ANGLO-NORMANNA, LETTERATURA
. La conquista dell'Inghilterra, compiuta da Guglielmo II, duca di Normandia, nel 1166, ebbe, anche nel campo spirituale, conseguenze enormi, poiché da essa fu cambiato, durante parecchi secoli, lo sviluppo di due grandi letterature. Di queste conseguenze la più importante fu il rapido decadimento della letteratura anglo-sassone che, già languente, fu quasi completamente sostituita da un'altra.
I conquistatori avevano, difatti, portato nell'isola la loro lingua, che rimase a lungo quella dell'alta società, la cui cultura era esclusivamente latina e francese. I primi re d'Inghilterra usavano unicamente la lingua francese; Edoardo III (1327-37) riuscì a mala pena, in una circostanza solenne, a pronunziare alcune parole inglesi; il primo re che usò speditamente la lingua de' suoi sudditi fu Enrico IV (1399-1413). Nel 1300, l'autore del Miroir de justice dichiara che stende il suo libro in francese, perché è "la langue la plus entendable de le common people", cioè della classe media; e di questo abbiamo altre testimonianze. Soltanto nel 1363, il Cancelliere aprì la sessione del parlamento con un discorso in inglese. Il poeta Gower, che aveva scritto in francese le sue prime opere, usò poi il latino, e solamente sul finir della vita (verso il 1380) l'inglese.
Finché la Normandia rimase in possesso dei re inglesi, il francese d'Inghilterra serbò una relativa purezza, mantenuta da scambî continui fra i due paesi. Ma dopo la confisca delle provincie occidentali da parte di Filippo Augusto (1203), queste relazioni si fecero più rare ed allora l'anglo-normanno assunse caratteri peculiari che lo differenziarono dal francese vero e proprio, e il suo decadimento fu rapidissimo. Diventò allora una lingua artificiale, quasi personale, più o meno scorretta secondo il grado di cultura di coloro che l'usavano. Si capisce che a quel gergo si sia sostituita a poco a poco una lingua veramente viva. Solo i giurisperiti ne serbarono l'uso fino al sec. XVII; ma, dal XV in poi, l'inglese aveva riportato un'innegabile vittoria, alla quale contribuì efficacemente la preferenza che gli diede il Chaucer.
Essendo la lingua della legge, e, in qualche misura, della Chiesa, il francese non poteva non essere quella della letteratura, giacché era usato da tutti coloro che per la loro condizione erano in grado di proteggere i letterati.
Questa letteratura, in confronto di quella del continente, presenta tratti caratteristici, che riflettono fedelmente l'indole della razza anglo-normanna; i generi nei quali predomina l'immaginazione e il sentimento vi sono scarsamente rappresentati, mentre abbondano le opere con fini educativi o edificanti.
Nel XII secolo i poemi che rammentavano le gesta eroiche degli avi continuavano ad allettare l'aristocrazia dell'isola: di origine inglese sono i manoscritti che ci hanno tramandato la più antica redazione della Chanson de Roland, la Chanson de Willamp (recentemente scoperta) e quella del Pélerinage de Charlemagne.
Sono in qualche modo una derivazione della chanson de geste i romanzi, fra eroici e avventurosi, di Waldef (fine del secolo XII), di Horn e Rimenhild, di Guido dî Warwick (prima metà del XIII), di Bovo di Antona, fondati i primi su tradizioni inglesi, l'ultimo su una vecchia leggenda germanica.
Meno viva che sul continente fu in Inghilterra la voga dei romanzi cortesi o d'avventura; nondimeno in Inghilterra (propriamente in Cornovaglia) si svolse la bellissima leggenda di Tristano, prima sotto forma di poemi episodici (La Folie Tristan del codice d'Oxford), poi di lunghi poemi biografici, come quello di Thomas (verso il 1180), uno dei capolavori del romanzo medievale. A questo genere si ricollegano i lais, i più commoventi dei quali sono opera di una poetessa, normanna di nascita, che scriveva in Inghilterra, Maria di Francia (verso il 1175); possono essere di poco anteriori quelli di Havelok, del Désiré, du Cor (da un Robert Biket). L'unico romanzo "d'avventura" scritto in Inghilterra è Amadas et Ydoine (verso il 1200).
Per i principi o le principesse della dinastia dei Plantageneti erano stati scritti, sul continente, i romanzi del cosiddetto ciclo antico, cioè di Eneas e di Troie (verso il 1150-60); a questo ciclo si riallacciano quelli di Ipomedon, di Protesilaus, di Hue de Rotelande (verso il 1190), e l'Alexandre o romanz de toute chevalerie, d'Eustachio di Kent (verso il 1250).
La produzione in questi due generi cessa verso la metà del sec. XIII, ma numerosi esemplari di opere più antiche continuano ad eseguirsi fino verso la metà del XV: ancora nel 1453 Jean Talbok, conte di Shrewsbury, offriva a Margherita d'Angiò, sposa di Enrico VI, un enorme e lussuoso codice (Brit. Mus. Old roy., 15 E VI), che non contiene quasi nient'altro.
La poesia lirica fu quasi completamente negletta nel periodo anglo-normanno: pochissime sono le canzoni cortesi o d'amore; di poco più numerose quelle satiriche o storiche. Meno coltivato ancora fu il genere drammatico: è, difatti, tutt'altro che certo che abbiano un'origine inglese il Jeu d'Adam (fine del secolo XII) e il frammento della Risurrezione (XIII secolo).
Gli studî storici, invece, furono, fin dal principio, caldamente favoriti dall'aristocrazia normanna e inglese, e per soddisfare la curiosità dei primi Plantageneti e dei loro cortigiani, Wace e Benoit avevano messo insieme, sul continente, le grandi compilazioni (in gran parte tradotte da originali latini) nelle quali erano narrate le gesta dei loro antenati dalla guerra di Troia in poi; analoghe sono la Cronaca di Pietro di Langtoft (1311-20), che si stende dalla detta guerra fino al 1307, e quella di Nicola Trevet, dalla creazione del mondo a tutto il 1313.
I principi si compiacevano anche di fare scrivere la relazione delle proprie imprese: per comando di Enrico II, Jourdain Fantosme narrò in versi la guerra di Scozia del 1173-74, e un anonimo quella della conquista dell'Irlanda nel 1173; per una donna del Yorkshire (di nome Costanza) Geoffroi Gaimar aveva scritto la sua Estoire des Engleis (verso il 1150); e proprio la fmmiglia di Guillaume le Maréchal (morto nel 1219) aveva ordinato a un antico servitore dell'estinto quella Histoire, che è uno degli scritti storici più ricchi di curiosi particolari che ci abbia tramandato il Medioevo. Dal sec. XIV in poi, le cronache regionali sono redatte in inglese, mentre i re scelgono come istoriografi scrittori francesi, quali Jehan Froissart e Jehan de Wavrin.
La maggior parte dei testi anglo-normanni rimastici consta di opere religiose, morali o scientifiche, tradotte o imitate dal latino, prive, perciò, di ogni originalità, e, il più delle volte, di qualsiasi pregio letterario. Basterà dunque enumerare le più importanti.
Fra le traduzioni della Bibbia, tutte incomplete, interessanti soprattutto come testi di lingua sono i due salterî di Oxford e di Cambridge (metà del sec. XII), e i Quatre livres des Rois (verso il 1170). Degni di menzione i Proverbes de Salomon, con una glossa prolissa di Sansone di Wanteuil (fine del sec. XII), e gli Evangiles des Domees, esposizione dei Vangeli delle domeniche, di Roberto di Gretham (prima metà del secolo XIII).
Le Vite dei Santi più notevoli, sotto diversi aspetti, sono: S. Caterina d'Alessandria di suor Clemenza di Barking, S. Edmondo di Denis Piramus, S. Egidio di Gillebert de Berneville, S. Giorgio di Simon de Freine, Tommaso Becket di Benet, S. Gregorio di fra' Angier, S. Albano e Edoardo il Confessore: tutte del sec. XII, salvo le due ultime che sono del XIII.
Alla letteratura d'edificazione si collegano il Voyage de S. Brandan, scritto nel 1121 per Aelis de Louvain, seconda moglie di Enrico I, il Debat de l'âme et du corps, le Légendes de la Vierge di Adgar, la Vie de Barlaam e i Set dormanz di Chardri (sec. XII), il Joseph d'Arimathie di Robert de Boron, il Purgatoire de S. Patrice, la Vision de Tungdal, la Vie des Pères (sec. XIII), e un poema sulla Passione, di Nicole Bozon (principio del XIV).
Opere di divulgazione scientifica sono i più antichi monumenti della letteratura anglo-normanna, cioè il Comput di Philippe de Thaon (verso il 1113), il Bestiaire dello stesso (verso il 1125). Il secolo XIII produsse opere di carattere più generale, il cui scopo era di diffondere fra i laici le cognizioni radunate nelle grandi enciclopedie latine del sec. XII; tali sono La petite philosophie, trattato di medicina, geologia e astronomia e la Lumière as lais (laici) di Pietro di Peckam (verso il 1216), ambedue fondate sul Lucidarium di Onorio di Autun; il Corset di Roberto di Gretham, e il Miroir de l'âme, la più estesa di tutte, di John Gower (1367-69).
Le più notevoli di queste opere, che si propongono specialmente l'insegnamento religioso o morale, sono il Sermon di Guichard de Beaulieu, e diversi altri sermoni anonimi in versi, il Roman de Philosophie di Simon de Freine, compendio della Consolazione di Boezio, il Petit Plet di Chardri ispirato dai Distici dello pseudo-Catone (fine del sec. XII), il Chastel d'Amours del vescovo Roberto Grossatesta (morto nel 1253), e il Manuel des pechez, di William di Waddington (fine del sec. XIII).
All'insegnamento religioso e morale si mescola la pittura, per lo più satirica, dei costumi, nel Roman des Romanz (fine del sec. XII), nelle varie opere del frate Nicole Bozon (Proverbes de bon enseignement, le Char d'Orgueil, Contes moralises, (prima metà del sec. XIV) e nel già citato Miroir de l'âme di John Gower.
Finalmente si scrivono sino alla fine del sec. XV trattati grammaticali (Maniere de langage, 1396; Donat François, verso il 1400), e sino alla fine del XVII compilazioni giuridiche, dove la lingua scende all'ultimo grado di decadimento.
Bibl.: J. J. Jusserand, Hist. littéraire du peuple anglais, I, 2ª ed., Parigi 1896, II, 1904; F. Brunot, Hist. de la langue française des origines à 1900, I, Parigi 1905, pp. 366-74; W. H. Schofield, English Literature from the Norman Conquest to Chaucer, Londra 1906; J. Vising, Anglo-norman Language and Literature, Londra 1923 (bibliografia ricchissima dei manoscritti e delle edizioni).