ARMAROLI, Leopoldo
Nato a Macerata il 4 maggio 1766 da Gaetano e Maddalena Muzi, originari di Bologna e di modeste condizioni, si laureò nel 1786 in diritto civile e canonico nell'università di Macerata ed esercitò l'avvocatura fino al 1794, quando ebbe la cattedra soprannumeraria di diritto civile. Nello stesso anno lasciò Macerata, passando nella magistratura; fu per due anni a Orvieto alla luogotenenza civile e criminale del governo, da cui si dimise nel 1796 per poter passare all'Uditorato civile di Rota della Repubblica di Lucca, cui dovette, però, rinunciare per la giovane età. Si stabilì allora a Roma, dove aprì uno studio legale.
Non si hanno notizie dirette sulla partecipazione dell'A. alle congiure e ai moti che per tutto il 1797 prepararono la caduta del governo pontificio, né di suoi rapporti col gruppo dei patrioti che il 15 febbr. 1798 proclamarono in Roma la repubblica. Subito dopo la creazione della nuova amininistrazione dipartimentale, l'A. tornò a Macerata nominato dal Gouvion St.-Cyr il 14 marzo 1798 presidente del Tribunale criminale del dipartimento del Musone. Il 12 settembre dello stesso anno tenne un Discorso alla assemblea dei giurati di giudizio (edito poi a Macerata, anno VII repubblicano) in cui si propone di tracciare un "Quadro dell'aborrito sistema di giudicare" dello Stato pontificio fino agli ultimi anni del XVIII secolo, mettendone in evidenza le farraginosità e le crudeltà e confrontandolo alla razionalità e all'equità della nuova legislazione penale.
Dopo la caduta della Repubblica romana, riprese indisturbato la professione, sino al luglio 1808 quando, annesse le Marche al Regno italico, fu nominato presidente della Corte di giustizia civile e criminale del dipartimento del Tronto. Nell'elezione del 19 febbr. 1809 l'A. divenne senatore per il dipartimento del Musone nel Collegio dei commercianti, e ottenne il titolo di conte. Si trasferì allora a Milano, dove prese parte attiva, anche se non di primo piano, alla vita politica, pur senza tralasciare quella del suo dipartimento (cfr. il Discorso recitato in Macerata li 15 nov.1812 al Collegio elettorale..., Macerata 1812).
L'A. ebbe una convinta fedeltà verso il governo vicereale, anche quando la coscrizione, la pressione fiscale e il disagio economico cominciarono a destare malcontento non solo nelle masse popolari e in una parte notevole della borghesia, ma persino in quel ceto di funzionari, magistrati e intellettuali moderati, assurto a classe politica dirigente col Bonaparte e al quale l'A. stesso apparteneva. Non capiva quindi il programma indipendentistico degli "Italici puri" e del conte F. Confalonieri, che volevano eliminare la influenza francese e speravano, con l'aiuto inglese, di evitare il dominio austriaco. Questo atteggiamento si riflette chiarissimo nello scritto Sulla Rivoluzione di Milano seguita nel giorno 20 aprile 1814, sul primo suo Governo provvisorio, e sulle tenute adunanze de' Collegi elettorali. Memoria storica con documenti, Parigi novembre 1814 (tre ediz., due s. i. t., una presso Barrois l'aîné, libraio nella Strada de Savoye n. 13), vivace e talvolta acrimonioso, ma che, nella serie di memorie dedicate dai contemporanei a quegli avvenimenti, si distingue per la precisione e la veridicità del racconto.
Contiene la cronaca degli avvenimenti, dalla seduta straordinaria del senato del 17 aprile alle manovre del Melzi per far accettare Eugenio come re indipendente, al moto provocato dagli "Italici" e culminato con l'uccisione del ministro Prina, al tramonto delle speranze riposte nell'Inghilterra, all'annessione della Lombardia da parte dell'Austria. Il giudizio che scaturisce dalla narrazione - avere obbiettivamente gli "Italici" fatto il gioco dell'Austria - è storicamente valido. La Memoria ebbe subito grande diffusione, nonostante la sorveglianza della polizia austriaca; oltre a ravvivare il dibattito polemico, provocò varie congetture sull'autore di volta in volta indicato nel senatore Federico Cavrani, in Melchiorre Gioia e poi unanimemente nel senatore Diego Guicciardi. Tra le reazioni dei personaggi più direttamente colpiti, più importanti furono quelle del generale Domenico Pino con le Osservazioni sopra alcune asserzioni dell'autore dell'opuscolo che ha per titolo "Su la Rivoluzione di Milano..."(Italia 1815), e di F. Confalonieri che con la Lettera ad un amico del 15 marzo 1815 ribadì la validità della posizione assunta l'anno precedente e rigettò l'asserzione che egli avesse condotto il popolo all'assalto del Senato (cfr. G. Casati, Memorie e Lettere di Federico Confalonieri, I,Milano 1890, pp. 253-273). Sono anche da ricordare i quattro discorsi Della servitù dell'Italia del Foscolo, che, reagendo alle tesi politiche della Memoria, esaminano le condizioni dell'Italia da un punto di vista di intransigente patriottismo (Opere edite e postume, V, Firenze 1939: Prose politiche, pp.171-253).
Crollato il sistema napoleonico, l'A. si ritirò nel 1815 nella sua villa di Appignano dedicandosi agli studi; non sembra che in questi anni svolgesse attività politico-cospirativa. Solo in occasioni straordinarie si lasciò indurre a riprendere la toga e le sue arringhe, date alle stampe, furono lette con ammirazione. L'A. fu riportato nella politica attiva dalla rivoluzione scoppiata nel febbraio 1831 nei Ducati e nelle Legazioni, e poi rapidamente allargatasi alla maggior parte delle città emiliane, marchigiane e umbre. Il 4 marzo dall'Assemblea dei delegati dei governi provvisori veniva eletto ministro della Giustizia del nuovo governo delle Provincie unite italiane. Trasferitosi subito a Bologna, non ebbe il tempo di prendere possesso dell'ufficio per il precipitare degli avvenimenti. Rimasto quindi indisturbato, si ritirò nella sua villa, dedicando gli ultimi anni all'amministrazione del comune di Appignano, di cui nel 1832 fu eletto priore, e alla stesura di una monografia, di cui pubblicò a Venezia nel 1838 il primo volume (Ricerche storiche sulla esposizione degli infanti presso gli antichi popoli e specialmente presso i Romani).Colpito lo stesso anno da una paralisi, l'A. si spense il 9 giugno 1843 ad Appignano.
Bibl.: T. Casini, Prefazione a La Rivoluzione di Milano dell'aprile 1814. Relazioni storiche di Leopoldo Armaroli e Carlo Verri, senatori del Regno Italico, Roma 1897;Id., I candidati al Senato del Regno Italico, in Rassegna storica del Risorgimento, III(1916),pp. 48, 52;G. Accorroni, Il conte L. A.1766-1843. Discorso commemorativo...,Macerata 1925;D. e G.Spadoni, Uomini e fatti delle Marche nel Risorgimento Italiano, Macerata 1927, pp. 103-106;D. Spadoni, Milano e la campagna militare nel 1814 per l'indipendenza italiana.I: Il moto del 20 aprile e l'occupazione austriaca,Modena 1936, pp. 54, 58, 59, 69, 81;V. E. Giuntella, Bibliografia della Repubblica Romana del 1798-1799, Roma 1957, pp.63, 149.