ELIA, Leopoldo
Nacque ad Ancona il 29 ott. 1850, in una famiglia popolana e marinara, da Raffaele, capitano della marina mercantile, e da Amalia Balani. Rimasto in tenera età orfano di entrambi i genitori, a sedici anni subito dopo aver terminato le scuole tecniche - infiammato dalla figura di Garibaldi e seguendo l'esempio di Antonio Elia, cugino del padre, fucilato dagli Austriaci nel 1849, e del figlio di questo, Augusto - fuggì di casa insieme con il fratello Annibale per unirsi ai volontari garibaldini. Aggregato alla 6ª colonna, comandata da Augusto Elia, inquadrata nel battaglione Valzania, nel giugno 1867 combatté valorosamente a Monterotondo e a Mentana, ove fu ferito alla gamba sinistra da un colpo di fucile e quindi fatto prigioniero. Ricoverato a Roma, fu graziato da Pio IX (come ex suddito pontificio, l'E. era considerato traditore) e, una volta guarito, poté rimpatriare.
Al suo ritorno ad Ancona, l'E. si trovò in difficoltà economiche tali da non poter continuare gli studi classici, come avrebbe desiderato, e, ormai diciottenne, piuttosto che scegliere un impiego civile, preferì entrare come volontario nel corpo dei bersaglieri come soldato semplice.
Ebbe così modo, nel settembre 1870, di prendere parte alle operazioni per la conquista di Roma (otterrà due medaglie commemorative d'argento e una di bronzo). Frequentò successivamente l'Accademia militare di Modena, uscendone nel 1876 con il grado di sottotenente.
Inviato in Sicilia per la repressione del brigantaggio nelle Madonie, l'E. fu successivamente trasferito a Treviso in occasione dell'inondazione che nel 1882 aveva colpito quella provincia: si distinse nell'opera di soccorso, ricevendo un attestato di pubblica benemerenza. Nel 1887, promosso capitano, fu inviato in Eritrea con la spedizione San Marzano, al comando di una compagnia del 3º reggimento bersaglieri; in Africa contrasse una grave malattia che lo costrinse al rientro in Italia.
Qui, costretto ad abbandonare il corpo dei bersaglieri, reagì alla prospettiva di essere destinato ai servizi sedentari - ruolo non compatibile con la sua indole - con atti che furono giudicati di insubordinazione, così da procurargli gli arresti. In seguito le sue ragioni vennero accolte e fu assegnato, in attività di servizio, alla fanteria. Nel 1892 sposò Emilia Bufalini, dalla quale due anni dopo ebbe un figlio, Raffaele.
La sua irrequietezza lo spinse nel 1896 a rispondere a un appello patriottico, offrendosi nuovamente come combattente in Africa orientale. Egli si trovò così a partecipare alla battaglia di Adua. In quelle sfortunate giornate si condusse ancora una volta valorosamente, e proprio grazie a lui e agli uomini della sua compagnia si dovette il parziale salvataggio della brigata del generale G. E. Arimondi, caduto sul campo. Il battaglione a cui apparteneva l'E. fu quasi completamente annientato ed egli stesso perse la vita il 1º marzo 1896.
Le testimonianze unanimi dei pochi scampati meritarono all'E. una medaglia d'argento al valor militare alla memoria.
Fonti e Bibl.: Notizie sono state fornite dalla famiglia e, in particolare, dal dott. Piergiorgio Elia. Necr. in Ordine, 28-29apr. 1896; articoli commemorativi in Giornale d'Italia, 28 dic. 1936; La Voce adriatica, 1º marzo 1956. Cfr. inoltre: M. Maroni, Gli Anconetani in Africa, Ancona 1896, pp. 10-13; R. Elia, L. E., Fano 1926; R. Battaglia, La guerra d'Africa, Torino 1958, p. 620; M. Natalucci, Ancona attraverso i secoli, III, Dal periodo napoleonico ai giorni nostri, Città di Castello 1960, p. 320; R. Elia, Capitano L. E. caduto eroicamente in Adua 1/3/1896 nel 70º della morte, Ancona 1966; G. Santini, Gente anconitana, Fano 1969, p. 170; Diz. del Risorg. naz., III, p. 6.