LEONI
Famiglia di scagliolisti attivi per due generazioni tra XVII e XVIII secolo in Emilia, Lombardia, Liguria e Piemonte. Il capostipite, Giovambattista, detto Battista, figlio di Ludovico e di Lucrezia Zuccoli, nacque a Carpi nel 1614. Non si sa da chi apprese l'arte della scagliola intarsiata; poche sono le notizie sulla sua attività, documentata solo in Lombardia. In seguito a un omicidio commesso nel 1654, come si ricava da un documento del 1766 (Carpi, Arch. stor. del Comune, Archivio Guaitoli), Giovambattista fu costretto a fuggire a Cremona, con i tre figli, Ludovico, Giovanni e Francesco, lasciando a Carpi in difficoltà economiche la moglie Medora Pertusi, sposata nel 1636. Le uniche opere sinora note sono datate 1655 e sono firmate con il secondogenito Giovanni: si tratta di due paliotti della chiesa di S. Antonio Abate a Milano, caratterizzati da una gran ricchezza di elementi floreali ed elementi zoomorfi esotici, finora non altrove riscontrati, che li rendono degli esemplari unici in questo tipo di produzione. Giovambattista morì il 15 nov. 1698 presumibilmente a Carpi dove fu sepolto nella chiesa di S. Nicola; la moglie Medora era morta nel 1691.
Dopo essersi formato probabilmente presso la bottega di Annibale Griffoni, come riferiscono Tornini e Cabassi, il primogenito di Giovambattista, Ludovico, nato a Carpi il 20 sett. 1637, lavorò tra Parma, Cremona, città in cui risiedette tutta la vita, e i dintorni, spingendosi fino al Lodigiano. La prima opera nota, firmata e datata 1661, è un paliotto, facente parte di un ciclo di ben nove, ciclo che alterna motivi geometrici a composizioni floreali, collocato nella chiesa teatina di S. Cristina a Parma: recentemente restaurato, il gruppo di opere è inedito, e la firma, sul terzo paliotto a sinistra, è stata letta da chi scrive insieme con don Alfredo Bianchi, responsabile per i beni culturali della diocesi di Parma. La committenza teatina va sottolineata, in quanto già per i teatini di S. Antonio Abate a Milano lavorarono il padre Battista e il fratello Giovanni, proponendo soluzioni compositive qui in parte riecheggiate. Secondo la ricostruzione di Manni (1997) a Ludovico vanno ascritti il piano di tavolo (1660-70), firmato, apparso in un'asta (Christie's, New York, 4 nov. 1992), e i cinque paliotti della chiesa di S. Fiorano di Lodi (solo il paliotto dell'altar maggiore è firmato e datato 1677), caratterizzati da una decorazione a motivi floreali particolarmente rigogliosi, e infine due paliotti nella chiesa di S. Agostino a Cremona. Le fonti conservano memoria di altre opere, tra cui il paliotto, già nella cappella annessa al casino della loro famiglia nel luogo di S. Croce presso Carpi, eseguito secondo Cabassi prima della fuga.
Il resto delle opere che compongono il catalogo di Ludovico, secondo Manni, è alquanto eterogeneo: accanto a lavori stilisticamente vicini alla sua opera come quelli di Fornio di Fidenza, di Salsomaggiore e della parrocchiale di Busseto (il paliotto con l'ostensorio al centro), compare un nucleo omogeneo che è probabilmente da espungere dall'opera di Ludovico ed è invece rapportabile all'artefice che in S. Francesco a Lodi nel 1714 si firma con la sigla "GBF", nucleo al quale appartengono le scagliole di Piacenza (chiese di S. Sisto e S. Sepolcro) e le altre segnalate da Manni (1997, pp. 126-137), per le quali si veda anche Mander (2004).
Ludovico ebbe almeno un figlio, Antonio, nato il 18 giugno 1683 (per il quale l'Archivio Guaitoli registra anche la data del 1681) da Margherita Pagliari sposata a Cremona il 12 sett. 1666.
Morì a Cremona all'età di novant'anni il 15 genn. 1727 e fu sepolto nella locale chiesa di S. Bartolomeo.
Maggiormente caratterizzato è il catalogo del fratello Giovanni, nato a Carpi il 2 marzo 1639, attivo a Modena, Milano e Genova. In particolare il ritrovamento da parte di Manni (1989, ma anche 1997) nel castello di Konopiste presso Praga di due stipi (firmati e datati 1681), eseguiti per Ignazio d'Este, fa luce sul periodo modenese di quest'artefice, le cui altre opere (e cioè, i paliotti in S. Francesco e in S. Agostino) realizzate per Praga sono andate perdute. Nelle sue opere rimaste si pongono in evidenza la vivacità di temi e colori che si erano affacciati nei paliotti di Giovambattista per il S. Antonio di Milano; uccelli, fiori sgargianti, carte da gioco fanno parte del repertorio di Giovanni, il quale sembra, a giudicare dalle opere sopravvissute, essere più incline ad assecondare una committenza privata, come attestano il piano di tavolo firmato e datato 1661 ora a Parigi (collezione privata), la tavoletta raffigurante una Sacra Famiglia firmata e datata 1668 ora a Modena (collezione privata), ai quali Manni (1997) aggiunge per via attributiva due piani di tavolo conservati preso la rocca di Fontanellato (già in Garuti, 1990, p. 88), da collocarsi attorno al 1680-90, e due piani di raccolta privata a Modena. Neumann parla anche di un soggiorno di Giovanni a Genova nel 1685, dove avrebbe eseguito il piano di tavolo per il committente olandese Nicola Witsen (Amsterdam, Museo nazionale). Non mancano nella sua produzione, oltre a quelli in collaborazione con il padre, altri paliotti d'altare tra cui quello di Milano, in S. Vittore al Corpo, datato 1683 (Spalla Gandola).
Giovanni morì, secondo le fonti, a Modena, in una data imprecisata all'inizio del XVIII secolo. In una carta dell'Archivio Guaitoli gli viene attribuito un figlio, Pietro Antonio, nato nel 1662; ma Cabassi lo dice morto senza discendenza. È possibile che Giovanni si fosse recato a Modena per chiedere la grazia per il padre omicida; e alcuni studiosi, tra cui Manni, collegano la sua produzione emiliana a questo tentativo, che poté forse consentire al padre di morire in patria.
Ancora più oscura appare l'attività del figlio minore di Giovambattista, Francesco, nato a Carpi nel 1641, finora attestata solo in Piemonte. C. Caramellino (2003) ha letto la firma "Francesco Leoni" su uno dei quattro paliotti a Grangia di Leri, in provincia di Vercelli, due dei quali, tra cui quello firmato, purtroppo rubati, ma da lui in precedenza fotografati. Non si conoscono il luogo e la data di morte di Francesco.
Fonti e Bibl.: Carpi, Arch. stor. del Comune, Archivio Guaitoli, filza 97, f. 5 (famiglia Leoni); ibid., L. Tornini, Storia di Carpi (ms. settecentesco in copia del sec. XIX), filza 246, II, p. 333; Arch. Pio di Savoia, b. 39bis, f. 4; b. 41, f. 6, cc. 15, 17, 22; G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, VI, Modena 1786, p. 457; E. Cabassi, Notizie degli artisti carpigiani con le aggiunte di tutto ciò che ritrovasi d'altri artisti dello Stato di Modena, a cura di A. Garuti, Modena 1986, pp. 114-116; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, IV, Firenze 1822, p. 220; A. Guaitoli, L'arte della scagliola a Carpi nel XVII e XVIII secolo, Carpi 1928, pp. 46-49; E. Neumann, Materiale zur Geschichte der Scagliola, in Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen in Wien, LV (1959), pp. 107 s.; La scagliola carpigiana (catal., Carpi), a cura di C. Contini, Modena 1967, pp. n.n.; R. Cremaschi, L'arte della scagliola carpigiana nei secoli XVII, XVIII e XIX, Carpi 1977, pp. 65-69; S. Coppa, La cronologia della cappella Acerbi in S. Antonio Abate a Milano, in Arte lombarda, 1981, nn. 58-59, p. 89 n. 15bis; G. Manni, in Arte emiliana dalle raccolte storiche al nuovo collezionismo, a cura di G. Manni - E. Negro - M. Pirondini, Modena 1989, pp. 250-256; A. Garuti, La scagliola. Arte dell'artificio o della meraviglia, in D. Colli - A. Garuti - R. Pelloni, La scagliola carpigiana e l'illusione barocca, Modena 1990, pp. 61-109; F. Spalla Gandola, in Diz. della Chiesa ambrosiana, V, Milano 1992, p. 3242; G. Manni, Mobili antichi in Emilia Romagna, Modena 1993, pp. 350-359; Id., I maestri della scagliola in Emilia Romagna e Marche, Modena 1997, pp. 114-151; A.M. Massinelli, Scagliola. L'arte della pietra di luna, Roma 1997, pp. 100-103; M. Mander, Origini e storia del procedimento d'intarsio della scagliola, in Un capolavoro del Settecento: le scagliole intarsiate nella Valle del Serchio, Bagni di Lucca 2002, p. 14 e n. 5; Fine English and continental furniture, works of art and tapestries (catal.), London 2003, pp. 112 s.; C. Caramellino, Alcune scagliole inedite di scuola intelvese, in Imitazione e bellezza. Opere tecniche dell'arredo sacro in scagliola. Atti del Convegno, Ghiffa… 2003 (in corso di stampa: comunicazione orale); M. Mander, Un paliotto in scagliola nella chiesa di S. Francesco a Lodi: proposte di revisione del catalogo di Ludovico Leoni, in Arch. stor. lodigiano, CXXII (2004), in corso di stampa; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, p. 84 (s.v. Leoni Giovanni).