Letteratura e cinema
Nonostante le profonde trasformazioni in atto nella produzione e nel consumo, il cinema, alla svolta del nuovo millennio, continua con regolare frequenza a ispirarsi alla letteratura di ogni genere e di ogni epoca. Il ruolo sempre più importante che le nuove tecnologie hanno nella produzione di effetti spettacolari (v. cinema digitale) non ha fatto venir meno l'esigenza di disporre di soggetti di collaudata efficacia: di qui il ricorso a opere della letteratura sia classica sia contemporanea. Semmai le nuove tecnologie hanno permesso al cinema di osare nella resa delle più ardite invenzioni degli scrittori (in particolar modo nel genere fantastico).
Parallelamente, nel campo della riflessione teorica e dello studio dei rapporti tra media e tra linguaggi espressivi differenti, la relazione tra cinema e letteratura è divenuta oggetto di indagini sempre più attente: più che la valutazione della fedeltà o meno degli adattamenti, sembra interessare lo studio delle relazioni intertestuali e intermediali, tanto per i modi di produzione quanto per le forme di consumo della narrativa sia letteraria sia audiovisiva. Sono disparate le suggestioni che diversi tipi di scrittura letteraria possono fornire al cinema, il quale a sua volta contribuisce a una più ampia circolazione di opere in precedenza poco note al grande pubblico. Tra gli esempi recenti si possono citare La pianiste (2001; La pianista) di M. Haneke, tratto dal romanzo dell'austriaca E. Jelinek (premio Nobel per la letteratura nel 2004); Fight club (1999) di D. Fincher, tratto dal romanzo omonimo di Ch. Palahniuk (1996), o Spider (2002) di D. Cronenberg, dal romanzo dell'inglese P. McGrath (1990); Romanzo criminale (2005) di M. Placido, tratto dal romanzo omonimo di G. De Cataldo (2002); Huayang nianhua (2000; In the mood for love) di Wong Kar-Wai, tratto da Duidao (Un incontro, 1970) di Liu Yichang.
Shakespeare e il cinema
Tra i classici delle letterature di tutti i tempi, le opere di W. Shakespeare continuano a rappresentare una risorsa tra le più sfruttate, al punto che si può parlare di un genere shakespeariano che viene regolarmente rappresentato in ogni stagione cinematografica (o quasi), senza contare i tv-movies, nel cui ambito la presenza di adattamenti shakespeariani è costante. A tale autore ha continuato ad attingere l'attore e regista K. Branagh, sia con Love's labour's lost (2000; Pene d'amor perdute), in cui l'aggiornamento della celebre commedia prevede oltre che l'ambientazione novecentesca anche una curiosa contaminazione tra i versi di Shakespeare e le coreografie del musical cinematografico degli anni Quaranta e Cin-quanta; sia con As you like it (2006; As you like it - Come vi piace), in cui un'assoluta fedeltà al testo si combina con un'ambientazione giapponese, assai poco plausibile anche se suggestiva. Altri significativi adattamenti sono: William Shakespeare's a midsummer night's dream (1999; Sogno di una notte di mezza estate) di M. Hoffman, che ha ambientato l'azione in un'Italia dei primi del Novecento e ha fatto ampio ricorso a musiche di G. Verdi e G. Rossini; Titus (1999) di J. Taymor, versione pressoché integrale del Titus Andronicus, ambientata però nella Roma degli anni Trenta, con un'ossessiva presenza di simboli, architetture, rituali del fascismo; Hamlet (2000; Hamlet 2000) di M. Almereyda, ennesimo aggiornamento con giochi di contaminazione spesso gratuiti; "O" (2001) di T.B. Nelson in cui viene riproposto in chiave giovanilistica un Otello, atleta di colore di una squadra uni-versitaria di basket; The merchant of Venice (2004; Il mercante di Venezia) di M. Radford, adattamento che punta tutto sul fascino scenografico di Venezia e sulla presenza scenica di una grande star hollywoodiana (A. Pacino).
Un caso del tutto a parte è rappresentato da Otello di C. Bene: girato per la RAI nel 1979 e dichiarato concluso solo nel 2002, alla vigilia della morte dell'autore, dopo un'interminabile fase di montaggio, esso rappresenta l'esito finale di un confronto costante tra scrittura letteraria e scrittura audiovisiva che attraversa l'intera carriera del regista-attore-scrittore.
La letteratura di genere. Best seller e grandi successi cinematografici
È comunque nell'ambito della letteratura di genere che il cinema internazionale attinge con maggior frequenza, con un'attenzione particolare, ma non esclusiva, al genere fantastico. Da un racconto breve di Ph.K. Dick (1956) è tratto Minority report (2002) di S. Spielberg, dove un certo affollamento di effetti visivi è funzionale al clima di angoscia che pervade una società in cui il controllo sugli individui è totale e investe la possibilità stessa del libero arbitrio. Da un classico della letteratura di fantascienza, The war of the worlds di H.G. Wells (1897), deriva un altro successo di Spielberg (War of the worlds, 2005, La guerra dei mondi), apparso come un remake, aggiornato alla nuova ideologia americana, di uno dei più noti film di fantascienza degli anni Cinquanta (The war of the worlds, 1953, La guerra dei mondi, di B. Haskin) piuttosto che come una rilettura del romanzo di Wells.
Emblematico è il caso dell'opera di J.R.R. Tolkien The lord of the rings (1954-55), capolavoro della letteratura fantastica del Novecento. Dopo una prima versione di R. Bakshi, che adottò una tecnica mista di riprese dal vero rielaborate in disegni animati (The lord of the rings, 1977, Il signore degli anelli), il regista neozelandese P. Jackson ne ha tratto una saga cinematografica in tre parti, realizzate simultaneamente: The lord of the rings - The fellowship of the ring (2001; Il signore degli anelli - La compagnia dell'anello), The lord of the rings - The two towers (2002; Il signore degli anelli - Le due torri), e The lord of the rings - The return of the king (2003; Il signore degli anelli - Il ritorno del re). Enormi investimenti (300 milioni di dollari) e imponenti risorse tecniche sono stati messi al servizio di questa produzione. Nonostante l'abilità del lavoro degli sceneggiatori - la sbalorditiva efficacia degli effetti speciali amalgamati con la luce e anche con il suggestivo paesaggio della Nuova Zelanda - i risultati non sono sembrati consoni all'atmosfera irripetibile del testo letterario. Tuttavia, anche in questo caso, la consolidata fama dell'opera letteraria ha moltiplicato il numero degli spettatori del film, mentre il successo di quest'ultimo ha avvicinato al testo letterario nuovi lettori. Fenomeno in parte analogo si è verificato con la serie ricavata dai best seller della scrittrice inglese J.K. Rowling dedicata alle avventure del piccolo mago Harry Potter: Harry Potter and the sorcerer's stone (2001; Harry Potter e la pietra filosofale) e Harry Potter and the chamber of secrets (2002; Harry Potter e la camera dei segreti), ambedue di Ch. Columbus; Harry Potter and the prisoner of Azkaban (2004; Harry Potter e il prigioniero di Azkaban) di A. Cuarón; Harry Potter and the goblet of fire (2005; Harry Potter e il calice di fuoco) di M. Newell. Grandi risorse economiche, tecniche e artistiche sono state mobilitate per ottenere uno sfruttamento prolungato di un successo editoriale senza precedenti, ma, di puntata in puntata, l'introduzione di varianti e l'incremento del virtuosismo tecnico e scenografico hanno prodotto, assieme a stupore e ammirazione, anche un certo rimpianto per le prime due versioni giudicate più consone agli originali.
Il cinema internazionale nei primi anni del 21° sec. ha continuato a realizzare prodotti ispirati ai più rinomati autori di best seller già ampiamente sfruttati in precedenza, come J. Grisham (Runaway jury, 2003 La giuria, di G. Fleder) o come la serie di Th. Harris dedicata alle imprese del serial killer Hannibal Lecter: dopo gli esiti eccezionali di The silence of the lambs, (1991; Il silenzio degli innocenti) di J. Demme, sono diventati film anche gli altri romanzi di Harris dedicati allo stesso personaggio: Hannibal (2001) di R. Scott e Red dragon (2002) di B. Ratner, basato sul primo romanzo della serie che nel 1986 aveva ispirato lo straordinario Manhunter (Manhunter - Frammenti di un omicidio) di M. Mann. In casi come questo l. e c. procedono parallelamente nello sfruttamento seriale di un personaggio, di una tematica, di un genere. Allo stesso modo, dopo il successo della versione cinematografica di Jurassic Park di M. Crichton firmata da Spielberg nel 1993, vi sono stati i sequels The lost world. Jurassic Park (1997; Il mondo perduto - Jurassic Park) dello stesso Spielberg e Jurassic Park iii (2001) di J. Johnston. Ad American psycho (2000) di M. Harron, dal romanzo omonimo di B.E. Ellis (1991), ha fatto poi seguito American psycho 2: all American girl (2002) di M.J. Freeman, una sorta di sequel che ha ben poco a che fare con il film originario e con il romanzo.
The Da Vinci code (2003), controverso best seller di D. Brown, che a tre anni di uscita della prima edizione aveva venduto nel mondo più di 40 milioni di copie, è diventato ben presto un film diretto da R. Howard (2006; Il codice da Vinci), accolto negativamente dalla critica e piuttosto tiepidamente dal pubblico. Per quanto inscritto in un sottogenere particolare (la fantastoria), il film di Howard testimonia della ricorrente presenza della Storia nel cinema (e nella letteratura di consumo). Si tratta di un fenomeno che aveva preso avvio con il grande successo de Il nome della rosa (1986) di J.-J. Annaud, tratto dal best seller di U. Eco del 1980 ambientato nel Medioevo. La rivisitazione di epoche del passato ha addirittura riportato in auge un genere da tempo assente dagli schermi, il kolossal ambientato nel mondo antico greco-romano: Gladiator (2000; Il gladiatore) di Scott, per quanto basato su un soggetto originale, ha aperto la strada ad altre rivisitazioni più o meno disinvolte di fonti classiche, da Troy (2004) di W. Petersen ad Alexander (2004) di O. Stone. Pur non trattandosi di adattamenti cinematografici di opere letterarie, vale anche per questi film l'effetto alone che deriva sia dalle reminiscenze scolastiche degli spettatori, sia dalla tradizione prettamente cinematografica di adattamento di opere classiche.
Gli adattamenti in Italia
In Italia, la funzione di riproporre i classici della letteratura è da tempo passata dal cinema alla televisione. F. Archibugi, già autrice di un adattamento del romanzo di F. Tozzi Con gli occhi chiusi (1994), apprezzato più dalla critica che dal pubblico, ha realizzato per la televisione una nuova versione de I promessi sposi dal titolo Renzo e Lucia (2004), scegliendo P. Villaggio per il ruolo di Don Abbondio, nel quale viene operata una ridefinizione dei tratti psicologici e comportamentali dei protagonisti che non sembra aver incontrato il favore del pubblico televisivo, poco incline alle novità. Integralmente cinematografica è stata invece la nuova versione di Pinocchio, nella quale si è cimentato nel 2002 R. Benigni, dopo aver conquistato nel 1997 un Oscar con La vita è bella. Passato alla storia come la più costosa produzione italiana mai realizzata, Pinocchio ha dimostrato come alle volte un eccesso di ambizioni possa sviare anche quello che è stato e rimane un grande talento comico. Similmente è avvenuto con La tigre e la neve (2005) che, pur non essendo tratto da un'opera letteraria, ha come protagonista un poeta (interpretato dallo stesso Benigni) e fa un ampio uso di citazioni letterarie per tematizzare l'opposizione tra la poesia e la guerra.
Spunti di sicuro interesse sono venuti al cinema dalla letteratura italiana contemporanea. Un monologo teatrale di A. Baricco (Novecento. Un monologo, 1994) ha ispirato La leggenda del pianista sull'oceano (1998) di G. Tornatore, nel quale il manierismo della prosa dello scrittore trova il corrispettivo, ingigantito e dilatato, nel virtuosismo tecnico (i movimenti di macchina) e nei fraseggi della musica di E. Morricone. Un caso rimarchevole di positiva interazione tra l. e c. è rappresentato da Io non ho paura (2003) di G. Salvatores, tratto dal romanzo omonimo di N. Ammaniti (2001). Dopo un non troppo felice adattamento di L'ultimo capodanno (1998) per la regia di M. Risi, Ammaniti ha elaborato, insieme alla scrittrice F. Marciano, un'ottima sceneggiatura che ha fornito a Salvatores l'occasione per realizzare uno dei suoi film migliori. Il regista ambienta in un paesaggio meridionale inondato dal sole estivo una oscura storia di malavita che sconvolge la vita di un gruppo di adolescenti, attingendo al contempo a una tradizione letteraria e cinematografica di grande presa anche per un pubblico internazionale: la narrativa di S. King, che spesso ha ispirato adattamenti cinematografici di grande successo, e un grande classico del genere, più volte citato in Io non ho paura, come The night of the hunter (La morte corre sul fiume), diretto nel 1955 da Ch. Laughton.
Un rapporto dagli esiti contrastanti
Proprio perché l. e c. sono due differenti linguaggi che, pur presentando alcuni aspetti comuni, appaiono dotati di tratti specifici e autonomi, non esiste una ricetta sicura per un buon adattamento di un'opera letteraria. E può capitare che un'opera eccellente dia luogo a un esito cinematografico mediocre, e viceversa: sono apparsi al di sotto delle aspettative, per es., All the pretty horses (2000; Passione ribelle) di B.B. Thornton, da un romanzo di C. McCarthy (1992), The human stain (2003; La macchia umana) di R. Bentos, dal romanzo omonimo di Ph. Roth (2000), e The Black Dahlia (2006; Black Dahlia) di B. De Palma, dal romanzo di J. Ellroy (1987). Sui problemi degli adattamenti ironizza un film di S. Jonze Adaptation (2002; Il ladro di orchidee - Adaptation), nel quale compare, tra i personaggi, R. McKee, autore di un manuale (1997) che ha avuto notevole influenza sul lavoro degli sceneggiatori contemporanei, non solo statunitensi. Da notare, inoltre, che il film di Jonze costituisce un caso di adattamento di un'opera che non appartiene al genere romanzo, quanto piuttosto alla saggistica biografica, come del resto anche A beautiful mind (2001) di R. Howard, tratto dalla biografia del matematico J.F. Nash scritta nel 1998 da S. Nasar.
Bibliografia
R. McKee, Story. Substance, structure, style, and the principles of screenwriting, New York 1997 (trad. it. Roma 2000).
Cinema e letteratura. Percorsi di confine, a cura di I. Perniola, Venezia 2002.
G. Manzoli, Cinema e letteratura, Roma 2003.
A. Fumagalli, I vestiti nuovi del narratore. L'adattamento da letteratura a cinema, Milano 2004.
G. Tinazzi, Cinema e letteratura, Venezia 2007.