LEONE IX papa, santo
Nato in Alsazia nel 1002 dalla famiglia dei conti di Egisheim e battezzato col nome di Brunone. Studente e poi prete a Toul, quando il vescovo di questa città morì (1026), Brunone, che si trovava allora in Lombardia a fianco di Corrado II, cugino dei suoi genitori, fu dall'imperatore designato a succedergli. Il 19 maggio 1026 Brunone prese possesso della sua sede e il 19 settembre successivo fu consacrato dall'arcivescovo di Treviri.
Durante ventidue anni Brunone svolse la sua azione episcopale in una regione, la Lorena, dove - per essere questa posta quasi a cavaliere fra Francia e Germania - gli fu possibile rendersi conto direttamente della situazione ecclesiastica dei due paesi e nella quale, già con Raterio di Liegi (953-968) e più di recente (1041-1048) con Vasone di Liegi si erano venute elaborando quelle dottrine di riforma della Chiesa (il cosiddetto programma lorenese) che patrocinavano il ritorno alle vecchie regole di elezione episcopale per opera del popolo e del clero, l'annullamento delle ordinazioni simoniache, il totale affrancamento della Sede apostolica dalle ingerenze dell'Impero specialmente in materia di elezioni episcopali e papali. Idee, queste, che è necessario aver presenti per intendere quale sia stata la preparazione spirituale con la quale il futuro papa Leone IX si accingeva a porsi per il primo sulla strada della riforma della Chiesa e a preparare il terreno all'azione di Nicola II e di Gregorio VII.
Per il momento il vescovo Brunone limitò la sua attività riformatrice a estendere ai monasteri della sua diocesi la riforma cluniacense, ma quando (dicembre 1048) alla dieta di Worms il suo imperiale cugino Enrico III lo elesse successore di papa Damaso II, Brunone, col rifiuto di volersi considerare papa se prima non fosse intervenuta l'acclamazione da parte del popolo e del clero di Roma, mostrò chiaramente come le idee lorenesi avevano fatto presa su di lui. Il 2 febbraio 1049 Brunone era acclamato papa dal popolo romano e il 12 solennemente insediato, col nome di Leone IX.
Durante i cinque anni del suo pontificato, L. spiegò un'attività febbrile in pro della riforma; si circondò di collaboratori come lui fautori del programma lorenese: Umberto di Moyenmoutier, Ugo di Silva Candida, Odone di Toul, Federico di Lorena (non ci sono però serî argomenti per sostenere che Ildebrando, il futuro Gregorio VII, che seguì L. a Roma, sia stato l'ispiratore della politica ecclesiastica del papa); traversò tre volte le Alpi per compiere lunghi viaggi in Francia e in Germania; convocò almeno undici concilî (notevoli soprattutto i 4 concilî di Roma: 9-15 aprile 1049; aprile 1050; Pasqua 1051; Pasqua 1053; e i concilî di Reims, 3-4 ottobre 1049; Magonza, ottobre 1049; e Vercelli, settembre 1051). Ma l'esame dell'azione riformatrice svolta da L. mostra chiaramente come solo in Francia il pontefice riuscisse ad applicare in pieno il programma lorenese e a imporre la sua alla volontà di Enrico I. Per il resto, la riforma è, sì, non più affidata alle iniziative singole di qualche vescovo ma riveste carattere universale, ed è voluta e diretta con unicità d'intenti non più dall'imperatore (come al tempo di Enrico II) ma dalla S. Sede; trova, sì, la sua conferma teorica nella pubblicazione (circa il 1050), direttamente ispirata da L., della Collectio septuaginta quatuor titulorum la cui rubrica De primatu Romanae ecclesiae contiene una serie di testi (tratti dalle Decretali pseudoisidoriane e da S. Cipriano) rivendicanti i privilegi e i diritti della S. Sede; si sforza, sì, di estirpare la simonia, di imporre il celibato ecclesiastico, di favorire in ogni modo la diffusione in seno ai monasteri della riforma cluniacense; ma sembra alle volte - e anche in questo campo con non poche incertezze - assumere aspetto più di riforma morale che ecclesiastico-politica, e, in Italia e in Germania - nelle terre cioè soggette all'imperatore - procede cautelosa e piena di riguardi per il potere civile; subisce le influenze dell'episcopato italiano, sempre favorevole a un'intesa fra papato e Impero; non riesce, soprattutto, a dare a sé stessa quel pieno e logico sviluppo, quella garanzia di continuità che solo potranno darle le provvidenze di Nicola II e Gregorio VII per sottrarre l'elezione stessa del pontefice all'arbitrio dell'imperatore.
Per spiegare l'incerto atteggiamento di L. nei riguardi di Enrico III bisogna tener presente che L. è, in fondo, un papa scelto dall'imperatore e che l'imperatore, pur mostrandosi favorevole alla riforma della Chiesa, non poteva certo pensare che questa potesse attuarsi a danno delle sue prerogative. Non bisogna infine dimenticare che un eventuale conflitto con l'imperatore avrebbe pregiudicata la politica meridionale del papa.
Fin dall'inizio del suo pontificato (il suo primo viaggio nel sud è del marzo 1049) L. aveva rivolto la sua attenzione all'Italia Meridionale, dove i Normanni di Aversa e di Melfi, che Enrico III aveva presi sotto la sua protezione (1047), erano causa di continui disordini fra le popolazioni danneggiate dai metodi con i quali essi lavoravano a rafforzare il loro incipiente dominio. Nel 1051 Benevento, mal difesa contro i Normanni dai duchi Pandolfo e Landolfo, si era data al papa: Enrico III riconosce (1052) al papa i suoi diritti su Benevento e l'Italia Meridionale e L., a titolo di compenso, rinuncia a favore dell'imperatore ai suoi diritti sull'abbazia di Fulda e sulla diocesi di Bamberga. Il papa aveva così - sfruttando abilmente il malcontento delle popolazioni e il contrasto fra Normanni e duchi di Benevento - conseguito pienamente il suo scopo. Ma aveva altresì creato una situazione che non poteva non risolversi in un conflitto. Tanto più grave la situazione quando il papa, incerto sugli aiuti che avrebbe avuto dall'imperatore, aveva cercato un appoggio contro i Normanni in Argiro, catapano bizantino d'Italia. All'atto pratico, la spedizione contro i Normanni intrapresa nella primavera del 1053 si risolse in un disastro; venutigli a mancare i contingenti di truppe promessi da Enrico III, appoggiato da un esercito composto quasi esclusivamente di avventurieri tedeschi, impossibilitato a ricongiungersi con i Greci di Argiro, L. dovette assistere impotente alla sconfitta che i Normanni infersero alle sue truppe presso Civitate, sulle rive del Fortore, il 17-18 giugno 1053. Il papa stesso fu fatto prigioniero e condotto a Benevento (23 giugno). Non fu rilasciato che il 12 marzo 1054 dopo avere, con tutta probabilità, confermato i Normanni nel possesso dei territorî da essi occupati nel principato di Benevento. Sappiamo però che la città rimase al papa. Pochi giorni dopo il suo ritorno a Roma L. venne a morte (19 aprile 1054).
Durante la prigionia di L. a Benevento cade il momento culminante del conflitto fra la Chiesa latina e la Chiesa di Costantinopoli occasionato da uno scritto di Leone vescovo di Acrida in Bulgaria, ma in realtà provocato dal patriarca di Costantinopoli Michele Cerulario. Nonostante l'intervento di Argiro, preoccupato per le sorti della sua politica d'intesa con i Latini d'Italia; nonostante il buon volere dell'imperatore Costantino Monomaco, la fine diplomazia del cardinale Umberto di Moyenmoutier e la lunga memoria di L: a Michele (Patrol. Lat., CXLIII, coll. 744-773) il conflitto (per i particolari del quale vedi michele cerulario) si risolse (quando L. era già morto) il 15 luglio 1054 con la scomunica di Michele, preludio della definitiva rottura fra la Chiesa latina e quella greca.
Bibl.: Diligente elenco delle fonti di E. Amann, in Dictionnaire de théologie catholique, IX, p. 328. Ottime le pagine dedicate a L. da A. Fliche, La Réforme Grégorienne, I, Lovanio-Parigi 1924, pp. ;129-159, 267-280 e passim. Vedi inoltre W. Bröcking, Die französische Politik Papst Leos IX., Stoccarda 1889; P. Brucker, L'Alsace et l'Église au temps du pape Saint Léon IX, Strasburgo 1889; P. Fournier, Le premier manuel canonique de la réforme du XIe siècle, in Melanges d'archéologie ed d'histoire, XIV (1894), pp. 144-223; E. Martin, Saint Léon IX, Parigi 1904; F. Chalandon, Histoire de la domination normande en Italie et en Sicilie, I, Parigi 1907, pp. 122-142, 156-161; J. Drehmann, Papst Leo IX. und die Simonie, Lipsia 1907; L. Saltet, Les réordinations, Parigi 1907.