PACHEL, Leonhard
PACHEL, Leonhard. – Nacque nel 1451 a Ingolstadt, in Baviera, da Pietro.
Si trasferì da giovane a Milano, dove negli anni 1469-70 era stata introdotta l’arte della stampa e si inserì nel mondo dei tipografi ed editori cittadini, alcuni dei quali provenivano come lui dalla Germania. La sua presenza è accertata a partire dal 6 agosto 1473, quando figura come testimone in un contratto stipulato tra i tipografi Filippo Cavagni, Cristoforo Valdarfer e Cola Montano (Rogledi Manni, 1980, p. 46); il che fa pensare che si trovasse a Milano già da tempo, inserito nell’ambiente lavorativo della città (nel contratto è indicato come «Leonardus de Pegiel», da indentificare senz’altro con Pachel, anche se confuso da Luigi Gaetano Marini, II, 1784, p. 209, con il tipografo romano, anch’egli di origine germanica, Leonhard Pflugl).
Con un suo conterraneo, Ulrich Scinzenzeler, a Milano dal 1472, creò una società tipografica che fu tra le più attive della città in quegli anni. Nel settembre 1476 i due subentrarono nell’officina di Filippo Cavagni, nei pressi della chiesa di S. Zenone nel quartiere Pasquirolo. Il 21 agosto 1476 il fratello di Cavagni, Ambrogio, stipulò con Pachel e Scinzenzeler il contratto di affitto al canone annuo di 23 fiorini. Parte integrante dell’accordo era la consegna a Cavagni di un esemplare, del valore di un fiorino, scelto tra le edizioni che sarebbero uscite dai torchi degli stampatori tedeschi. Se il costo del volume fosse stato superiore, essi avrebbero potuto ricevere la differenza in contanti o sottrarla al canone di affitto. L’attività di Pachel e Scinzenzeler iniziò il 30 novembre 1477 con gli Opera di Virgilio, edizione di grande impegno, in folio, ristampata l’anno successivo. Il contratto fu rinnovato a Pachel da Ambrogio Cavagni, questa volta con il fratello Giovanni Stefano, il 27 settembre 1481. Il canone annuale fu elevato a 45 fiorini, senza la richiesta di un volume tra quelli usciti dai suoi torchi. Il 3 agosto 1484 l’affitto fu nuovamente rinnovato per altri nove anni al canone di 56 fiorini. Dagli accordi presi tra Pachel e la famiglia Cavagni si può dedurre che l’intero edificio affittato a lui e al suo socio fosse adibito a tipografia; infatti i due soci avevano trasferito la loro abitazione dalla parrocchia di S. Zenone a quella di S. Giovanni Itolano, a Porta Romana.
Il contratto non giunse alla scadenza prevista: la società tra Pachel e Scinzenzeler si sciolse nel 1487. Ambrogio Cavagni morì e il fratello Giovanni Stefano stipulò un nuovo contratto con Scinzenzeler, che rimase da solo nei locali e nell’officina tipografica. Ciò non pregiudicò il rapporto lavorativo tra i due stampatori, che si concluse definitivamente solo nel 1490 con l’edizione delle Vitae Sanctorum Patrum di s. Girolamo. D’altronde, nei circa tredici anni della loro collaborazione, a partire dal 1477, essi stamparono anche da soli. Scinzenzeler stampò per la prima volta nel 1484 e Pachel nel 1488 con il Super prima parte Infortiati di Alessandro Tartagni, già stampato insieme con il socio nel 1482 (dai torchi dei due soci uscirono in totale diciannove edizioni di Tartagni). Nelle edizioni del 1482 e del 1483 delle Apostillae ad Bartolum super primo libro Codicis, i due soci ebbero come editore Filippo Cavagni, il proprietario dei loro locali, che si valse in più di un’occasione dei loro torchi. A loro commissionò anche la stampa del Filocolo di Giovanni Boccaccio uscita il 4 febbraio 1478, una delle prime edizioni uscite dalla tipografia.
Pachel e Scinzenzeler produssero anche un certo numero di libri con note tipografiche false, soprattutto quando stamparono separatamente. In realtà, fu più Scinzenzeler a ricorrere a questa pratica, ma anche Pachel stampò edizioni contraffatte, come quella del De arte grammatica di Diomede e l’Epitome in Trogi Pompei Historias di Giustino, entrambe del 1494, facendole figurare come stampate a Venezia.
Pachel adottò come marca la doppia croce o croce di Lorena all’interno di una cornice, la cui base è divisa in due bracci ai lati dei quali si trovano le sue iniziali, a volte su fondo bianco, altre volte su fondo nero. La sua produzione fu molto abbondante, sia da solo sia in società con Scinzenzeler. Risultano uscite dall’officina dei due tipografi oltre 150 edizioni e da quella del solo Pachel oltre cento nel secolo XV e cinquanta dal 1501 al 1511. La scelta dei testi va dai classici a opere giuridiche e religiose, cui si affiancarono anche opere di autori contemporanei, sebbene in numero minore. Non fu quello infatti il campo prevalente in cui Pachel si mosse: egli puntò a edizioni di sicuro smercio, che gli autori contemporanei non garantivano. Ciò non impedì ai due tipografi e poi al solo Pachel di far uscire dai loro torchi edizioni di buon livello tipografico anche in questo ambito. Stamparono le Elegantiolae di Agostino Dati (1478), opera di sicuro successo, visto che fu il manuale scolastico più diffuso nel Quattrocento. Poi si impegnarono nell’edizione del Breviariumtotius iuris canonici di Paolo Attavanti (1479), in cui compare il ritratto dell’autore, prima silografia nella storia della stampa a Milano. Tra i libri liturgici ci furono diverse edizioni del Missale Romanum tra il 1479 e il 1483 e del solo Pachel nel 1488, 1492 e 1499. Nel campo dei classici Pachel e Scinzenzeler stamparono, oltre a Virgilio, Cicerone, Terenzio, Ovidio, Sallustio, Giovenale, Marziale, Cornelio Nepote, Galeno; Pachel stampò classici anche da solo sia nel Quattrocento sia nel secolo successivo. Nel luglio 1488 fu editore e stampatore della Imitatio Christi di Giovanni Gerson.
Pachel e Scinzenzeler furono affiancati nella loro attività da numerosi personaggi della cultura milanese in qualità di editori e committenti. Stamparono l’ultima edizione nota degli editori Ambrogio Caimi e Pietro Antonio da Castiglione (uno dei primi e più attivi commercianti di libri a Milano nel secolo XV), lo Speculum iudiciale di Guillaume Durand. Collaborarono con Ambrogio Archinti, Gaspare Lampugnani, Giovanni Crivelli, Pietro da Corneno e con il già ricordato Filippo Cavagni. Ebbero come editore, tra gli altri, Giovanni da Legnano, per il quale nel 1480 stamparono Il vocabulista ecclesiastico di Giovanni Bernardo da Savona. Pachel continuò a stampare con Giovanni tra il 1499 e il 1500, tra le altre cose il Super titulo De vulgari et pupillari substitutione di Francesco Accolti e i Bucolica di Virgilio, entrambi nel 1500.
Nel secolo XVI Pachel stampò senza soluzione di continuità, principalmente opere di carattere giuridico, testi liturgici e classici: tutte edizioni di grande impegno. Gli anni più proficui furono il 1503, il 1507, il 1509 (con sette edizioni) e il 1511, l’ultimo della sua attività (cinque edizioni).
Morì a Milano nella parrocchia di S. Nazaro in Briolo a Porta Romana il 7 marzo 1511 o forse 1512, come sostiene Ennio Sandal (1981, p. 16), dato che la registrazione ufficiale dei morti veniva fatta nello stile dell’Incarnazione.
In effetti, le ultime due edizioni di Pachel furono stampate dopo il 4 giugno 1511 (Prisciano, Institutio de arte grammatica) e il 9 novembre (Rhetorica ad Herennium con il commento di Francesco Maturanzio, Antonio Mancinelli e Mario Fabio Vittorino): sarebbero dunque postume. Nell’ultima edizione compare sia la marca di Pachel sia quella di Ludovico Beolchi (o da Beolco), a cui Pachel lasciò il suo materiale tipografico con il testamento del 27 febbraio 1511. Beolchi stampò solo due edizioni nel 1512, gli Opera di Orazio e le Epistolae ex Ponto di Ovidio.
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