MACCHERONICA, LETTERATURA
Non si deve confondere il maccheronico con i linguaggi ibridi, col latino grosso, col fidenziano. Per maccheronico s'intende quel linguaggio che è costituito con un fondo lessicale in parte volgare e in parte latino, e una grammatica e una sintassi latina; aggiungiamo, poiché per lo più la letteratura maccheronica è in poesia, che in essa anche la metrica è latina. In pratica poi questa definizione non si trova sempre esatta. Noi la fondiamo soprattutto sull'opera di quello che si può considerare il creatore del linguaggio maccheronico, il Folengo: il quale dà al suo maccheronico un fondo lessicale italiano, bresciano, mantovano e latino. Le prime tracce di questo linguaggio si devono ricercare nella letteratura burlesca del Medioevo, nei Carmina burana, nei sermons joyeux, nelle farces: ma esso viene assumendo una fisonomia definita solo verso la fine del sec. XV e, possiamo dire, si fissa con il Baldus. Tanto che, fondandosi su di esso, Adrien Baillet poté così definire il maccheronico: "C'est, pour ainsi dire, un ragoût de diverses choses, qui entrent dans sa composition, mais d'une manière qu'on peut appeler paysanne". Sembra probabile che il primo vero documento di letteratura maccheronica sia la Tosontea di un tal Corado, seguita a non molta distanza dalla Macaronea del padovano Tifi Odasi, morto nel 1492. Posteriori di poco all'opera di Tifi, che il Folengo considera come il suo vero precursore, sono l'anonimo Nobile Vigonze opus, i Virgiliana di Fossa da Cremona, le operette di Bassano da Mantova e di Giovan Giorgio Alione da Asti. Con questi e con altri documenti si arriva sino al Folengo (v.).
Dalla prima metà del Cinquecento in poi la poesia maccheronica è quasi per intero dominata dall'influenza dell'autore del Baldus. I motivi che inducono a usare il maccheronico rimangono quasi sempre gli stessi, e il maccheronico diventa un vero e proprio genere letterario, di cui si potrebbe tessere la storia, se la miseria delle opere che generalmente lo rappresentano non sconsigliasse questa fatica. I maccheronici italiani posteriori al Folengo sono, per citarne qualcuno: Partenio Zanclaio, siciliano; Bartolomeo Bolla da Bergamo; Cesare Orsini, che passò per un secondo Folengo e interessa, non per il suo mediocrissimo valore, ma come prova del fatto che Merlin Cocai creò una vera e propria topica dell'arte maccheronica; Bernardino Stefonio, che forse vale più del celebrato Orsini. Costoro appartengono tutti al Seicento. Nel Settecento la produzione della poesia maccheronica diminuisce.
L'imitazione del Folengo appare molto diffusa anche in quel tanto della letteratura maccheronica straniera che si può conoscere attraverso le opere elencate qui sotto nella bibliografia: citiamo, p. es., il Dictamen metrificum de bello hugonotico di Remy Belleau, e il Cacasanga attribuito a Étienne Tabourot. Al Folengo, come al modello generalmente noto, si richiamavano gli eruditi parlando di un poeta, o i poeti parlando di sé: dell'operetta del più noto maccheronico francese, Antonius De Arena, si dice che è "composta sullo stile di Merlin Cocai"; ancora nel Settecento lo scozzese A. Geddes si firmava "Merlini Coccaii pronepos".
Della letteratura maccheronica ci sono documenti in parecchie nazioni europee. Scrissero in prosa maccheronica il De Arena e i due predicatori del Quattrocento, Olivier Maillard e Robert Messier. In Germania e nei Paesi Bassi abbiamo alcune operette maccheroniche anonime: le famose Epistolae obscurorum virorum, ebbero parecchie imitazioni. Delle maccheroniche della Gran Bretagna, per tralasciare esempî più antichi, citiamo il Polemo Middinia dello scozzese William Drummond (1585-1649), alcuni passi della commedia Ignoramus di George Ruggle (secolo XVII), il poema Bardomachia del già ricordato Alessandro Geddes (secolo XVIII). Le principali maccheroniche portoghesi sono raccolte nel volume Macaronea latino-portugueza... que alguns poetas de bom humor destilarao do alambique da cachimonia para desterro da melancolia (Porto 1791). Quanto alla Spagna, ci accontenteremo di citare il poema Metrificatio invectivalis contra studia modernorum, cum notis critico-scholasticis, pubblicato nel 1794 dal giornale El corresponsal del Censor, con lo pseudonimo di Mattias de Retiro.
Bibl.: G. Fabris, Il più antico documento di poesia macaronica, in Atti del R. Ist. veneto, LXV, ii; G. Zannoni, I precursori di Merlin Cocai, Città di Castello 1888 (cfr. la recensione di V. Rossi, in Giornale storico della letteratura italiana, XII, p. 418 segg.); C. Nodier, Du langage factice appelé macaronique, in Bulletin du bibliophile, Parigi 1834, n. 10; K. F. FLögel, Geschichte des Burlesken, Lipsia 1794; F. W. Genthe, Geschichte der macaronischen Poesie, 2ª ed., Lipsia 1836; O. Delepierre, Macaronéana ou melanges de littérature macaronique des différents peuples de l'Europe, Parigi 1852; G. Brunet, prefazione all'Histoire Maccaronique de Merlin Coccaie prototype de Rabelais, Parigi 1875. Delle opere qui citate, quelle di carattere più generale mancano di rigore scientifico.