FARIO, Leovigildo Paolo
Secondogenito di Giovanni Maria e della nobile Cecilia Mangini, nacque al Borghetto di Asola nel dipartimento del Mincio (Mantova) il 16 sett. 1805 e fu battezzato il 18 dello stesso mese nella chiesa di Gazzuoli. Iniziò i suoi studi a Verona., presso il collegio vescovile, sotto la guida di G. Zamboni, indi presso il locale liceo, coltivando pure studi di anatomia con G. Montagna; li proseguì poi a Padova, ove si immatricolò nella facoltà medica nel 1823, conseguendo il diploma di oculista il 20 apr. 1828, la laurea in chirurgia il 14 luglio successivo e quella in medicina il 28 dicembre dello stesso anno, presentando una dissertazione dal titolo Nonnulla de fistula lacrymali. Oratiuncula inauguralis.
Dopo alcuni anni si trasferì a Venezia, raggiungendo presto una buona fama di oftalmoiatra e improntando tutta la sua attività a favorire lo sviluppo della disciplina, che già stava assumendo dignità e caratteristiche di decisa autonomia dalla chirurgia generale. Inviato nel 1835, con F. Cortese, a visitare le terre liguri e toscane ove era in atto un'epidemia di colera, fu presto richiamato, a causa dell'appressarsi del contagio, a Venezia, ove fece parte, come segretario, della giunta istituita in città e gli venne affidata la direzione dell'ospedale ausiliario di S. Tommaso.
Nel 1843 ipotizzò e richiese la costituzione di un reparto oftalmico nell'ospedale veneziano, proponendosi come medico curante gratuito; ottenne ben presto la nomina a oculista primario gratuito, che mantenne per quattro lustri; fu anche medico oculista onorario della Commissione generale di pubblica beneficenza e degli asili d'infanzia. Il 23 apr. 1848 fu nominato dal governo provvisorio veneto professore di oculistica "senza prova d'esame", incluso nel novero delle personalità "di noto valore" chiamate a insegnare nell'università di Padova; prese possesso degli strumenti della scuola e del gabinetto, ma il 6 luglio 1848 dopo la riconquista austriaca di Padova, la nomina venne annullata dall'intendenza dell'i. r. armata (il suo nome non risulta negli annuari). Durante l'assedio di Venezia gli fu affidata la direzione dell'ospedale ausiliario di S. Giorgio.
Il F. si segnalò negli anni Trenta come sostenitore delle teorie di G. Giacomini, e a partire dal 1838 si fece promotore del Memoriale della medicina contemporanea..., periodico che si contrapponeva al Giornale per servire ai progressi della patologia e della materia medica..., che faceva capo a M. Bufalini, stampato a partire dal 1834, anno in cui usciva anche il portavoce delle idee di G. Rasori, quell'Antologia medica di V. L. Brera a cui il F. collaborava. I primi due periodici convissero per quasi un decennio, fino ai rivolgimenti del 1848-1849; a partire dal 1850 al loro posto vide la luce la prima serie del Giornale veneto delle scienze mediche, diretto dallo stesso F., da A. Benvenuti e da G. Namias.
Merita comunque di essere rilevato che, durante la sua collaborazione all'Antologia medica, il F. riunì le sue osservazioni in campo oftalmologico negli Annali ottalmologici, che già nel primo numero del gennaio 1834 comparvero senza denominazione particolare come sezione oculistica della parte dedicata alla "Rivista dei giornali" e a partire dal secondo fascicolo assunsero una piena autonomia, tanto da poter essere considerati la prima "rivista" dedicata esclusivamente alla specialità pubblicata in Italia.
Non va infine dimenticata la collaborazione del F. con gli Annali universali di medicina, che ospitarono già nel 1834 un suo lavoro, in forma di lettera, nella quale confutava la teoria dell'"antagonismo nervoso" elaborata da C. F. Bellingeri, ritenendo invece egli la contrattilità pupillare dovuta alla tessitura vascolare erettile iridea (Cenni fisiologici sui nervi e sulla struttura dell'iride relativi all'antagonismo nervoso..., LXIX [marzo 1834], pp. 487-512).
Negli Annali pubblicò pure le relazioni sull'epidemia colerica osservata sia in Toscana (Brano di un rapporto sopra il cholèra comparso nella città di Pisa, dei signori dott. P. Fario e F. Cortese, LXXXVI [ottobre e novembre 1835], pp. 387-390) sia a Venezia (Intorno alla prima invasione del cholèra-morbus in Venezia, osservazioni de' dottori Asson, Cortesi [sic!], Fario e Pancrazio, LXXXVIII [giugno 1836], pp. 417-452).
Va infine segnalata, a riprova di un interesse mai sopito per i problemi delle epidemie, la brevissima traccia di un suo intervento Sull'aumento della tisi in qualche villaggio della Lombardia (in Atti dell'I. R. Istituto veneto di scienze lettere ed arti, s. 3, VI [1860-1861], p. 623), di cinque lustri posteriore.
Attento ai problemi generali dell'attività medica, il F. espose alcune sue riflessioni sulla necessità di ridare all'oftalmologia quella dignità vilipesa spesso dagli stessi specialisti (Cenni sulla necessità della medicina e delle scienze filosofiche nello studio dell'oculistica, in Annali ottalmologici, [marzo 1834], pp. 285 ss.; Dell'oculista, ibid. [luglio 1834], pp. 512-516); trattando Su alcuni più recenti progressi della medicina e dell'ufficio delle opere mediche periodiche nei medesimi. Cenni d'introduzione alla quarta serie del memoriale della medicina contemporanea (VII [gennaio 1842], pp. 3-28), paragonò la perfezione a una scala infinita, di cui le opere umane sono i gradini, e sostenne che il compito di ciascuno è quello di aggiungere materia per salire, senza frapporre ostacoli né restare indifferenti.
Il F. non solo diede pronta notizia degli esperimenti dei professori F. Puccinotti e L. Pacinotti sulle correnti elettro-fisiologiche animali (Sunto delle sperienze sulla esistenza delle correnti elettro-fisiologiche negli animali a sangue caldo eseguite dai professori dell'università di Pisa, Puccinotti (Francesco) e Pacinotti (Luigi) nei mesi di giugno e luglio 1839, in Memoriale…, II [giugno e luglio 1839], pp. 315-320), ma li ripeté egli stesso, sottoponendoli a critica (Intorno alle correnti elettro-fisiologiche negli animali a sangue caldo. Sperienze del dott. Fario (L. Paolo) e del prof. Zantedeschi (Francesco), ibid., III [febbraio e marzo 1840], pp. 232-260), anche in questo caso aderendo alle idee giacominiane sull'elettricità animale, considerata prodotto e non causa dell'esercizio della vita. Merita anche di essere segnalato il suo lavoro sulle caratteristiche elettriche delle acque di Recoaro (Sulla probabilità dello stato elettrico delle acque di Recoaro. Avvertenza, ibid., XV [marzo-aprile 1846], pp. 242-245).
Scrisse pure di argomenti farmacologici, sempre sottoponendo a vaglio critico i nuovi ritrovati, fossero essi applicati all'oftalmoiatria (Intorno all'efficacia del valerianato di zinco in alcune malattie oculari, ibid., XI [aprile-maggio 1844], pp. 321-337) o meno (Dell'uso terapeutico del loglio temulento, ibid., I [maggio-giugno 1839], pp. 405-411). Fu inoltre autore di lavori sugli avvelenamenti (Nota intorno la storia del dott. Balardini a proposito di un caso di venefizio avvenuto in dodici individui col mezzo del succo d'aconito napello, ibid., IV [agosto-settembre 1840], pp. 302-312), argomento che aveva già trattato nel 1839, a proposito delle controversie insorte fra M.J.B. Orfila e il giacominiano F. Rognetta sull'avvelenamento arsenicale (Sulla riforma della tossicologia in Italia, e sulle attuali controversie d'Orfila e di Rognetta, ibid., II [agosto-settembre 1839], pp. 92-110; Seguito delle controversie tossicologiche d'Orfila e di Rognetta e Risposta del dott. Rognetta alle obbiezioni d'Orfila, e alle discussioni, ibid., II [ottobre 1839], pp. 238-255) e che diede occasione per la richiesta di una generale riforma della tossicologia.
La parte più rilevante della sua attività scientifica è quella dedicata all'oftalmologia, svolta seguendo sempre i dettami della scuola giacominiana.
Fra i suoi precipui oggetti di studio vanno segnalate la struttura e le funzioni dell'iride e del cristallino: indotto dalla dimostrazione della fine vascolarizzazione iridea a rigettare l'ipotesi della presenza di fibre muscolari nell'iride (Osservazioni alla memoria di J. P. Maunoir sulla vascolarità dell'iride, ibid., I [febbraio 1839], pp. 238-245), in accordo con la scuola padovana, studiò i movimenti del cristallino (Argomenti fisiologici e patologici dimostranti i movimenti del cristallino, e stare in loro la causa essenziale della distinta visione ad ogni distanza, ibid., XI [giugno 1844], pp. 479-494 e, con una modifica al titolo [Argomenti..., ed essere in essi riposta la causa essenziale...] in Atti dell'I.R. Istituto veneto…, s. 1, III [1843-1844], pp. 212-227), spiegandoli in base al turgore o all'avvizzimento dei vasi irido-coroidali, anche nel caso di apertura di una pupilla artificiale (Dei movimenti eccentrici della lente cristallina, in Giornale veneto delle scienze mediche, I [luglio 1850], pp. 125-138).
Nel suo lavoro Sull'influenza che alcune fisiologiche modificazioni dell'occhio possono esercitare nell'apparente grandezza degli oggetti veduti o all'orizzonte o allo zenit (in Atti dell'I.R. Istit. veneto..., s. 2, VI [1854-1855], pp. 136-142) interpretò tali modificazioni come dipendenti dall'associazione di contrazione dei muscoli oculari con movimenti, indotti da modificazioni vascolari, del cristallino. Alla vascolarità di diverse strutture oculari egli ascriveva anche altri fenomeni patologici: si può citare a tal proposito il suo intervento al IX congresso degli scienziati italiani, a Venezia, avente come oggetto il glaucoma, recensito sul Memoriale... da M. Asson (Quadro generale degli argomenti che furono trattati nella scienza chirurgica del IX congresso degli scienziati italiani, XVIII [1847], pp. 487 s.).
L'impalcatura teorica sostenuta dal F., pur raggiungendo raffinati livelli di sottigliezza analitica riguardo sia alla nomenclatura delle affezioni oculari, sia alla terapia, iniziò invero a essere messa in discussione non solo dalla dimostrazione dell'esistenza di fibre muscolari nell'iride e nella coroide, ma soprattutto dall'introduzione nella pratica dell'oftalmoscopio. Il F. si piegò a fatica alle evidenze portate dalle nuove tecniche, come dimostra anche il suo scritto Se le affezioni amaurotiche prive di caratteri esterni siano nelle interne alterazioni riconoscibili dall'oftalmoscopio (in Giornale veneto delle scienze mediche, XII [1858], pp. 1-23, e in Atti dell'I. R. Istituto veneto, s. 3, III [1857-1858], pp. 701-720).
Vanno pure segnalati i suoi studi sulle oftalmie, analizzate anche nei loro rapporti con le epidemie (Osservazioni ed avvertenze curative intorno alle malattie degli occhi causate dall'attuale epidemia di morbilli, colla storia di un feto nato con questa eruzione, ibid., VI [1860-1861], pp. 353-372, Sulla congiuntivite contagiosa che minaccia di diffondersi nelle nostre provincie, ibid., VII [1861-1862], pp. 527-543), nei quali suggerì il controllo sanitario delle truppe e l'istituzione di stabilimenti di cura per gli indigenti.
Il F. è principalmente ricordato per la sua attività chirurgica in campo oftalmologico. Rimarchevoli furono i suoi studi, del 1839, sullo stafiloma corneale, ritenuto al tempo insanabile, e da lui definito "ipercheratosi", in contrapposizione a chi lo considerava dovuto a diffusione di liquido sieroso nel contesto della struttura corneale, in base a ciò, egli ipotizzò un particolare processo operatorio, consistente nell'asportare alcune porziuncole della cornea ipertrofica mediante un taglio a V con apice alla periferia, metodo successivamente usato pure nel trattamento del cheratocono (Dell'essenza patologicadell'ipercheratosi e d'un metodo operativo come nuovo mezzo di cura. Lettera... al cav. Alessandro Riberi, in Memoriale..., II [luglio 1839], pp. 9-28). Da notare che in tale lavoro egli attribuì ad A. Scarpa il merito di aver descritto per la prima volta la particolare patologia oculare.
Si dimostrò inoltre, fin dai tempi della sua collaborazione all'Antologia medica, attento sperimentatore di nuove tecniche chirurgiche, quali, ad esempio, l'iridectomia, impiegata nel trattamento del glaucoma, o la paracentesi corneale, applicata anche al trattamento della cataratta. Fu pure ideatore di strumenti, fra i quali merita di essere segnalata la forbice ricurva per la miotomia oculare presentata alla VI riunione degli scienziati italiani (Atti della sesta riunione degli scienziati italiani tenuta in Milano nel settembre del MDCCCXLIV, Milano 1845, p. 842).
Partecipò attivamente ai congressi degli scienziati italiani, fungendo da segretario della sottosezione di chirurgia alla IV riunione di Padova del 15-19 sett. 1842, e fu pure vicepresidente di quella medica alla IX riunione, apertasi in Venezia il 14 e chiusa d'ufficio dalle autorità, per motivi politici, dopo 10 giorni di lavori - invece dei 15 previsti - il 24 sett. 1847.
Sul Pantheon veneto, serie di busti e medaglioni inaugurata nell'occasione il 26 sett. 1847, scrisse periodici Rapporti (in Atti dell'I.R. Istituto veneto..., s. 3, IV [1858-59], pp. 91-94; VI [1860-1861], pp. 344 ss.; VII [1861-62], pp. 173-176).
Membro di numerose accademie e società scientifiche, fra le quali si segnalano le accademie di Padova, Siena, Rovigo e Bovolenta (Accademia dei Concordi) e le società medico-chirurgiche di Torino, Bologna e Ferrara, fece parte dell'I.R. Istituto veneto dapprima come socio corrispondente, eletto il 28 nov. 1842, indi come membro effettivo, dal 4 ott. 1854, ricoprendo pure la carica di vicesegretario dall'8 ott. 1858, data dell'elezione, al 1862, nonché, dopo essere stato nuovamente eletto il 29 sett. 1862, per il quadriennio successivo, fino alla morte.
Si debbono ricordare perciò le sue commemorazioni dei membri dell'Istituto veneto B. Zambra, che lo aveva preceduto nella carica di vicesegretario (Notizie biografico-scientifiche del prof. Bernardino Zambra, ibid., IV [1858-1859], pp. 311-321), e A. Fapanni (Notizie scientifico-biografiche intorno al fu m.e. dott. Agostino Fapanni, ibid., VI [1860-1861], pp. 811-840).
Il F. morì a Venezia l'8 luglio 1863.
Fonti e Bibl.: Presso l'archivio parrocchiale di Gazzuoli dal registro dei nati e battezzati, al n'43, progressivo 13 dell'anno 1805, si può evincere la data precisa di nascita del F., spesso spostata al 1:6 nov. 1810. Nel fondo Archivio moderno dell'Università di Padova sono conservati i documenti relativi alla carriera universitaria del F. ivi compresi quelli relativi alla nomina del 1848. È da notarsi il cenno biografico di I. Cantù in L'Italia scientifica contemporanea, Milano 1844, pp. 201 ss.; cfr. inoltre il cenno necrologico di G. Namias, in Atti dell'I.R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, s. 3, VIII (1862-1863), pp. 1030-1043, con elenco delle pubblicazioni nonché l'elogio pronunciato da M. Asson, il successivo 30 luglio 1863 (in Giornale veneto delle scienze mediche, s. 2, XXII [1863], pp. 230-256); A. Hirsch, Biographisches Lexikon der hervorragenden Ärzte…, - II, p. 479.