Inglese, letterature di lingua
Gran Bretagna
A cavallo tra secondo e terzo millennio la cultura letteraria britannica presenta una gamma assai ampia di soluzioni formali e di risposte alla difficile situazione storica, al punto che non è possibile individuare alcuna etichetta che abbia una qualche estensione d'applicabilità. A esemplificare almeno una delle svariate tendenze della letteratura inglese degli ultimi anni, si trovano alcuni dei romanzieri che si sono affermati nei decenni immediatamente precedenti e che, in linea generale, sembrano aver scelto strategie narrative e stilistiche meno radicali. I. McEwan (v.) ha dismesso le vesti di crudele anatomista degli orrori dell'animo umano per dedicarsi a più controllate riflessioni sulle ambiguità delle relazioni interpersonali (Atonement, 2001; trad. it. 2002) o sulle angosce provocate dall'attacco terroristico dell'11 settembre 2001 (Saturday, 2005; trad. it. 2005). M. Amis (n. 1949) sembra invece aver smarrito la verve sperimentale degli esordi con la troppo compiaciuta anatomia dell'industria pornografica di Yellow dog (2003; trad. it. 2006). G. Swift (n. 1949) è tornato alla ribalta con The light of day (2003; trad. it. 2003), intricato esercizio di stile sui paralleli tra scrittura e investigazione. J.G. Ballard (n. 1930) si è dedicato a interrogare un presente che non ha nemmeno il tempo di stabilizzarsi prima di spingersi nella trasformazione successiva (Super-Cannes, 2000, trad. it. 2000; Millennium people, 2003, trad. it. 2004; Kingdom come, 2006, trad. it. 2006). L'acuto osservatore delle storture della società thatcheriana, J. Coe (n. 1961), ha spostato il fuoco della sua satira sull'era di T. Blair con The rotters' club (2001; trad. it. La banda dei brocchi, 2002) e The closed circle (2004; trad. it. 2005), mentre G. Adair (n. 1944) esplora le connessioni tra impegno politico e rivoluzione sessuale in The dreamers (2003; trad. it. 2003). Nella raccolta di racconti, Ghost town: tales of Manhattan then and now (2005; trad. it. 2005), P. McGrath (n. 1950) si allontana dalla sua usuale 'narrativa psicologica' per offrire al lettore una serie di scorci lucidamente partecipi sulla storia di New York prima e dopo l'11 settembre. La fiction storica sembra mantenere la sua vitalità con lo scrittore di origini giapponesi K. Ishiguro (n. 1954), che non recede di fronte alla tragedia censurata della guerra nippo-cinese (When we were orphans, 2000; trad. it. 2000), con G. Duncan (n. 1965), che affronta il momento più drammatico delle relazioni anglo-indiane in The bloodstone papers (2006) e con i due 'biografi immaginari', J. Barnes (n. 1946: Arthur & George, 2005) e P. Ackroyd (n. 1949: The Lambs of London, 2004; trad. it. I fratelli Lamb, 2005). Nel campo della narrativa più 'commerciale', risultati di grande interesse si devono alla ridefinizione dei codici della letteratura fantastica da parte di N. Gaiman (n. 1960: American gods, 2001; trad. it. 2002), ma è il nome di J.K. Rowling (n. 1965) che più di ogni altro si staglia quanto a successo di pubblico, grazie alla fortunatissima saga di Harry Potter. Frequenti contaminazioni con la cultura pop emergono nell'opera di N. Hornby (n. 1957), abile modulatore dell'umor nero (How to be good, 2001, trad. it. 2001; A long way down, 2005, trad. it. 2005), e di W. Self (n. 1961), che in The book of Dave (2006) si dedica a una parodistica fantascienza religiosa. La prospettiva di genere è ovviamente centrale nell'opera di molte narratrici britanniche: le revisioni dei codici di identificazione sessuale hanno trovato riscontro nell'opera di autori e autrici omo/bisessuali, da J. Winterson (n. 1959), che ha continuato la sua destrutturazione delle polarità di genere (Lighthousekeeping, 2004, trad. it. 2005; Tanglewreck, 2006), a S. Waters (n. 1966), all'autrice di fantascienza N. Griffith (n. 1960). J. Harris (n. 1964) preferisce invece i toni smorzati di relazioni sentimentali in cui l'erotismo del cibo gioca un ruolo determinante (Chocolat, 1999; trad. it. 1999). A.S. Byatt (n. 1936) ha consolidato la sua fama con The biographer's tale (2000) e A whistling woman (2002; trad. it. 2005). La sua eredità quale stella femminile dell'empireo letterario britannico sembra esser stata presa da Z. Smith (n. 1975), definitivamente consacrata (dopo White teeth, 2000, trad. it. 2000, e The autograph man, 2002, trad. it. 2003) con On beauty (2005; trad. it. 2006), ambiziosa saga comica transatlantica e multiculturale. Per tutte queste scrittrici continua a costituire un esempio di integrità artistica una delle autrici femministe e anticoloniali per antonomasia, D. Lessing (n. 1919: The sweetest dream, 2001; trad. it. 2002).
Tuttora attivi sono alcuni poeti della generazione degli anni Venti e Trenta del 20° sec., come Ch. Tomlinson (n. 1927: Skywriting, 2003) e G. Hill (n. 1932: Without title, 2006). Sulla scia del movimento della New generation degli anni Novanta, molti autori hanno popolarizzato le forme della comunicazione poetica: per es., B. Patten (n. 1946), particolarmente apprezzato come poeta per bambini (The story giant, 2001; trad. it. 2002); A. Motion (n. 1952), attuale poeta laureato (Public property, 2002); K. Bailey (n. 1954), finissimo cesellatore di haiku (Prospero's mantle, 2006); G. Maxwell (n. 1962), autore di una polifonica meditazione sulla tragedia delle Torri gemelle (The sugar mile, 2005); e S. Armitage (n. 1963), erede della tradizione vernacolare dello Yorkshire ancora ben rappresentata da T. Harrison (n. 1937). Le con-taminazioni con la musica popolare caratterizzano la produzione di dub poets come B. Zephaniah (n. 1958) o di musicisti post-punk come B. Childish (pseud. di W.Ch. Hamper, n. 1959). Le voci poetiche femminili più rilevanti sono quelle delle gallesi G. Clarke (n. 1937) e Sh. Pugh (n. 1950), della neoclassicista A. Oswald (n. 1966), della performer J. Holland (n. 1966), e di W. Cope (n. 1945: If I don't know, 2001) e C.A. Duffy (n. 1955: The world's second wife, 2005), che adottano un linguaggio programmaticamente accessibile.
La drammaturgia conferma quell'attenzione alle questioni sociali e a quelle politiche che fin dalla generazione dei 'giovani arrabbiati' ne è il tratto distintivo, e che nel 2005 è valso a H. Pinter (v.) il premio Nobel per la letteratura. D. Hare (n. 1947) affronta con fredda vena polemica la guerra irachena in Stuff happens (2004); H. Barker (n. 1946), inventore dell'espressione teatro della catastrofe, conferisce toni tragici alla sua denuncia del presente (A house of correction, 2001); M. Ravenhill (n. 1966) attualizza la severa ironia pinteriana (The cut, 2006). Più mo-destamente, A. Ayckbourn (n. 1939) continua a condurre la sua meticolosa anatomia degli stili di vita della classe media suburbana (If I were you, 2006). Infine le drammaturghe tendono a spostare l'attenzione sulle questioni relative alla condizione femminile, secondo la prospettiva femminista e antirealistica di C. Churchill (n. 1938: Far away, 2000; A number, 2002), che è influenzata dalla violenta drammaturgia di S. Kane (1971-1999), e quella esplicitamente omosessuale di S. Daniels (n. 1957: Dust, 2003).
I. Welsh (n. 1958) si è imposto come la voce più ascoltata della nuova letteratura scozzese, contaminando il mercato letterario di lingua inglese con il corrosivo gergo edimburghese dei suoi sgangherati personaggi sottoproletari (Porno, 2002; trad. it. 2003). Altri esponenti dell'attuale narrativa scozzese sono J. Kenton (n. 1946), che predilige il dialetto di Glasgow; lo scrittore di fantascienza I.M. Banks (n. 1954); il poliedrico M. Faber (n. 1960), di natali olandesi, capace di spaziare dal romanzo storico al genere horror; la scrittrice omosessuale d'origine africana J. Kay (n. 1961),la quale rifrange le sfaccettature della sua complessa identità sia nella narrativa (Why don't you stop talking, 2002) sia nel linguaggio poetico (Life mask, 2005); A. O'Hagan (n. 1968), dallo stile efficacemente giornalistico. È scomparsa la più grande romanziera scozzese del Novecento, M. Spark (1918-2006), che ancora nel 2004, con The finishing school, dissezionava con spietata lucidità l'inclinazione al male dell'animo umano. In campo poetico, resiste il prestigio di un cesellatore del verso come E. Morgan (n. 1920: Love and a life, 2003). Se la corrente 'proletaria' della poesia scozzese è ancora ben rappresentata da D. Dunn (n. 1942: The year's afternoon, 2000), i poeti più giovani hanno saputo trarre profitto dalla lezione della New generation per conquistare - come D. Paterson (n. 1963: Landing light, 2003), attivo anche nel campo musicale - un pubblico più vasto. La poetessa che meglio ha saputo incidere con il suo sguardo due volte decentrato (perché donna e perché scozzese) il panorama letterario inglese è forse K. Jamie (n. 1962). Nel campo teatrale, spiccano le figure di L. Lochhead (n. 1947: Medea, 2000), di F. McGuinness (n. 1941) e del già prolifico D. Greig (n. 1969).
Irlanda. - Nonostante i profondi mutamenti che hanno interessato l'Irlanda negli ultimi anni, dalla pace finalmente raggiunta nel Nord all'impetuoso sviluppo economico e tecnologico, il conflitto anglo-irlandese resta al centro di molta letteratura irlandese. Se nel 2005 il premio Booker è stato conferito a The sea di J. Banville (n. 1945), uno dei più raffinati stilisti della lingua inglese, tra i favoriti figurava un romanzo di S. Barry (n. 1955), più noto come drammaturgo, A long long way (2005), ricostruzione di quella guerra per l'indipendenza che vede coinvolto anche il protagonista del penultimo romanzo di R. Doyle (n. 1958), A star called Henry (1999; trad. it. 2000), il cui seguito, Oh, play that thing (2004; trad. it. Una faccia già vista, 2005), ci conduce nell'America tumultuosa del proibizionismo. Si distingue per l'originale fusione di temi omosessuali e riflessione sulla creatività letteraria l'ultimo romanzo di C. Toíbín (n. 1955), The master (2004; trad. it. 2004). Pochi anni prima di morire J. McGahern (1934-2006) aveva pubblicato la saga rurale That they may face the rising sun (2002). E. Boland (n. 1944) è la principale esponente della poesia femminile e femminista (New collected poems, 2006), mentre nel panorama maschile, accanto al premio Nobel S. Heaney (n. 1939: District and circle, 2006), si sono conquistati un posto di rilievo, oltre a P. Boran (n. 1963: New and selected poems, 2005), i nordirlandesi P. Muldoon (n. 1951: Horse latitudes, 2006) e N. Laird (n. 1975: To a fault, 2005). A Ph. Casey (n. 1950) e P. Chapman (n. 1968) si deve il meritorio progetto di recupero di autori irlandesi dimenticati, Irish literary revival. Il teatro ha visto di recente il ritorno alle produzioni originali di B. Friel (n. 1929: The home place, 2005).
Stati Uniti
Unica superpotenza mondiale capace di condizionare l'intero scenario internazionale, gli Stati Uniti sono al tempo stesso il vulnerabile bersaglio dell'ostilità di chi ne rifiuta l'egemonia. La contraddittorietà di questa situazione per certi versi acuisce alcune tendenze in voga nella letteratura postmoderna degli anni Ottanta e Novanta, segnata com'era da una diffusa sfiducia nella possibilità di estrarre un qualche senso dalla realtà, e per altri versi suscita una ricerca di concretezza, di adesione alle dinamiche della dura materialità quotidiana. Tra gli autori di narrativa che hanno conquistato il proscenio nel corso degli ultimi anni, D.F. Wallace (v.) incarna la tendenza alla sperimentazione autoriflessiva e alla destabilizzazione della voce autoriale, come in Infinite jest (1996; trad. it. 2000) e nelle raccolta di racconti Oblivion (2004; trad. it. 2004), mentre W.T. Vollmann (n. 1959) si dedica alla denuncia delle assurde dinamiche del potere e della violenza insensata che esse stesse producono (si veda la serie di romanzi sulla colonizzazione del Nord America Seven dreams: a book of North American landscape, iniziata nel 1990 e giunta al quarto volume nel 2001 con Argall, e il trattato sulla violenza nella storia Rising up and rising down, del 2004). Alcuni degli autori di quella che ormai può essere definita la postmoderna'hanno però denunciato una certa difficoltà a rinnovare il proprio (comunque spesso notevole) repertorio formale e tematico. Se J. Barth (n. 1930) ribadisce la sua abilità di intrecciare molteplici piani narrativi - si vedano il romanzo Coming soon!!! (2001) e la raccolta di racconti The book of ten nights and a night (2004) - e Th. Pynchon (n. 1937) torna a destabilizzare le certezze storiche con Against the day (2006), R. Coover (n. 1932) reitera meno felicemente le sue operazioni para-favolistiche con Stepmother (2004) e A child again (2005), D. DeLillo (n. 1936) cerca, con minore successo, di ripetere con Cosmopolis (2003; trad. it. 2003) lo straordinario esperimento di riscrittura globale della storia contemporanea di Underworld (1997; trad. it. 1999), P. Auster (n. 1947) continua a intessere le fitte reti intertestuali che gli hanno dato la notorietà (The book of illusions, 2002; trad. it. 2003), e B.E. Ellis (v.) si autocelebra in Lunar park (2005; trad. it. 2005). La reazione 'minimalista' alle stravaganze metaletterarie del postmodernismo ha trovato spazi più aperti, rispetto ai microcosmi urbani o suburbani di R. Banks (n. 1940) o R. Ford (n. 1944), nei romanzi post-western di C. McCarthy (v.), mentre il più esplicitamente omosessuale degli autori minimalisti, D. Leavitt (n. 1961), riduce al minimo ogni rischio di scandalo nel sottile quasi-thriller letterario (ed eterosessuale) The body of Jonah Boyd (2004; trad. it. 2005). Una variante del minimalismo potrebbe essere considerata quella più sensazionalistica, che punta a suscitare risposte viscerali con le sue situazioni naturalisticamente estreme e ha in Ch. Palahniuk (n. 1962: Haunted, 2005; trad. it. 2005) un suo tipico rappresentante. In una posizione più o meno intermedia si situano la narrativa colta e densa, ma non antirealistica, di M. Cunningham (n. 1952: Specimen days, 2005; trad. it. 2005), il terso dramma famigliare The corrections (2001; trad. it. 2002) di J. Franzen (v.) e l'obliqua esplorazione di sessualità misteriose condotta da J. Eugenides (n. 1960) in Middlesex (2002; trad. it. 2003). Più vicine alle posizioni post- o tardominimaliste che non a quelle radicalmente postmoderne, le narratrici americane, orfane del lucido sguardo di S. Sontag (1933-2004), riflettono sulla irrequieta condizione femminile contemporanea senza ricorrere a facili retoriche. Anche autrici politicamente impegnate scelgono un registro più intimistico, come B. Kingsolver (n. 1955) in Prodigal summer (2000; trad. it. 2001), che comunque non abbandona le sue preoccupazioni ambientaliste, o J. Didion (n. 1934) in The year of magical thinking (2005; trad. it. 2006), supremo esempio di elaborazione letteraria del lutto. A. Tyler (v.) si aggira con circospezione nelle vicende spesso dolorose delle famiglie della middle class (Back when we were grownups, 2001; trad. it. 2001), mentre invece E.A. Proulx (n. 1935) ambienta le proprie storie di amori contrastati nelle praterie dell'Ovest (Close range: Wyoming stories, 1999; trad. it. 1999).
Notevole eccezione è quella della prolifica J.C. Oates (n. 1938), in grado di padroneggiare ogni genere letterario, dal thriller (The Barrens, 2001) al romanzo sentimentale (The falls, 2004; trad. it. 2006), al romanzo storico (Black girl/White girl, 2006). Tra gli scrittori che hanno mantenuto viva la tradizione del romanzo storico, un posto di rilievo spetta ancora al maggior romanziere della guerra del Vietnam, ossia T. O'Brien (n. 1946), e soprattutto a E.L. Doctorow (n. 1931), con la rievocazione della Guerra civile The march (2005). La tradizione della narrativa hard boiled è stata rivitalizzata dalla prosa telegrafica di J. Ellroy (n. 1948: The cold six thousand, 2001; trad. it. 2001). Nel vastissimo campo della letteratura di consumo - sempre attraversato dalla fluviale produttività di autori come M. Crichton (n. 1942) e S. King (n. 1947) - si possono citare l'autore di legal thrillers J. Grisham (n. 1955) e D. Brown (n. 1964) con il fortunatissimo The Da Vinci code (2003; trad. it. 2003). Un utilizzo ironicamente creativo dei clichés di questa letteratura (e del fumetto supereroistico) si può trovare in The amazing adventures of Kavalier and Clay (2000; trad. it. 2001) di M. Chabon (n. 1963) e in The fortress of solitude (2003; trad. it. 2004) di J. Lethem (n. 1964).
Il più autorevole dei poeti emersi dopo la Seconda guerra mondiale, J. Ashbery (n. 1927), prosegue la sua perlustrazione dei labirinti del linguaggio (Where shall I wander, 2005), così come altri grandi esponenti della language school, Ch. Bernstein (n. 1950: Girly man, 2006), la sperimentatrice multimediale L. Hejinian (n. 1941), e R. Silliman (n. 1946), pioniere, assieme a W.F. DeVault (n. 1955), della diffusione della poesia via Internet. B. Collins (n. 1941) persegue invece una poesia di immediata leggibilità (The trouble with poetry, 2005), caratteristica che paradossalmente condivide con uno dei più radicali poeti beat, il tuttora vitalissimo L. Ferlinghetti (n. 1919: Americus: book 1, 2004), e con i raffinati stilisti R. Wilbur (n. 1921: Mayflies, 2000) e M. Strand (n. 1934: Man and camel, 2006). Sul versante 'ecologista', restano impareggiabili la ricerca formale di W.S. Merwin (n. 1927: Migration, 2005) e l'appassionata visionarietà dell'ex beat G. Snyder (n. 1930: Danger on peaks, 2004). A.C. Rich (n. 1929) è tuttora una delle più veementi voci poetiche, con il suo indefesso impegno femminista (The school among the ruins, 2004). Nella fitta schiera di poetesse americane contemporanee si distinguono S. Howe (n. 1937), autrice legata alla language school (The midnight, 2003), R.B. DuPlessis (n. 1941), con la sua sofisticata ricerca critico-poetica (Drafts 1-38, 2001, e Drafts 39-57, 2004), e la 'laureate poet' del 2003-04 L. Glück (n. 1943: The seven ages, 2001).
Nel teatro si deve segnalare la scomparsa del grande drammaturgo A. Miller (1915-2005). Un altro 'grande vecchio', E. Albee (n. 1928), ha ottenuto un notevole successo nel 2002 con The goat, or who is Sylvia?. I protagonisti delle stagioni off-Broadway degli anni Settanta e Ottanta sono ancora alla ribalta con le commedie inusualmente comiche di D. Rabe (n. 1940: The dog problem, 2001) e D. Mamet (n. 1947: Romance, 2005), il musical semiautobiografico Caroline (2004) di T. Kushner (n. 1956), e l'invettiva antireazionaria The god of hell (2005) di S. Shepard (n. 1943). Il teatro delle donne, cui è appena venuta a mancare la 'cronista' del femminismo americano, ossia W. Wasserstein (1950-2006: Third, 2005), conta tra le sue file P. Vogel (n. 1951), sardonica osservatrice delle tendenze omofobiche della società americana contemporanea (The long Christmas ride home, 2004), C. Gage (n. 1952), performer lesbica impegnata in difesa dei diritti delle donne (Ugly ducklings, 2004), e A. Freed (n. 1958), che ha rivitalizzato il dramma storico (Restoration comedy, 2005).
La letteratura ebraico-americana, che assieme a S. Bellow (1915-2005) ha perso la profonda consapevolezza storica tradotta in un terso linguaggio poetico (The darkness and the light, 2001) di A. Hecht (1923-2004), si è trovata a dover ridiscutere la nozione stessa di identità ebraico-americana, e in particolare il suo rapporto con le vicende di Israele, come nel romanzo Intuition (2006) della scrittrice di origini rigidamente ortodosse A. Goodman (n. 1967). Ph. Roth (n. 1933) continua invece a coltivare la sua ambizione di scrivere davvero 'il grande romanzo americano' (The plot against America, 2004; trad. it. 2005). Tra le nuove leve, lo scrittore più in vista è J.S. Foer (n. 1977), con la sua iperbolica rilettura metaletteraria dell'Olocausto, Everything is illuminated (2002; trad. it. 2002). La maggiore autrice ebraico-americana vivente, C. Ozick (v.), è tornata al romanzo con Heir to the glimmering world (2004; trad. it. 2005), che celebra la forza salvifica, sacra, della parola letteraria.
T. Morrison (n. 1931: Love, 2003; trad. it. 2004) e A. Walker (n. 1944: Now is the time to open your heart, 2004) restano le autrici che nei loro romanzi meglio sanno tradurre l'esigenza di autoaffermazione della cultura afroamericana. Scomparsa G. Brooks (1917-2000), in campo poetico le esponenti più riconosciute sono S. Sanchez (n. 1934: Ash, 2001) e R. Dove (n. 1952: American smooth, 2004), mentre A. Baraka (n. 1934) conferma la sua fama di iconoclasta radicale (Somebody blew up America and other poems, 2003). Un fenomeno relativamente recente è quello della cosiddetta slam poetry, una poesia della performance che sottopone gli autori al giudizio diretto del pubblico, rappresentata soprattutto da P. Smith (n. 1955), quattro volte campionessa nazionale, e da S. Williams (n. 1972). La scena teatrale, che ha appena perso la profonda visione storica di A. Wilson (1945-2005: Radio golf, 2005), può contare sulla vena revisionista di S.-L. Parks (n. 1964), che con In the blood (1999, ma pubbl. 2000) e Fucking A (2000, ma pubbl. 2001) riscrive il capolavoro di N. Hawthorne, The Scarlet Letter.
La letteratura degli indiani d'America ha prodotto un notevole numero di scrittori e scrittrici che hanno saputo fondere il rispetto per la cultura tradizionale native American con le tecniche narrative e poetiche più sofisticate. Si distinguono in tal senso L.M. Silko (n. 1948), che tenta di innestare la sua cultura pueblo laguna nel grande filone del romanzo storico d'ambientazione europea con Gardens in the dunes (1999); J. Harjo (n. 1951), poetessa muskogee influenzata dalla musica jazz (How we became human, 2002); L. Erdrich (n. 1954), scrittrice ojibwa che modula con faulkneriana sapienza i multipli intrecci delle vite dei suoi personaggi (Four souls, 2004; The painted drum, 2005); e Sh. Alexie (n. 1966), autore di origine spokane che negli ultimi anni si è cimentato soprattutto con la poesia (One stick song, 2000) e la narrativa breve (Ten little Indians, 2003).
Una notevole evoluzione si registra anche nella letteratura chicana, o messicano-americana, che si è progressivamente affrancata dalla necessità immediata di rivendicare, con il recupero di tradizioni e modi espressivi 'originari', la dignità della propria cultura. L'eredità di G. Anzaldúa (1942-2004), che aveva scavalcato con la sua esaltazione del meticciato tutti i confini etnici, linguistici, religiosi, sessuali e di generi letterari che separano (e anche collegano) la cultura anglo-americana e quella chicana, è stata raccolta soprattutto da S. Cisneros (n. 1954), che in Caramelo (2002) crea una vivacissima saga famigliare nel contesto dell'esperienza messicano-americana nel 20° secolo. Tra gli uomini spicca ancora la figura carismatica di R. Anaya (n. 1937: The man who could fly and other stories, 2006). La comunità nuyorican, o newyorkese-portoricana, ha prodotto una letteratura caratterizzata, come quella chicana, dal frequente uso del bilinguismo anglo-ispanico, che però si è espressa soprattutto nella poesia. I più noti poeti sono P. Pietri (1944-2004) ed E. Torres (n. 1975), tuttavia merita una menzione anche il drammaturgo e regista J. Rivera (n. 1955).
La letteratura asiatico-americana più diffusa è quella sino-americana, con A. Tan (n. 1952) e i suoi romanzi intorno ai problemi della incerta assimilazione degli immigrati cinesi in America e i non meno complicati conflitti intergenerazionali tra madri e figlie (The bonesetter's daughter, 2001), e anche con D.H. Hwang (n. 1957) e la sua destrutturante drammaturgia, che smonta con ironia i clichés dell'identità etnica e di genere (Golden child, 1999).
Canada
La voce più autorevole della letteratura anglocanadese è senza dubbio quella di M. Atwood (n. 1939), indefessa sperimentatrice nell'ibridizzazione delle forme e dei generi letterari in grado di fondere il detective novel con la science fiction e il romanzo storico in The blind assassin (2000), la letteratura distopica con la satira della vita con-temporanea in Oryx and Crake (2003), la mitologia omerica con un divertito umorismo femminista in The Penelopiad (2005). M. Ondaatje (n. 1943) è un perfetto esempio del multiculturalismo canadese (l'autore, nato in Sri Lanka, è di origini singalesi, tamil, portoghesi e olandesi), e lo riflette in Anil's ghost (2000). Su linee simili si muovono D. Brand (n. 1953), scrittrice di origine afro-caribica cui si deve il romanzo storico ambientato nella Trinidad dell'Ottocento At the full and change of the moon (1999; trad. it. 2004), e Y. Martel (n. 1963), autore della complessa fusione tra allegoria medievale e spiritualità indiana di Life of Pi (2001; trad. it. 2003). Più attenta al moderno 'colore locale' è la narrativa breve di A. MacLeod (n. 1936: Island, 2001) e della celebrata A. Munro (v.). Assurto a fama mondiale in quanto coniatore di termi-ni ormai d'uso comune come generazione X o McJob (lavoro preca-rio e dequalificato come quello offerto dai ristoranti della catena McDonald's), D. Coupland (n. 1961) si dedica invece allo studio ravvicinato delle mutazioni antropologiche indotte dall'impatto delle nuove tecnologie comunicative (JPod, 2006; trad. it. 2006). Dopo una lunga sosta, con la raccolta poetica Book of longing (2006) è tornato a pubblicare L. Cohen (n. 1934), notissimo come cantautore, mentre non conosce pause il più prolifico poeta canadese, G. Bowering (n. 1935: Changing on the fly, 2004; Vermeer's light, 2006). La cultura nativa ha la sua voce più rappresentativa in J. Armstrong (n. 1948), impegnata nel movimento per i diritti civili dei popoli indigeni (e il romanzo Whispering in shadows, del 2000, ha anche il valore di intervento politico). N. Ricci (n. 1959) è a sua volta il portavoce della folta comunità italo-canadese (Testament, 2002).
Australia e Nuova Zelanda
Le letterature australasiane contemporanee sono contraddistinte dal tentativo di ridisegnare un'identità etnica e culturale la cui componente nativa e comunque non-anglosassone è stata a lungo censurata. Così nei romanzi di P. Carey (n. 1943: True history of the Kelly gang, 2000, trad. it. La ballata di Ned Kelly, 2002; My life as a fake, 2003, trad. it. Falso d'autore, 2005) e di Th. Keneally (n. 1935: The tyrant's novel, 2003), mentre la complessità delle relazioni tra la cultura dei colonizzatori e quella dei colonizzati trova un'espressione quantomeno paradossale in R.B. Sykes (n. 1944), figlia di un'australiana e di un afroamericano che però si è a lungo identificata come 'aborigena' (si veda l'autobiografia Snake dreaming, 2001, che raccoglie i tre voll. Snake cradle, Snake dancing e Snake circle, usciti rispettivamente nel 1997, nel 1998 e nel 2000). Nel campo poetico spicca l'originale personalità di L. Murray (v.), ormai noto a livello internazionale. In Nuova Zelanda, dove si è spenta la voce inquieta della notissima J. Frame (1924-2004), P. Grace (n. 1937) guida la nuova onda di scrittori e scrittrici di origine maori come W. Ihimaera (n. 1944) e K. Hulme (n. 1947), mentre C. Chidgey (n. 1970) si è rapidamente affermata con i suoi densi romanzi storici (The transformation, 2003).
Letterature caribiche di lingua inglese
Dopo il conferimento del premio Nobel per la letteratura nel 1992, D. Walcott (n. 1930) ha diradato il suo impegno letterario, ma ha comunque proseguito nella sua titanica impresa di costruire una mitologia (e una lingua) poetica transcontinentale rivisitando alcuni dei capisaldi della cultura occidentale con l'occhio e la parola di un nativo dell'isola caribica di Saint Lucia (Tiepolo's hound, 2000, trad. it. 2004; The prodigal, 2004). Nata ad Antigua ma residente a New York, di origini africane ed ebree insieme, J. Kincaid (n. 1949: Mr. Potter, 2002; trad. it. 2005) mantiene però ben saldo il suo radicamento nella terra dei Caribi e nella sua lingua (anzi, nelle sue lingue, l'inglese antillano e il patois). Un'analoga attenzione per la creolizzazione delle lingue si riscontra nell'haitiana E. Danticat (n. 1969: The dew breaker, 2004). Nella letteratura gia-maicana è da segnalare l'opera dell'autrice di fantascienza N. Hopkinson (n. 1960), che manipola le convenzioni del genere letterario per sovvertire i codici sessuali (The salt roads, 2003).
Letterature africane di lingua inglese
La letteratura africana di lingua inglese ha in qualche modo raggiunto una riconosciuta maturità nel 1986, con il conferimento del premio Nobel al nigeriano W. Soyinka (n. 1934), che ha recentemente tradotto nella feroce satira del dramma King Baabu (scritto nel 2001, ma pubbl. nel 2002) il suo sdegno per la violenza e la corruzione che dominano il suo Paese e in generale l'Africa nera. A testimoniare la centralità della letteratura nigeriana sta l'opera di poeti come N. Osundare (n. 1947), anche drammaturgo, e B. Okri (n. 1959), e soprattutto dell'ancora attivo Ch. Achebe (n. 1930), che dopo l'autobiografico Home and exile (2000) ha pubblicato i Collected poems (2004). Il più importante esponente bianco della letteratura anglo-africana è il sudafricano J.M. Coetzee (v.), vincitore nel 2003 del premio Nobel per la letteratura. Assai più determinati nell'indagare le relazioni interetniche nella Repubblica Sudafricana sono il romanziere Z. Mda (n. 1948: The heart of redness, 2000; trad. it. Verranno dal mare, 2005), il poeta M.W. Serote (n. 1944: History is the home address, 2004), e il drammaturgo A. Fugard (n. 1932: Sorrows and rejoicings, 2002). Dopo l'esempio solitario dell'autrice sudafricana bianca N. Gordimer (n. 1923), ancora nel pieno della sua vena creativa (The pickup, 2001, trad. it. L'aggancio, 2002; Get a life, 2005, trad. it. Sveglia, 2006), un numero considerevole di scrittrici nere si è affermato sulla scena letteraria continentale e internazionale: si pensi alle nigeriane B. Emecheta (n. 1944) e S. Atta (n. 1964), o a T. Dangarembga (n. 1959) e Y. Vera (1964-2005), native dello Zimbabwe.
Letterature asiatiche di lingua inglese
L'esponente più noto della letteratura anglo-indiana rimane senz'altro S. Rushdie (n. 1947), capace di muoversi con audacia nelle cangianti geografie culturali a cavallo tra i due millenni (Fury, 2001, trad. it. 2002; Shalimar the clown, 2005, trad. it. 2006), caratteristica che con lui condividono molti scrittori e scrittrici della diaspora indiana, in primo luogo il premio Nobel del 2001 V.S. Naipaul (n. 1932), anche in ragione delle sue ascendenze indo-caraibiche: tra le sue opere più recenti, Half a life (2001; trad. it. 2002) ha suscitato reazioni critiche discordi, soprattutto a causa della prospettiva quantomeno pessimistica con cui viene osservato il destino di alienazione di chi non sa o non vuole adeguarsi all'erraticità della condizione postmoderna e postcoloniale. Un esempio della capacità di trascendere in senso positivo i vincoli della localizzazione geo-culturale originaria è quello di A. Desai (n. 1937), da tempo emigrata negli Stati Uniti: Fasting, feasting (1999; trad. it. 2001) traccia un parallelo tra le vite di una famiglia americana e di una famiglia indiana e ne mette in luce più le somiglianze che non le differenze, mentre The zigzag way (2004) proietta sullo scenario fantastico del New Mexico il confronto tra la cultura scientifico-tecnologica degli Stati Uniti e quella miticamente ancestrale degli indios d'America. Anche Bh. Mukherjee (n. 1940) risiede ormai stabilmente negli Stati Uniti, e si è dedicata in particolare all'esplorazione delle complesse dinamiche identitarie prodotte dall'immigrazione (Desirable daughters, 2002; The tree bride, 2004). Un analogo interesse per l'intricato viluppo di relazioni tra passato e presente che determina il nomadismo culturale degli autori anglo-indiani è evidente nel family memoir di V. Seth (n. 1952), Two lives (2005; trad. it. 2006). Più direttamente interessati alle vicende della madrepatria sono i cosiddetti indo-nostalgici, Sh. Tharoor (n. 1956: Riot, 2001; trad. it. 2004) e R. Mistry (n. 1952: Family Matters, 2002; trad. it. 2003). La più giovane A. Roy (n. 1961), dopo il grande clamore suscitato con The God of small things (1997; trad. it. 1997), saga famigliare ambientata nel Sud dell'India, ha preferito dedicare la sua attenzione all'attivismo politico, in particolare nel movimento pacifista e no global (Power politics, 2001; War talk, 2003). La letteratura anglopakistana si è affermata soprattutto grazie a H. Kureishi (n. 1954), che con Intimacy (1998; trad. it. 1998) e Gabriel's gift (2001; trad. it. 2001) situa i conflitti interculturali tra Occidente e Oriente all'interno delle dinamiche famigliari. Altri autori di origine pakistana sono B. Sidha (n. 1938: Water, 2006), particolarmente attenta all'intreccio tra la dimensione etnica e quella di genere, e M. Hamid (n. 1971) che in Moth smoke (2000) disegna un quadro sardonicamente amaro del Pakistan contemporaneo.
La letteratura filippina di lingua inglese si è andata anch'essa emancipando da preoccupazioni eccessivamente 'nazionaliste', come bene dimostrano le sperimentazioni sia formali sia cross-culturali di C. Bautista (n. 1949) nonché quelle di J. Hagedorn (n. 1949).
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