SANVITALE THIENE, Leonora. –
Nacque a Sala nel 1558, figlia di Giberto Sanvitale, conte di Sala, e di Livia Barbiano, figlia di Pier Francesco conte di Belgioioso.
Giberto Sanvitale fu uomo di grande cultura umanistica che amò circondarsi di insigni cultori delle lettere e di artisti, verso i quali fu prodigo di aiuti e protezioni. Avviato in gioventù alla carriera ecclesiastica, tanto da divenire cameriere segreto di papa Paolo III Farnese, venne poi chiamato, alla morte dei fratelli maggiori, a guidare il casato di Sala. Un suo ritratto ne tramanda le sembianze austere, seppur con lo sguardo venato di mitezza.
Leonora venne educata nell’ambiente colto e raffinato delle corti rinascimentali del tempo, avviata giovanissima agli studi delle humanae literae, all’età di quattordici anni sapeva scrivere eleganti orazioni e comporre versi. L’umanista Girolamo Catena in una lunga lettera in latino a lei indirizzata da Città di Pieve, il 1° ottobre 1574, ne descrisse le virtù, i pregi e le doti intellettuali, nel primo elogio attestato della colta fanciulla: «Nunc autem id tibi persuadebis, nullam extitisse neque superiori aetate, neque nostra, quae ingenium tuum, literas, eloquentiam adaequet, aut maioribus naturae adiumentis ac praesidiis provenerit. Ipse saepe sum admiratus, te vix quatuordecim annos natam et latinam linguam probe, et etruscam callentem, Ciceronis libros diligenti lectione evolvisse, quam Aristotelis de moribus scripsit philosophiam didicisse, veteris ac novi Testamenti historiam memoria tenere, orationes, epistolas candido stylo fecisse, carmina fudisse» (Catena, 1577, p. 152; Serassi, 1785, p. 116). In una successiva corrispondenza con Barbara Sanseverino la definì «albergo di virtù» (Catena, 1589, p. 275) e nei suoi Latina monumenta le indirizzò un epigramma «Ad Eleonora Sanvitalem Scandiani domina» (Catena, 1577, p. 146; Serassi, 1785, p. 118 nota), tessendone le lodi per i morigerati costumi e le doti poetiche.
Livia Barbiano lasciò scarsissime tracce di sé e soprattutto non poté seguire la figlia nel suo ingresso nel mondo: morì, infatti, quando Leonora era ancora fanciulla e il padre Giberto si risposò due anni più tardi con Barbara Sanseverino.
La ricca ritrattistica rinascimentale ha conservato l’effigie di Leonora, in un dipinto attribuito alla scuola di Paolo Veronese, che la ritrae fanciulla accanto alla madre poco prima della sua morte. Il dipinto comunica all’osservatore moderno la dignità e la sicurezza sociale della nobildonna attraverso la lussuosa bellezza delle vesti e la leggerezza degli ornamenti. Sulla veste della contessa di Sala spicca in particolare un magnifico zibellino cui il pennello del pittore conferisce singolare risalto grazie a dei tocchi di luce. L’abbigliamento della fanciulla è speculare a quello della madre, in ossequio ai canoni di eleganza infantile del tempo. La mano destra di Livia si protende, in un gesto di affettuosa e trepida protezione, sul capo della figlia Leonora, di appena quattro anni, che si presenta compunta e con lo sguardo serio, quasi a presagire il suo triste destino. Il dipinto, appartenuto alla collezione di palazzo Cavriani di Mantona, è attualmente conservato nelle sale di palazzo Thiene in Vicenza.
Dopo la morte della madre, Leonora si ritrovò accanto una matrigna, che l’amò e valorizzò le sue doti di bellezza e la sua predisposizione per le lettere, la musica e il canto. Separate da un’esigua distanza d’anni, essendo quasi coetanee, Barbara e Leonora condivisero gli intrattenimenti e le gioie della vita cortigiana, con viaggi che le portarono, nei primi anni Settanta, fino a Roma dove furono entrambe apprezzate per la loro avvenenza e i loro talenti. A Roma, al seguito del padre, impegnato in aspre e noiose controversie legali, Leonora poté prendere lezioni di canto dal cavalier Vicentio Pitto, facendo molti progressi e dimostrandosi una promettente voce solista. Qui la giovane incontrò Giulio Thiene, un aristocratico di origini vicentine, residente alla corte ferrarese, che aveva ereditato dalla madre, Laura Boiardo, il ducato di Scandiano. Giulio Thiene era figlio di Ottavio, nonché nipote di Marc’Antonio Thiene, i due nobili vicentini cui si deve la committenza ad Andrea Palladio del maestoso palazzo situato nel cuore della città berica che ancora oggi porta il loro nome.
Nell’inverno del 1576, Leonora venne data in sposa a Giulio Thiene. Le tavole genealogiche della famiglia Thiene, compilate dal nobile vicentino Giovanni da Schio, conservano un labile indizio della sposa di Giulio, segnalata come «amica del Tasso, e come alcuni vogliono anche l’amante sua», che probabilmente non varcò mai la soglia del palazzo di famiglia in Vicenza (Da Schio, Persone memorabili in Vicenza, tav. XIX, c. 92r). Il matrimonio venne celebrato a Ferrara nel febbraio del 1576 e i festeggiamenti coincisero con le feste di Carnevale e con l’arrivo della troupe teatrale dei Gelosi. Leonora e la matrigna divennero le ‘prime donne’ della corte ferrarese, molto ammirate e celebrate per il loro fascino, come puntualmente registrarono i cronisti del tempo. Muzio Manfredi, nel suo catalogo delle Cento donne (1580), dedicato a Vincenzo Gonzaga principe di Mantova, registrò anche Leonora.
L’arrivo a Ferrara degli sposi è raccontato da Pier Antonio Serassi che, nella Vita di Torquato Tasso, descrisse il loro ingresso in città e l’accoglienza della corte. Nella sua relazione cogliamo anche un ritratto di Leonora: «Né minor comparsa vi fece la Signora Leonora, bellissima anch’ella, e a cui accresceva molto di vaghezza l’età giovanetta, e una certa verginale modestia assai piacevole ai riguardanti, ma soprattutto il labbro inferiore, che alquanto rotondetto si sporgeva in fuori con molta grazia. Questa corona e questo labbro furono l’oggetto della meraviglia e dei discorsi degli oziosi Cortigiani, e di quasi tutta la nobiltà Ferrarese; e il Duca medesimo non poté dissimulare il piacere provato per quella vista: onde il Tasso prese volentieri occasione di scrivere alcuni sonetti, ch’ebbero meritamente grandissimo applauso, massime presso il Duca, il quale udendoli leggere gliene mostrò particolare gradimento» (Serassi, 1785, pp. 116 s.).
A Ferrara, dove la coppia elesse la propria residenza in palazzo Schifanoia, il fascino della giovane nobildonna attirò l’attenzione dei letterati presenti alla corte del duca Alfonso II, tra cui appunto Torquato Tasso, che nei sonetti composti in suo onore non nascondeva un trasporto affettuoso. Alla corte ferrarese Leonora venne subito arruolata per gli intrattenimenti musicali di corte: fu annoverata nel nucleo originario del Concerto delle dame di corte, un piccolo consesso di musiciste, virtuose nel canto, abili suonatrici e anche compositrici, voluto dal duca, fine intenditore di musica, per offrire svaghi raffinati e piacevoli alla sua terza moglie, la duchessa Margherita Gonzaga. La notorietà del Concerto delle dame ferraresi, in cui spiccavano i nomi di Lucrezia Bendidio, Vittoria Bentivoglio, Laura Peperara, Anna Guarini e Giulio Cesare Brancaccio, si diffuse rapidamente e la pratica venne emulata anche in altre corti italiane del tempo. L’abilità canora del gruppo suscitò intorno a sé attestazioni di stima e di apprezzamento di cui è conservata traccia nei sonetti indirizzati a Leonora e alle altre, oltre che da Tasso, da Muzio Manfredi e Giambattista Guarini.
Alla corte estense Leonora fu sempre sotto la protezione del duca Alfonso e della duchessa Margherita. Il suo soggiorno a Ferrara rappresentò il periodo aureo della sua breve esistenza; il primo anno di matrimonio fu allietato dalla nascita della primogenita, cui fu imposto il nome di Livia (in omaggio alla nonna materna), cui seguì una nuova gravidanza nel 1581. Al secondogenito, nato l’8 febbraio 1582, fu dato il nome del nonno paterno, Ottavio.
Leonora morì a Ferrara il 19 marzo 1582, poche settimane dopo il parto. Il marito la fece seppellire nell’antico borgo di Scandiano, nella rocca che egli stesso aveva fatto ampliare e arricchire.
Fonti e Bibl.: Vicenza, Biblioteca civica Bertoliniana, Mss., 3398: G. Da Schio, Persone memorabili in Vicenza, tavv. XVIII-XIX, cc. 91r-92r, ad vocem Thiene; G. Catena, Latina monumenta, Papiae 1577, pp. 146, 152; M. Manfredi, Cento donne, Parma 1580, cc. 179 s.; G. Catena, Delle lettere, Roma 1589, p. 275; P.A. Serassi, Vita di Torquato Tasso, II, Roma 1785, pp. 116-118; I. Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, I, Parma 1789, pp. 661 s.; G. Venturi, Storia di Scandiano, Modena 1822, pp. 112-114; G. Canonici Facchini, Prospetto biografico delle donne italiane rinomate in letteratura, Venezia 1824, pp. 361-364; A. Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, III, Parma 1827, pp. 660-666; C. Cavedoni, Apologia delle varie Lezioni delle Rime di Torquato Tasso, tratte dai Mss. Estensi, in Delle memorie di religione, di morale e di letteratura, Modena 1832, pp. 335-357; C. Malmusi, Torquato Tasso e i Modenesi, Modena 1846, pp. 10 s.; G.B. Janelli, Dizionario biografico dei parmigiani illustri o benemeriti nelle scienze, nelle lettere e nelle arti, Genova 1877, pp. 380-382; G. Bertoni, Lucrezia Bendidio e Torquato Tasso, in Id., Poeti e poesie del Medio Evo e del Rinascimento, Modena 1922, pp. 308 s.; A. Belli, Eleonora Sanvitali Contessa di Scandiano, in Aurea Parma, XXIII (1939), pp. 146-154; Donne d’Italia. Poetesse e scrittrici, a cura di M. Bandini Buti, I, Milano 1941, p. 214.