Leone VIII
È incerto se debba essere considerato papa legittimo o antipapa; in ogni caso mantenne il suo incarico (contemporaneamente ad altri) dal dicembre 963 all'inizio del marzo 965.
Romano di nascita, figlio del protoscriniario Giovanni, prima dell'elezione L. era un laico, protoscriniario della Chiesa romana. L'inizio del suo pontificato si intrecciò con l'ultimo periodo di Giovanni XII il quale, a seguito di un brusco capovolgimento politico (era passato dall'appoggio incondizionato al re di Germania Ottone I, ch'egli stesso aveva incoronato imperatore nel 962, a un'alleanza con Adalberto, figlio di Berengario II re d'Italia), nell'autunno 963 era riparato a Tivoli, portando con sé il tesoro, per sfuggire al minaccioso avvicinarsi dell'imperatore. Appena giunto a Roma, Ottone convocò e presiedette in S. Pietro un sinodo, durante il quale il papa, che aveva rifiutato di presentarsi e difendersi, fu accusato di condotta immorale dal clero e di tradimento dall'imperatore: il 4 dicembre fu solennemente decretata la sua deposizione e venne eletto, con una triplice acclamazione, il protoscriniario L., capo della Cancelleria del Laterano noto per le sue qualità morali.
La deposizione di Giovanni XII era avvenuta illegalmente sulla base di una condanna che contraddiceva il principio, già invocato ai tempi di Teodorico e di Carlo Magno a favore dei pontefici Simmaco e Leone III, secondo cui il papa non poteva essere giudicato da alcun tribunale; per tale motivo la legittimità stessa del pontificato di L. è stata ripetutamente messa in discussione e considerata dubbia.
All'ancor laico L. furono conferiti in un sol giorno - contro quanto previsto dal diritto canonico del tempo - tutti gli ordini sacri; la solenne consacrazione, ad opera dei vescovi di Ostia (Siccone), Porto (Benedetto) e Albano (Gregorio), avvenne il 6 dicembre nella basilica di S. Pietro. Fu in questa circostanza, con ogni probabilità, che al privilegio ottoniano concesso l'anno precedente (con cui l'imperatore riconosceva le donazioni di Pipino e di Carlomagno ed estendeva il territorio posto sotto il controllo temporale del vescovo di Roma) venne aggiunto un capitolo relativo alle elezioni pontificie, nel quale si prevedeva l'approvazione imperiale dell'eletto e un giuramento di fedeltà di quest'ultimo all'imperatore.
Dopo alcune settimane di pontificato, durante le quali procedette a ordinazioni sacerdotali, inviò il pallio al patriarca Rodoaldo di Aquileia, concesse privilegi all'arcivescovo Federico di Salisburgo e al monastero di S. Pietro a Montmajeur, dopo la partenza di Ottone dalla città, L. si trovò a dover affrontare una violenta rivolta, fomentata dal partito avverso all'imperatore con il sostegno della popolazione romana, in complesso ancora favorevole al deposto Giovanni XII. Nel febbraio 964 L. fu così costretto a fuggire e a raggiungere il campo imperiale in Umbria. Giovanni rientrò in città compiendo crudeli rappresaglie e convocando immediatamente un concilio, cui parteciparono sedici vescovi che si riunirono in S. Pietro dal 26 al 28 febbraio 964: l'assise cassò quanto deciso nel sinodo del dicembre precedente e dichiarò nulle l'elezione e la consacrazione di L., che venne ricondotto allo stato laicale. I vescovi di Porto e di Albano, che si sottomisero, vennero perdonati, il vescovo di Ostia fu condannato in contumacia e tutti gli atti e le ordinazioni di L. dichiarati senza valore.
Dopo la Pasqua, celebrata a Camerino insieme a L., Ottone riprese la via di Roma e Giovanni prudentemente fuggì in Campagna, dove, secondo la continuazione del Liber pontificalis (p. 246), si nascose nelle selve e sui monti come una bestia, morendo poco più tardi, secondo Liutprando di Cremona (p. 173) a seguito di una delle sue licenziose avventure. Alla notizia dell'inattesa morte di Giovanni (14 maggio 964), i Romani elessero un nuovo papa, Benedetto V, che qualche fonte presenta come pio e saggio ma che non si sa se considerare legittimo (perché se L. fu vero papa, Benedetto fu antipapa, e viceversa). Una delegazione inviata ad Ottone, in marcia verso Roma insieme a L., non ottenne alcun risultato; l'imperatore negò il proprio consenso alla nuova elezione e cinse d'assedio la città che resistette poche settimane. Il 23 giugno Benedetto fu catturato dai suoi stessi elettori e le porte della città furono aperte all'esercito imperiale e a L., che fu reintegrato nella carica. Sotto un profilo formale il caso fu risolto nel sinodo tenutosi in Laterano e presieduto insieme dall'imperatore e dal papa, il quale depose Benedetto con un gesto significativo, spezzandogli sulla testa il bastone pastorale che questi aveva usato.
A questo tempo sono datati tre documenti certamente falsi, attribuiti a L. ma redatti oltre un secolo più tardi nell'ambiente dei sostenitori italiani dell'imperatore Enrico IV durante le fasi più cruciali della lotta delle investiture: si trattava di due privilegi (detti maius e minus), con cui si pretendeva che il pontefice avesse concesso al sovrano il diritto di scelta del papa e di investitura feudale dei vescovi prima della loro ordinazione, e della cosiddetta Cessio donationum, con cui L. avrebbe restituito a Ottone, a sua moglie Adelaide e ai loro successori tutte le donazioni che la Chiesa aveva ricevuto dai precedenti re e imperatori (Leonis VIII. Papae privilegia spuria, pp. 663-78). L'attribuzione a L. si deve probabilmente al suo accondiscendente atteggiamento nei confronti del sovrano tedesco, testimoniato fin dal momento dell'elezione.
Oltre alla concessione di un privilegio al monastero della Reichenau, e forse di altri al monastero di S. Maria in Aula Regia a Comacchio, non sono giunte ulteriori notizie relative al pontificato, che dovette svolgersi senza opposizioni anche dopo che Ottone ebbe lasciato Roma nell'autunno 964, portando con sé Benedetto V per condurlo in esilio in Germania. L. morì a Roma all'inizio del marzo 965 e probabilmente venne sepolto in S. Pietro.
fonti e bibliografia
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