Les vacances de Monsieur Hulot
(Francia 1951-52, 1953, Le vacanze di Monsieur Hulot, bianco e nero, 96m); regia: Jacques Tati; produzione: Fred Orain per Cady/Discina; sceneggiatura: Jacques Tati, Henri Marquet con la collaborazione di Pierre Aubert, Jacques Lagrange; fotografia: Jacques Mercanton, Jean Mousselle; montaggio: Suzanne Baron, Ginou Bretoneiche, Jacques Grassi; scenografia: Henri Schmitt, Roger Briancourt; musica: Alain Romans.
Fra i gruppi di villeggianti che, in treno, in pullman e in automobile, si recano al mare per le vacanze estive, spicca per la sua macchina antiquata e per l'originale stile di guida il solitario Monsieur Hulot. In albergo egli sarà fonte di disturbo per gli altri ospiti fin dalla sua prima comparsa (infatti lascia spalancata la porta di ingresso, cosicché una forte corrente d'aria penetra nella hall) e provocherà incidenti sempre più vistosi (talvolta ingiustamente imputatigli), che faranno di lui il bersaglio di un biasimo silenzioso, quasi unanime. Monsieur Hulot non si perde d'animo, continuando a godersi le sue vacanze. Tuttavia, al momento del congedo alla fine dell'estate, la maggioranza dei villeggianti evita di salutarlo, compresa Martine, la ragazza che egli galantemente ha corteggiato.
Secondo lungometraggio di Jacques Tati, dopo Jour de fête (Giorno di festa, 1949), Les vacances de Monsieur Hulot è anche il film nel quale appare per la prima volta il personaggio di Hulot, interpretato dallo stesso Tati e imposto dall'autore ai produttori, che avrebbero preferito un ritorno del postino François, protagonista del film precedente. Hulot riapparirà nei successivi Mon oncle (Mio zio, 1958), Playtime, Trafic (Monsieur Hulot nel caos del traffico, 1971): spilungone e cerimonioso, uomo "di un'indipendenza totale, di un disinteresse assoluto, che la sventatezza, il suo difetto principale, rende, nella nostra epoca funzionale, un disadattato" (così lo stesso Tati), il personaggio ha un'identità indefinita. Non conosciamo la sua provenienza o il suo lavoro; e, dato il suo carattere un po' alieno, non sapremmo quali gli si potrebbero attribuire. Le uniche parole che gli sentiamo pronunciare sono quelle del suo nome, nel momento in cui si presenta al portiere dell'albergo (e, per renderle intelligibili, questi dovrà sfilargli dalla bocca la pipa). I contrattempi, gli equivoci, quando non le mezze catastrofi in cui si trova coinvolto, sono quasi sempre effetto del caso. Intorno a questa silhouette semi-vuota ("una velleità ambulante" che "eleva la timidezza a principio ontologico", la definisce André Bazin), acquistano ancor più rilievo i personaggi, i luoghi e le situazioni in cui si imbatte; nella resa dei quali si esercita quella paziente e minuziosa osservazione della realtà quotidiana, dei gesti e dei tic della gente comune, che, racconta Tati, è costitutiva del suo metodo di lavoro ed è intrinseca alla sua originale poetica comica ("Quel che ho tentato di fare a partire dal mio debutto è dotare il personaggio comico di più verità […], dimostrare che, in fondo, tutto il mondo è divertente. Non c'è bisogno di essere un comico per fare una gag", affermò Tati in un'intervista rilasciata a Bazin e Truffaut).
Il film offre una descrizione nitida dei riti della vita d'albergo e della vacanza (i pasti nella sala da pranzo, i giochi di società dopo cena, un picnic organizzato dai villeggianti, la lezione di ginnastica sulla spiaggia, e così via), e ritrae alcuni personaggi tipici, suscitando nello spettatore l'impressione di riconoscerli (il comandante a riposo, il giovane intellettuale, l'uomo d'affari, una coppia matura che ritroviamo ripetutamente a passeggiare: lei sempre qualche passo avanti al marito, lui che la segue con l'aria della vittima rassegnata…). Ma, più in generale, è catturata l'atmosfera del soggiorno balneare, tanto che, fin dalle prime sequenze, nell'animo di chi assiste al film "tutto l'essere si sente in vacanza" (G. Agel). Tale precisione quasi documentaristica si combina però con una stilizzazione caricaturale che esaspera i tratti ripetitivi, meccanici e conformisti del comportamento dei villeggianti, i quali sembrano trasformare le vacanze in un dovere sociale e appaiono incapaci di genuino divertimento. Fanno eccezione i bambini (a uno dei quali Tati dedica una sequenza-omaggio, riprendendo il movimento armonioso e delicato con il quale trasporta intatti, salendo una rampa di scale, due gelati, senza incorrere nei disastri cui ci ha assuefatto Hulot), un'eccentrica signora inglese e lo stesso protagonista, che conserva uno spirito fanciullesco.
Sono molti gli incidenti provocati da Hulot: il disco che egli ascolta ad alto volume esasperando gli ospiti dell'albergo, immersi in letture o nei giochi di carte; le orme delle suole delle scarpe bagnate, con cui macchia il pavimento della hall, nascondendosi poi per l'imbarazzo e rifuggendo da un cameriere molto seccato; un'accidentale, catastrofica esplosione notturna di fuochi d'artificio immagazzinati in un capanno. Questi eventi appaiono anche come il veicolo di un'intenzione polemica, o canzonatoria, nei confronti della comunità dei villeggianti 'integrati', le cui rigide regole di comportamento sono trasgredite; intenzione che, se non appartiene al personaggio, è dell'autore. La commistione di realismo e stilizzazione che scorre lungo tutto il film si riscontra anche nella colonna sonora: su un fondo di rumori che paiono autentici, a cui si mischiano frammenti convenzionali di conversazione ‒ privi di funzione narrativa ‒ si stagliano a tratti suoni amplificati, dall'effetto comico (ne è un esempio lo scoppio emesso dal motore della macchina di Hulot, quando si arresta presso un campo da tennis, interrompendo di colpo l'azione dei giocatori, le loro grida e i versi degli uccelli). Ricorre un'aria musicale di moda (Quel temps fait-il à Paris? di Alain Romans), scelta da Tati perché "esprime bene la noia e la monotonia".
Les vacances de Monsieur Hulot, girato presso la località marittima di Saint-Marc-sur-Mer, e, per gli interni, negli studi di Boulogne-Billancourt, subì una fase di interruzione a causa di un'improvvisa mancanza di fondi. Ottenne nel 1953 il Gran Premio della Critica Internazionale al Festival di Cannes e il Premio Louis Delluc. Ben accolto in Europa, il film trionfò negli Stati Uniti.
Interpreti e personaggi: Jacques Tati (Monsieur Hulot), Nathalie Pascaud (Martine), Louis Perrault (Fred), Michèle Rolla (zia), André Dubois (comandante), Valentine Camax (signora inglese), Lucien Frégis (albergatore), Marguerite Gérard (donna che passeggia), René Lacourt (uomo che passeggia), Suzy Willy (moglie del comandante), Raymond Carl (cameriere), Michèle Brabo (villeggiante), Georges Adlin (sudamericano).
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