Araba, letteratura
La società araba contemporanea, sia essa musulmana o non, è attraversata da tensioni politiche che influiscono inevitabilmente sulla sua produzione letteraria e poetica. Gli attentati terroristici dell'11 settembre 2001, la guerra in ̔Irāq, il protrarsi del conflitto israelo-palestinese sono eventi che in varia misura si ripercuotono sull'intero mondo arabo. Vittime degli stereotipi dilaganti sull'Islam, scrittori e intellettuali arabi si ritrovano coinvolti in una sorta di netta e inconciliabile contrapposizione: far parte del campo laico, democratico, oppure del campo religioso o, meglio, 'islamista'. La realtà però è ben lontana da questo genere di semplicistiche divisioni così come dalla pericolosa teorizzazione di S. Huntington che vede ormai attuato lo scontro tra civiltà.
Sono molti, infatti, gli scrittori e i poeti arabi che assumono una duplice posizione di denuncia: da un lato contestano il potere interno - diviso tra le pressioni di uno Stato ancora antidemocratico e repressivo e le cieche censure degli islamismi presenti ormai in ogni realtà -, dall'altro denunciano le manipolazioni esterne che sembrano rivolgersi a un pensiero islamico unico.
È il caso degli scrittori egiziani noti come 'la generazione degli anni Sessanta', Ǧamāl al-Ġiṭānī (n. 1945), Ṣun̔ Allāh Ibrāhīm (n. 1937), Muḥammad al-Busātī (n. 1938), Ibrāhīm Arslān (n. 1939), Bahā̓ Ṭāhir (n. 1935), che costituiscono ancora i principali punti di riferimento letterario sia in patria sia fuori. Noncuranti dell'idea dominante e delle intimidazioni islamiste, questi scrittori, ognuno secondo il proprio percorso letterario ormai consolidato, mantengono, pur a costo di grossi sacrifici, posizioni assolutamente indipendenti, non partecipando a iniziative governative (per es., il Salone del libro di Francoforte del 2004, dove sono stati invitati i Paesi della Lega araba). Ṣun̔ Allāh Ibrāhīm è, forse, tra gli scrittori quello più intransigente e impegnato: nel 2003 ha rifiutato il premio letterario assegnatogli dal ministro della cultura egiziana per il romanzo Šaraf (1997). Posizione non facile in un Paese dove lo Stato detiene l'appannaggio assoluto della cultura. A riprova che la società civile del mondo arabo vuole risollevare le proprie sorti culturali, sono nate alcune iniziative private - tra l'altro auspicate da molti autori, fra cui al-Ġiṭānī -, che hanno istituito alcuni premi letterari indipendenti: il premio Sultan Aways, fondazione privata degli Emirati; il premio della fondazione egiziana Sawiris, istituito nel 2005. Questi premi, che vantano un'ampia giuria di esperti, sono stati assegnati ai principali autori e poeti arabi: Ǧabra Ibrāhīm Ǧabra (1919-1994), Adonis (n. 1930), ̔Abd al-Raḥmān Munīf (1933-2004) con al-Ašǧar wa iġtiyāl Marzūq, 1973 (trad. it. Gli alberi e l'assassino di Marzuq, 2004), Ṭayyib al-Sālih (n. 1929) e Ṣun̔ Allāh Ibrāhīm (Warda, 2002; trad. it. 2005).
Ma l'impegno politico e ideologico che caratterizzava, tranne alcune eccezioni, la letteratura degli anni Sessanta del 20° sec. ha ora assunto altre forme. Il contenuto, prima unico aspetto rilevante della narrazione, è ora accompagnato da un'attenta ricerca formale. Gli scrittori, ormai appropriatisi degli stilemi del romanzo, si sentono liberi di infrangere ogni regola narrativa, non si pongono limiti stilistici e formali, ricercando costantemente nuove modalità espressive. La scrittura è diventata l'unico rifugio dalla violenza e dall'orrore della guerra, è il 'luogo' dove sondare l'impatto della violenza sull'individuo e sulla società: come afferma la scrittrice libanese Hoda Barakat (n. 1952), "scriviamo perché non abbiamo più niente, perché siamo superflui e inutili" (in S. Pagani, postfazione a H. Barakat, Malati d'amore, 1997, p. 169). Barakat, autrice tra l'altro di Hāriṯ al-miyāh (1999; trad. it. L'uomo che arava le acque, 2003), rifiuta ogni genere di classificazione - letteratura femminista, impegnata, laica, letteratura islamica e così via - perché vuole appartenere a una realtà poetica e letteraria universale. Tuttavia, il valore politico di questa letteratura rimane, soprattutto in quanto affermazione di libertà contro ogni sopraffazione e imposizione dall'alto. Discorso comune a molti scrittori, tra i quali il palestinese Murīd al-Barġūtī (n. 1944), autore di Ra'aytu Rāmallāh (1997; trad. it. Ho visto Ramallah, 2005), con il quale nel 1997 ha ottenuto il premio Maḥfūẓ per la narrativa ("uno dei migliori resoconti sulla diaspora palestinese […] conciso e profondamente lirico", così sostiene E. Said nella prefazione); oppure il libanese Elias Khuri (Ilyās al-Ḫūrī, n. 1948), che in Bāb al-Šams (1998; trad. it. La porta del sole, 2004) non affronta un discorso politico sulla Palestina, sebbene ne racconti esperienze, memorie, ricordi nonché storie individuali.
Anche gli scrittori del Maġrib, finora considerati quelli che maggiormente avevano subito gli influssi occidentali (si pensi al caso dell'Algeria e all'abbandono dell'uso dell'arabo), hanno ora un posto di tutto riguardo nel panorama letterario arabo: l'algerina Ahlam Mosteghanemi (Aḥlām Mustaġānamī, n. 1954) nel 1998 ha ricevuto il premio Maḥfūẓ per Ḏākira al-ǧasad (1993; trad. it. La memoria del corpo, 1999), il primo romanzo scritto in arabo da un'algerina.
Discorso a parte è quello sulla letteratura del Golfo, che, secondo alcuni critici, appartiene a uno specifico campo semantico proprio per la particolarità delle condizioni sociali, politiche e religiose dell'ampia regione. Sono le scrittrici a rappresentare le avanguardie più interessanti: accanto alla kuwaytiana Laylā al-̔Uṯmān (n. 1945), spicca il nome dell'irachena ̔āliya Mamdūḥ (n. 1944), autrice di un romanzo a sfondo autobiografico ḥabbāt al-naftālīn (1986; trad. it. Naftalina, 1999) e che nel 2003 ha vinto il premio letterario N. Mahfūẓ per Maḥbūbāt (Cose amate, 2003).
Analogamente alla prosa, anche la poesia si fa interprete della pesante atmosfera di solitudine e violenza che regna nel mondo arabo, sebbene ormai la condizione di estraneità sembri costituire una costante dell'intero universo poetico. Il verso libero (ši̔r ḥurr) è ancora alla base della poesia araba, ma sarebbe difficile una definizione univoca, poiché ogni poeta lo interpreta secondo modi propri. Utilizzare il verso libero però non esime il poeta dalle regole metriche o dalla rima, ma piuttosto lo libera da schemi preordinati (alcuni poeti continuano a usare l'unità base prosodica taf̔ila, anche se il numero di queste unità varia). La libertà si rispecchia inoltre sul piano delle scelte linguistiche, con l'uso di vocaboli, considerati 'non poetici' secondo gli schemi della poesia classica o romantica.
Tra i maggiori assertori della libertà in poesia è Adonis (Siǧǧil, 2000; Mūsīqa al-ḥūt al-azraq, 2005, trad. it. La musica della balena azzurra, 2005), che invita il poeta a guardare in modo diverso ai propri modelli di riferimento, scrollandosi di dosso il mito del passato che gli impedisce di volgere lo sguardo alla propria storia. Fedele alla sua visione del poeta come guida e profeta, Adonis con i suoi versi indica il percorso verso un cambiamento interiore per dare così vita a un uomo nuovo: è dunque una sfida piena di speranze. Un altro incoraggiamento sembra arrivare proprio da alcune poetesse quali la tunisina Fadila Shabbi (Faḍīla Ša̔bī, n. 1946) e la saudita Fawziyya Abū Ḫālid (n. 1959), tra le voci più innovative. Dal Golfo proviene un'altra voce di grande spessore, quella di Qāsim Ḥaddād (n. 1948).
Un sottile sincretismo caratterizza la poesia del Maġrib che ha ormai raggiunto la sua maturità con Muḥammad Bennīs (n. 1948, Hibat al-farāġ, 1992; trad. it. Il dono del vuoto, 2001), ̔Abd al-Karīm Ṭabbāl (n. 1931) e Muḥammad al-Sarġīnī (n. 1930). Nonostante la scomparsa del poeta Muḥammad al-Qaysī (1944-2003), che negli ultimi anni si era dedicato anche alla narrativa (Testimone oculare, 2000), la poesia palestinese continua il suo percorso di ricerca e sperimentazione (Maḥmūd Darwīš, n. 1942; Ibrāhīm Naṣrallāh, n. 1948; Tamīm al-Barġūtī, n. 1977) e, come osserva il poeta e critico Abdellatif Laabi (1990), "la poesia palestinese è un cantiere sempre aperto […], è un'opera di genesi, di difesa e di illustrazione dell'umano" (p. 123).
bibliografia
A. Laabi, La poesie palestinienne contemporaine, Paris 1990; Marocco poesia araba oggi, a cura di W. Dahmash, Roma 2002; H. Toëlle, K. Zakhariya, À la découverte de la littérature arabe: du 6. siècle à nos jours, Paris 2003.