DAL POZZO, Leopoldo
Figlio di Giovanni Battista, nel testamento rogato il 31 ag. 1744 affermava di essere nato a Roma e di risiedere a Venezia a Rialto "in contrà di S. Felice" (Merkel, 1982, p. 199, doc. 15).
Pur non essendoci state tramandate notizie su una sua attività artistica romana da parte dei biografie delle guide locali, l'ipotesi che la sua formazione sia avvenuta presso la scuola dei mosaicisti sampietrini risulta suffragata da numerosi documenti veneziani (cfr. i registri contabili dei Procuratori de Supra, magistrati preposti alla manutenzione e conservazione della basilica di S. Marco e delle opere artistiche in essa contenute: Documenti..., 1886, pp. 126 ss., 132 ss.) e soprattutto dalla tecnica innovatrice introdotta dal D. nella pratica restaurativa dei mosaici marciani. Non hanno pertanto fondamento le asserzioni di Moschini (1815, I, p. 232), De Boni (1840, p. 817), Zanotto (1856, p. 5) relative ad un'origine tedesca dell'artista.
Sin dalla metà del sec. XVII, la scuola musiva della città lagunare aveva cercato i suoi maestri nel cantiere romano, diretto da Marcello Provenzale e Giovan Battista Calandra; fra il 1715 e il 1716, Nicolò Duodo, ambasciatore veneziano a Roma, convinse il giovane D. a trasferirsi a Venezia. Il 27 febbr. 1716 i procuratori decretarono la sua nomina (MerkeI, 1982, p. 186, doc. 1) a "pittor de' mosaici per riparar e mantener le opere che di questo lavoro si ritrovano in detta Chiesa". Il D. si impegnò nel restauro del mosaico situato nel catino dell'abside maggiore, cpera di Piero di Zorzi (1506; Merkel, 1977, p. 664). Alla primavera del 1723 (Merkel, 1982, p. 179) risalgono gli interventi conservativi sullo "stellario" della facciata principale e su un litostrato all'interno della sagrestia nuova. e il rifacimento del fregio di un sott'arco nell'atrio, presso l'immagine di S. Alipio.
La traduzione in mosaico (1727-29) del dipinto di Sebastiano Ricci La traslazione del corpo di s. Marco venerato dal doge e dalla Signoria nella lunetta e negli archivolti del secondo portale da sinistra della basilica fu senza dubbio l'opera che lo rese celebre, come attestano sia il libretto di Componimenti poetici... pubblicato nel 1729, sia le osservazioni espresse nelle guide veneziane, a partire da A. M. Zanetti (1733): seguendo un procedimento che lo accomuna alle contemporanee realizzazioni sampietrine, il D. eseguì, per la prima volta nella storia dei mosaici marciani, un'opera di riproduzione. Si tratta infatti dell'unico mosaico veneziano "che, scindendosi dal suo cartone, gareggi con questo riconoscendone implicitamente le superiorità" (Merkel, 1982, p. 181).
Non minore interesse rivestono le innovazioni introdotte dal D. nella composizione della materia cementante di supporto al mosaico e nell'impiego dello smalto vetroso opaco, anziché della pietra, per le tessere (Saccardo, 1864, p. 29; 1897, pp. 106 s., 185; Agazzi, 1926, p. 29; Merkel, 1982, p. 176). Entrambe le tecniche erano state elaborate e applicate dalla scuola romana. A Venezia per lo strato d'intonaco si usava un doppio strato di malta a base di calce, mattone finemente macinato e sabbia quarzosa; il D., adeguandosi alla tecnica sperimentata nei mosaici di Monreale (1493-1503) e in quelli della cappella Gregoriana in S. Pietro a Roma (Merkel, 1982, p. 178), utilizzò un composto costituito da polvere di travertino, calce spenta ottenuta dal tufò, olio di lino cotto e olio di lino crudo. Tale metodo, ideale per fissare tessere di smalto, non fu impiegato dal D. nel consolidamento delle antiche tessere di pietra che, imbevendosi di olio, si sarebbero macchiate.
Compi altri interventi di restauro nel 1735, 1739 e fra il 1742 e il 1746 pose mano ai mosaici della cupola di S. Giovanni, rifacendo il S. Agostino nello stile antico e il S. Gerolamo nello stile moderno, su cartone del Piazzetta (Zanetti, 1733). Nel corso della sua trentennale attività veneziana il D. ebbe modo di formarsi un'ampia cerchia di discepoli: Antonio Comis, Domenico Grassetto, Marco Petrarolo e l'incisore bellunese Pietro Monaco; questultimo sarà assunto nel 1750 come suo continuatore (Merkel, 1983, pp. 263 s.).
Il D. morì a Venezia il 3 ag. 1747.
Oltre alla consorte Caterina Piazza, designata sua esecutrice testamentaria, insieme con il cognato Giovan Francesco Bonazza (impegnato negli anni '50 nel restauro dei mosaici della cattedrale di Torcello: ibid., p. 271), il D. lasciava una sorella, Pedronilla, e dieci figli: Cleto, Sigismondo, Bernardo, Casilda, Clotilde, Silvia, Rosa Maria, Elisabetta, Maria Eletta, Tecla. Dei cinque che abitavano Presso conventi e monasteri, tre avevano preso gli ordini.
Il figlio Cleto Maria, sacerdote della Congregazione del beato Pietro da Pisa (Merkel, 1982, p. 203, doc. 18), fu nominato dalla madre commissario esecutore delle volontà paterne il 29 luglio 1749: in questa veste, egli riscosse la liquidazione del prezzo delle paste vitree di proprietà dei D., rimaste inutilizzate dopo il suo decesso (ibid., p. 202, doc. 17).
Fonti e Bibl.: Componimenti Poetici in lodedel signor L. D. romano celebre dipintore di musaico per le pitture ristaurate e di nuovo da luifatte nella basilica di S. Marco di Venezia scuoprendosi il di lui quadro nella facciata della chiesa, Venezia 1729; A. M. Zanetti, Descriz. di tuttele pubbliche pitture della città di Venezia e isolecirconvicine, Venezia 1733, p. 92; Id., Della pittura venezana e delle opere pubbliche dei veneziani maestri, Venezia 1771, p. 588; F. T. A. Zucchini, Nuova Cronaca veneta ossia descriz. di tutte le pubbliche archit., sculture, pitture, iscrizioni e corpi santi della città di Venezia ed isolecirconvicine, II, Venezia 1784, p. 22; A. M. Zanetti, Della pittura veneziana e delle opere pubbliche dei veneziani maestri, Venezia 1792, p. 767; Della Pittura venez., Venezia 1797, p. 3; G. A. Moschini, Guida per la città di Venezia all'amicodelle belle arti, Venezia 1815, I, pp. 232, 254; II, p. 620; P. Selvatico-V. Lazari, Guida diVenezia e delle isole circonvicine, Venezia-Milano Verona 1832, pp. 5, 14; F. De Boni, Biografiadegli artisti, Venezia 1840, p. 817; E. A.. Cicogna, Saggio di bibliogr. veneziana, Venezia 1847, p. 634, scheda n. 4681; G. A. Moschini, Nuovaguida di Venezia, Venezia 1947, p. 2; F. Zanotto, Nuovissima guida di Venezia, Venezia 1856, pp. 5, 20; Id., Il palazzo ducale di Venezia, III,Venezia 1858, pp. XIV, 7 s.; P. Saccardo, Saggio d'uno studio stor. artist. sopra i musaici d. chiesa di S. Marco in Venezia, Venezia 1864, pp. 18, 21 s., 24 s., 28 s., 31 s.; P. Selvatico-V. Lazari, Guida artistica e stor. di Venezia e d. isole circonvicine, Venezia 1881, pp. 54, 65; E. Gerspach, La mosaique, Paris 1884, p. 174; Documenti per la storia d. augusta ducale basilica di S. Marco in Venezia, Venezia 1886, pp. 126 ss., 132 ss., 173, 176; P. Saccardo, Les mosïques de Saint Marco à Venise, Venise 1897, pp. 45, 80, 101, 105 ss., 114, 178, 185, 196, 208 s., 216 s., 243, 285; J. von Derschau, S. Ricci…, Heidelberg 1922, pp. III s.; A. Agazzi, Il mosaico in Italia, Milano 1926, pp. 28 ss.; G. Padoan, Il mosaico (Sviluppo storico), Venezia 1961, p. 260; E. Merkel, Problemi sui restauri d. mosaici marciani nel Quattrocento e nel Cinquecento…, in Atti del II Convegno internaz. di storia della civiltà veneziana (Venezia, 3-6 ott. 1973), II, Firenze 1977, pp. 657, 664; Id., I mosaici venez. del Settecento, in Ateneo veneto, XX (1982), 1-2, pp. 173-203; XXI (1983), 1, pp. 263 s., 267, 271, 276, 283; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXVII, p. 339 (s. v. Pozzo, Leopoldo).