta fortificato: fu così creata la "città leonina" solennemente dedicata il 27 giugno 852. L. fece inoltre restaurare le mura aureliane, stabilì a Porto una colonia di Corsi, ricostruì (854) in luogo più sicuro Centumcellae distrutta dai Saraceni, e il nuovo abitato intitolò Leopoli (v. civitavecchia; X, p. 518). Tutte queste provvidenze parvero trattenere i pirati, che del resto già nell'849 erano stati sconfitti a Ostia dalle navi di Napoli, Amalfi e Gaeta comandate dal console Cesario (v. campana, lega) e benedette dal papa. L'imperatore non era certo rimasto estraneo a questa azione di L. contro i Saraceni: pure i suoi rapporti con L. furono tutt'altro che buoni. La mancata richiesta di conferma all'elezione era stata, comunque mascherata, un sintomo significativo; quando poi Ludovico II fu dal padre Lotario associato all'Impero, L. consacrò sì (aprile 850) il nuovo imperatore, ma mostrò chiaramente di non voler tollerare nello stato romano le inframmettenze di Ludovico che invece era straordinariamente desideroso di riaffermare quell'influenza che i Carolingi avevano fino allora esercitato sul papato. L'episodio dei due missi imperiali Pietro e Adriano che, associati a Giorgio, duca di Emilia e fratello dell'arcivescovo di Ravenna, assassinarono un legato inviato dal papa a Lotario e furono dal papa arrestati e condannati a morte (ma, per l'intervento di Lotario, non giustiziati) è forse il più significativo di una serie di conflitti sorti fra Ludovico e L. e che culminarono con l'improvvisa venuta del primo a Roma quando (855) le denunce del magister militum Daniele gli fecero pensare che a Roma si tramasse contro di lui a favore dell'Impero greco. E certo non pare doversi dubitare che a Roma esistesse allora una corrente nettamente ostile al protettorato franco che avrebbe potuto - circostanze permettendolo - essere messa a profitto dall'Impero greco. Di fronte a questi fatti, pensò Ludovico a preparare il terreno per fare elevare al pontificato, alla morte di L., un papa più ligio ai suoi voleri? È quello che la vicenda di Anastasio il bibliotecario - fratello del missus di Lodovico a Roma, Arsenio - e il suo atteggiamento durante il pontificato di L. e alla morte (17 luglio 855) di questo, fanno pensare (v. anastasio bibliotecario).
Anche nella politica più strettamente ecclesiastica L. si uniformò a quella stessa linea di condotta - ispirata a un alto senso del potere, della dignità e dell'indipendenza della Santa Sede - che egli seguì nei suoi rapporti con l'imperatore. Ciò è mostrato dal suo atteggiamento di fronte a Incmaro (v.) di Reims che L. non volle riconoscere come vicario apostolico per la Francia; dal suo intervento contro il tentativo del duca di Bretagna di sottrarre al dominio metropolitano di Tours i vescovati della Bretagna; dall'aver avocato a sé la controversia fra Gregorio Asbesta, arcivescovo di Siracusa e il patriarca di Costantinopoli Ignazio (v.), dall'aver saputo - infine - imporsi a Giovanni arcivescovo di Ravenna nel tentativo, da questi compiuto, di svincolarsi, col favore imperiale, dai diritti della Santa Sede sulla sede di Ravenna. L. curò il mantenimento della disciplina ecclesiastica; diede opera alla diffusione del Sacramentario e del canto gregoriano; compì la riedificazione, intrapresa da Sergio II, della basilica dei santi Silvestro e Martino e v'istituì anche un monastero; elargì privilegi alla basilica di S. Paolo.
Bibl.: Oltre al Liber Pontificalis, ed. L. Duchesne, II, Parigi 1892 pp. 106-139 e Ph. Jaffé, Regesta, I, Lipsia 1881, pp. 329-339, si vedano i testi raccolti in G. D. Mansi, Conciliorum Collectio, XIV, Venezia 1869, coll. 852-1032 che vanno completati con l'ed. delle lettere di L. curata da A. de Hirsche-Gereuth (la più completa, posteriore allo Jaffé), in Mon. Germ. Hist., Epist. t. V (Karolini aevi III), Berlino 1899, pp. 581-82, 585-618. Si veda inoltre L. Duchesne, Les premiers temps de l'état pontifical, 3ª ed., Parigi 1911, pp. 216-228; E. Amann, in Dictionnaire de théol. cathol., IX, coll. 312-316 (con bibl. assai lacunosa) e, per argomenti particolari, Ph. Lauer, Le poème de la destruction de Rome et les origines de la cité léonine, in Melanges d'arch. et d'hist., XX (1899), p. 307 segg.; id., La cité carolingienne de Cencelle, ibid., XX (1900), p. 147 segg.; B. Trifone, in Archivio della Soc. romana di storia patria, XXXI (1908), p. 272;A. Silvagni, La basilica di S. Martini, ibid., XXXV (1912), pp. 329-437 (passim); G. Buzzi, Ricerche per la storia di Ravenna e di Roma, ibid., XXXVIII (1915), p. 110 segg.; id., ibid., pp. 722-27. Riproduzione fototipica di bolle di L. in Pontificum romanorum diplomata payracea, Roma 1929.