LETTONIA (fr. Lettonie; ted. Lettland; ingl. Latvia; polacco Lotva; est. Lätimaa; A. T., 58)
La Lettonia, in lettone Latvva (pron. Látvija), è il maggiore dei tre Stati Baltici, in quanto la Lituania ha una superficie che è solo l'85% di quella lettone e l'Estonia è minore di circa tre decimi. Essa si estende su 65.791 kmq. e ha quindi una posizione intermedia tra Austria, Ungheria e Portogallo che sono alquanto più grandi e Svizzera e Danimarca, alquanto più piccole. La figura dello stato, che ha il suo asse costituito dal corso della Daugava e presenta una larga insenatura in corrispondenza del Golfo di Riga, appare allungata da ovest a est (tra 20°58′4″ e 28°14′30″ longit. E., nel fuso orario dell'Europa Orientale) tanto che tra Liepāja e Zilupe (presso il confine con l'U.R.S.S.) la distanza è pari a quella che passa tra Biella e Trieste (445 chilometri); il punto più meridionale, presso il confine polacco-lituano, è a 55°40′30″, quello più settentrionale, presso il confine estone, a 58°5′22″. Il confine con l'U.R.S.S. è stato fissato con l'accordo dell'11 agosto 1920, quello con la Lituania con l'accordo del 31 marzo 1921, e il confine estone con l'accordo del 31 marzo 1927, in base al quale è stato stabilito che la città di Valka appartenga all'Estonia, mentre lettone resta la stazione ferroviaria. La Lettonia consta ora dell'antica Curlandia (salvo la località di Palanga e una piccola zona presso Mažeikiai cedute alla Lituania, in cambio del saliente di Aknīste, che faceva parte del governatorato di Kovno), dei quattro distretti più meridionali della Livonia e della parte nord-occidentale del governatorato di Vitebsk. Essa confina per 487 km. con la Lituania, per 93 con la Polonia, per 269 con l'U.R.S.S. e per 247 con l'Estonia; s'affaccia inoltre al mare per 494 km., in modo da risultare il meno isolato degli Stati Baltici, anche perché ha una posizione centrale rispetto ai cinque stati sorti al margine nord-occidentale della Russia.
Con la Lituania essa è affratellata da vincoli linguistici, mentre le vicende storiche (tra le quali va rilevata l'influenza della nobiltà tedesca e della dominazione svedese) e molti caratteri geografici comuni (più spiccata marittimità, paese di transito, sviluppo industriale dei maggiori porti) l'accostano piuttosto all'Estonia, con cui formava nell'anteguerra quelle che erano dette Provincie Baltiche (Baltland dei Tedeschi).
Rispetto all'Europa la Lettonia fa parte di una sottoregione minore che ha caratteri di transizione tra l'Europa Centrale, la Orientale e la Settentrionale, ma che nel complesso appare maggiormente legata ai paesi del nord. I confini, ovunque aperti e del tutto convenzionali, si adattano abbastanza bene alle condizioni linguistiche, salvo nella Letgallia, dove si hanno percentuali piuttosto alte di minoranze, specialmente russe.
Attualmente la Lettonia è suddivisa in quattro provincie, denominate Curlandia (Kurzeme), Semigallia (Zemgale), Livonia (Vidzeme) e Letgallia (Latgale), ripartite alla loro volta in 19 distretti. Questa suddivisione rispecchia i limiti di antiche suddivisioni etniche e Storiche.
Sommario: Geografia: Morfologia e rilievo (p. 989); Idrografia (p. 989); Clima (p. 990); Flora (p. 990); Dati sulla popolazione (p. 990); Distribuzione della popolazione e insediamento (p. 991); Condizioni economiche (p. 992); Comunicazioni e porti (p. 993). Ordinamento dello stato: Ordinamento politico (p. 994); Culti (p. 994); Forze armate (p. 994); Finanze (p. 995). Storia (p. 995) . Etnografia e folklore: Etnografia (p. 996); Folklore (p. 997). Lingua (p. 997). Letteratura (p. 998). Arti figurative (p. 999).
Geografia.
Morfologia e rilievo. - Tolta una piccola striscia di terreno presso la frontiera lituana, dove i terreni di base sono costituiti da strati mesozoici del Giurassico e da terreni arcaici del Permico, il resto della Lettonia, che costituisce un lembo del grande bassopiano russo, è formato da dolomiti del Devonico medio e superiore, che si succedono da nord verso sud con antichità decrescente e si presentano in genere assai poco dislocate. Raramente però, a differenza di quanto si nota in Estonia, vengono alla luce i terreni antichi, dato che essi sono stati coperti, tra la fine del Terziario e il principio del Quaternario, da una potente coltre di depositi glaciali, costituiti da argille fini mescolate a ciottoli angolosi di varia grandezza, i quali hanno dato alla morfologia del paese il suo aspetto attuale. Nei luoghi dove la morena di fondo poté depositarsi regolarmente e dove le acque di fusione poterono riunirsi in bacini, come nella depressione di Riga-Jelgava (che è drenata dal fiume Lielupe e divide nettamente la Lettonia in due parti) e nelle bassure di Valmiera (nella Lettonia di NE.) e di Lubāna (tra le colline della Livonia centrale e quelle della Letgallia), il terreno è ora pianeggiante e formato com'è da limo glaciale, è in genere ben coltivato. Dove invece si è avuta una sosta tra una serie di avanzate e di ritiri e ancor più dove sono venuti a incontrarsi dei lobi morenici di ghiacciai aventi i loro centri d'origine posti in direzioni diverse, ivi si sono formate delle colline, aventi un aspetto ridente per la frequenza di laghi. L'idrografia, dopo che i torrenti glaciali ebbero aperto dei passaggi nelle zone più depresse, ha dovuto adattarsi a questa morfologia giovane e i corsi d'acqua sono costretti talora a compiere, come è il caso del Gauja, dei lunghissimi giri, o a incidere il rilievo dando ai luoghi un aspetto così ameno da indurre gli abitanti a usare le denominazioni di Svizzera livone e curlandese. Forme connesse con l'azione glaciale, ma non mai tanto frequenti da imprimere al paesaggio, per vasti tratti, un carattere distintivo, sono gli asar (là dove le acque troppo impetuose hanno portato in basso le sabbie, lasciando un insieme di sassi), i kames (forme arrotondate e regolari che hanno avuto origine da sabbie fluvio-glaciali finemente depositate a strati) e i drumlins; frequenti anche le torbiere, nei luoghi dove esistevano depressioni mal drenate. È da aggiungere che lungo la costa, quando i ghiacciai si erano ritirati, si sono avute, probabilmente in rapporto all'assestamento isostatico, due notevoli trasgressioni, e il mare (circa 8900-7900 anni prima dell'era attuale) ha coperto alcune zone costiere, depositando delle sabbie fini, poco fertili, specie nella Curlandia occidentale.
A ovest della depressione di Riga-Jelgava si possono distinguere tre gruppi di colline, quelle della Curlandia occidentale, a ovest della Venta, con il Monte Krievu (m. 190); le colline della Curlandia orientale, tra Venta e Abava (Monte Kirmes, m. 200) e le colline di Talsi (m. 175), tra l'Abava e il mare. A est della depressione si possono distinguere quattro gruppi principali: le colline di Semigallia, lungo la riva sinistra della Daugava; le colline di Letgallia (m. 289), che occupano l'angolo sud-orientale del paese; le colline della Livonia centrale, che costituiscono il rilievo più importante in quanto occupano una superficie di 3500 kmq. avente un'altitudine superiore ai 200 m.; esse sono limitate dai fiumi Daugava, Gauia e Aiviekste e contengono la massima elevazione della Lettonia (Monte Gaizinš, m. 314); infine sono da ricordare le colline della Livonia orientale, che continuano in Estonia con il M. Munamägi (m. 324), la maggiore elevazione degli Stati Baltici. Le coste sono generalmente basse e sabbiose, orlate da dune, con lagune e laghi costieri, tanto che i porti principali hanno dovuto trovar posto presso le foci dei fiumi.
L'estremità settentrionale della Curlandia è formata dal sabbioso Capo Kolkas (Domesnäs), presso lo stretto per mezzo del quale la Lettonia è separata dalle isole estoni, tristemente noto un tempo per il gran numero di carcasse di navi che in esso si ritrovavano. Idrografia. - Il corso d'acqua di gran lunga più importante è la Daugava (Dvina occidentale, in russo Zapadnaja Dvina; in tedesco Düna), la quale, per poco meno di due terzi del suo corso (in tutto 1000 km.) in territorio russo, fa poi da confine tra le due provincie più meridionali della Lettonia, Semigallia e Letgallia, e divide il paese in due parti. Essa entra in Lettonia 10 chilometri a monte di Piedruja, bagna Daugavpils (98 m. s. m. e 263 km. dalla foce) e dopo aver ricevuto da destra il lungo affluente Aiviekste, emissario del lago di Lubāna, piega verso NNE., percorre alcune rapide (pendenza dell'81 per mille tra la confluenza dell'Aiviekste e Koknese), quindi sbocca in mare nella parte più meridionale del Golfo di Riga, dopo aver bagnata quest'ultima città. Essa è larga da 170 a 320 m. fino alla confluenza dell'Aiviekste, da 300 a 450 fino a Riga e da 800 a 1400 negli ultimi 12 km. Data la pendenza assai variabile, il lungo periodo durante il quale essa è coperta da ghiaccio (in media 107 giorni ogni anno a Daugavpils e 37 a Riga), e inoltre il regime assai variabile (portata media di 661 mc. al secondo a Riga, con un massimo in aprile-maggio, al tempo dello scioglimento delle nevi, e un minimo in gennaio) poco si presta alla navigazione. La Curlandia è per la massima parte tributaria della Venta (lunghezza km. 300; bacino 11.200 kmq.), che nasce in Lituania, scorre da S. a N., forma una bella cascata presso Kuldīga (al contatto tra dolomiti e arenaria), riceve da destra l'Abava (che percorre la pittoresca regione della Svizzera curlandese) e ha la foce presso Ventspils. Corso almeno in parte indipendente, dopo che un meandro ebbe rotto la duna costiera e permesso uno sfocio diretto nel Golfo di Riga, ha pure il Lielupe (o Aa di Curlandia), fiume assai lento che drena le acque della depressione di Jelgava, lungo 111 km., formato dall'unione del Mūsa col Mēmele e ingrossato da copiosi affluenti, che formano una rete a ventaglio. La Lettonia di NE. è invece tributaria del Gauja (o Aa livone), che trae origine dal lago di Alauksts, bagna regioni molto pittoresche (Svizzera livone) e dopo 380 km. di corso assai tortuoso si getta nel Golfo di Riga, 30 km. a E. dallo sbocco della Daugava, di cui è probabile fosse un tempo affluente attraverso la depressione dei Laghi Bianchi.
La Lettonia ha inoltre un migliaio di laghi, che coprono 1,4% del territorio. Il più vasto è quello di Lubāna, che occupa una zona depressa ed è il residuo d'una maggiore superficie lacustre, originatasi in epoca diluviale; esso ha una superficie di 81 kmq., un bacino di 2800, una profondità massima di soli 2,5 m. e media di 1,5, in modo che si è pensato di prosciugarlo, anche perché di frequente straripa; suo emissario è l'Aiviekste. La stessa origine hanno anche i laghi di Rēzna e di Rušāni nella parte collinosa della Letgallia, che è la regione che ne conta il maggior numero. Nella Livonia settentrionale il lago più importante è quello di Burtnieki, vasto ora soltanto una quarantina di kmq., ma un tempo assai più ampio, mentre in Curlandia il lago più noto e più studiato è quello di Usma (superficie kmq. 38,9, perimetro km. 73,6, profondità m. 15,1), quarto per superficie ma primo per volume d'acqua, posto al limite della zona di trasgressione marina; l'isola Maurizio, una delle cinque che si trovano in esso, è stata trasformata in parco naturale. Origine diluviale hanno anche i laghi, per lo più di forma allungata, che occupano antiche valli glaciali (come quello di Ciecere in Curlandia), mentre quelli alluvionali sono di regola poco estesi e a superficie variabile. Esistono anche numerosi laghi costieri, residui di antichi golfi del Baltico, trasformati in lagune e ora in via di sparizione (lago di Engure, di Liepāja, ecc.), mentre quelli dei dintorni di Riga (Juglas e Kīšu ezers) occupano più probabilmente antichi letti di fiumi.
Clima. - Situata in una zona di transizione dove vengono a incrociarsi gli influssi del clima subatlantico della Russia di NE., con quelli del clima subcontinentale della Germania di NO., la Lettonia è caratterizzata da una notevole variabilità che diminuisce fortemente il valore delle medie e rende assai incerto l'andamento delle colture. Il clima delle località costiere, specie di quelle rivolte a occidente, che hanno i loro porti sempre liberi da ghiacci, è mitigato dal Baltico; le influenze continentali crescono poi mano mano verso l'interno, come è provato tra l'altro dal fatto che le linee che segnano alcuni limiti floristici hanno andamento regolarmente parallelo alla costa; l'escursione annua, che è di 18°,5 a Liepāja, sale già a 21°,3 a Jelgava ed è di 23°,8 a Kārsava (presso il confine estone); ad influenze marittime deve attribuirsi anche il ritardo dell'inverno nelle località costiere. Di gennaio la Lettonia è compresa tra le isoterme di − 3°,5 e − 7°,5; di luglio tra 16° e 19°, mentre la media annua oscilla tra 5° e 6°,5. Riga, che ha di gennaio una media di − 4°,3, ha avuto nello stesso mese eccezionalmente un anno fino a 2°,3 e un altro − 17°,1; luglio, che ha di solito 17°,5 di media, ha visto eccezionalmente temperature medie di 22°,5 e 14°,8. Venti prevalenti sono quelli di SO.; d'inverno soffiano di prevalenza quelli di S., continentali; d'estate quelli di O., marini. Le precipitazioni, in media di 550-700 mm., sono maggiori lungo la costa e nelle zone collinose, con prevalenza nei mesi estivi e in novembre-dicembre. A Riga si hanno in media ogni anno 179,4 giorni con precipitazioni, di cui 47,6 d'autunno e 40,8 di primavera; i giorni con neve sono in media 51,3 con un massimo di 10,4 in gennaio. Notevole la media nebulosità invernale. A Daugavpils la Daugava, come si è detto, è gelata per 107 giorni; i primi ghiacci compaiono verso il 18 novembre e gli ultimi scompaiono verso il 9 maggio; tra il 12 dicembre e il 29 marzo il fiume è del tutto gelato.
Flora. - La Lettonia si trova in una regione di transizione tra occidente e oriente da una parte e tra N. e S. dall'altra, in modo da costituire, assieme all'Estonia, un'unità fitogeografica di secondo ordine. Il clima, mite e umido presso la costa, permette la vita in alcuni luoghi privilegiati a piante dei nostri paesi, che hanno qui il loro limite settentrionale (Taxus baccata, Hedera hlix, Myrica gale, Erica tetralix, Trapa natans, specie lungo il litorale della Curlandia, dove una zona veniva denominata dai Tedeschi, grazie al suo clima, Gottesländchen); esse vivono a contatto con specie nordiche e continentali (Digitalis ambigua, Agrimonia pilosa, Silene tartarica e viscosa). Il mantello floristico attuale è del resto il risultato delle condizioni climatiche degli ultimi millennî, come appare dal fatto che molte piante, diffusesi in più tiepidi periodi interglaciali, non riescono ora a compiere del tutto il loro ciclo vegetativo. Il faggio è escluso dalla zona avendo il suo limite settentrionale già fuori di essa. Invece l'abete e il pino trovano buone condizioni di sviluppo, come del resto le latifoglie meno esigenti, quercia, ontano, betulla. Anche le associazioni di piante mostrano gli stessi caratteri delle singole essenze e mentre in alcuni luoghi si hanno forme simili alla tundra, altrove la foresta dell'Europa centrale s'erge in tutta la sua maestosa bellezza. Caratteri intermedî, con infinite forme di transizione, presentano molte associazioni di prato (o landa) con il bosco, le quali derivano da uno sfruttamento agricolo primitivo, che permette di ricavare fieno dai luoghi dove sono stati abbattuti alcuni alberi. Nelle bassure umide si ha una vegetazione di Sphagnum, in quelle steppose di Calluna.
Fauna - La fauna della Lettonia non comprende elementi caratteristici ma, data la posizione geografica della regione, essa rientra nei limiti del complesso faunistico nord-europeo e più precisamente baltico.
Varie specie di mammiferi popolano la regione e fra questi varî Pipistrelli, Insettivori, Carnivori, tra questi, la lince, il gatto selvatico, il lupo, diverse specie di mustelidi, la lontra, ecc. Varî sono i Rosicanti e tra gli Ungulati l'alce. Abbastanza ricca è l'avifauna con molte specie di nido. Meno riccamente sono rappresentati i Rettili, gli Anfibî e i Pesci d'acqua dolce. Fra gl'invertebrati numerosi gl'Insetti, specialmente i coleotteri; i Miriapodi e gli Aracnidi sono discretamente rappresentato insieme con la fauna malacologica terrestre e dulciaquicola.
Dati sulla popolazione. - Secondo l'ultimo censimento, eseguito il 10 febbraio 1930, la Lettonia conta 1.900.045 ab., ed è in tal modo per popolazione il venticinquesimo stato d'Europa, di poco inferiore alla Lituania, di molto superiore invece all'Estonia. La densità che corrisponde a 28,9 ab. per kmq., è pure intermedia tra la densità della Lituania (38,1) e quella dell'Estonia (23,9); lo stesso si dica per l'incremento annuo (in media 13.360 persone nel quinquennio 1921-25 e 10.492 in quello successivo), che risulta dalla differenza tra i nati (1921-25: 21,8 per mille; 1931: 19,3) e i morti (1921-25: 14,6 per mille; 1931: 14,0), per il quale la Lettonia è preceduta dalla Lituania, che ha una natalità molto alta, mentre precede di molto l'Estonia che segna invece cifre fra le più basse d'Europa. Il coefficiente d'aumento è del resto assai diverso da zona a zona e mentre è solo dell'1,6 per mille a Riga e in Livonia (1931), sale a 12,9 in Letgallia (che ha una natalità molto elevata, 26,9 per mille). Senza le perdite causate dalla guerra (emigrazione di operai verso l'interno della Russia, esodo di Tedeschi, elevata mortalità), la Lettonia che nel 1897 aveva già un milione e 926 mila abitanti e due milioni e mezzo nel 1914, dovrebbe avere circa 3 milioni di abitanti. Scarsissima è l'emigrazione (55 mila Lettoni vivono negli Stati Uniti, 3500 nel Canada, 15 mila nello stato di San Paolo del Brasile) mentre invece notevoli sono le migrazioni interne dalla prolifica Letgallia verso Riga e la regione di Jelgava.
Quanto a nazionalità (il censimento tien conto della tautība "nazionalità etnica") le minoranze costituiscono circa un quarto della popolazione totale, essendo i Lettoni ora soltanto il 73,4% (circa 68,8% nel 1897). Minori quantità di Lettoni vivono in Letgallia (56,6%) e a Riga (60,3), come pure nelle città (62,4%). Il distretto dove la popolazione è più mista è quello di Ilukste, sulla sinistra della Daugava, presso il confine polacco-lituano; i Lettoni sono appena il 52,3%, contro 18,4 Russi, 11,4 Polacchi, 9, 1 Biancorussi, 5,8 Lituani; è tuttavia da tener conto che nel 1897 (all'epoca dell'ultimo censimento russo) il mescolamento era ancora maggiore. La minoranza più ingente, di poco superiore a un decimo della popolaziona totale (10,7%), è costituita da Russi, che vivono numerosi nei distretti di confine della Letgallia (per lo più contadini) e a Riga (35 mila: profughi e commercianti). Seguono gli Ebrei, che sono ora solo il 5 per cento (95 mila, contro 142 mila nel 1897, pari al 7,4%) e vivono di preferenza nelle città; a Riga sono l'11,2% dell'intera popolazione, a Daugavpils il 27% (ma ben 46% nel 1897), a Rēzekne il 28,2, a Ludza il 30,5, a Krāslava il 36,2, mentre nei piccoli centri di Preiḷi e di Varakḷāni costituiscono oltre la metà della popolazione. Vengono al quarto posto i Tedeschi, che sono ora circa 70 mila (3,7%), contro 135 mila nel 1881 e 115 mila nel 1897; la grande maggioranza di essi vive nelle città, per più di metà a Riga, quindi in Curlandia, specie a Liepāja e-a Kuldīga; prima della guerra erano grandi proprietarî, industriali, funzionarî, medici; ora sono piccoli proprietarî e professionisti. Vi sono poi ancora 36 mila Biancorussi, per due terzi in Letgallia, 26 mila Lituani, per due terzi in Semigallia e per un quarto a Riga, e qualche migliaio d'Estoni. Una piccola parte di questi è costituita da alcuni gruppi di Livi, di alta statura, per lo più pescatori e marinai, che vivono misti a Lettoni in 12 villaggi lungo una stretta fascia costiera dalle due parti di Capo Kolkas.
La situazione più prossima alla Russia e alla Polonia della Letgallia si rispecchia anche nel più alto analfabetismo: nel 1930 solo il 67, 1% della popolazione di età superiore ai 10 anni sapeva infatti leggere, contro 95,3 a Riga e 95,4 in Livonia (più prossima alle condizioni dell'Estonia). In tutto lo stato sapevano leggere nel 1930 86,7 persone su cento. Nello stesso anno esistevano 2083 scuole primarie (i scuola ogni 912 ab.) con quasi 200 mila allievi. Riga, che fino al 1919 aveva avuto soltanto un Politecnico, è ora sede di una grande università, frequentata nel semestre estivo del 1931 da 8636 studenti (3066 nel 1920, 5881 nel 1923, 7086 nel 1926, 8175 nel 1929). L'istruzione appare maggiormente diffusa tra i Tedeschi e i Lettoni, meno invece tra i Polacchi e i Russi.
Quanto a professioni l'agricoltura è anche qui, come negli altri due stati baltici, di gran lunga prevalente (68,3% delle persone attive), seguita dall'industria (11,1), dal commercio (4,8), dal traffico (2,5); vengono quindi le persone occupate nella difesa dello stato (2,5), nell'amministrazione (1,7) e nelle professioni libere (1,3).
Distribuzione della popolazione e insediamento. - La popolazione è distribuita in Lettonia in modo abbastanza uniforme. Densità superiori alla media (28,9 abitanti per kmq.) si hanno in Letgallia, nella depressione di Riga-Jelgrava, nella Curlandia di SO.; inferiori alla media nel distretto di Jekabpils e nella Curlandia di NO. Su 19 distretti 12 hanno una popolazione tra 15 e 20 ab. per kmq., tre fra 20 e 30, tre fra 30 e 40 e solo uno con più di 40 (Daugavpils). Per molti riguardi l'insediamento rispecchia le vicende del paese. Prima della guerra nei luoghi commercialmente più importanti, dove facile era la difesa e nei luoghi più pittoreschi, erano sorti dei castelli e delle ampie fattorie di campagna, dimora dei latifondisti tedeschi; accanto era anche qualche azienda industriale e talora la scuola e la farmacia, in modo che i castelli avevano di solito 100-150 ab. e costituivano i nuclei da cui s'irradiava la coltivazione dei vasti possessi spettanti ai nobili. I contadini lettoni, piccoli proprietarî, risiedevano invece di preferenza nelle loro case di legno (maja), per lo più isolate, abbastanza ampie. Nel dopoguerra la fisionomia è alquanto mutata, perché i possessi della nobiltà sono stati divisi, le loro abitazioni trasformate in scuole o in edifici pubblici e sono sorte numerosissime nuove abitazioni, per lo più di legno. Piccolo è il numero dei villaggi (sadra o ciems), diffusi di preferenza nelle zone periferiche, per influenza tedesca o russa. In questi ultimi è frequente ancora l'uso di conservare la proprietà comune. I centri con popolazione superiore ai 500 ab. sono in tutto 58, di cui 22 in Livonia, 13 in Curlandia, 11 in Semigallia, 12 in Letgallia. In quelli con più di 2000 ab. (che sono 33) viveva nel 1930 il 34,9% della popolazione, un po' meno che nel 1914 (40,3%), quando la Lettonia aveva raggiunto un discreto sviluppo industriale, un po' più che nel 1897 (29,2, quando la regione era ancora prevalentemente agricola. Tra i centri maggiori, oltre a Riga, capitale dello stato, Liepāja, Daugavpils, Jelgava, Ventspils e Rēzekne, si può ricordare in Livonia Valmiera (ab. 8368), capoluogo della vasta regione agricola di NE., Cēsis (ab. 7692), nel secolo XV residenza del Maestro dell'Ordine di Livonia (grandi rovine del castello), nel 1918-19 sede del governo provvisorio lettone e luogo di svolgimento dell'ultimo combattimento per la liberazione del paese, Sloka (abitanti 5285), sul Lielupe, 30 km. a O. di Riga; in Curlandia Kuldīga (ab. 6921, di cui 1200 Tedeschi), sul Veņta, antica fortezza dell'Ordine; in Semigallia Tukums (ab. 7658), al limite di NE. della depressione di Riga-Jelgava, Jekabpils (ab. 5602) e Grīva (abitanti 5282) entrambi sulla riva sinistra della Daugava e in fine in Letgallia Ludza (5359 ab., di cui 1650 Ebrei e 1300 Russi), in zona lacustre, a 30 km. dal confine russo.
Condizioni economiche. - Rispetto all'anteguerra l'economia lettone è notevolmente mutata. Come parte della Russia essa costituiva un'importante zona di transito e l'esportazione di molti prodotti agricoli e forestali permetteva che le navi potessero venir caricate di materie prime, nel ritorno, pagando bassi noli, in modo che alcune località costiere, soprattutto Riga, avevano potuto svilupparsi anche industrialmente, lavorando per il mercato russo. Divenuta indipendente, la Lettonia ha dovuto far conto solo delle proprie risorse e ha trovato una riserva vitale di energie nel lavoro dei campi. Dato però che la proprietà di questi era in parte nelle mani dei baroni baltici (d'origine tedesca) è stata predisposta una vasta riforma agraria, che ha avuto ad un tempo fini nazionali e sociali, dissuadendo il contadino lettone da idee comuniste.
Nel 1918 circa metà delle terre (3 milioni di ha.) era nelle mani di 1300 persone, che avevano una proprietà media di 1000-1500 ha.; i contadini possedevano il 39% del territorio, lo stato l'11%, la chiesa il 2%. La legge, entrata in vigore il 16 settembre 1920, dispose che le proprietà superiori ai 50 ha. (con un limite massimo di 100 per chi coltiva personalmente), dovevano essere cedute al fondo statale, creato appositamente per distribuire le terre a chi ne era privo. L'estensione massima delle nuove proprietà venne fissato a 22 ha. Il fondo incamerò circa 3 milioni e 700 mila ha. (81% ceduti dai grandi proprietarî, 17% da terre della Corona, 2% da enti ecclesiastici): metà fu conservata dallo stato (foreste, paludi, acque), il resto fu distribuito ai contadini. Ora esistono circa 200 mila proprietà, di cui 60 mila del tutto nuove, con una superficie media di 14,8 ha., che è sufficiente al mantenimento d'una famiglia agricola. I possibili danni d'un eccessivo frazionamento e d'una limitata disponibilità di capitali sono stati, in parte almeno, attenuati, facendo appello allo spirito di cooperazione.
L'estensione dei seminativi è nel complesso, in rapporto con la latitudine, abbastanza alta, in quanto copre il 31,5% del territorio. La Lettonia si trova anche per questo in posizione intermedia tra la Lituania, dove le condizioni sono migliori (49,2%) e l'Estonia dove le minori quantità di terreno arabile (21,7%) rispecchiano la sua situazione più settentrionale. Più alta che negli stati vicini è la zona coperta da boschi (26,8%), mentre per i prati (14,4%) e per i pascoli (13,4%) è superata dall'Estonia, ma supera di poco la Lituania. I terreni sterili coprono circa un settimo della superficie totale. Migliori condizioni per l'agricoltura si riscontrano in Semigallia (specie nella zona tra Daugavpils e Jaunlatgale e tra Daugapvils e Ludza) e in Letgallia (specie a N. e ad O. di Jelgava).
Prima della guerra i cereali erano nella Russia molto a buon mercato e quindi era poco conveniente intensificare la coltura in questa zona più settentrionale, soggetta a notevoli variazioni climatiche. I grandi proprietarî preferivano quindi l'allevamento, oppure coltivavano segala ed orzo in modo estensivo. Il nuovo stato, pur mirando a conservare nei limiti dell'anteguerra la produzione dei cereali, dando la preferenza al frumento piuttosto che alla segala, ha posto maggior importanza nei prodotti animali, valorizzando la produzione del burro. Si è per questo mantenuta alta l'estensione di terreno coltivata ad avena, che occupa poco meno d'un terzo dei seminativi. Il rendimento medio per ha., risulta però ancora assai basso e pressoché eguale all'anteguerra. Notevolissime poi le oscillazioni da un anno all'altro: basterà ricordare che la segala ha dato nel 1930 un rendimento medio di 13,7 q. per ettaro e solo 6, 1 nel 1931 e che la patata ha dato 130,8 quintali nel 1929 contro 40, 1 nel 1928. Un prodotto che aveva un tempo, specie nei primi anni del dopoguerra, grandissima importanza come articolo di esportazione, ma che ora è in regresso per il declino dei prezzi sul mercato mondiale, è il lino, che è monopolio di stato. L'allevamento, che risente assai meno delle variazioni climatiche e può trovare migliori possibilità di smercio, ha potuto svilupparsi abbastanza bene, e supera ora per quantità il numero prebellico di capi.
I boschi coprono il 26,8% del territorio, con una superficie (16.592 kmq.) lievemente inferiore all'anteguerra. Lo stato è proprietario dei quattro quinti, privati e comunità del resto, il primo sotto forma di grandi estensioni, gli altri di piccoli appezzamenti, in genere poco redditizî. Il 78% è formato da conifere, il 22% da latifoglie. Estensioni superiori al 45% del territorio si hanno nella regione di Ventspils e di Kuldīga, a E. della foce della Daugava, nella pianura di Lubāna e nei dintorni di Valka. Lo stato fornisce il legno agli abitanti, nei limiti del bisogno, a prezzo ridotto, sia quello che serve per la costruzione di case, sia quello per il riscaldamento. Nell'ultimo decennio lo stato ha avuto a sua disposizione ogni anno in media 3 milioni di mc. di legno da costruzione, 1,7 milioni di mc. di legno da ardere, e 140 mila mc. di rami e legno minuto; il legno migliore in parte è stato esportato.
Quanto a ricchezze minerarie la Lettonia è poveramente provvista. È da ricordare solo il calcare permico che serve per fabbricare cemento, qualche deposito di gesso, le argille usate per mattoni e tegole, i calcari dolomitici impiegati per costruzione, alcune sorgenti solforose (a Barbele, Baldone, Kemeri). L'ambra, un tempo abbastanza abbondante, si trova ora solo di rado presso Liepāja. Innumerevoli i depositi di torba, per ora poco utilizzati.
L'industria aveva raggiunto nel 1914 uno sviluppo molto notevole, in parte per le favorevoli condizioni naturali (zona costiera di un grandissimo stato agrario), in parte per i vantaggi accordati con premî e tariffe (politica del conte Witte), né bisogna dimenticare l'influenza che aveva la vicinanza della capitale (Pietroburgo) e l'attività di molti imprenditori tedeschi. La guerra ha in parte distrutto le fabbriche, le macchine sono state trasportate in Russia, gli operai sono emigrati e Riga, massimo centro industriale del paese, dove erano concentrati i quattro quinti delle imprese, è diminuita da 515 mila ab. nel 1914, a 210 mila nel 1917-18. Poi l'industria è risorta, senza però avere l'importanza di un tempo, avendo dovuto adeguarsi ai bisogni del mercato interno.
L'industria delle macchine e dei metalli (specie vagoni, macchine agricole), che prima della guerra aveva di gran lunga la preminenza, è assai meno importante, come pure l'industria tessile e quella chimica (caucciù). Al primo posto è ora l'industria che lavora prodotti alimentari (specie burro) e lievemente in progresso è la lavorazione del legname. Circa 41 mila persone sono occupate in imprese superiori a 50 addetti, 9200 in imprese con 20-49 addetti, il resto in imprese minori. I due terzi delle imprese sono ora concentrati a Riga; le maggiori sono le fabbriche di vagoni (Phoenix) e quelle di caucciù (Provodnik); a Jelgava vi è un importante linificio e uno zuccherificio, a Liepāja officine metallurgiche (Becker), a Ventspils alcune segherie.
Gli scambi con l'estero non presentano un bilancio favorevole alla Lettonia, essendo le esportazioni costantemene inferiori alle importazioni. Ciò dipende sia dalle condizioni precarie dell'agricoltura e dall'ancora insufficiente esportazione di prodotti animali, sia dalla richiesta piuttosto ingente di prodotti stranieri, che è in rapporto con un livello di vita alquanto più elevato che in Lituania (connesso a sua volta col maggior numero di centri urbani). Il movimento complessivo degli scambî, che fino al 1929 era stato costantemente in aumento, comincia poi a declinare sia come volume sia come prezzi, ritornando alle cifre del 1922-23.
Circa i tre quinti delle esportazioni (1926-30) consistono in tre prodotti: legname (29,7 del valore), burro (20,7) e lino (9,6), questo ultimo ora in diminuzione, mentre aumenta costantemente l'esportazione di burro, salita nel 1931 a 18.740 tonn. L'importazione, che abbraccia un numero assai grande di merci, per metà del valore consiste in prodotti lavorati, specie tessili, filati, macchine, concimi, prodotti chimici, benzina, apparati elettrici. Tra i paesi che comprano merci in Lettonia è al primo posto la Germania (1921-27% del valore), quindi la Gran Bretagna (24,4), la U.R.S.S. (20,2), poi il Belgio (7,5) e la Francia (4,7). Tra i paesi che vendono merci alla Lettonia è pure al primo posto la Germania (37,1%), quindi la Russia (9,3), la Polonia (9,2), la Gran Bretagna (8,5). Gli scambî sono notevolmente a favore della Lettonia nei confronti con la Gran Bretagna e con l'U.R.S.S., sono invece a sfavore nei confronti con la Germania e la Polonia.
Comunicazioni e porti. - La Lettonia aveva nell'anteguerra notevole importanza per il commercio di transito, come appare dal fatto che nel 1913 attraverso i tre porti lettoni di Riga, Ventspils e Liepāja è passato il 28,2% delle esportazioni totali russe (per 348 milioni di rubli) e il 20,6% delle importazioni (236,8 milioni). In questi ultimi anni è ricominciato il transito di merci estere (845 mila tonn. nel 1927 e 919 mila nel 1931) in modo che il porto di Riga ha visto crescere il suo traffico fino a metà circa del prebellico, al pari di Ventspils, mentre Liepāja è ancora lontana dalle cifre dell'anteguerra.
Le comunicazioni interne rispecchiano ancora per molti riguardi le vicende del paese. Le principali linee ferroviarie sono state costruite per aprire al retroterra i porti del Baltico e lo scartamento era quello russo (1524 mm.). Durante la guerra mondiale i Tedeschi hanno trasformato una parte delle ferrovie della Curlandia nello scartamento normale (1435 mm.) e hanno costruito alcune nuove linee a scartamento ridotto, in modo che ora la Lettonia, su 2755,7 km. di linee (13,7 per ogni 10 mila ab. e 4,2 per ogni 100 kmq.), ne ha circa tre quarti a scartamento largo (1746 km.), 319 a scartamento normale, 49 a scartamento di 1000 mm., 365 di 750 mm., e 394 di 600 mm. Qualche linea di maggiore importanza ha tratti paralleli a scartamento diverso. Il fatto che la rete sia stata costruita a servizio della Russia, spiega facilmente come le comunicazioni tra le diverse parti del nuovo stato siano talora assai poco agevoli, specie tra la parte occidentale e l'orientale. Si aggiunga che le linee di frontiera hanno qua e là tagliato le ferrovie, in modo che da Jelgava a Liepāja, prima che fosse costruita (1930-31) una nuova linea più settentrionale, era necessario passare per il territorio lituano. Per ovviare a questi inconvenienti si è cercato anche di dare grande diffusione ai servizî automobilistici: nel 1931 funzionavano 144 linee che servivano una rete di 6518 km. Esistono nel paese 3855 automobili. La rete stradale, alquanto migliore che in Lituania, ma appena mediocre d'autunno e di primavera, è lunga 30.692 km., di cui 8320 mantenuti dallo stato. La navigazione interna, sia per i caratteri della rete (rapide, banchi di sabbia, lunghe divagazioni, portate variabili), sia per le condizioni climatiche (ghiacci invernali), non offre condizioni gran che favorevoli. Un servizio passeggeri con battelli è fatto sul Lielupe, tra Riga e Jelgava.
Marina mercantile. - Alla data della dichiarazione d'indipendenza (1918) il tonnellaggio immatricolato nei quattro porti di Riga, Liepāja, Ventspils, Ainaži, che, nel 1914, era di circa 127.000 tonn. lorde, si trovava quasi distrutto essendo la flotta ridotta a 45 navi per 11.146 tonn. lorde. Ma in quattordici anni si è avuta la ricostruzione poiché (Lloyd's Register, 1932-33) la flotta conta 114 navi (superiori a 100 tonn. unitarie) per tonn. 188.479, quasi tutte a vapore. Diciotto di tali navi superano le 2000 tonn. unitarie. La ricostruzione si è però verificata mediante acquisti all'estero poiché i cantieri lettoni, tecnicamente e finanziariamente insufficienti, vi cooperarono in minima parte. Il governo non ha potuto finanziare che in misura minima l'armamento, dapprima concedendo mutui agli armatori (per un complesso di lat 1.584.037, dal 1919 al 1924), e nel 1924 creando la Banca ipotecaria di stato; con i mutui da questa concessi si è raggiunto un complesso di oltre 21/2 milioni di lat; tasso 61/2% rimborso in sei anni. Nel 1929 è stato riservato il cabotaggio alla bandiera; nel 1930 il governo ha concesso l'introduzione in franchigia di alcuni materiali per costruzioni navali.
Aviazione civile. - È controllata dal Consiglio dell'aria. Nel 1921 si è costituita la Società dei servizî aerei lettoni (Latvijas Caisa Satiksmes Akciju Sabiedriba) la quale, sino al 1926, ha gestito le linee aeree Riga-Königsberg e Riga-Helsinki. Dopo lo scioglimento di questa società, nel maggio del 1926 è stata fondata a Riga la società "Deruluft", la quale gestisce le linee Riga-Berlino e Riga-Mosca con apparecchi Dornier Merkur e le linee Riga-Tallinn e Riga-Leningrado con apparecchi Junkers F. 13.
L'aeroporto militare di Spilve, presso Riga, è situato sulla sponda sinistra del fiume Daugava, e parte di esso viene adoperato dagli apparecchi civili. La porzione riservata ad uso civile è situata a SO. del campo.
Al di fuori degli aeroporti militari, nella Lettonia non esistono aeroporti esclusivamente civili.
Bibl.: Manca un'opera moderna che dia una descrizione completa del paese. L'opera più importante resta ancora quella di K. R. Kupffer, Baltische Heimatkunde, Riga 1911, con atlante di 28 tavole, pubblicata con l'ausilio di alcuni specialisti, la quale è però destinata a dare una descrizione delle Provincie baltiche nel loro assetto d'anteguerra e talora da un punto di vista troppo germanico. Essa può venire aggiornata col volume di M. Skujenieks, Latvija zeme un iedzivotāji, Riga 1927, 3ª ed. Buon materiale, anche se qua e là ormai superato, contiene pure l'opera di F. Mager, Kurland. Eine allgemeine Siedlungs-, Verkehrs- und Wirtschaftsgeographie, Amburgo 1921, che descrive però soltanto la parte sulla sinistra della Daugava. Prevalentemente storico è il volumetto di V. Tornius Die Baltischen Provinzen, Lipsia 1918, mentre dànno una breve descrizione generale del paese, nei suoi limiti odierni, il volumetto di A. Bihlmans, La Lettonie d'aujourd'hui, son développement historique et sa situation actuelle, Riga 1929, basato su dati ufficiali, e quello di M. Segreste, La Lettonie, Parigi 1930 (coll. Les états contemporains). Sono inoltre da vedere le pagine dedicate alla Lettonia negli scritti di M. Friederichssen, Finnland, Estland und Lettland, Litauern, Breslavia 1924; H. Mortensen, Estland, Lettland und Liteuen (in Andree, Hiderich e Sieger, Geographie des Welthandels, Vienna 1926, I); M. Haltenberger, Die Baltischen Länder, Lipsia e Vienna 1929 (in Enzyklopädie der Erdkunde); E. G. Woods, The Baltic Region: a study in physical and human geography, Londra 1932. Utile è anche l'articolo di F. Adamovičs, Kurzer Überlick über die Geographie Lettlands, nel volume miscellaneo Die Letten. Aufsätze über Geschichte, Sprache und Kultur der alten Letten, Riga 1930. Cfr. anche E. Migliorini, Note geografiche sulle condizioni attuali degli Stati Baltici, II: Lettonia, in Bollettino della R. Società geografica italiana, 1933 (con molte indicazioni bibliogafiche). Per la parte economica, oltre allo scritto di E. Hediger, La Lettonia economica. Saggio sul risorgimento economico e lo stato odierno della repubblica lettone, Roma 1923, ormai invecchiato, ma pur sempre utile per conoscere le tristi condizioni dell'immediato dopoguerra, si veda A. Salts, Lettlands Wirtschafts- und Wirtschaftspolitik, Riga 1930, i fascicoli del Latvian Economist pubblicati da J. Bokalders, il capitolo sulla Lettonia nel volume di F. Kürbs, Die osteuropäischen Staaten als Staats- und Wirtschaftskörper, Stoccarda 1931. Copiosi dati si potranno ricavare anche dall'Annuario statistico lettone (Latvijas Statistikā Gada Grāmata), che è corredato da una serie di grafici e dicartine; esso è stato pubblicato nel 1933 il vol. XIII (con i dati del 1932). È in corso di esecuzione una carta generale dello stato alla scala 1:75.000, che comprenderà 111 fogli, di cui oltre la metà già pubblicati.
Ordinamento dello stato.
Ordinamento politico. - La repubblica di Lettonia, proclamata il 27 maggio 1920, è stata riconosciuta di diritto l'11 agosto 1920 dalla Russia sovietica; il 26 gennaio 1921 (per iniziativa dell'Italia) dalle principali potenze alleate, dalla Polonia e dalla Finlandia; il 1 febbraio dalla Germania e poi successivamente da tutti gli stati. Fu ammessa il 22 settembre 1921 nella Società delle Nazioni.
Il territorio dello stato è diviso in quattro regioni (Livonia al nord, Curlandia a ovest, Semigallia al sud e Letgallia a est). La sovranità risiede nel popolo, che la esercita per mezzo della dieta (Saeima) eletta a suffragio universale, eguale, diretto, segreto e proporzionale; il presidente della repubblica è eletto dalla dieta per tre anni e non può essere rieletto di seguito che una volta; lo scioglimento della dieta, il cui mandato dura tre anni, può essere deciso per referendum popolare provocato dal presidente della repubblica; il governo è formato e presieduto da una persona, designata dal presidente della repubblica.
Culti. - La grande maggioranza della popolazione è composta di luterani, che hanno un vescovo di lingua lettone e uno di lingua tedesca. I cattolici, che vengono subito dopo, dipendono dall'arcivescovato di Riga (fondato nel sec. XIII, ma ristabilito come vescovato cattolico nel 1918 e promosso ad arcivescovato nel 1923), immediatamente soggetto alla Santa Sede: sono più numerosi nella Letgallia e in una parte della Curlandia. Gruppi greco-ortodossi sono soprattutto a Riga, a Ventspils e nella parte sud-est della Livonia. Secondo il censimento del 1930 si avevano: luterani, 1.057.877; altri protestanti, 17.069; cattolici, 450.210; greco-ortodossi, 169.625; vecchi cattolici, 96.802; ebrei, 93.741; altri 14.721.
Forze armate. - Esercito. - Nel 1930 il bilancio della guerra prevedeva 39.200.000 lat (pari a 144.256.000 lire italiane) e corrispondenti al 23,7% del bilancio generale dello Stato. La forza bilanciata comprendeva, alla stessa data, 20.500 uomini. L'esercito lettone consta di 5 divisioni (di cui 4 di fanteria e 1 tecnica) e truppe dipendenti dall'ispettorato di artiglieria. La divisione di fanteria si compone di 3 reggimenti di fanteria (ciascuno: 1 compagnia collegamenti, 1 compagnia armi d'accompagnamento, 1 compagnia allievi sottufficiali, 2 a 3 battaglioni) e 1 reggimento d' artiglieria da campagna (su 2 gruppi, ognuno di 2 batterie cannoni e 1 batteria obici). La divisione tecnica è costituita dalle truppe non indivisionate, ad eccezione di quelle dipendenti dall'ispettorato d'artiglieria, al quale fanno capo tutta l'artiglieria (meno la specialità da campagna) e i carri armati.
Le truppe comprendono: fanteria (12 reggimenti); cavalleria (i reggimento); artiglieria (4 reggimenti da campagna; 1 reggimento pesante con un gruppo controaerei, 1 gruppo da costa); genio (i reggimento zappatori, 1 battaglione elettrotecnici); carri d'assalto e autoblindomitragliatrici (i reggimento).
Il servizio militare è obbligatorio, dal 21° al 50° anno d'età (12-15 mesi alle armi; 3 anni in congedo, a disposizione del Ministero della guerra; 15 anni nella riserva; i rimanenti anni nell'esercito territoriale). La ferma è di 12 mesi per la fanteria, di 15 per le altre armi. L. Cha.
Aviazione militare. - Si compone della forza di terra ("reggimento d'aviazione") e di quella di mare ("divisione aeronautica della marina"). Entrambe dipendono dall'ispettore dell'aviazione e sono divise in squadriglie, ciascuna equipaggiata con un proprio tipo di apparecchio.
Tutto il personale piloti e specializzati frequenta uno speciale corso di studî presso la scuola d'aviazione di Riga, unita al reggimento d'aviazione. I tipi di apparecchi in servizio sono l'Avro 504, il B.F.W. "Flamingo" e l'italiano S.V.A. Il comando della forza aerea di terra si trova a Riga e quello della forza aerea di mare a Liepāja. Gli aeroporti della Lettonia sono: Riga, Daugavpils, Krustpils, e Rēzekne.
Marina militare. - La marina militare della Lettonia, creata al sorgere della repubblica, si sta lentamente organizzando e ingrandendo con acquisti di unità all'estero. Essa comprende (1933) le seguenti unità: 2 sommergibili, Ronis e Spidola, varati in Francia nel 1926, di 390-515 tonn. e 14-10 nodi, armati con 6 tubi di lancio, di cui due prodieri e due binati brandeggiabili a gabbia in coperta, e un cannone da 76: aventi un'autonomia di 1600 miglia in emersione; 1 posamine, Virsaitis (ex-tedesco, varato nel 1917, affondato sulle coste della Lettonia durante la guerra e sollevato e rimesso in efficienza nel 1921) da 525 tonn. e 17 nodi, armato con 2-88, 2-57 e 4 mitragliere; 2 posamine-dragamine, Viesturs e Imanta, varati in Francia nel 1926, da 255 tonn. e 14 nodi, armati con 1-76 e 4 mitragliere; 1 nave-appoggio sommergibili, Varonis, varata nel 1909 da 45o tonn.; 1 nave-scuola cannonieri, Artillerists, 1 nave idrografica e 1 rompighiaccio, Krišānis Waldemaras, varato nel 1925, da 225o tonn. e 14 nodi.
Gli effettivi della marina ascendono a 45o uomini (ufficiali, sott'ufficiali e comuni) volontarî e a 20o uomini di leva.
Finanze. - Bilanci e debito pubblico. - II bilancio della Lettonia si basa soprattutto sui dazî doganali (che da soli dànno circa 1/4 dell'entrata complessiva), sui monopolî fiscali (specie su quello degli spiriti) e sulle tasse di consumo e di bollo; le imposte dirette hanno invece scarsa importanza. I maggiori capitoli di spesa sono per la difesa nazionale, per l'istruzione pubblica e per l'assistenza sociale.
La diminuzione delle entrate in questi ultimi anni è stata fronteggiata con drastici provvedimenti di economia. Contemporaneamente si è verificato però un aumento del debito pubblico, che da 84 milioni di lat al 1° giugno 1928 è salito a 106,5 milioni al 1° aprile 1932, di cui 900 mila lat rappresentati da debito interno e 105,6 milioni da debito estero (Stati Uniti, Gran Bretagna, ecc.).
Moneta e credito. - L'unità monetaria è il lat (pari a un franco oro) introdotto nel gennaio 1923 in sostituzione del rublo carta che era stato la prima moneta della repubblica lettone, ma aveva in breve tempo perduto gran parte del suo valore, tanto che fu ritirato dalla circolazione al cambio di 5o rubli per 1 lat. La circolazione è composta di biglietti di banca e di stato, di monete d'argento e di monete divisionali. L'emissione di biglietti da parte della Banca di Lettonia, in funzione dal 1° novembre 1922, è strettamente limitata dalla riserva che deve essere al minimo del 50%; i biglietti sono convertibili in oro su domanda. Al 31 dicembre 1932 i biglietti di stato e di banca in circolazione ammontavano a 68 milioni di lat; alla stessa data la riserva constava di 36 milioni d'oro e 12 di divise estere.
La Lettonia ha tre banche di stato: la Banca di Lettonia, che, oltre ad essere la banca di emissione, ha anche funzioni ordinarie di credito e in questi anni ha svolto una grande attività nel campo del commercio estero; la Banca agraria, istituita nel 1922, e la Banca ipotecaria, istituita nel 1924. Tra gl'istituti di credito privati ha una particolare importanza la Banca commerciale di Riga, fondata nel 1871, e, tra quelli sorti in questi ultimi anni notiamo la Banca cooperativa di transito, la Banca mercantile di Riga, la Banca privata di Lettonia, la Banca anonima lettone e la Banca internazionale di Riga.
Storia.
La Lettonia come organismo statale sorge soltanto nel 1918. Le tribù lettoni che abitavano il territorio dell'odierna repubblica, insieme con altre popolazioni di nazionalità diversa, stettero, a partire dal sec. XII, sotto la dominazione straniera, organizzate in due stati distinti, la Livonia (v.) e la Curlandia (v.), venuti da ultimo in potere della Russia, il primo con la pace di Ingolstadt del 1721 e il secondo con la divisione della Polonia del 1795.
Il movimento nazionale lettone cominciò nella seconda metà del sec. XIX: la Russia zarista lo aveva costantemente combattuto sostenendo contro la popolazione i nobili latifondisti tedeschi. Quando negli altri territori erano state concesse le autonomie locali (zemstvo), in Lettonia, come nel resto delle provincie baltiche, continuarono ad esistere le assemblee della nobiltà; al momento dell'emancipazione dei contadini, quelli delle provincie baltiche, a differenza degli altri, non avevano avuto la terra. La prima affermazione dei nazionalisti lettoni si ebbe durante la rivoluzione del 1905: varî congressi reclamarono riforme politiche e sociali, decisero d' introdurre la lingua lettone nell' amministrazione e nella scuola; ma dopo poche settimane venne una severa repressione e fino alla guerra mondiale le cose durarono immutate. Nel 1915, al momento dell'invasione tedesca nelle provincie baltiche, il governo russo promise alla Lettonia un'autonomia, che di fatto non fu mai concessa, e autorizzò la costituzione di unità lettoni. Nel settembre 1917, allo sfacelo dell'esercito russo, i Tedeschi occuparono Riga e quasi tutto il territorio lettone. Il I8 novembre, dopo che i bolscevichi si erano impadroniti del potere a Pietrogrado, si costituì a Valka un Consiglio nazionale, che inviò uno dei suoi membri, Z. A. Meierovics, a Londra e a Parigi: contemporaneamente, nella parte occupata dai Tedeschi, si costituì un blocco democratico, diretto da Karlis Ulmanis. Il trattato di Brest-Litovsk (3 marzo 1918) creava uno stato comprendente la Livonia e l'Estonia sotto l'alta sovranità tedesca, mentre la Curlandia diveniva un ducato, legato con unione personale alla Prussia; ma la disfatta degl' Imperi centrali lo fece rimanere lettera morta.
Il 18 novembre 1918 il Consiglio nazionale, d'accordo col blocco democratico, proclamò l'indipendenza della Lettonia nelle sue frontiere etnografiche (Curlandia, Livonia e Letgallia) e costituì un governo provvisorio, presieduto da Ulmanis. La situazione del paese era peró delle più critiche: esso era preso come in una morsa dalle forze dei bolscevichi, a cui erano passate anche alcune unità lettoni, e da quelle germaniche (corpo del gen. von der Goltz), rimaste nelle provincie baltiche per sostenere gl' interessi dei baroni tedeschi. L'esercito rosso prese Riga (3 gennaio 1919) e poi Mitau (Jelgava): il governo provvisorio riparò a Libau (Liepāja), sola città importantc salvatasi dall'invasione, e organizzò alcuni reparti di volontarî che, all'inizio della primavera, rioccuparono quasi tutta la Curlandia fin oltre Jelgava. Allora un colpo di mano effettuato dalla Landswehr, milizia tedesca, organizzata dai nobili con la connivenza di von der Goltz, rovesciò il governo provvisorio, che si rifugiò a bordo del vapore Saratov sotto la protezione di una squadra inglese e ne formò un altro, presieduto dal pastore Needra, che poté reggersi soltanto alcune settimane. Altre unità lettoni, costituite verso il nord, agendo di conserva con forze estoni, respinsero dapprima i bolscevichi dalla Livonia, s'incontrarono poi coi Germano-balti, che sconfissero a Wendeu (Cēsis), e occuparono Riga, dove ritornò il governo provvisorio. Il gen. von der Goltz dovette sgombrare la Lettonia, per ingiunzione del Consiglo supremo di Parigi, ma lasciò il comando della Landswehr, a cui si unirono gli avanzi di un corpo russo bianco del principe A. Lieven, all' avventuriero russo col. Avalov-Bermondt; questi tentò nell' autunno di impadronirsi di Riga, ma fu respinto e dovette sciogliere le sue truppe. Nei primi mesi del 1920, l'esercito lettone, con l'aiuto di quello polacco, ricacciò i bolscevichi dalla Letgallia, compiendo la liberazione del territorio nazionale.
Una Costituente, riunita il 1 maggio, proclamò l'indipendenza della repubblica lettone (27 maggio), approvò dapprima una costituzione provvisoria (1 giugno 1920) e poi quella definitiva (15 febbraio 1922), che entrò in vigore il 7 novembre 1922.
II 16 settembre 1920 la Costituente stessa votò la legge sulla riforma agraria, per cui tutte le terre dei latifondisti (circa la metà del totale), quelle demaniali (il 10%) e quelle del clero (poco più dell'1%) dovevano essere divise fra i contadini: gli antichi proprietarî e le parrocchie potevano conservare solo da 5o a 100 ettari con gli edifici. La questione dell'indennità da attribuire agli antichi proprietarî fu riservata a una disposizione ulteriore e risolta molto radicalmente dalla legge del 14 aprile 1924, la quale negò ogni indennità, meno il pagamento dei debiti ipotecarî.
Ulmanis, che era a capo del governo dal novembre 1918, si dimise nel giugno 1921, perché i contadini erano malcontenti del modo in cui procedeva l'applicazione della riforma agraria. Gli succedette Meierovics, il quale, con una breve interruzione nel 1923, rimase al potere fino al gennaio 1924 mentre il 7 novembre 1922, dopo l'entrata in vigore della costituzione definitiva, Jānis Cakste, che era presidente della Costituente, fu eletto all'unanimità presidente della repubblica e, rieletto nel 1925, conservò l'ufficio fino alla morte (4 marzo 1927). Il 22 agosto 1925 morì, per un incidente automobilistico, Meierovics, che nel dicembre 1924 era tornato al governo come ministro degli Affari esteri nel gabinetto Celmins. Mentre per circa otto anni i varî gabinetti lettoni si erano basati sopra una coalizione, in cui l'unione dei contadini aveva una parte preponderante, alla fine del 1926 se ne costituì uno, presieduto da Skujenieks, in cui prevalevano i socialisti moderati; ma esso dovette ritirarsi nel gennaio 1928 per le eccessive esigenze dei rappresentanti della minoranza russa, che facevano parte della maggioranza parlamentare, su cui si appoggiava.
Nell'aprile 1927, dopo la morte di Čakste, fu eletto presidente della repubblica J. Zamgalas, già vice-presidente del Consiglio nazionale, il quale fu a sua volta sostituito da A. Kviesis nell'aprile 1930.
Il compito precipuo del governo lettone dopo la sua costituzione è stato di stabilire durevoli relazioni con le potenze vicine, e in rapporto a questo fine, il 15 luglio 1920 la Lettonia concluse una convenzione per la ripresa delle relazioni normali con la Germania, la quale sconfessava Avalov-Bermondt; l'11 agosto successivo fece la pace con la Russia sovietica, che ne riconobbe l'indipendenza; definì le sue frontiere con l'Estonia mediante l'accordo del 30 luglio 1920, che le lasciò una parte della città di Valka con la stazione ferroviaria e quelle con la Lituania mediante l'accordo del 31 marzo 1921 ; il 3o maggio 1922 stipulò un concordato con la Santa Sede; il 1 novembre 1923 concluse con l' Estonia un'alleanza difensiva e una unione doganale, la cui attuazione fu poi regolata col trattato del 5 febbraio 1927; partecipò attivamente alla collaborazione degli stati baltici, ostacolata però dal conflitto polacco-lituano.
Bibl.: La Lettonie en 1921 (pubblicato dall'ufficio d'informazioni del Ministero degli affari esteri di Lettonia), Parigi 1922; La république de Lettonie (documents, traités et lois), Parigi 1922; M. Walters, le peuple letton, Riga 1926; M. Gravina, Il nuovo assetto del Baltico, in Attualità politiche, Milano 1926; A. Schwabe, Courte histoire agraire de la Lettonie, Riga 1926; A. Bihlmans, La Lettonie d'aujourd'hui, Riga 1929.
Etnografia e folklore.
Etnografia. - Si ritiene che nell'antichità indoeuropea Prussiani, Lettoni e Lituani fossero stanziati a nord degli Slavi e che circa nel 20o d. C. essi si trovassero nella regione del Baltico, riconoscibili per una propria cultura. Nel sec. XIII l'attuale Lettonia era abitata dalle stirpi dei Curi, Zemgali, Seli e Letgali; il nome complessivo di Lettoni comparve più tardi. L'odierna lingua scritta corrisponde al dialetto degli Zemgali. Il territorio occupato dai Lettoni è piuttosto pianeggiante e ancora adesso vi sono in abbondanza paludi e foreste. Questa circostanza rese possibile il persistere d'una cultura molto antica, nonostante i molteplici influssi civilizzatori che il paese subì nei secoli XIII e XIV come parte dei territorî appartenenti all'ordine teutonico e più tardi sotto il dominio svedese, quello polacco e quello russo.
La cultura nazionale di questo popolo è caratterizzata, come in generale per tutta l'Europa del NO., dal grande uso del legname fornito dalle abbondanti foreste.
Contro lupi e altri animali da preda sono ancora in uso trabocchetti formati da fosse con pali acuminati, cappî con molle di legno e anche recinti in cui l'animale stesso, avvicinandosi all'esca, provoca la chiusura automatica delle porte. Originariamente si cercavano le api selvatiche nei tronchi cavi degli alberi e si scavavano anche i tronchi per offrire alle api un ricovero. Da questo uso hanno avuto origine gli alveari in forma di rami d'albero ritti o giacenti. Gli abitati dei Lettoni consistono ancor oggi di fattorie preferibilmente sparse, nelle quali domina un sistema di vita patriarcale in comune con la servitù. Con l'aumento della popolazione ebbero luogo delle separazioni e si determinò un doppio tipo di vita economica in Curlandia e in Livonia, e si formarono anche piccoli villaggi basati su raggruppamenti di famiglie. Presso gli altri Lettoni, nella Livonia polacca, l'abitato in forma di villaggio costituisce la regola; ivi il villaggio prevale anche presso le coste e nelle zone di confine. La forma è quella di piccoli aggruppamenti e non di rado le fattorie sono disposte in file ravvicinate. Ma dal sec. XIX la popolazione, dovunque le antiche tradizioni di stanziamento glielo consentivano, è tornata alle abitazioni di paglia. Le costruzioni di terra e di muratura si adattano male al clima umido e al suolo acquitrinoso. Quasi dappertutto si costruiscono case di tronchi d' albero, adoperando i rami lunghi e diritti dell'abete bianco e del rosso; fin da tempi antichi è adoperato anche il legno di quercia. Per la copertura si usano grosse assi previamente spaccate o anche paglia, nel qual caso il tetto forma spioventi intorno al comignolo. In molti luoghi, le cucine estive hanno ancora la forma di tende coniche sostenute da pertiche e coperte di corteccia d'albero. La parte più antica della casa è l'ingresso, un tempo riscaldato con fuoco libero; ma oggi esso si è trasformato in cucina, con pareti di muratura e camino a forma d'imbuto, costruito sul modello tedesco. A questo vano è annessa una stanza. Nelle case in cui è sistemata alla maniera dell'Europa orientale, questa stanza possiede una stufa che viene riscaldata dall'ingresso. Le pareti lasciano visibili le rozze travi squadrate, che però in occasione di nozze sono coperte con tela di lino bianca, in sostituzione dell'antico uso di arazzi. Vi sono poi altre stanze. Dapprima, alla maniera finlandese, vennero abitate quelle che, provviste di stufa, sono destinate a granaio. Questi vani, come quelli adibiti a bagno e muniti di stufa di pietra, sono situati un poco in disparte rispetto all'edificio principale. I robusti magazzini costruiti con tronchi d'albero custodiscono le derrate più preziose e servono anche come camera nuziale, ecc. Essi hanno un'anticamera sostenuta da pilastri e sono costruiti su grosse pietre. Inoltre vi sono le stalle. Nelle stanze adibite a dimora per gli abitanti della casa si trovano, distribuiti nei diversi angoli, letti, spesso per più coppie e per i bambini. Tavole, panchette, seggiole, cassapanche per la custodia degli abiti femminili, e letti, spesso in forma di cassoni oppure a baldacchino, cominciarono a diffondersi secondo modelli tedeschi: prima si dormiva su tavole infisse tutt'intorno alle pareti, e gli averi si conservavano entro grosse scatole rotonde di corteccia d'albero o di scheggia di legno, oppure entro botticelle di legno e simili. Per la macinazione del grano, oltre ai mulini domestici, si utilizzano ancora i primitivi mortai di legno, e la birra viene preparata in botticelle di legno gettandovi dentro pietre arroventate; anche gli alimenti si preparano, come in passato, entro tali recipienti lignei o di corteccia d'albero. I boccali nuziali per la birra sono di legno e hanno ancora varî ornamenti simbolici.
La fabbricazione e la tintura delle stoffe, sono tuttora lavoro domestico. Come coloranti si adoperano soprattutto materie vegetali: ad es., per il giallo, il licopodio, il ginepro, l'erica, il crespino (Berberis vulgaris), ecc. Da questi, mediante mescolanze e reazioni, si ottengono altri colori. L'abito maschile consiste in una camicia, spesso riccamente ricamata sul petto e sulle maniche, pantaloni lunghi, calzerotti grigi di maglia di lana e sandali di cuoio fermati da correggioli. Su questi indumenti si porta una veste, anch'essa di pesante lana grigia, stretta da una cintura colorata. Si porta inoltre un cappello largo e, nell'inverno, una pelliccia o un ampio e lungo mantello.
Anche le donne hanno come indumento principale una camicia, riccamente ricamata sul petto, sulle maniche, sulle spalle e all'orlo; indossano una veste di tinta unica ovvero di più colori a righe o a quadratini; raramente, secondo la foggia in uso nell'Europa occidentale, un corpetto; ma soprattutto un mantello riccamente ricamato con galloni, chiuso con una fibbia rotonda, secondo una foggia medievale; e di tipo medievale sono anche il cerchietto da testa in forma di diadema che portano le ragazze e la cuffia di trine delle donne maritate. Particolare ricchezza d'ornamenti presentano, con le loro intrecciature a labirinto e i motivi a base di croce uncinata, i nastri usati dalle donne, tessuti in molti colori. Nelle costumanze e negli usi, i Lettoni si distinguono dai paesi occidentali meno che nel modo di vestire e nelle tendenze conservatrici della casa e del lavoro manuale.
Quasi sola caratteristica tra le usanze nuziali è la cerimonia per cui alla sposa viene messa per la prima volta la cuffia da una donna più anziana. Alla sposa stessa il testimonio dello sposo annoda intorno alla cintura un grembiale. In genere, lo sposo e il suo seguito si recano ancora a cavallo alla cerimonia.
Bibl.: A. Bielenstein, Die Holzbauten und Holzgeräte der Letten, Pietroburgo 1907 e 1918; Die Letten: Aufsätze über Geschichte, Sprache und Kultur der alten Letten, Riga 1930.
Folklore. - La parte più importante e più nazionale del folklore lettone è costituita dalle canzoni popolari o dainas (da dainot cantare, sonare").
La questione della loro età non è ancora completamente chiarita. P. Smits suppone ehe la maggior parte di esse risalga al periodo cattolico (secoli XIII-XVI). Però le costruzioni della lingua e le peculiarità della melodia provano che le dainas mitologiche e rituali sono anteriori al sec. XIII, mentre i canti a melodia individuale, di contenuto, lirico-narrativo e con motivi migrati, vennero formandosi anche durante i secoli XVII-XIX. Secondo C. Bücher (Arbeit und Rythmus; Berlino 1909) il 73,3% delle dainas è stato composto da donne; secondo A. Svābe perfino il 77,4%: fatto che si spiegherebbe col carattere lirico delle canzoni, mentre manca ai Lettoni un'epopea popolare.
Personaggio mitologico principale delle dainas è Dievs (lat. deus) col significato primordiale di debess (cielo), che non ha alcuna relazione genealogica con le altre divinità. Accanto a lui agiscono: Laima "La Fortuna", dea del destino e della giustizia; Pērknos " il Percotitore" (cfr. anord. Fjorgyn, lit. Perkunas, slavo perún). Parte importante hanno anche alcune "madri", fra cui la Madre delle vie, la Madre della terra.
Come nelle canzoni estoni, il verso delle dainas è formato da un tipico trocheo di 4 piedi con una dipodia; più raro è l'uso del dattilo. Secondo la statistica di A. Švābe l'85-90% di tutti i canti è formato da una quartina, che si divide in due distici o metà. I distici sono legati dalla costruzione simmetrica bilaterale (parallelismo), ottenuta stilisticamente mediante il paragone o l'analogia. Di solito un termine dell'analogia è preso dalla vita, l'altro dalla natura. Largo è l'uso di diminutivi e del passato in luogo del presente nei verbi. La rima ha carattere occasionale, le allitterazioni non hanno probabilmente significato costruttivo. L'estensione della melodia nel periodo preistorico non oltrepassa la quarta, nel periodo a. C. e nel Medioevo varia fra la quinta e la sesta; nel periodo moderno è costituita dalle gamme in maggiore e minore. Dal punto di vista melodico le più antiche sono le canzoni rituali (funebri, o per la festa di Jano) che si cantavano con accompagnamento di trombe, di cetre (kokle) e di triangoli.
Molto meno nazionali delle dainas sono le leggende e le saghe. I temi delle leggende popolari sono derivati per la maggior parte dai soliti motivi migrati dall'Europa, che il narratore lettone si sforza di localizzare e di adattare alle condizioni sociali della vita di campagna.
Festa nazionale per eccellenza è quella di Jano (23 e 24 giugno, S. Giovanni Battista), che però nelle sue manifestazioni e nel suo concetto fondamentale (esaltazione della fertilità e santità della natura) mostra la sua connessione con le feste di una divinità pagana, in onore della quale si accendevano fuochi e s'intrecciavano ghirlande di quercia. Va ricordato altresì il culto delle anime, che si ricollega alle oblazioni ottobrali di cibi alle anime dei defunti, e quello degli alberi con boschetti di betulle specialmente consacrate. Nel 1836, in una sola parrocchia di campagna, si contavano 8o di tali boschetti. K. Straubergs spiega tale culto con l'animismo, A. Švābe col totemismo.
Bibl.: La prima canzone popolare fu pubblicata da Francesco Menius, professore a Dorpat, nel suo Syntagma de origine Livonorum (1632). G. Bergmann con la sua raccolta, Sammlung echt lettischer Sinngedichte (1897), comprendente 238 canzoni, diede il primo impulso al lavoro di raccolta delle dainas che dura ancor oggi. Krišjanis Barons (1835-1923) raccolse 35.789 canzoni (con le varianti 218.000) pubblicate a cura dell'Accademia russa delle scienze (Latvju Dainas, voll. 8, Pietroburgo 1894-1915; 2ª ed., Riga 1922). R. Kaustinš riordinò la stessa raccolta del Barons e la pubblicò, nella lezione di J. Endzlin, corredata da esempî di melodie e da un ampio commento scientifico, fondamentale (Latvju tautas dainas, 1928-1932). Oltre a ciò l'archivio del folklore lettone (Folkloras krātuve), fondato nel 1925, al 1° agosto 1933 aveva già riunito 978.429 nuove tradizioni popolari, fra cui anche 387.329 varianti di dainas, e sta preparando anche il vocabolario delle canzoni popolari. Traduzioni: in ted., di J. G. v. Herder (Stimmen der Völker in Liedern, 1778-79); in ingl., di R. Jameson (Illustrations of Northern Antiquities, 1814); W. Scott (in the Foreign Quarterly Review, 1831); in russo, di J. Sprogis (1868) e F. Brīvzemnieks (1873); in francese, di M. Jonval (Les chansons mythologiques lettonnes, Riga 1930); in ital., di C. Gersoni (I canti popolari lettoni, Roma 1933).
Il primo impulso all'indagine scientifica della mitologia delle dainas fu dato da W. Mannhardt (Die lettischen Sonnenmythen, in Zeitschr. für Ethnol., 1875); in seguito: F. Lautenbach, Über die Religion der Letten, in Magazin, hsg. von der Lettischen Litteraturschen Gesellschaft, XX, 2; P. Šmits, Latviešu mitologija, Riga 1918, 2ª ed. 1926, e Latv. mitologija, in Die Letten, I, Riga 1930. Per la metrica, L. Bērzinš, Latv. tautas Ziesmu metrika, Austrums 1896. Circa 3000 melodie furono raccolte da A. Jurjans (1856-1922): Latvju tautas muzikas materiali, I-V, Riga 1894-1922. L'archivio di folklore al 1° agosto 1933 ne aveva raccolte 10.548.
Le prime leggende comparvero nel 1835 nel giornale Latviešu avīze. Il vero raccoglitore delle leggende lettoni fu Fr. Brīvzemnieks, il quale raccolse ben 1200 leggende (Musu tautas pasakas, Riga 1887). A. Lerchis-Puškaitis (1859-1903) raccolse in 524 località ben 6000 leggende e saghe (Latv. tautas teikas un pasakas, voll. 7, Jelgava e Riga 1891-1903). Al 1° agosto 1933 l'archivio di folklore ne aveva riunite 45.814. P. Šmits ha iniziato una nuova edizione delle leggende e saghe (Latv. pasakas un teikas, Riga 1925 segg.; nel 1933 erano apparsi 8 dei 14 volumi preventivati). Una scelta di leggende lettoni tradotte in russo fu pubblicata da Brīvzemnieks-Treuland (1887) e A. Kurcijs (Latyškie skazki, Mosca 1933). In tedesco le leggende furono tradotte da M. Boehm e F. Specht (Lettisch-litauische Volksmärchen, Jena 1924.
Lingua.
La lingua lettone, o léttica, appartiene al ramo baltico della famiglia linguistica indoeuropea (v. baltiche, lingue). Entro il gruppo baltico il lettone si rivela più affine al lituano che alla lingua estinta degli antichi Prussiani; il dialetto, pure estinto, dei Curi, sembra che fosse l'anello di congiunzione tra lettone e lituano. Delle due lingue baltiche viventi la lituana mostra in generale un aspetto più arcaico; suoni e forme lettoni indicano spesso una fase più evoluta del processo linguistico. Una delle principali differenze fra le due lingue riguarda la posizione e la natura dell'accento. L'accento lettone, che è fortemente espiratorio, cade generalmente sulla prima sillaba della parola, laddove l'accento lituano conserva l'originaria libertà di movimento; e mentre il lituano distingue due sole "intonazioni ", il lettone, già in epoca anteriore ai suoi più antichi documenti, ne sviluppò una terza (il cosiddetto accento spezzato, Stosston dei grammatici tedeschi, consistente in ciò che la pronunzia di talune vocali lunghe e dittonghi si scinde in due momenti separati da un attimo di arresto o attenuazione di voce). Delle altre differenze fonetiche e morfologiche ricordiamo solo alcune. Ai suoni lituani k′, g′, š, ž risponde il lettone con c, dz, s, z rispettivamente (per es., lit. kiáuné "martora", jùngiu "io aggiogo", prašýti "chiedere", žinóti "sapere": lett. caūne, jūdzu, prasīt, zināt); le reazioni tra vocali di sillabe vicine sono in lettone assai più frequenti che in lituano; in lettone è scomparso del tutto il genere neutro, di cui il lituano serba qualche traccia nel pronome e nell'aggettivo, ed è pure scomparso completamente il duale dal verbo, e quasi completamente dal nome; i "casi" della declinazione sono gli stessi in ambe le lingue, ma in lettone lo strumentale si è confuso, quanto alla forma, con l'accusativo nel singolare e col dativo nel plurale; nel verbo il lettone ha creato un "modo debitivo" ignoto al lituano.
II lettone presenta numerose varietà locali che si sogliono raggruppare in tre dialetti principali, tra cui però non è facile tracciare confini precisi, data l'esistenza di dialetti intermedî. Si riserba oggi il nome di tahmi ai dialetti della Curlandia di NO., dai quali tuttavia non si possono staccare quelli parlati nella stessa provincia a SO. (e designati in altri tempi con lo stesso nome), nonché altri che si parlano sull'opposta sponda del golfo di Riga in varî tratti della Livonia occidentale. Si parla l'alto-lettone nella Livonia di SE., in Letgallia (nei distretti di Daugavpils, Lūdza e Rēzekne, le cui parlate si chiamano anche inflantiche) e nelle parti elevate della Curlandia. Il medio-lettone, il cui territorio si stende da S. a N. fra l'alto-lettone e il tahmo, tiene anche per i caratteri linguistici una posizione intermedia. Sul medio-lettone, più precisamente sui dialetti parlati fra Jelgava (Mitau) e Duobele (Doblen), si fonda la lingua letteraria della nazione.
Le prime attestazioni della lingua lettone consistono in nomi conservati in cronache e diplomi (dal sec. XIII in poi) e in due versioni del Pater noster e altri frammenti (sec. XVI). I più antichi testi pervenutici sono traduzioni d'un catechismo cattolico (1585) e d'un catechismo luterano (1586), di salmi e canti religiosi (1587) e dei Vangeli ed Epistole domenicali (con la stessa data). Delle produzioni successive si occupa la storia della letteratura.
Lo studio della lingua lettone, iniziato già nel sec. XVII, ebbe largo sviluppo e acquistò carattere scientifico nel sec. XIX - per opera specialmente di A. Bielenstein (1826-1907), di A. Bezzenberger e di K. Mühlenbach (1853-1916) - e ai nostri giorni ebbe nuovo impulso dal risorgimento politico della nazione e con la fondazione dell'università di Riga (1919). Oggi la personalità più eminente in questo campo è J. Endzelin (Endzelīns), nato nel 1873, professore a Riga dal 1920 dopo avere insegnato a Dorpat (Tartu) e a Charkov.
Bibl.: Le opere di A. Bielenstein (Handbuch der lettischen Sprache, Mitau 1863; Die lettische Sprache, Berlino 1863-64), che per sessant'anni servirono all'apprendimento del lettone, sono ora superate, ma non rese inutili a consultare, da quelle di J. Endzelin, Lettische Grammatik, Heidelberg 1923 (comparativa e largamente documentata), e Lettisches Lesebuch, ivi 1922 (con una succosa grammatica). Chi non dispone del nuovo grande lessico di K. Mühlenbach, latvies̄u valodas vārdnīca (Lettisch-deutsches Wörterbuch), Riga 1923-1932 (rielaborato e compiuto da Endzelin), può ancora ricorrere a quello più maneggevole di C. Ch. Ulmann e G. Brasche, Lettisches Wörterbuch, Riga 1872-80. La più recente ristampa degli antichi testi è stata curata da A. Günther, Altlettische Sprachdenkmäler in Faksimiledrucken, Heidelberg 1929. Sulla toponomastica lettone: . Endzelin (e altri), Latvijas vietu vārdi, Riga 1922-25. Autorevoli scrittori trattano di argomenti linguistici nel vol. miscellaneo: Die Letten, Riga 1930. Per la storia e bibliografia della linguistica lettone: E. Blese, in Studi Baltici, I (1931), II 1932).
Letteratura.
Le varie vicende della letteratura lettone sono strettamente connesse con la storia del popolo lettone. Come la lingua lettone è, insieme alla lituana, la più arcaica fra le lingue europee, così anche la letteratura popolare dei Lettoni contiene elementi che risalgono a epoca preistorica. Ma il fatto che le raccolte delle canzoni popolari lettoni non sono anteriori alla seconda metà del sec. XIX richiede per la comprensione e lo studio di questo ricco retaggio poetico una critica molto accurata e prudente. A ciò si aggiunge un altro fatto che caratterizza profondamente il passato e la mentalità degli antichi Lettoni: le canzoni popolari lettoni, le dainas (v. sotto: folklore), sono esclusivamente liriche: canzoni miologiche, della vita familiare, canti di feste ancora più o meno pagane, di vita quotidiana, d'amore, ecc.; - nessun nome e nessun fatto storico, nessun riferimento, né generico né particolare, ai molti secoli di libertà e di successiva sottomissione politica, nei quali si è sviluppata, in condizioni certo poco favorevoli, la concezione estetica della vita e della natura di questo popolo. Le dainas rivelano una concezione pura, piena di amore e di nobiltà, della vita di famiglia, e un'interpretazione antichissima ed essenzialmente artistica della natura. Manca inoltre ai Lettoni ogni traccia di un'antica letteratura drammatica e non vi sono indizî sicuri per ammettere l'esistenza d'una letteratura epica.
Gl'inizî della letteratura scritta risalgono al sec. XVI, e sono connessi con la Riforma, la Controriforma e anche con il movimento umanistico che in Livonia, in confronto agli altri stati intorno al Baltico (le antiche città anseatiche, la Svezia, ecc.), ha avuto uno sviluppo rigoglioso. Le prime notizie intorno all'adattamento o alla versione di testi o canti chiesastici appartengono al principio o alla metà del secolo (per es., il Pater Noster nella Cosmografia di S. Münster, edizione del 1550). Del 1585 è il Catechismus Catholicorum, del 1586 l'Enchiridion luterano. Da notare, negli esordî della letteratura lettone, gli sforzi dei gesuiti per la creazione di una letteratura religiosa (Tolgsdorf, Elger e altri): sforzi che rappresentano la sopravvivenza dei grandi progetti di A. Possevino e del re polacco Stefano Bátory, padrone in quei tempi della Lettonia, di istituire in Livonia un'università poliglotta.
Il vero sviluppo della letteratura lettone data però appena dal sec. XVII, dall'epoca cioè in cui la parte settentrionale dell'antica Livonia apparteneva agli Svedesi. Fu allora che G. Mancelius, rettore della nuova università di Dorpat (Tartu) ed eminente umanista, compose in lingua lettone la celebre Lang-gewünschte Lettische Postill (1654), raccolta di prediche che divennero presto popolari. Già prima egli aveva dato prova del suo attaccamento alla lingua lettone col suo Lettus, das ist Wortbuch sampt angehengtem täglichen Gebrauch der lettischen sprache (1638). Dopo di lui Chr. Fürecker, tedesco di origine, ma lettone per legami di famiglia e per elezione, compose (1685) un grande numero d'inni luterani dall'espressione possente e veramente profonda. Infine E. Glück, padre adottivo di Caterina I, diede ai Lettoni la prima versione completa della Bibbia: versione classica per precisione e vigore espressivo. La fine del secolo XVII è inoltre ricca di ricerche sulla lingua (dizionari di G. Elger e Lange, grammatica di Adolphy, poetiche di Wischmann e di altri).
Minore importanza hanno i contributi alla letteratura lettone del sec. XVIII. Alcuni pastori protestanti, fra cui G.F. Stender (Stender il Vecchio, 1714-1796), hanno fornito esempî di letteratura narrativa e didattica. Nello stesso tempo, per quanto ostacolato dal gusto dell'epoca, comincia a sorgere l'interesse per le tradizioni popolari.
All'epoca dello Sturm und Drang tale interesse prende nuova lena sotto l'influsso del Herder e di J.-J. -Rousseau. Quest'ultimo soprattutto ha influito notevolmente sulla carriera letteraria dello storico e giornalista di Riga Garlieb Merkel (1769-1850) che, pur avendo scritto le sue opere in lingua tedesca, appartiene alla letteratura lettone per il suo fervore patriottico e per l'impeto delle idee rivoluzionarie che apportavano una nuova corrente d'aria pura nell'atmosfera malsana e soffocante dell'antica Livonia (v. soprattutto Die Letten, 1796 e Lieflands Vorzeit, ein Denkmal desRitter- und Pfaffenthums, 1797-99). Non soltanto nell'ambito delle riforme sociali, ma anche nel campo intellettuale e più ancora nello sviluppo della coscienza nazionale, i grandi avvenimenti del principio dell'800 hanno profonde ripercussioni in Livonia. A questo periodo appartiene l'inizio del giornalismo lettone: Latweeschu Awizes (Il giornale lettone), fondato nel 1822 a Jelgava (Mitau) dal pastore protestante Watson. Inoltre la letteratura dell'epoca, rappresentata oramai da scrittori di origine puramente lettone (Leitāns, Līventāls, Dūnsbergis e altri), pur rispecchiando in parte motivi superati del sec. XVIII, si fa sempre più portavoce delle nuove concezioni sociali e politiche.
Il vero risveglio nazionale in Lettonia è dovuto però alla generazione che, nata intorno al 1830, ha svolto la sua attività soprattutto negli ultimi decennî del sec. XIX. Il movimento s'inizia in primo luogo a Mosca e a Pietroburgo, dove si erano già prima costituiti circoli di intellettuali lettoni. Primeggiava il circolo di Mosca capitanato dall'agitatore politico, organizzatore e scrittore Kr. Waldemārs (1825-1891). Fra coloro che, seguendone le direttive, stavano costruendo il nuovo edificio della coscienza nazionale, vanno rilevati il poeta J. Alunans (1832-1864), il fervido patriota Atis Kronvalds (1837-1875), il classico raccoglitore delle dainas lettoni Kr. Barons (1835-1923)
Accanto a questi rappresentanti radicali del nuovo movimento chiamati anche "jaunlatvieši", giovani Lettoni), esisteva anche una corrente più moderata, incline a un compromesso con l'antica tradizione religiosa e pedagogica. Ne emerge la nobile figura di Juris Neikens (1826-1868).
Passate le prime lotte polemiche (soprattutto contro i rappresentanti intransigenti dell'aristocrazia balto-tedesca), gli scrittori lettoni, aderendo a un tardivo romanticismo, scelsero di preferenza, per le loro composizioni poetiche, temi eroici e tragici del passato lettone, in primo luogo del fatale arrivo in Livonia dell'Ordine teutonico Il sentimento patriottico vi è profondo e sincero; buona e talvolta persino perfetta la forma artistica. Le ballate di Auseklis (pseudonimo di Krogzemju Mikus, 1850-1879), sono quasi assurte a inni del popolo lettone, al quale l'epopea Lāčplēsis (Cacciatore di orsi) di Andrējs Pumpurs (1841-1902) ha dato figure eroiche che perpetuano nell'arte la lotta secolare tra due popoli. La ricchezza del folklore è stata sfruttata da J. Lautenbachs (1847-1928), che ha anche tentato di fondere antiche leggende in una nuova unità epica.
Nello stesso tempo i fratelli Kaudzites (soprattutto Matiss, 1848-1926) creano il romanzo di costume tratto dalla vita dei contadini lettoni di cui descrivono un'epoca ricca di cambiamenti.
Intanto sempre più incalzanti si facevano anche in Lettonia le correnti materialiste. Un poeta di talento, studioso d'Orazio, ne ha presentito e cantato l'avvento: Eduards Veidenbaums (1867-1892). Il "nuovo movimento" (jaunā strāva) sfociò naturalmente nella grande rivolta del 1905 e il rappresentante più eminente ne è stato uno dei più grandi poeti lettoni in generale: Rainis (pseudonimo di Jānis Pliekšans, 1865-1929) nelle cui opere appaiono fusi gl'ideali del patriottismo e del socialismo, mentre la loro forma poetica (soprattutto quella dei drammi) mostra predilezioni per il simbolismo e persino per il misticismo. Accanto a lui va ricordata Aspazija (pseudonimo di Elza Rozenberge, moglie di Rainis, nata nel 1868) nota come poetessa lirica e più ancora come propugnatrice della emancipazione femminile.
Gli ultimi 25 anni del sec. XIX e il principio del sec. XX sono rappresentati bene anche nel campo puramente nazionale e borghese. Andrievs Niedra (nato nel 1871) introduce nel romanzo un'esposizione vivace e una psicologia movimentata; Rudolf Blaumanis (1862-1908) crea un ciclo di drammi e di commedie ove si riflette, con leggiadria di movenze, la vita lettone prima del 1914; Jānis Poruks (1871-1911), poeta delicato e malinconicamente pensoso, intuisce tratti caratteristici dell'anima lettone intravvisti "attraverso le nebbie della fine del secolo"; Vilis Plūdonis (nato nel 1874) e Anna Brigadere (nata nel 1861) arricchiscono la letteratura di buone poesie patriottiche, storiche e tratte dalla vita contemporanea; Eglīts, infine (nato nel 1877), insieme con compagni che si raggruppavano intorno a lui, introduce in Lettonia l'impressionismo (che seguendo l'esempio russo vi fu denominato decadentismo) con accenti più o meno battaglieri.
Tutti e tre gl'indirizzi della letteratura lettone avevano più o meno gli stessi scopi: 1. liberare le aspirazioni del popolo rinato dalla tradizione troppo locale e troppo legata all'equilibrio malfermo degli antichi "governatorati baltici"; 2. estendere l'orizzonte anche al di là delle barriere - germaniche e slave - che limitavano le possibilità di sviluppo del pensiero lettone. La guerra mondiale e l'emigrazione fecero il resto. La letteratura lettone degli ultimi 15 anni, poggiando sui buoni autori del secolo scorso, si volge soprattutto alle tradizioni del passato lettone, oppure cerca di rendersi interprete delle complesse e interessanti condizioni della vita presente. Fra gli scrittori più originali e vigorosi di questo periodo nominiamo: Eduards Virza (pseudonimo di Lieknis, nato nel 1883), creatore della nuova epopea lettone, critico e giormalista; Kārlis Skalbe, lirico che con fine intuito svela le intime qualità di cuore del suo popolo; Jānis Sudrabkams (pseudonimo di Arvids Peine, nato nel 1894), poeta sensitivo, delicato, squisitamente moderno; Aleksandrs Grīns (nato nel 1895), autore di avvincenti romanzi storici sul Rinascimento in Livonia. Fra le poetesse si sono assicurate una fama sicura: E. Sterste-Virza, B. Skujeniece e A. Dale.
Bibl.: Kr. Barons, latvju dainas (Canzoni popolari lettoni), voll. 6, 2ª ed.; P. Šmits, Latviešu pasakas (Canti popolari lettoni), I-VIII, Riga 1925-1926; T. Zeiferts, Latveju rakstniecibas vēsture (Storia della letteratura lettone), I-III, Riga 1922-27; M. Jonval, Chansons mythologiques lettones (raccolta di canzoni nel testo e in traduzione), Riga-Parigi 1929; Die Letten, Aufsätze über Geschichte Sprache und Kultur der alten Letten, Riga 1930.
Arti figurative.
L'evoluzione dell'arte in Lettonia si ricollega strettamente ai periodi fondamentali della sua storia. Nel primo periodo, come è stato attestato dagli scavi archeologici, si sviluppano, contemporaneamente al sorgere e al fiorire della cultura nazionale, anche uno stile e un repertorio decorativo originali. Gli scavi condotti nel 1909 sul monte Kauguru-Peka e nel 1930 sul Rauna-Tanis rivelarono una evoluta architettura in legno, per lo meno per i secoli IX-XII. Sono state rinvenute costruzioni in travi, con pareti in quercia o abete e pavimenti in assi di quercia piallate o anche in argilla; sono state trovate anche tracce di tetti in paglia; si può supporre che gli edifici si componessero di una cantina e probabilmente di alcuni piani. È possibile farsi un'idea approssimativa dei motivi decorativi architettonici dai frammenti lignei con intagli ornamentali rinvenuti negli scavi di Ludza e Ghinevici e recanti una rete a rombi e serie di rombi profondamente incavati. Motivi geometrici ordinati in serie simmetriche e ritmiche (triangoli, rombi, serie di puntini o di dentelli, gocce, circoli spesso concentrici, più raramente mezze lune), decorano in vario modo bracciali, collane, fibbie, spille, corone e cinture di bronzo. I motivi sono attorcigliati, impressi, battuti, o fusi; ricordano talvolta ornati ad intreccio, tal'altra ripetono motivi d'intagli in legno adattati al metallo e alla sua tecnica. Le stoffe in lana riccamente decorate rivelano un gusto squisito, specialmente i panni per mantelli, con anelli in bronzo intessuti, risvolti di bronzo, adorni di lane e frange multicolori. I varî colori delle stoffe attestano un senso vivace della policromia. In generale architettura e arti minori mostrano un notevole sviluppo. Alcuni pendagli (uccelli, cavallucci) segnano il sorgere della scultura. Mancano per ora opere pittoriche; le illustrazioni a colori (1270) del lettone Jurgis nell'evangeliario slavo (già a Mosca) non portano impronta particolare; sono disegnate secondo gli schemi della scuola di Novgorod.
Nel secondo periodo operarono maestri stranieri strettamente collegati alle tendenze artistiche dell'Europa occidentale, particolarmente della Germania e della Svezia. La sola architettura rurale e l'arte popolare proseguono la precedente tradizione, continuando a svolgere forme e ornati lettoni e mantenendone le armonie coloristiche e lo spirito. Caratteristica la casa lettone, dal tetto di paglia, con la stanza da bagno, il granaio e la stalla, restando isolata, a sé, ognuna di queste costruzioni. Architravi sporgenti e intagliati sostengono i tetti; travi decorate e porte con ricche modanature dimostrano uno stile originale in cui riecheggiano le forme antiche. Come prima, seguitarono a essere di uso comune corone e grandi fibbie (saktas), ora in argento, ora decorate di pezzi di vetro tagliato; molto apprezzate le catene d'ambra e i ricchi panni per mantelli (villaines); il costume nazionale muliebre con i suoi ricami variopinti era molto pittoresco. Le suppellettili di legno erano spesso decorate all'esterno: cassoni e armadî venivano riccamente dipinti.
Si vogliono ricordare anche opere forse di pittori lettoni, ma è difficile provarne l'origine e sono ignoti i nomi degli artisti. Solo nel sec. XIX cominciarono a rallentarsi i vincoli della soggezione straniera, e nella seconda metà del secolo le attitudini degli artisti indigeni fiorivano in pieno: K. Huns (1830-77), J. Fedders (1838-1909) e J. Roze (1823-77) furono i pionieri della pittura lettone. Quadri di soggetto storico e di genere, paesaggi, ritratti, pur aderendo a modelli di Pietroburgo, di Parigi, di Düsseldorf e di Monaco mostrano di quali conquiste sia stata capace l'arte lettone. Nell'architettura va ricordato il Pèkšens, che costrusse a Riga il circolo lettone, primo luogo di riunione degli ambienti colti nazionali, distrutto da un incendio e ricostruito, con nobili proporzioni, dal Polis e da E. Laube (nato nel 1880). I belli edifici del Baumanis (1834-91), il parlamento (Saeimas nams), il tribunale e l'albergo Roma sono ancor oggi tra i più bei monumenti di Riga.
Alla fine del sec. XIX, nel risveglio della coscienza nazionale lettone, il romantico A. Alksnis (1864-1897) e il notevole pittore di genere A. Baumanis (1866-1904, figlio dell'architetto) dipinsero di preferenza scene dell'antica storia lettone e della vita popolare. I due artisti finirono tragicamente la breve loro vita, ma i loro disegni incitarono l'amor di patria; essi iniziarono l'epoca delle conquiste del popolo lettone. Il loro contemporaneo, J. Rozentàls (1866-1916), è già un maestro di prim'ordine, l'affermatore più sicuro del sentimento e del gusto lettone. Sebbene, ricercatore inquieto, egli sia passato dall'Accademia di Pietroburgo all'impressionismo francese e al simbolismo tedesco, rimane tuttavia regionale e originale, il più nobile artista della Lettonia. Meritano di essere ricordati T. Udris (1868-1915), che nei suoi disegni accentua e stilizza di preferenza il movimento ritmico con una schiettezza e rudezza contadinesche; i paesisti J. Walters (nato nel 1869), A. Romans (1878-1911) e P. Kalve (1882-1913), dolci sognatori, V. Zeltiņs (1884-1909) le cui opere sono caratterizzate da un luminoso colorismo, R. Pērle (1875-1917) e K. Brencens (nato nel 1879) che riproducono con lirismo il mondo floreale e V. Matvejs (1877-1914) imitatore delle vivaci e chiare tonalità proprie alle immagini sacre bizantine. Gli artisti lettoni del secolo XIX hanno seguito volta a volta con entusiasmo l'accademismo, l'impressionismo, il simbolismo e l'amore per i primitivi. Sorsero e si svilupparono contemporaneamente altri tre pittori ancor oggi operosi: il disegnatore e incisore R. Zariņš (nato nel 1869), autore delle banconote e dei buoni postali lettoni; T. Tilbergs (nato nel 1880), ritrattista severo e pregevole; V. Purvits (nato nel 1872), presentemente rettore dell'Accademia d'arte lettone.
Iniziano trionfalmente l'arte della Lettonia indipendente il poeta della guerra, il fuggiasco J. Grosvalds (1891-1920), e J. Kasaks (1895-1920). Tra i pittori contemporanei citiamo anche J. Kuga (nato nel 1878) e L. Liberts (nato nel 1893), autori di pregevoli scenografie, A. Cirulis (nato nel 1889), che ha tentato di dare una impronta popolaresca alle arti applicate e alla pittura, A. Plīte-Pleite (nato nel 1888, morto nel 1921), K. Miesnieks (nato nel 1887), N. Skulme, B. Tone (1894), K. Ubans (1893), N. Strunke (1894), e S. Vidbergs (1890), il migliore incisore della Lettonia. Notevoli le scene popolari stilizzate, che R. Suta (nato nel 1896) esegue con vivace fantasia sulla porcellana detta Baltars.
Minor favore gode in Lettonia la scultura, per cui ci limitiamo a ricordare gli scultori T. Zalkalns (nato nel 1876), B. Dzenis (1879), e K. Zāle. L'architettura fiorisce nelle città e nelle campagne; da ricordare per la sensibilità stilistica E. Laube (aula delle sedute al parlamento) ed E. Stalbergs (nato nel 1883), (grande aula della facoltà di agraria; sede galleggiante del Yacht Club; sanatorio a Kemeri); P. Kundzins (nato nel 1888), studioso delle forme popolari, che ha energicamente promosso l'architettura nazionale (chiesa di Allaži, palco della festa dei cantori). J. Madernieks (nato nel 1870) ha tentato di rielaborare vecchi motivi decorativi lettoni per applicarli all'architettura moderna. (V. tavv. CLXI-CLXIV).
Bibl.: Materiāli par Latvijas būvniecību, Riga 1921-25, I-IV; R. Suta, 60 Jahre Lettischer Kunst, Riga 1923; J. Dombrovskis, Latvju māksla, Riga 1925; L'art letton, Riga 1926; F. Balodis, Latvijas archaioloǧija, Riga 1926; B. Vippers, Latvišu māksla, Riga 1927; F. Balodis, Lettischer Burger- und Hausbau in der jüngeren Eisenzeit, Riga 1930; H. T. Kjellin, Lettlands moderna måleri, 1930; P. Kundiziņš, Latviešu celtniecība, Riga 1932; H. T. Kjellin, Latviešu māksla, Riga 1932; Pieminekḷu Valdes materiālu krājumi, Celtniecības pieminekḷi, I, Riga 1933. Monografie su singoli artisti: R. Sterns, Jānis Rozentāls, Riga 1924; V. Peņǧerots, S. Vidberga Erotika, Riga 1926; id., A. Plīte-Pleite, Riga 1927; J. Siliņš, Rūdolfs Pērle, Riga. riveste d'arte: Illustrēts žurnāls, Riga 1925-1929; Daugava, Riga 1929-1931.