Leone XIII
Papa (Carpineto Romano 1810-Roma 1903). Vincenzo Gioacchino dei conti Pecci, ordinato sacerdote nel 1837, nel 1838 fu nominato delegato apostolico di Benevento, dove mise in mostra la sua abilità di amministratore e di politico, nonostante le difficoltà create dal brigantaggio e dalle cospirazioni mazziniane; nel 1841 fu trasferito a Perugia. Arcivescovo titolare di Damiata nel 1843, nello stesso anno fu inviato come nunzio pontificio in Belgio, dove affrontò senza successo il problema della divisione del clero locale tra intransigenti e seguaci delle idee di La Mennais e quello dei contrasti tra governo e partito clericale. Lasciata la diplomazia, nel 1846 gli fu affidato il vescovato di Perugia, che tenne fino al 1876. Pur non condividendo la politica interna del cardinale Antonelli dopo il 1849, egli, cardinale nel 1857, fautore del potere temporale, si oppose all’annessione dell’Umbria al regno d’Italia, protestando con energia contro l’introduzione della legislazione ecclesiastica piemontese. Nominato camerlengo alla morte del cardinale Antonelli (nov. 1876), la sua fama di prelato esperto ed equilibrato gli valse l’elezione al trono pontificio, avvenuta il 20 febbr. 1878. In un’allocuzione concistoriale del marzo 1878, L. ribadì le ragioni della Santa Sede, ma con un tono meno aspro di quello del suo predecessore Pio IX, sicché parve aprirsi la possibilità di una qualche conciliazione con il regno, del resto subito compromessa dall’atteggiamento anticlericale della sinistra al potere. L. cercò quindi, facendo leva sull’opinione pubblica cattolica internazionale, di tenere viva la questione romana e, specie nel biennio 1880-82, di ottenere, mediante l’appoggio delle potenze straniere, una restaurazione del potere temporale; ma la manovra fallì, poiché la stipulazione della Triplice alleanza mise al sicuro l’Italia anche da pos;sibili iniziative ostili da parte dell’Austria. Migliorarono invece i rapporti con la Germania dove Bismarck, per motivi di politica interna, aveva parzialmente mitigato la sua politica anticattolica. Un’allocuzione concistoriale del maggio 1887, in cui L. auspicava un atteggiamento conciliativo anche da parte italiana, e la pubblicazione dell’opuscolo La conciliazione dell’abateL. Tosti sollevarono ancora una volta speranze, presto svanite però per una ripresa di anticlericalismo, che culminò nella destituzione del sindaco di Roma per avere questi visitato, in occasione del giubileo sacerdotale di L., il cardinale vicario, e nell’erezione nella capitale del monumento a Giordano Bruno. L. si appoggiò allora alla Francia, che però, pur minacciando di riaprire la questione romana per i suoi interessi internazionali, non rallentò il suo indirizzo di laicizzazione della vita interna della Repubblica. Ma se sul piano della politica internazionale, che non poteva essere più condizionata dal problema dello Stato temporale, L. raccolse insuccessi, la sua azione fu diversamente feconda in altri campi: nel rinnovamento della filosofia neoscolastica, grazie all’enciclica Aeterni Patris (4 ag. 1879); nell’azione spiegata a favore di un ritorno all’unità della Chiesa, dove L., sia attraverso le encicliche Grande Munus sui ss. Cirillo e Metodio, agli slavi (1880), e Orientalium dignitas (1894), sia nell’azione pratica come il Congresso eucaristico di Gerusalemme del 1893, mostrò che l’unione delle Chiese dissidenti con Roma, orientali e protestanti, costituiva insieme al rinnovamento della società la principale e più sentita esigenza sua e della Chiesa; nell’indicare poi la concezione cattolica dello Stato e della libertà (encicliche Immortale Dei, 1° nov. 1885, e Libertas, 20 giugno 1888), approvando, a eccezione della particolare situazione italiana, una sempre maggiore presenza dei cattolici nella vita politica. L’atto più importante del pontificato di L. resta comunque l’enciclica Rerum novarum (15 maggio 1891), nella quale venivano riconosciuti e fatti propri dalla Chiesa tesi e programmi del movimento cattolico-sociale. L’enciclica prendeva posizione contro il conservatorismo dei partiti liberali e l’atteggiamento eversivo e anticattolico dei socialisti; tale atto, decisivo per l’orientamento della Chiesa cattolica, additava nei partiti e nei sindacati cattolici il campo concreto per un’azione politico-sociale. Così, proprio questa enciclica e i suoi dettami dottrinali possono essere considerati come il punto di partenza di tutto il movimento europeo dei partiti cattolici. A questi innegabili successi nel campo sociale non corrispose, nonostante l’abilità del segretario di Stato cardinale Rampolla, un miglioramento dei rapporti della Chiesa con l’Italia; anche in Francia l’intransigenza del partito cattolico che, nonostante le esortazioni di L. (enciclica Inter innumeras sollicitudines, 16 febbr. 1892), non rinunciò al suo rigido legittimismo, rifiutando di riconoscere lo Stato repubblicano, provocò la completa rottura con la Santa Sede. Gli ultimi anni del pontificato manifestarono una certa tendenza reazionaria avversa ai movimenti di democrazia cristiana (enciclica Graves de communi, 18 genn. 1901). Spirito colto, sensibile, L. alternò fasi di irrigidimento conservatore a fasi di politica aperta alle esigenze moderne e innovatrici. Fu suo merito l’apertura agli studiosi degli archivi vaticani (1881).
Nasce a Carpineto Romano
Ordinato sacerdote
Cardinale
Eletto papa
Cerca di ottenere, mediante l’appoggio delle potenze straniere, una restaurazione del potere temporale
Apre agli studiosi gli archivi vaticani
Scrive l’enciclica Rerum novarum
Muore a Roma