STROZZI, Leone
– Nacque a Firenze il 16 ottobre 1515, da Filippo (Giovan Battista) di Filippo e da Clarice, figlia di Piero de’ Medici. Gli fu assegnato questo nome in onore di papa Leone X, al secolo Giovanni de’ Medici, zio della madre, da due anni eletto al soglio pontificio.
Nel gennaio del 1525, a soli nove anni, per volontà di un altro papa Medici, Clemente VII, succedette al fratello primogenito Piero nella commenda fiorentina dell’Ordine di Malta di S. Iacopo in Campo Corbolini, e due anni più tardi (1527) gli furono assegnati anche il titolo di priore di Capua e una pensione ecclesiastica di 700 ducati annui (Archivio di Stato di Firenze, Carte Strozziane, Serie terza, 97, cc. 67-72). Erano ancora relativamente lontani gli anni in cui il padre, grande banchiere internazionale strettamente imparentato con i Medici, sarebbe divenuto il capo riconosciuto dell’opposizione antimedicea; in questo periodo gli Strozzi – con Filippo nel ruolo di tesoriere papale – erano i capofila delle numerose banche fiorentine impegnate a pieno regime nella finanza pontificia.
Dopo alcuni anni passati a Padova, dove il padre lo aveva mandato, assieme con i fratelli Piero e Roberto, per svolgervi gli studi lontano dai disordini della situazione politica fiorentina, che aveva visto i Medici di nuovo cacciati nel 1527, Strozzi rientrò a Firenze con i familiari subito dopo la fine della Repubblica, capitolata nell’agosto del 1530 a seguito dell’attacco militare imperiale e papale. Nei suoi studi aveva dato prova di ottima predisposizione per le lettere greche e latine, ma anche per le scienze matematiche e l’astronomia, oltre che in quegli esercizi cavallereschi che entravano a pieno titolo nell’educazione di un giovane patrizio. Sembra anche manifestasse predisposizione per i componimenti di poesia burlesca, «all’uso de’ più bizzarri ingegni fiorentini» (ibid., 75/II, c. 12v).
Se in un primo tempo gli Strozzi furono tra i più vicini sostenitori di Alessandro de’ Medici, nominato nel 1532 primo duca di Firenze, ben presto i rapporti si guastarono, a causa di antiche rivalità e nuovi episodi, tra i quali il ferimento di uno dei più stretti adepti del duca, Giuliano Salviati, compiuto dai fratelli Strozzi a difesa dell’onore della sorella Luigia. Di lì a poco, gli Strozzi abbandonarono Firenze, e subirono nel 1536 il bando e la confisca dei beni fiorentini.
Nel frattempo, Strozzi, assecondando una decisione presa dal padre per allontanarlo dai pericoli di un coinvolgimento nella situazione politica fiorentina (lettera di Filippo a Francesco Vettori, 28 novembre 1534, citata in Simoncelli, 2006, p. 49) dopo un soggiorno a Roma aveva approfittato a Napoli del transito delle galere di Malta ed era arrivato il 23 maggio 1535 nell’isola, dove entrò a far parte a tutti gli effetti, come cavaliere, dell’Ordine gerosolimitano.
Nel dicembre del 1536 fu nominato, non senza contrasti a causa della giovanissima età e dell’opposizione dei pretendenti di altre nazioni, capitano delle galere di Malta; partecipò quindi, l’anno successivo, alla spedizione navale, comandata dal principe Andrea Doria, ammiraglio imperiale, contro parte della flotta ottomana. Nello scontro avvenuto nelle acque di Corfù il 22 luglio dette prova di coraggio e valore militare, meritandosi gli encomi di Doria; separatosi da questi per non dover prendere parte alla progettata azione contro le navi francesi che portavano verso Istanbul il nuovo ambasciatore reale, riuscì nelle acque della Sicilia a catturare quattro vascelli turcheschi, liberando alcune centinaia di schiavi cristiani. Fece poi ritorno a Malta all’inizio di ottobre, accolto con grandi onori (P. Strozzi - A. Pozzolini, Memorie..., 1890, pp. 6-8).
A Firenze nel frattempo, dopo l’uccisione del duca Alessandro a opera del cugino Lorenzino (notte tra il 6 e 7 gennaio 1537) e la controversa nomina a nuovo duca del giovane Cosimo, figlio di Maria Salviati e Giovanni dalle Bande Nere, i fuorusciti fiorentini, capeggiati dal padre di Leone, Filippo, tentarono di approfittare dell’incertezza del momento per riconquistare militarmente la città, ma furono sconfitti a Montemurlo (1° agosto 1537) e i principali esponenti catturati, compreso lo stesso Filippo. Quest’ultimo morrà suicida in carcere poco più di un anno dopo (18 dicembre 1538) malgrado i reiterati tentativi fatti dai figli presso l’imperatore Carlo V, per ottenerne la liberazione.
Da questo momento, Strozzi, assieme ai fratelli e in primo luogo a Piero, dedicò la gran parte delle energie alla lotta contro il duca Medici, nell’intento di vendicare il padre e rovesciare il regime mediceo a Firenze.
A questo scopo essi si appoggiarono alla Francia, Paese tradizionalmente alleato dei repubblicani fiorentini, dove era presente una potente e ricca comunità di mercanti e uomini d’affari toscani – concentrata in primo luogo a Lione – e dove Caterina de’ Medici, in urto con il duca Cosimo I per motivi patrimoniali e di rivalità familiare, accoglieva e dava protezione ai fuorusciti antimedicei. Molti di questi entrarono a fare parte dell’organizzazione militare degli Strozzi, disposti a combattere al loro fianco contro l’Impero asburgico e per la Francia. Le altre principali basi dei fuorusciti furono come noto la Roma di papa Paolo III Farnese e soprattutto Venezia (Simoncelli, 2006, pp. 22-37 e passim). Nella divisione dei compiti e dei ruoli che i fratelli Strozzi si erano dati in funzione della loro lotta contro i Medici, Roberto era l’amministratore dei beni e delle aziende di famiglia, Piero comandava le truppe di terra, mentre Leone era a capo delle operazioni navali; un quarto fratello, Lorenzo, svolse una carriera ecclesiastica di rilievo in Francia, giungendo fino al cardinalato. Piero e Leone capeggiavano l’ala militarista della grande e composita famiglia nella quale non mancavano divergenze sulla linea e le strategie da seguire nella comune battaglia antimedicea, e in particolare, dopo Montemurlo, ai fini della liberazione di Filippo.
Al servizio della Francia di Francesco I – impegnata in quegli anni nelle guerre con l’Impero – sia Piero sia Leone entrarono con alti gradi militari. Leone, in particolare, già agli inizi del 1539 comandava galere assegnategli dal re; nel 1541, inoltre, finanziò in proprio con una grossa spesa la costruzione di altre due sue personali (P. Strozzi - A. Pozzolini, Memorie..., cit., pp. 12 s.). Negli anni successivi, e fino alla sua morte, alternò a seconda delle circostanze il servizio per il re di Francia all’impegno diretto nell’Ordine maltese. A seguito dell’accordo intervenuto tra Francia e Impero ottomano in funzione antimperiale (1536), partecipò attivamente nel 1543 alle operazioni navali nel Mediterraneo a fianco della flotta turca, comandata dal Barbarossa, distinguendosi con i suoi soldati, fra cui molti fiorentini, nell’assedio e presa di Nizza (agosto del 1543). Questo provocò lo sdegno e la reazione dell’imperatore, che tolse a Strozzi le entrate del priorato di Capua, e, d’intesa con Cosimo I de’ Medici, anche la commenda fiorentina. Frattanto, terminate le operazioni navali congiunte franco-ottomane nel Mediterraneo, la flotta del Barbarossa aveva ripreso la rotta verso Costantinopoli, accompagnata dallo stesso Strozzi. Questi rientrò in Francia nell’ottobre del 1544, in tempo per essere in grado, benché colpito da febbri malariche (sulle quali ironizzò in un suo componimento burlesco: Archivio di Stato di Firenze, Carte Strozziane, Serie terza, 135, pp. 305-312) di prendere parte all’impresa progettata da Francesco I allo scopo di riconquistare Boulogne e addirittura attaccare l’Inghilterra, peraltro abbandonata dopo lo sbarco e la temporanea conquista dell’isola di Wight (luglio-agosto del 1545).
Le mosse dei due fratelli, stabilmente occupati in questi anni nel servizio alla Francia, venivano attentamente seguite dagli emissari medicei al soldo di Cosimo, che ne fecero una cronaca continua e dettagliata nelle loro lettere al duca di Firenze. In questa entrano non solo le gesta militari e gli affari politici, ma anche quelli personali, compresi gli amori, ai quali i due giovani fratelli si dedicarono nell’ambiente della corte francese (Desjardins, 1872, p. 144; Simonetta, 2018, p. 175).
Anche dalla Francia, comunque, gli Strozzi non perserno mai di vista Firenze e la missione che si erano data, di combattere con ogni modo e mezzo il governo Medici. È il caso, nel 1546, della fallita congiura del lucchese Francesco Burlamacchi, alla cui progettazione non sembrano essere stati estranei. Alla permanenza in Francia alternarono soggiorni in Italia, soprattutto a Venezia, dove attorno a loro si era organizzato il maggiore centro di resistenza dei fuorusciti antimedicei e dove il 26 febbraio 1548 venne assassinato da sicari imperiali, dopo una caccia durata un decennio, l’uccisore del duca Alessandro, Lorenzino de’ Medici (Dall’Aglio, 2011, pp. 218-243).
Furono le imprese francesi che negli anni successivi contribuirono al crescere della fama di Strozzi come comandante militare marittimo ardimentoso e vincente; come quella compiuta nel 1547, quando, ricevuto il grado di generale del mare, giunto in Scozia con ventidue galere in aiuto della regina Maria, mise l’assedio alla fortezza di St. Andrews, espugnandola e saccheggiandola.
La sua fortuna nel servizio militare alla corte di Francia dovette però scontrarsi con un nemico potente e temibile, Anne de Montmorency, maresciallo e conestabile di Francia, che sempre gli fu avverso, alimentando contro di lui l’insofferenza degli ufficiali e comandanti di galera francesi. Il conflitto con Montmorency fu uno dei motivi principali che lo stesso Strozzi addusse per giustificare, qualche anno dopo, il suo repentino abbandono del servizio del re di Francia.
Tra il 1548 e il 1551 rimase stabilmente alle dipendenze della Corona francese, con il grado di generale del mare, occupandosi del potenziamento della flotta militare in vista della ripresa della guerra con la Spagna, progettando audaci imprese marittime e svolgendo a capo delle sue galere missioni quali, nel settembre del 1550, scortare la regina Maria di Scozia verso la Francia, o l’anno successivo, riprese le ostilità, fronteggiare il generale della flotta imperiale, Andrea Doria, inducendolo alla fine a ripiegare. In quest’occasione, Doria, prudente e anziano condottiero, che aveva molta considerazione per le capacità militari di Strozzi, sembra dichiarasse di non avere alcuna voglia di «mettere allo sbaraglio la sua reputazione con un giovane furioso» (Memorie, in Archivio di Stato di Firenze, Carte Strozziane, Serie terza, 197, c. 25r). Nell’agosto dello stesso anno Strozzi mise a segno una delle sue più famose spedizioni: con un ingegnoso stratagemma riuscì addirittura a penetrare con le sue galee nel porto di Barcellona, seminando lo scompiglio in città e facendo cattura di navi e uomini.
Questa di Barcellona era destinata a essere però l’ultima sua impresa sotto le insegne di Francia; rientrato a Marsiglia infatti, dopo pochi giorni rinunziò alla sua carica, e, restituito lo stendardo di comando, salpò verso Malta con due sole galee. Con lui, un selezionato manipolo dei suoi più fedeli uomini, fiorentini e toscani.
I motivi di questa mossa apparentemente improvvisa, che non mancò di suscitare negli osservatori stupore e critiche, fu Leone stesso a rivelarli in alcune lettere scritte, immediatamente prima di lasciare il porto marsigliese, al re Enrico II e ai fratelli (cc. 28v-36v). Particolarmente lunga e ricca di dettagli la lettera rivolta a Lorenzo; Leone vi argomenta in modo dettagliato le ragioni del suo gesto, smentendo che si fosse trattato, secondo l’interpretazione che molti gli avevano dato, di un colpo di testa: ragioni riconducibili alle trame sempre più pericolose ordite contro di lui dai suoi nemici presso la corte e negli alti quadri militari, e, in ultima analisi, ancora al conestabile Montmorency, giunte fino al punto di causargli una imminente destituzione dalla sua carica di comando e mettere in atto un piano per ucciderlo (cc. 29-36). Tempestivi e particolareggiati resoconti della vicenda furono mandati a Firenze al duca Cosimo I dai suoi inviati; tra questi, di particolare rilievo quelli contenuti nei dispacci dell’ambasciatore toscano a Parigi, Luigi Capponi, le cui ipotesi contrastanti sulle possibili strategie e scopi di Strozzi sono indicative del clamore e della sorpresa causati negli ambienti internazionali dalla sua mossa improvvisa: ipotesi che, escludendo la destinazione Malta – che era in realtà quella vera – andavano da una intesa segreta con il corsaro ottomano Dragut, a un prossimo impiego al servizio dell’imperatore, a una simulazione orchestrata in accordo con il re di Francia (Desjardins, 1872, pp. 291-294). Capponi, nella sua corrispondenza, mette a fuoco anche il duro contrasto in atto tra il conestabile e Strozzi circa l’opportunità di dismettere dodici delle galee di stanza a Marsiglia, poste sotto il comando di quest’ultimo (ibid., cc. 249 s.; cfr. Simoncelli, 1990, pp. 63-72; Simonetta, 2018, pp. 232, 235-238).
Arrivato a Malta all’inizio di ottobre e riaccolto a pieno titolo nell’Ordine dopo molte esitazioni dovute al timore di una reazione imperiale, Strozzi riprese la sua attività come cavaliere, impegnandosi in prima persona nell’opera di fortificazione dell’isola. L’ultima sua impresa guerresca sotto le insegne dell’Ordine non fu fortunata. Si trattò della spedizione contro Zoara, piccola città della Tripolitania, che per una serie di circostanze si risolse in una disfatta, nella quale perse la vita anche il prediletto nipote Scipione, figlio del fratello Piero, da poco divenuto cavaliere di Malta, e lo stesso Strozzi riportò una ferita (Memorie, cit., cc. 46v-57v). Nonostante questo insuccesso, nella primavera del 1553 fu nominato per la seconda volta capitano generale delle galee dell’Ordine, non prima però di avere ottenuto, a seguito di una missione del suo fedele luogotenente Paolo Del Rosso, l’autorizzazione dell’imperatore e la restituzione delle rendite del priorato di Capua, che gli erano state tolte quasi un decennio prima. Di lì a pochi mesi, a seguito della morte del gran maestro Juan de Homedes (6 settembre 1553), l’appoggio della Francia, il perdono imperiale (da considerarsi in rapporto a pratiche in corso che potevano preludere ad un clamoroso passaggio di campo di Strozzi, tali da destare la reazione allarmata del duca Cosimo e della sua macchina diplomatica; cfr. Simoncelli, 1990, pp. 73-87) e il largo prestigio di cui godeva all’interno dell’Ordine, concretamente aiutati da uno spregiudicato e abile controllo dell’elaborato meccanismo elettorale, parvero dischiudere a Strozzi le porte della massima carica. Allorché infatti, secondo le norme statutarie, i sedici elettori nominati si ritirarono in conclave, era comune opinione che egli ne sarebbe uscito nuovo gran maestro (Bosio, 1684, p. 341; Memorie, cit., c. 67r). E veramente questa nomina avrebbe rappresentato un grande successo politico per gli Strozzi a livello internazionale, ma avrebbe d’altro canto probabilmente anche legato le mani a Strozzi proprio nel momento in cui stava per aprirsi, con la guerra di Siena, la decisiva prova di forza contro il duca di Firenze. In realtà, gli elettori dovettero prendere atto della irriducibile opposizione del duca di Firenze, e, in definitiva, dello stesso Carlo V a una simile investitura, e dei gravissimi pericoli che essa avrebbe comportato per l’Ordine, entità per statuto primariamente sovranazionale e neutrale nelle contese tra gli Stati cristiani, anche se nella realtà condizionato spesso in maniera pesante dai rapporti di forza tra le potenze. Sta di fatto che dal conclave uscì eletto un cavaliere francese, Claude de la Sengle, che al momento si trovava ambasciatore presso il papa. Un dietrofront repentino, che a detta di Giacomo Bosio (1684) lasciò Strozzi, al pari dei «seguaci suoi», «molto attonito» (p. 342).
Dopo questo smacco, le ultime mosse di Strozzi si susseguirono a un ritmo serrato: dalla missione ufficiale a Terracina per imbarcare e trasportare a Malta il nuovo gran maestro (ottobre-dicembre del 1553), che fu anche occasione per incontrare segretamente il fratello Roberto e discutere su un suo prossimo ritorno al servizio della Francia (Simoncelli, 1990, p. 145), a quella per verificare le condizioni e la difendibilità della città tunisina di Mahdia prima di accettarne la donazione fatta dall’imperatore (gennaio del 1554), alla spedizione navale in Sicilia con l’incarico di presidiarla contro i corsari musulmani: una trappola in realtà, quest’ultima, dato che il viceré di Sicilia, Juan de Vega, aveva già ricevuto l’ordine imperiale – sollecitato con tutta probabilità dal duca Cosimo de’ Medici – di trattenerlo e imprigionarlo. Nel frattempo però, giunto a Palermo, Strozzi aveva ricevuto l’offerta ufficiale di re Enrico II di tornare al servizio di Francia con la carica di luogotenente e generale di mare, per essere impiegato nella guerra contro Cosimo de’ Medici e la Spagna che si stava accendendo in Toscana, e insieme anche le esortazioni dei fratelli e dei principali altri fuorusciti fiorentini a cogliere questa occasione di vendicare finalmente il padre e «rendere la libertà» a Firenze.
In realtà, il ritorno di Strozzi sotto le insegne di Francia, abbandonate poco più di due anni prima, era stato attentamente preparato per volontà di Caterina de’ Medici, che aveva sempre apprezzato le doti di Strozzi, e grazie all’intervento dei fratelli (Cantagalli, 1962, pp. 202, 215; Simoncelli, 1990, pp. 141-146). Sfuggito con uno dei suoi stratagemmi dalle mani del viceré di Sicilia – «che se n’ebbe poi [...] a strappare di dispiacere la barba» (Memorie, cit., c. 76r) – Strozzi fece ritorno a Malta, per ripartirne subito dopo avere dato le dimissioni dalla carica di generale, con le sole tre galee di proprietà personale, sulle quali erano imbarcati molti cavalieri fiorentini suoi seguaci, probabilmente già messi segretamente a conoscenza della meta vera del viaggio, che non era quella dichiarata di andare ‘in corsa’ contro le imbarcazioni musulmane, bensì raggiungere i fratelli Piero e Roberto, già impegnati nelle operazioni militari in difesa di Siena dalle truppe medicee e spagnole. Da Malta aveva indirizzato anche una lettera al viceré di Sicilia, nella quale con tono solenne enunciava la risoluzione presa di impegnarsi «senza rispetto di qualsivoglia cosa [...] nel servizio della Patria mia, la quale essendo stata oppressa da molt’anni da tiranni richiama a sé di presente tutti i figlioli suoi per sollevarla» (lettera del 16 aprile 1554, in Memorie, cit., c. 77v).
Giunto a Porto Ercole, Strozzi si dedicò subito alla predisposizione delle imminenti operazioni di guerra, compiendo ricognizioni sul territorio maremmano e recandosi a Siena, non ancora stretta d’assedio, per ispezionare le difese della città e congegnare la strategia bellica con il fratello Piero. Il piano concepito dagli Strozzi era audace: impadronirsi di Piombino e delle fortificazioni medicee a nord di Siena e muovere direttamente all’assalto del territorio fiorentino, portando così la guerra nel cuore dello Stato mediceo. Per fare questo, l’11 giugno Piero era già uscito da Siena con le sue truppe in direzione di Pisa e della Valdinievole, mentre Leone era rimasto ad attendere l’arrivo delle promesse truppe francesi, che dovevano giungere via mare. Il loro ritardo gli fu fatale: nel corso di un sopralluogo notturno alle difese di Scarlino, località nei pressi della costa che aveva in animo di attaccare, fu raggiunto da un colpo di archibugio sparatogli dalle mura.
Trasportato via mare a Porto Ercole, vi morì il 24 giugno 1554 (secondo alcune fonti il 28). Fu sepolto nella chiesa parrocchiale, ma un anno dopo, riconquistata la località dalle truppe medicee, il suo corpo venne disseppellito e gettato in mare.
La notizia della morte, oltre al dolore dei fratelli e particolarmente di Piero, che con lui perdeva oltre al fratello prediletto anche un consigliere prezioso, suscitò compianto nella coppia reale francese, specie nella regina Caterina; fu all’inverso accolta con grande soddisfazione dal duca Cosimo de’ Medici, il quale ne temeva molto le capacità militari, di ragionamento e d’azione, che avrebbero certamente potuto avere un peso nel successivo svolgimento della guerra. È d’altronde unanime l’apprezzamento, da parte dei testimoni e degli storici contemporanei, delle doti personali di Strozzi, «stimato di maggior giudizio e non inferior di valore e d’esecuzione, di Piero Strozzi suo fratello» (Memorie, cit., c. 74r). E in una sua lettera al fratello Lorenzo, scritta all’inizio del 1552 dopo l’abbandono del servizio di Francia, c’è un breve passaggio nel quale egli stesso condensò con rara efficacia tutta l’orgogliosa coscienza delle proprie capacità: «ho passato grandissimi fastidi, con necessità et pericoli, et ne ho superato la maggior parte mediante l’aiuto di Iddio, et le mie mani» (c. 29rv).
Bernardo Tasso compose una canzone nella sua morte (Ben fu barbaro scita, in Rime, Venezia 1560, pp. 91-94), mentre un cinquantennio circa dopo la sua morte, il nipote Leone, figlio del fratello Roberto, militare e generale della Chiesa – nato nel 1555 e così chiamato in ricordo dello zio – gli dedicò un bel monumento funebre nella maestosa cappella Strozzi in S. Andrea della Valle in Roma, voluta a orgogliosa celebrazione della più recente, sfortunata epopea familiare e dei suoi protagonisti.
Fonti e Bibl.: Fonte primaria per la biografia di Strozzi sono le Memorie per scrivere la vita di fra’ Lione di Filippo di Filippo Strozzi Priore di Capua, raccolte dal sen. Carlo di Tommaso Strozzi in Archivio di Stato di Firenze, Carte Strozziane, Serie terza, 197, compilazione effettuata da Carlo Strozzi, utilizzando documentazione di prima mano da lui raccolta o esistente nel grande archivio di famiglia, alla cui organizzazione e ordinamento egli dedicò cure continue e infaticabili, nel quadro di un progetto riguardante la stesura di vite dei membri della famiglia cavalieri gerosolimitani (cfr. Carte Strozziane, Serie terza, 201). Le Memorie sono state edite da P. Strozzi - A. Pozzolini, Memorie per la vita di fra’ Leone Strozzi Priore di Capua, Firenze 1890. Altra più sintetica biografia di Strozzi è quella compilata nella seconda metà del Seicento da Luigi di Carlo Strozzi e inserita nelle sue manoscritte Vite degl’huomini illustri della famiglia degli Strozzi (Carte Strozziane, Serie terza, 75/II, cc. 11-22, con a c. 11 un bel ritratto a matita di Strozzi). Archivio di Stato di Firenze, Carte Strozziane, Serie prima, 109, n. 27, c. 8; Serie terza, 30, cc. 4-5; 87, c. 116; 95, sez. b; 96, sezz. b, c, e; 97, cc. 67-72; 135, pp. 51 s., 295 s., 305-312; 148, cc. 10-11; 173, cc. 178-192; 194, cc. 211-217; Serie quinta, 1207, parte I, ins. 90; parte III, ins. 146 (corrispondenza e altri documenti riguardanti Strozzi); Mediceo del principato, 29, 3470, 4314-4317, 4593 (corrispondenza degli inviati del duca Cosimo I in Francia e corte imperiale); Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., VIII.39, cc. 122-132; 45, cc. 309-358 (copie di lettere e memorie di Strozzi).
Historia naturale di C. Plinio Secondo. Nuovamente tradotta in volgare toscano per Antonio Brucioli, Venezia 1548 (dedica a Strozzi, pp. n.n.); G. Bosio, Dell’Istoria della Sacra Religione et Ill.ma Militia di San Giovanni Gierosolimitano, Parte III, Napoli 1684, pp. 51, 140, 157, 168-174, 228-241, 252, 264, 321, 325-328, 333, 337, 340-342, 348, 351-355; D.M. Manni, Osservazioni istoriche sopra i sigilli antichi de’ secoli bassi, XV, Firenze 1744, pp. 75-100; P. Litta, Famiglie celebri italiane, Strozzi di Firenze, tav. XV, Milano 1839; A. Desjardins, Négotiations diplomatiques de la France avec la Toscane, III, Paris 1872, pp. 15, 40, 144, 208, 249 s., 265 s., 289-294; L. Romier, Les origines politiques des guerres de religion, I, Henry II et l’Italie (1547-1555), Paris 1913, pp. 43-45, 132-134; Ch. De la Roncière, Histoire de la marine française, III, Les guerres d’Italia. Liberté des mers, Paris 1923, pp. 372-374; R. Cantagalli, La guerra di Siena (1552-1559), Siena 1962, ad ind.; M.M. Bullard, Filippo Strozzi and the Medici. Favor & Finance in Sixteenth - Century Florence & Rome, Cambridge 1980; P. Simoncelli, Il cavaliere dimezzato. Paolo Del Rosso, ‘fiorentino e letterato’, Milano 1990, pp. 30-32, 46-58, 62-73; M.B. Guerrieri Borsoi, Gli Strozzi a Roma. Mecenati e collezionisti nel Sei e Settecento, Roma 2004, pp. 9-64; P. Simoncelli, Esuli fiorentini al tempo di Bindo Altoviti, in Ritratto di un banchiere del Rinascimento. Bindo Altoviti tra Raffaello e Cellini, Milano 2004, pp. 285-327; L. Sebregondi, San Iacopo in campo Corbolini a Firenze, Firenze 2005, pp. 86-95, 155-157; P. Simoncelli, Fuoruscitismo repubblicano fiorentino 1530-1554, I, 1530-1537, Milano 2006, pp. 11, 22-37, 49, 149, 307, 349, 352-368; S. Dall’Aglio, L’assassino del Duca. Esilio e morte di Lorenzino de’ Medici, Firenze 2011, pp. 7, 90, 112-127, 218-243, 259; M. Simonetta, Caterina de’ Medici. Storia segreta di una faida famigliare, Firenze 2018, ad indicem.