RICASOLI, Leone
– Nacque, probabilmente a Firenze, da Antonio di Bettino Ricasoli e da Ginevra di Jacopo di Conte Medici il 22 giugno 1515. Tenuto a battesimo da papa Leone X, ebbe come unico fratello Giulio, col quale intrecciò la propria biografia, alternandosi entrambi come ambasciatori medicei a Siena, alla vigilia del conflitto franco-imperiale sul suolo toscano. Sposò in data imprecisata Fioretta (detta Alessandra) di Giovambattista di Pietro Ricasoli, nel quadro di una strategia endogamica che i Ricasoli utilizzarono in più occasioni, in questo caso recuperando con patto matrimoniale la figlia di un familiare esiliato nel 1522. La coppia non sembra aver avuto figli maschi, ma una unica figlia Ginevra che nel 1571 andò in sposa a Nero del senatore Agostino del Nero barone di Porcigliano.
A detta di Luigi Passerini (1861, p. 196), fin da piccolo Leone venne ammesso alla corte medicea, probabilmente quella di Cosimo I, ma le prove documentarie in merito non sono probanti. Uno dei primi incarichi in cui venne verificata la sua fedeltà ai duchi e la personale attitudine al governo fu nel 1548 quello di commissario di Montepulciano, terra di grande importanza strategica quale propaggine del dominio fiorentino incuneato nello Stato senese. Ricasoli, i cui beni territoriali erano posti nel Chianti prossimo a Siena, trovò nel quadro della politica medicea verso quella città le ragioni dei suoi incarichi. Il duca Cosimo infatti «se ne valse assaissimo per la rovina di Siena» (p. 197). Nel luglio del 1552 fu inviato a Siena quale ambasciatore residente fin da quando la città era governata dal cardinal Ippolito d’Este, sotto la tutela francese. In realtà il suo compenso mensile di ambasciatore (60 scudi) appare già contabilizzato nel 1550 (Arch. di Stato di Firenze, Manoscritti, 321, p. 40). Compito del diplomatico sarebbe stato quello di guadagnare al partito mediceo alcune frange del patriziato locale, sostenendo l’idea che per le future buone sorti della repubblica non la Francia ma Cosimo avrebbe rappresentato l’alleato migliore. Ricasoli riuscì a convincere alcuni patrizi mentre altri poté guadagnarseli corrompendoli con i soldi del duca di Firenze. La cospirazione venne però conosciuta dall’autorità, e il nome di Leone uscì dagli interrogatori di alcuni indiziati sottoposti a tortura. Di fronte alle proteste formali della Signoria senese Cosimo fu costretto a richiamare nel febbraio del 1553 il proprio ambasciatore, che si trasferì non distante da Siena, nella sua proprietà di Brolio, dove aveva avuto ordine da Cosimo di continuare l’opera avviata a Siena. Dal possedimento avito Leone riprese i contatti con gli esponenti del patriziato meno favorevoli alla politica della Signoria, riuscendo a ordire una congiura per rovesciare il governo in carica. Anche in questo caso il tentativo sfumò, la trama venne scoperta e alcuni esponenti della famiglia Salvi che vi erano coinvolti furono messi a morte assieme a una quarantina di altri indiziati. Ricasoli fu pubblicamente bandito e sul suo capo venne posta una taglia.
Rientrato in Firenze, nel 1553 fu nominato dal duca nel Senato dei 48. Già nel 1554 fu commissario delle bande medicee (ibid., Mediceo del Principato, 532, c. 432). Con l’inizio del conflitto senese, venne impiegato in incarichi di comando militari, e condusse direttamente un’incursione in Valdinievole contro le truppe filofrancesi di Piero Strozzi che con una manovra strategica avevano aperto un altro fronte a nord-ovest di Firenze, riuscendo a espugnare Montecatini. Trasferitosi sul fronte senese a fianco del marchese di Marignano, Ricasoli si ammalò, così da dover lasciare i campi di guerra e riparare a Brolio.
Dopo la caduta di Siena fu impiegato come commissario di Pisa, dove fece fronte alla rovinosa alluvione del settembre 1557. In seguito ricevette l’incarico di ambasciatore residente del ducato mediceo in Francia, dove si recò per congratularsi della pace franco-ispanica di Cateau-Cambrésis (aprile 1559) a seguito di una precedente missione volta a stabilire gli accordi preliminari per la fine della guerra senese. A dodici anni di distanza dall’ambasceria francese del consorte Giovan Battista Ricasoli, Leone giunse in Francia alla metà di giugno del 1559 e dovette fronteggiare l’improvvisa e nefasta sequenza dell’incidente, agonia e morte di Enrico II di Valois, continuando la missione fino al 25 settembre di quell'anno.
Ricasoli era arrivato a Parigi, facendo sosta a Lione, dove aveva ricevuto la notizia del ferimento del re durante la giostra. In questa città suo ospite e interlocutore fu Lionardo Spina, in un ambiente di banchieri fiorentini restii a partecipare al Grand Parti, e soprattutto di esponenti e rappresentanti della nazione ostili a Cosimo e ai suoi uomini: «Scrissi al Concino quello mi havevono fatto li Fiorentini di Lione che lo dicessi a V. Ex.a non scrivendo altri per non infastidire et perché non ho hauto risposta se l’ha ricevuta perché la sappia il tutto replico io me il consolo Pietro Capponi operò non mi si venissi a parlare per niuno et egli che fa il capo della Repubblica mi sfuggì scontrandomi per la strada et otto o dieci ghiotti che vi erono feciono motivo d’arme e di cavalli spargendo che mi volevano ammazzare per fare dispetto a V. Ecc.za ma nel vero era perché mi volevano far correre alla giustizia» (Mediceo del Principato, 4594, c. 64v, Ricasoli a Cosimo I, 6 ag. 1559). Ricasoli non si lasciava intimidire e rispondeva altrettanto minaccioso che il duca avrebbe potuto vendicarsi anche in Turchia. A Parigi del resto l’ambiente non gli era meno ostile, tanto che l’ambasciatore temeva per la sua vita, minacciata in particolare da Bernardo e altri della famiglia Girolami «perché questi sono capi delli Arrabbiati, come il figlio di Piero Strozzi» (c. 65r).
Tra queste inquietudini, Ricasoli, che sembra aver abitato prevalentemente a Poissy, distante dalla corte, non mancò di informare sugli ultimi giorni del re e i nuovi equilibri politici che si crearono nella corte francese con l’ascesa al trono di Francesco II di Valois. Dai suoi dispacci emerge l’ascesa del partito dei Guisa («il governo si vede tutto voltarsi a casa Ghisa», c. 43r, 14 luglio 1559), in particolare del cardinale Carlo di Lorena, contestualmente al declino della figura del connestabile Anne duca di Montmorency e della sua intermediazione politica: «non occorre fare più capo al Contestabile di quello s’habbia da negoziare col Re perché hora questa cura tocca al cardinale di Loreno», mentre Montemorency veniva confinato al Consiglio degli affari (c. 38r, 14 luglio 1559).
Ricasoli sorvegliò quindi questa fase intensa ma breve dell’avvicendamento dinastico francese, con particolare preoccupazione verso il principe Alfonso d’Este e il favore che godeva, sostenendo dalla corte francese il réseau mediceo attraverso incontri con gli alti dignitari spagnoli che incrociavano alla corte dei Valois. Descrisse anche i tentativi di risanamento delle finanze e i tagli alla spesa militare, e gli sforzi per arginare la vendita degli uffici di giustizia civile criminale, senza mancare di informare sulle vicende che oltremanica coinvolgevano Maria di Guisa, allora reggente del Regno di Scozia. Dopo quattro mesi di intensa attività venne sostituito da Alfonso Tornabuoni vescovo di Borgo San Sepolcro; rientrò in Toscana all’inizio di ottobre del 1559. Da allora non lasciò più la Toscana, dove nel 1560 ricoprì l'incarico di commissario di Pistoia.
Morì, forse a Firenze, il 7 agosto 1563.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, 1851 (sulla legazione di Siena); 4594 (sull’ambasceria in Francia); numerose le le lettere da lui scritte e a lui dirette come commissario delle bande negli anni della guerra di Siena (cfr. il Carteggio Universale di Cosimo I de’ Medici, relativo a lettere conservate nelle filze del Mediceo del Principato 409, 410, 411, 412, 413, 413/a, 415, 449/a, 459 e ad ind., e come commissario di Pisa , filze 461-466, 476, 480, 483); Manoscritti, 321, pp. 40, 51; B. Segni, Storie fiorentine di messer Bernardo Segni gentiluomo fiorentino, colla vita di Niccolò Capponi, Augusta 1723, pp. 346, 351.
G.A. Pecci, Continuazione delle memorie storico critiche della città fino agl’anni MDLIX, IV, Siena 1760, pp. 43, 56, 78; D.M. Manni, Il Senato Fiorentino, ossia la notizia de’ Senatori Fiorentini, Firenze 1771, p. 101; L. Passerini, Genealogia e storia della famiglia Ricasoli, Firenze 1861, pp. 196-198 e tav. XV; Négociations diplomatiques de la France avec la Toscane, a cura di G. Canestrini - A. Desjardins, III, Paris 1865, pp. 399-402; M. Del Piazzo, Gli ambasciatori toscani del Principato (1537-1737), Roma 1953, pp. 158-159.