Vedi Lesotho dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Nei 122 anni di colonialismo inglese, il piccolo stato, completamente circondato dal Sudafrica, era chiamato Basutoland. Solo in seguito alla conquista dell’indipendenza, nel 1966, ha assunto il nome di Regno del Lesotho: ha mantenuto quindi una forma di governo monarchica. Il territorio è montuoso e per questo il paese, fatta salva la capitale Maseru, è punteggiato da villaggi isolati l’uno dall’altro. La competizione politica si sviluppa soprattutto in base alle appartenenze tribali. I partiti non sono che uno strumento per collegare i rispettivi leader, figure carismatiche e spesso autoritarie, ai settori di società civile che li sostengono.
Il passato recente è stato tumultuoso: privato subito dopo l’indipendenza della normale prassi democratica (nel 1970 il primo ministro sciolse l’Assemblea nazionale), il Lesotho è stato governato per sette anni (1986-1993) da una giunta militare che ha costretto il re all’esilio. Benché la monarchia sia stata restaurata, l’attuale assetto istituzionale prevede per il re solo poteri limitati e un ruolo cerimoniale. Nel corso degli anni Novanta, i difficili rapporti tra il partito predominante e l’esercito hanno permesso alla monarchia di entrare in una stretta relazione con le forze armate. L’obiettivo era sovvertire il nuovo ordine istituzionale che ne ridimensionava le prerogative. Il tentativo, sventato, ha condotto a un doppio cambio di reggenza e a un periodo di instabilità politica, durante il quale si è ripetuto il ricorso alla forza militare. Le tensioni hanno raggiunto un livello così grave da spingere la Comunità di sviluppo dell’Africa Meridionale (Sadc) a intervenire.
Da allora la politica interna si è generalmente svolta in maniera pacifica, sebbene, ancora nel 2007, al diffondersi di notizie di brogli elettorali, abbiano fatto seguito importanti manifestazioni popolari. Le elezioni del maggio 2012 (alla quali hanno partecipato ben 18 partiti) hanno portato a un governo di coalizione – il primo nella storia del paese – guidato dal primo ministro Motsoahae Thomas Thabane, che ha spodestato Pakalitha Mosisili, al potere dal 29 maggio 1998. Per far fronte alle tensioni, le elezioni parlamentari, programmate per il 2017, sono state anticipate a marzo 2015. I risultati hanno, ancora una volta, obbligato ad un governo di coalizione guidato da Mosisili.
L’incidenza dell’hiv nel paese è elevata (ne è affetto il 22,9% della popolazione adulta tra i 15 e i 49 anni). Il fenomeno, unito a un tasso di fecondità più basso rispetto agli standard africani (tre figli per donna), sta rallentando la crescita della popolazione. Uno dei maggiori meriti del Lesotho è invece l’attenzione per l’istruzione. Al settore è destinato il 13% dell’intero bilancio statale e ciò fa del paese il primo al mondo per percentuale di spesa in istruzione. Si spiega così quindi l’alta percentuale di alfabetizzati, pari a quasi il 76%, e il picco raggiunto nell’alfabetizzazione femminile (circa il 93%).
Nelle relazioni con l’estero il Lesotho risente da sempre della sua stretta dipendenza, economica e strategica, dal Sudafrica. Il paese intrattiene con Pretoria le sue maggiori relazioni commerciali ed è membro, oltre che della Sadc, anche dell’Unione doganale dell’Africa meridionale (Sacu), due organizzazioni regionali in cui l’influenza sudafricana è particolarmente forte. L’economia è molto piccola, capace di produrre solo il 20% della domanda di cibo necessario alla nazione, sebbene l’agricoltura impieghi quasi metà della popolazione. Il settore dei diamanti è, invece, in continua crescita e nel 2015 dovrebbe contribuire all’8,5% del pil.
Il Lesotho importa dal Sudafrica gran parte dell’energia. Una centrale idroelettrica, inaugurata nel 1996 e alimentata da quella che per anni è stata la più grande diga africana, contribuisce oggi a diminuire la dipendenza energetica da Pretoria.