OLSEN, Lerner Tillie
Scrittrice statunitense, nata a Omaha (Nebraska) il 14 gennaio 1913. Figlia di ebrei russi, rifugiati in America dopo la rivoluzione del 1905, nel 1931 aderì all'organizzazione giovanile del Partito comunista. Abbandonata la scuola, lavorò come operaia, impegnandosi nel contempo nelle organizzazioni sindacali e finendo due volte in carcere per aver organizzato proteste e scioperi. Nonostante l'intensa attività politica, continuò a studiare da autodidatta e con un'assidua frequentazione della biblioteca pubblica di Omaha, spaziò nelle letture dai classici della narrativa alle opere canoniche della tradizione populista americana e, soprattutto, alle riviste della sinistra (Modern Quarterly, The Liberator, New Masses). Ed è su una rivista (The Partisan Review, 1934) che la O. esordisce, pubblicando alcune poesie, qualche saggio e soprattutto The iron throat, il primo capitolo del romanzoYonnondio, che riscosse immediato successo e la accreditò presso la comunità degli scrittori di sinistra. Trasferitasi nel 1932 a San Francisco (dove tuttora risiede), per vent'anni fu quasi totalmente assorbita in pesanti impegni di lavoro (prima in un'industria alimentare, poi in una tipografia) e di famiglia (sposata nel 1936, ha avuto quattro figlie) e solo nel 1956 riprese a scrivere. La qualità delle opere da allora pubblicate, pur non numerose, e le sue doti di narratrice le hanno valso l'apprezzamento di un vasto pubblico. Hanno fatto seguito vari riconoscimenti (tra cui il Ford grant, 1959; l'O'Henry award, 1961; l'American Academy award, 1975) e i molti incarichi d'insegnamento in diverse università (Minnesota, University of California, Stanford, Massachusetts Institute of Technology). Il silenzio forzato, la rinuncia, le potenzialità tarpate hanno tuttavia lasciato un segno manifesto nelle sue opere. Il tema della perdita è già presente nel romanzo Yonnondio: from the Thirties, iniziato nel 1932 e pubblicato, volutamente incompleto, nel 1974.
Lo stesso titolo − una parola indiana mutuata dall'omonima poesia di W. Whitman − enuncia il "lamento" per coloro la cui vita è stata annientata. Ambientato negli anni Venti, il romanzo ripercorre due anni della disperata lotta per la sopravvivenza combattuta e sofferta da Jim Holbrook, dalla moglie Anna e dai loro cinque figli che, lasciata una dura vita di miniera per lavorare l'avara terra del Dakota, approdano infine in una grande città del Midwest appestata dai miasmi del mattatoio. L'opera risente del conflitto irrisolto fra il didatticismo ideologico riconoscibile nella voce narrante − programmaticamente adottata dalla O. in aperta polemica con lo sperimentalismo contemporaneo − e l'evidente impegno di rappresentazione realistica degli ambienti, dei personaggi, dei modi in cui la povertà, lo sfruttamento e il sessismo uccidono le capacità di amare e creare. Nella costruzione del rapporto madre-figlia e nello spirito stesso del romanzo si legge però − e la visione risulta più umanista che marxista − una sostanziale fiducia nel rigenerarsi, con ogni nuovo essere, dell'energia creativa e, con questa, delle potenzialità di realizzazione individuale e di cambiamento sociale.
Le tensioni ideali del romanzo, affrontate e risolte con una capacità di penetrazione nell'essenza delle esperienze e delle relazioni umane, con un'abilità formale che trasmette una grande intensità emotiva, caratterizzano anche i quattro racconti di Tell me a riddle (1961; trad. it., Fammi un indovinello, 1980), considerato ormai un classico della letteratura americana.
Anche in questa raccolta domina il silenzio: il silenzio di Eva, la vecchia protagonista del lungo racconto da cui l'opera prende titolo, che aspira ormai solo a non "doversi più muovere al ritmo degli altri", che cerca, nella solitudine, una risposta all'enigma della propria vita, prima che la morte, con gli ideali, mai divenuti realtà, le tolga anche l'ultima possibilità di essere se stessa. Ma la sua vita non è stata invano. Jeannie, la nipote, ne recepisce l'insegnamento: comprende che, anche se non nelle forme previste, il cambiamento ci sarà; che non deve rinunciare, ma dare spazio e realizzare le proprie doti d'artista. Anche Stevie, il ragazzo protagonista dell'ultimo racconto pubblicato, Requa-I (1971), si fa portavoce del messaggio essenziale dell'autrice: l'importanza dell'assunzione del passato per dar senso al presente.
Con A. Rich, O. è la scrittrice americana vivente che con maggiore lucidità ha messo a nudo i condizionamenti responsabili del silenzio delle donne nella storia e nelle arti. Esplicita, a riguardo, la raccolta Silences (1978), i cui saggi sono accomunati dal drammatico intrecciarsi delle parole dell'autrice con brani di lettere, diari, annotazioni, nei quali scrittori (da H. Melville a T. Hardy a F. Kafka) e scrittrici (V. Woolf, K. Mansfield, K.A. Porter, R. Harding Davis) riportano le costrizioni, gli ostacoli, i rifiuti e le censure che hanno frenato la loro produzione creativa, avvelenato e immiserito la loro vita. Nel suo discorso, alle loro voci, O. incorpora i silenzi di coloro cui l'accesso stesso all'espressione creativa è stato precluso, le donne in particolare. E tuttavia la sua non è una mera denuncia, ma piuttosto una individuazione di strade da aprirsi e percorrere senza rinunciare alla propria identità. Il volume miscellaneo Mother to daughter, daughter to mother: mothers on mothering (1984) è il suo più recente contributo in questa direzione.
Bibl.: S. Poli, Introduzione e Colloquio con T. Olsen, in Fammi un indovinello, Roma 1980, pp. viitxviii e 109-20; D. Rosenfelt, From the Thirties: T. Olsen and the radical tradition, in Feminist Studies, 7, 3 (1981); Women writers of the West Coast: speaking of their lives and careers, a cura di M. Yalom, Santa Barbara 1983; M. Barr, T. Olsen, in Dictionary of literary biography, vol. 28, Detroit 1984; A. Martin, T. Olsen, Boise (Idaho) 1984; B.H. Gelfant, After long silence: T. Olsen's ''Requa-I'', in Studies in American Fiction, v, 12, 1 (1984); E.N. Orr, T. Olsen and a feminist spiritual vision, Jackson (Mississippi) 1987; M. Materassi, T. Olsen, in Scrittori ebrei americani, i, Milano 1989; A. Werlock, M. Pearlman, T. Olsen, Boston 1991.