LEUKOTHEA (Λευκοϑέα, Leucothea)
L., o meglio Ino-L., è probabilmente un'antica divinità preellenica di carattere ctonio, che in associazione con il figlio Melikertes-Palaimon viene a costituire una coppia divina che incontra un destino di passione e di morte. Allo stesso modo che per il figlio, il doppio nome in parte ellenico, in parte non greco, sta a indicare non tanto i due piani di esistenza, umana e divina in cui le due figure si incontrano, come si intende generalmente, quanto la complessa natura e la notevole antichità delle due figure divine.
Nell'accezione corrente del mito ellenico Ino è una eroina tebana perseguitata che nella sua seconda esistenza divina assume il nome di L., e, associata alle Nereidi, viene fatta oggetto di culto per tutte le coste del Mediterraneo e persino in Colchide. Ino figlia di Cadmo e sorella di Semele figura già tra le prime nutrici di Dioniso infante. Divenuta moglie di Atamante - anche lui secondo una perduta tragedia di Sofocle protettore di Dioniso - si rivela matrigna crudele verso i figliastri Frisso ed Helle che perseguita e costringe a fuggire da casa. Analoga persecuzione toccherebbe ai figli di Ino da parte di una terza moglie di Atamante, Themisto, secondo una storia svolta da Euripide. In ogni modo, come per contrapasso dei delitti della famiglia di Atamante o per effetto dell'ira vendicatrice di Hera verso i protettori di Dioniso, Atamante infuriato uccide uno dei piccoli figli, Learkos, e insegue Ino che, disperata, si getta nel mare presso Megara con il figlio superstite Melikertes. Secondo altre versioni Ino stessa uccide i figli e si getta nel mare, mentre un motivo intermedio è quello di uno dei figli sacrificato ritualmente oppure risuscitato, secondo gli oscuri, antichissimi riti del caldaio magico, di cui restano tracce nelle storie di Pelope, di Pelia, ecc.
Da questa tragica persecuzione le due vittime innocenti Ino e Melikertes risorgono sull'Istmo come divinità marine L. e Palaimon. E il loro culto giunge anche in Italia, si veda il grande santuario di Pirgi ricordato da Aristotele e da Strabone, dove le due divinità divengono o si sovrappongono a - Mater Matuta e a Portunus.
Nella tradizione figurata la più antica apparizione di Ino è sul Trono di Amicle, dove essa è ricordata come kourotròphos insieme alla sorella Semele e a Dioniso. E indubbiamente a questa concezione di Ino materna custode del dio bambino si deve la identificazione, ora caduta, del rilievo arcaico Albani e della statua di Monaco in cui Brunn riconobbe l'Eirene di Kephisodotos. Un dipinto descritto da Kallistratos (Ekphr., 14) raffigurava Ino inseguita da Atamante.
In un'anfora nolana assegnata al Pittore di Monaco 2335 (Stg. 270), databile entro il terzo venticinquennio del V sec. a. C., Ino, crudele matrigna, insegue il giovane Frisso sulla riva del mare, minacciandolo con la bipenne secondo uno schema noto per Clitennestra. Ino seminuda, con il piccolo Melikertes nelle braccia che si precipita nel mare dove un delfino o un dio marino l'attende, è un motivo che appare ripetutamente nelle monete di Corinto e delle sue colonie in età romana. Monete della città di Kibyra in Frigia ripetono invece una testa femminlle con l'iscrizione Ino. Figure di menadi di carattere particolarmente autorevole e distinto sono state alle volte identificate come Ino: si veda ad esempio il sarcofago dionisiaco di Baltimora e la nota stoffa copta del Museo Guimet, in cui appare una menade dal nome eino. K. Weitzmann ha anche riconosciuto repliche medievali di illustrazioni della tragedia Ino di Euripide in un manoscritto della Cinegetica nella Marciana di Venezia (Hesperia, xviii, 1949, p. 160).
Di L. esistevano statue di culto sull'Istmo, a Corinto nel tempio di Posidone affiancata a Thalassa e Galene, sulla strada del Lechaion insieme a Melikertes-Palaimon. Una statua di culto della dea associata ad Asklepios è ricordata a Leuttra (Paus., iii, 26, 4).
Di tutte queste immagini non è pervenuta alcuna eco sicura. E del tutto ipotetica e provvisoria è l'identificazione di un noto tipo di Afrodite marina, Afrodite di Ostia, come Leukothea. Ugualmente troppo incerta e mutila appare l'immagine di un tardo rilievo votivo tessalo alla dea (Arch. Ephem., 1910, 378).
Di carattere estremamente vago e generico appaiono le figurazioni di ninfe marine cavalcanti ippocampi o tritoni a cui qualche volta è apposto il nome di L.: in questi casi essa non è che una del coro delle nereidi e alle volte confusa con l'altra ninfa marina Leukothoe. È singolare invece che in un mosaico di St. Rustice a Tolosa (v. melikertes) la ninfa marina che cavalca il centauro Glaukos (v.) sia chiamata Ino e non Leukothea.
Monumenti considerati. - Anfora nolana Napoli Stg. 270: Ann. Inst., xxxix, 1858, tav. C. Monete di Corinto: Imhoof-Blumer, Monnaies grecques, Parigi 1883, p. 159 ss. Sarcofago di Baltimora: K. Lehmann, Dionysiac Sarcophagi in Baltimore, 1942, p. 37 ss. Mosaico di St. Rustice: Bull. Inst., 1834, p. 157.
Bibl.: Roscher, II, 1894-97, cc. 2011 ss.; L. R. Farnell, in Journ. Hell. Studies, XXXVI, 1918, p. 36 ss.; Pauly-Wissowa, XII, 1924, cc. 2300 ss.; K. Weitzmann, Greek Mythology in Byzantine Art, Princeton 1941, p. 131 ss.; H. Fuhremann, in Jahrbuch, LXV, LXVI, 1950-1951, p. 103 ss.