LATTES, Leone
Nacque da Job e da Camilla Lombroso, figlia di un fratello dell'antropologo Cesare, il 6 febbr. 1887 a Torino, dove, superati gli studi secondari, si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia. Frequentò gli istituti di patologia generale e di anatomia patologica, quindi fu allievo di Cesare Lombroso, alla cui scuola si formò maturando quegli interessi per l'antropologia criminale che avrebbe coltivato per tutta la vita.
Ancora studente pubblicò, sotto la guida del maestro, le sue prime indagini sulla morfologia del cervello nei soggetti normali e nei delinquenti, sui rapporti tra asimmetrie cerebrali e mancinismo, sull'interpretazione del mancinismo: Contribution à la morphologie du cerveau de la femme criminelle, in Arch. di psichiatria, neuropatologia, antropologia criminale e medicina legale, XXVII (1906), pp. 457-465; Asimmetrie cerebrali nei normali e nei delinquenti, ibid., XXVIII (1907), pp. 1-22; Su un nuovo significato del mancinismo negli epilettici e nei delinquenti, ibid., pp. 211 s.; Destrismo e mancinismo in relazione colle asimmetrie funzionali del cervello, ibid., pp. 281-303.
Laureatosi il 3 luglio 1909, andò a perfezionarsi presso l'istituto di fisiologia di Francoforte sul Meno, diretto da Gustav G. Embden e a Monaco di Baviera nella clinica medica di F. Müller. Tornato a Torino, si orientò decisamente verso la medicina legale: assistente di M. Carrara, che nel 1903 era stato chiamato a succedere a Lombroso nell'insegnamento e nella direzione dell'istituto di antropologia criminale e medicina legale, nel 1913 conseguì la libera docenza nella disciplina.
Il L. esordì nella ricerca scientifica con interessanti osservazioni nel settore della chimica fisiologica, di interesse, oltre che fisiopatologico generale, anche medico-legale. Tra i primi ad applicare i moderni metodi di estrazione dei grassi dal siero di sangue, studiò le variazioni lipemiche e le steatosi dei grandi parenchimi nelle intossicazioni da cloroformio, fosforo e florizina e nell'autolisi tessutale: Sur la lipémie phlorizinique et sur ses rapports avec les migrations de graisse dans l'organisme, in Archives italiennes de biologie, LIII (1910), pp. 235-252; Über den Fettgehalt des Blutes des Hundes unter normalen und unter verschiedenen experimentellen Verhältnissen(Verdauung, Hungern, Phosphor-, Phloridizin-, und Chlorophormvergiftung), in Archiv für experimentelle Pathologie und Pharmakologie, LXVI (1911), pp. 132-142; Sul comportamento del grasso organico nell'autolisi, in Giorn. della R. Accademia di medicina di Torino, s. 4, XVII (1911), pp. 351-357; Liberazione del grasso e proteolisi autolitiche nel tessuto muscolare. (Sul comportamento del grasso organico nell'autolisi). Nota 2, in Arch. di farmacologia sperimentale e scienze affini, XVIII (1914), pp. 335-341. Dimostrò con indagini sull'origine dell'adipocera che l'autolisi cadaverica non porta a neoformazione di grassi nei tessuti (Contributo alla conoscenza dell'origine dell'adipocera, ibid., X [1910], pp. 367-372). Mise in evidenza come il succo pancreatico necessiti dell'azione della chinasi enterica per essere attivato, mentre nelle necrosi pancreatiche acute la sua attivazione sia determinata da chinasi originate dai tessuti danneggiati indipendentemente dalla presenza di chinasi enterica: Sull'attivazione del succo pancreatico, ibid., XIV (1912), pp. 293-314; Über Pankreasvergiftung (Pankreasnekrose), in Virchows Archiv für pathologische Anatomie und Physiologie und für klinische Medizin, CCI (1913), pp. 1-43.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, il L. si arruolò volontario nell'esercito: capitano medico, dapprima prestò servizio nell'ospedale militare principale di Torino e in un ospedale da campo, quindi fu nominato capo del reparto neuropsichiatrico della 7ª Armata e poi consulente medico psichiatra presso l'8ª Armata.
La possibilità di disporre di un consistente materiale di studio, rappresentato dai numerosi e multiformi problemi medico-legali della medicina castrense, gli consentì di condurre varie osservazioni di interesse antropologico-psichiatrico: sui tentativi di suicidio dei militari (La diagnosi medico-legale del suicidio doppio e dell'omicidio suicidio, in Riv. di medicina legale, VI [1916], pp. 201-207, 223-231; Il tentato suicidio nei militari, in Arch. di antropologia criminale, psichiatria e medicina legale, XXXVIII [1917], pp. 381-396); sulle dimensioni patologiche delle "semi-alienazioni" (I semi-alienati in medicina legale militare e il concetto di pericolosità, in Riv. di medicina legale, VII [1917], pp. 1-10, 49-60); sulle psiconeurosi (Alcune considerazioni attorno alle psiconeurosi d'origine bellica, in Arch. di antropologia criminale, psichiatria e medicina legale, XXXVIII [1917], pp. 97-117, 193-210, in collab. con C. Goria; I reati dei psiconevrotici di guerra, ibid., XXXIX [1918-19], pp. 1-26).
Terminate le ostilità, il L. riprese servizio presso l'Università, avviandosi alla carriera accademica. Ternato nel concorso per la cattedra di medicina legale dell'Università di Cagliari nel 1920, quindi titolare della disciplina per breve tempo in quella di Messina, dopo aver superato il relativo concorso insegnò a Modena come straordinario dal 1922 al 1924 e come ordinario dal 1924 al 1933: in questa sede seppe avviare la scuola a una feconda attività scientifica, caratterizzandola altresì con una decisa impronta clinica. Trasferito nel 1933 presso l'Università di Pavia, subentrò nell'insegnamento a R. Magnanimi nel periodo delle innovazioni didattiche introdotte nei corsi di laurea: in particolare, in conformità alle direttive centrali ministeriali, dal 1935 la medicina legale e delle assicurazioni sociali veniva inclusa tra i 21 insegnamenti fondamentali obbligatori della facoltà di medicina e chirurgia. L'istituto di medicina legale di Pavia, allogato in uno stesso edificio insieme con quelli di anatomia umana normale e di anatomia patologica, apparve subito al L. una sede inadeguata ai nuovi, accresciuti obblighi, così che si dedicò al radicale riassetto funzionale e strutturale dell'edificio: riuscì in breve a ottenerne un ampliamento, raddoppiando lo spazio disponibile, a creare una sezione didattica provvista di aula e di sale per le esercitazioni, a sistemare razionalmente la sezione necroscopica e i laboratori, potenziando contemporaneamente l'organico del personale universitario. Fece inoltre riattivare il corso di medicina legale per la facoltà di giurisprudenza, sostanzialmente cessato quando, nel 1924, era divenuto facoltativo e libero.
Brillante ricercatore, autore di oltre 300 pubblicazioni scientifiche, il L. recò contributi essenziali alla sua disciplina. Indirizzatosi subito nel filone di indagini prediletto da Lombroso, l'antropologia criminale, fu un attento studioso dei rapporti tra neuro-psicopatologia e criminalità e dei loro riflessi sociali e medico-legali: introdusse il concetto di invalidità in contrapposizione a quelli di anomalia e di malattia, con la distinzione tra invalidità cerebro-psichica di origine morbosa e anomalia cerebropatica ereditaria; ritenne che amoralità, asocialità e tendenza a delinquere sono talvolta in dipendenza dei postumi di una malattia, così da poter essere non punibili, ma al contrario valutabili come infortuni del lavoro o colpe civili e come tali risarcibili; in tale orientamento di pensiero, interpretò il mancinismo, all'epoca generalmente ritenuto una anomalia costituzionale non rara nei criminali, un frequente postumo morboso. Nel campo più specifico della medicina legale e delle assicurazioni, si occupò in modo particolare, con l'esame di numerosi casi, delle cause occasionali di morte violenta; configurò il danno del nefrectomizzato; analizzò il problema del patrocinio dei lavoratori in applicazione delle leggi sociali e i motivi dell'indennizzabilità della morte dipendente da infortunio, richiamando l'attenzione degli studiosi sui paradossali aspetti conseguenti a rare, particolari contingenze; sostenne l'esigenza di adottare provvedimenti di legge per l'indennizzabilità delle conseguenze dell'anchilostomiasi; propose l'adozione di necessarie cautele nella valutazione dell'indennizzabilità del danno rappresentato dalle alterazioni della personalità morale e sociale da infortunio sul lavoro; espose le sue originali convinzioni in ordine alla riforma della legge sugli infortuni e le malattie professionali, alle provvidenze medico-chirurgiche e medico-legali a favore dei lavoratori, alle vaste e complesse funzioni degli istituti assicuratori, ai problemi generali della medicina legale in rapporto a tale nuova funzione sociale. Tra i suoi numerosi lavori in questo settore si ricordano: Sulle cause occasionali di morte violenta, in Arch. di antropologia criminale, psichiatria e medicina legale, XXIII (1912), pp. 70-109; Sull'asimmetria del cervello criminale, ibid., XXXIV (1913), pp. 648-661; L'origine cerebrale delle asimmetrie craniche nei delinquenti, ibid., XXXVI (1915), pp. 19-42; La pericolosità criminale dal punto di vista medico legale, ibid., XLI (1921), pp. 211-251, 281-322; A proposito del delinquente per tendenza, ibid., L (1930), pp. 927-930; Il patrocinio dei lavoratori rispetto alle assicurazioni sociali, in Rass. della previdenza sociale, XII (1925), 4, pp. 11-30; A che titolo è risarcibile la morte dipendente da infortunio?, ibid., 9, pp. 1-9; Le provvidenze sanitarie per i lavoratori, I, Provvidenze medico-chirurgiche; II, Provvidenze medico-legali, Modena 1930; L'indennizzabilità delle conseguenze dell'infezione anchilostomiasica, in Atti della Associazione italiana di medicina legale, f. supplementare al vol. 53, in appendice all'Arch. di antropologia criminale, psichiatria e medicina legale, LIV (1934), pp. 342-347.
Uno dei più interessanti e originali contributi del L., che lo impose subito all'attenzione della comunità scientifica internazionale, fu l'introduzione nella pratica medico-legale dei metodi per l'identificazione e la diagnosi individuale del sangue umano. A distanza di 15 anni dalla scoperta di K. Landsteiner dell'esistenza degli antigeni e degli anticorpi del sistema "A, B, 0", egli mise a punto la metodica per il riconoscimento dell'appartenenza a un determinato gruppo delle tracce ematiche (L'individualità del sangue umano e la sua dimostrazione medico-legale, in Arch. di antropologia criminale, psichiatria e medicina legale, XXXVI [1915], pp. 422-447, 538-554), definendo in modo preciso i vari aspetti dell'isoagglutinazione e individuando il fenomeno che chiamò, con termine universalmente accettato, pseudoagglutinazione (Sulla tecnica della prova di isoagglutinazione per la diagnosi individuale del sangue, ibid., XXXVII [1916], pp. 400-408; Sulla autoagglutinazione del sangue, in Haematologica. Arch. italiano di ematologia e sierologia, II [1921], pp. 101-120; Sui fattori dell'isoagglutinazione nel sangue umano, ibid., pp. 401-426; Sur l'existence d'un troisième élément d'isoagglutination, in Journal of immunology, IX [1924], pp. 407-425, in collab. con A. Cavazzuti): a seguito di queste ricerche, non solo la medicina legale poteva disporre di un mezzo prezioso per l'identificazione personale e, data l'ereditarietà degli antigeni eritrocitari, per la ricerca della paternità (I gruppi sanguigni e la ricerca della paternità, in Atti della Società lombarda di scienze mediche e biologiche, XVI [1927], pp. 297-319), ma si costituivano solide basi per la nascente immunoematologia con l'introduzione del concetto di compatibilità tra donatore e ricevente nella pratica dell'emotrasfusione (Sull'accertamento dei gruppi sanguigni quale mezzo pratico per prevenire accidenti della trasfusione, in Arch. italiano di chirurgia, XII [1925], pp. 27-34). Nell'ambito del sistema "A, B, 0" il L. studiò inoltre l'esistenza dei sottogruppi M e N e la possibilità di preparare i relativi antisieri specifici onde caratterizzare ancor meglio il materiale ematico in esame o la compatibilità in caso di emotrasfusione (Prime ricerche italiane sugli antigeni individuali M ed N; sulla preparazione degli antisieri gruppospecifici anti-M e anti-N, in Boll. della sezione italiana. Società internazionale di microbiologia, IV [1932], pp. 594-601; Prime ricerche italiane sugli antigeni individuali M ed N; ereditarietà e distribuzione degli antigeni M ed N nella popolazione italiana, ibid., pp. 602-605, in collab. con G. Garrasi). Raccolse e illustrò ampiamente i suoi numerosi contributi sull'argomento nella monografia L'individualità del sangue nella biologia, nella clinica e nella medicina legale, pubblicata a Messina nel 1923 e in successive edizioni rivedute e ampliate (la quinta fu edita a Milano nel 1934) e tradotta in varie lingue. Autore anche di numerose voci relative all'argomento in opere enciclopediche, collaborò al trattato Le emopatie di A. Ferrata (I-II, Milano 1918-23 e in 2a ed., ibid. 1933-35) e redasse il capitolo Methoden zur Bestimmung der Individualität des Blutes nella seconda parte della XIII sezione del trattato curato da E. Abderhalden Handbuch der biologischen Arbeitsmethoden (Berlin-Wien 1927).
Postumo apparve il suo articolo Ritorno a Lombroso, in Minerva medicolegale, LXXVI (1956), pp. 1-12.
Costretto a lasciare l'Italia in seguito alle leggi razziali emanate dal regime fascista, nel 1938 il L. riparò in Argentina, sostituito nell'insegnamento a Pavia da B. Boldrini. Conseguita allora la laurea in "Ciencias médicas" nell'Università di La Plata nel 1939, l'anno successivo il L. superò gli esami di diploma di "médico legista" nella facoltà medica della Universidad del Litoral a Rosario. In America Latina egli godette di una notevole reputazione: fu membro onorario del Círculo de médico legista di Rosario e di quello di Buenos Aires, esercitò le funzioni di medico sierologo presso la Direzione municipale della trasfusione del sangue e di medico dell'ospedale municipale Durand nella capitale; fu eletto vicepresidente del I Congresso argentino di sierologia e medicina del lavoro nel 1940, e fu nominato perito ufficiale dei tribunali di Buenos Aires e di La Plata. Successivamente tenne corsi di ematologia forense nella Università di Santiago del Cile. In Argentina tornò a guerra finita, tra il 1947 e il 1948, impegnato in attività didattiche e di ricerca e nello studio dei problemi dell'emigrazione italiana in Sudamerica: autore di contributi giornalistici e di attualità, pubblicò, tra gli altri, i saggi Accidentes del trabajo (Buenos Aires 1945) e Tratado práctico de hemoterapia (ibid. 1947) in collaborazione con E. Sammartino et al., nonché gli articoli: Der getarnte Selbstmord, in Archiv für Kriminologie, CVI (1940), pp. 1-15; La selección humana en la emigración, in Revista de psiquiatría y criminología, XII (1947), pp. 329-344; Medicina ed emigrazione; medicina preventiva; contagi, psicopatie, criminalità, in Arch. di antropologia criminale, psichiatria e medicina legale, LXVIII (1948), pp. 93-130.
Ripreso dopo il 1948 il suo insegnamento all'Università di Pavia, provvide alla definitiva strutturazione organica dell'istituto di medicina legale e a consolidare sul piano scientifico e culturale la scuola da lui fondata. Mantenne vivi i contatti scientifici con l'America: vincitore di una borsa Fullbright per un soggiorno di studio negli Stati Uniti, frequentò per diversi mesi i laboratori della Georgetown Medical School di Washington e l'Istituto di ricerche ematologiche della Ortho Research Foundation di Raritan (NJ).
Aveva ricoperto cariche importanti: fondatore e presidente, poi presidente onorario, della Società italiana della trasfusione del sangue, fu per 15 anni ispettore medico del Patronato nazionale dell'assistenza sociale. Redattore capo nel 1938 del periodico fondato da Lombroso, Archivio di antropologia criminale, psichiatria e medicina legale, pochi mesi prima di morire fondò con P. Introzzi la Rivista di emoterapia ed immunoematologia.
Ricoveratosi nella clinica medica dell'Università di Pavia per accertamenti diagnostici, il L. vi morì il 4 nov. 1954.
Fonti e Bibl.: Necrologi in: Boll. dell'Istituto sieroterapico milanese, XXXIII (1954), pp. 649 s.; in Haematologica, XXXVIII (1954), 1, pp. III s.; in Minerva medicolegale, LXXIV (1954), pp. I s.; in Zacchia. Riv. di medicina legale e delle assicurazioni, s. 2, XVII (1954), pp. 308-310; in Boll. della Società medico chirurgica di Pavia, LXIX (1955), 1-2, pp. I-XVI; in Università degli studi di Pavia, Annuario per l'anno accademico 1955-56, Pavia 1956, pp. 371-375; F. Domenici, L. L., in Giornale di medicina legale, infortunistica e tossicologia, I (1955), pp. V-VIII; L. L. Pubblicazioni dell'Istituto di medicina legale dell'Università di Pavia, Pavia 1956; G.V. Giusti, L. L.: Italy's pioneer in forensic serology, in The American Journal of forensic medicine and pathology, III (1982), 1, pp. 79 s.; W. G. E., Editor's notes on dr. L., ibid., pp. 80 s.; P. Fraccaro, Relazioni e discorsi degli anni del rettorato (1945-1959), in Fonti e studi per la storia dell'Università di Pavia, VI, Milano 1983, p. 192; I. Fischer, Biographisches Lexikon der hervorragenden Ärzte… [1880-1930], II, p. 870.
a-*