LEVI DELLA VIDA, Ettore
Nacque a Venezia il 5 apr. 1852 da Mosè Levi e da Adele Della Vida (nel 1889 il L. avrebbe aggiunto al proprio cognome quello materno). Il padre, industriale tessile dalle declinanti fortune, proveniva dal Piemonte, ma chi influì sulla sua formazione fu la madre, che aveva partecipato alla difesa di Venezia nel 1849 e si era poi impegnata nella fondazione di asili infantili condotti secondo il metodo froebeliano da lei conosciuto attraverso A. Pick, l'istitutore cui, per evitare le scuole austriache e quelle cattoliche, fu affidato il figlio.
Rilevanti, per la posizione sociale della famiglia, furono i legami matrimoniali: una delle sorelle del L., Amelia, sposò Luigi Luzzatti; un'altra, Emma, lo scrittore Enrico Castelnuovo: dalla coppia nacque Guido Castelnuovo, che sarebbe divenuto un eminente matematico. Il L. sposò Amelia Scandiani, figlia di Samuele, segretario generale delle Assicurazioni generali; la coppia ebbe cinque figli: uno di essi, Giorgio, fu tra i massimi islamisti italiani.
Nonostante le inclinazioni umanistiche, il L., conseguita la licenza liceale nel 1869, si iscrisse alla Scuola superiore di commercio di Ca' Foscari e fu allievo dello statistico L. Bodio. Diplomatosi nel 1872, fu per breve tempo assistente al "banco modello" della Scuola. Dopo un inizio di carriera bancaria e commerciale, nel 1877 il cognato Luzzatti, animatore del movimento bancario cooperativo italiano, lo chiamò all'Associazione fra le banche popolari italiane come segretario e gli affidò la redazione di un manuale tecnico volto a elevare i livelli di gestione delle banche popolari. Trasferitosi a Milano, dove aveva sede l'Associazione, il L. vi risiedette per due anni ed entrò in contatto con esponenti dell'economia e della cultura, fra i quali G.B. Pirelli e G. Verga. Nel 1879, morto il nonno materno, tornò a Venezia per occuparsi della liquidazione della ditta di famiglia.
Nel luglio 1883 uscì, presso l'editore Reggiani di Milano, il suo Manuale per le banche popolari cooperative italiane, preceduto da una memoria su Schulze-Delitzsch di Luigi Luzzatti (2ª ed., ibid. 1886).
Si tratta di un testo prevalentemente tecnico (era il periodo della manualizzazione del mestiere bancario), ma saldamente ancorato a un concetto del credito come motore di sviluppo sociale, di emancipazione delle classi umili: "Ogni ignoranza che si toglie, ogni diffidenza che si allontana, è una conquista per il credito popolare" (p. 309). Nella stessa linea di pensiero, il Manuale indica i meriti della trasparenza nei rapporti con la clientela e afferma con decisione la necessità di separare, creando aziende specializzate, il credito commerciale dal credito mobiliare (p. 384).
Fra il 1882 e il 1887, pur continuando l'impegno nell'Associazione, il L. compilò, per conto del ministero dell'Agricoltura, le statistiche relative alle banche popolari.
La carriera del L. ebbe una svolta decisiva quando nel 1887 si trasferì a Firenze e divenne dirigente della Banca nazionale toscana, una delle sei banche di emissione operanti in Italia (e una delle due insediate nella regione). Capo divisione nel luglio 1889, il L. guidò la segreteria della direzione generale della Banca, e divenne segretario generale il 5 sett. 1889. Mentre la crisi edilizia incalzava e si profilava lo scandalo della Banca romana, riprese vigore il vecchio progetto di fondere le due banche toscane con la Banca nazionale del Regno. Quando già l'accordo era concluso (18 genn. 1893) e si stava scrivendo il testo della legge che avrebbe sancito la nascita della Banca d'Italia (10 agosto), morì E. Appelius, direttore generale della Banca nazionale toscana, e il L. fu nominato "reggente la Direzione Generale" (27 maggio 1893).
Lo statuto della nuova Banca d'Italia prevedeva, per garantire le varie componenti regionali del capitale, che il direttore generale fosse affiancato da due vicedirettori generali e che i tre formassero un organo collegiale, il collegio di direzione. Dalla Banca nazionale furono scelti il direttore generale, G. Grillo, e un vicedirettore, F.A. Ponte, mentre il L. assicurò la presenza della componente toscana. Nei sei anni in cui fu in carica, il L. si occupò prevalentemente della gestione dei cambi. In un contesto di fluttuazione "sporca" della lira (la parità aurea sarebbe stata agganciata nel 1902), gestire i cambi significava confrontarsi con tutte le questioni riguardanti la circolazione monetaria e la riserva, giacché, secondo la legge, la riserva (in oro e in effetti sull'estero) doveva essere pari al 40% della circolazione.
Per intendere la politica del cambio la si deve inserire nel vivace scontro fra direzione generale - incline a seguire politiche orientate al pubblico interesse (nel frattempo G. Marchiori, su indicazione del ministro S. Sonnino, aveva sostituito Grillo) - e Consiglio superiore, espressione degli interessi economici degli azionisti che caratterizzò i primi anni di vita della Banca d'Italia. Interessante è una esposizione del L. al Consiglio superiore, in risposta alle osservazioni di un consigliere che trovava scarso l'utile delle operazioni in cambi: il vicedirettore generale osserva che la Banca, dovendo attenersi alla legge, "non può fare la speculazione in cambi", dovendo in primo luogo difendere le riserve metalliche (proprie e del Paese), soddisfare i bisogni del Tesoro e del pubblico e cooperare alla risalita della lira sui mercati; solo subordinatamente a tali obiettivi può manovrare per massimizzare il profitto. La successiva dialettica con il ministro del Tesoro Luzzatti mostra che il L. non si appiattì sulle posizioni del governo, e che la sua difesa degli interessi aziendali - entro i limiti sopra definiti - fu sempre vigorosa.
Successivamente, nel quadro di una profonda riforma dell'istituto, lo statuto del giugno 1899 abolì il Collegio di direzione ed eliminò uno dei due posti di vicedirettore generale, subordinando nettamente l'unico vicedirettore rimasto al direttore generale. Il L., che sarebbe potuto restare senza contrasti (dopo la morte del collega Morro, avvenuta nel 1897, il secondo vicedirettore non era stato eletto), il 19 giugno 1899 preferì presentare al Consiglio le sue dimissioni.
Poche settimane dopo passò al Credito italiano, che da poco era venuto ad arricchire, insieme con la Banca commerciale italiana, il panorama finanziario, isterilito dalla crisi del 1893: l'8 luglio 1899 fu nominato direttore centrale, con gli stessi poteri degli altri due pari carica, E. Rava e G. Pfizmajer (i tre erano i manager di più alto livello, senza tuttavia essere membri del consiglio di amministrazione). Si trasferì a Genova, dove aveva sede la banca. Fra i numerosi affari cui si dedicò ci fu la sistemazione dei cantieri Pattison (venne costituita una nuova società, controllata dal Credito, che rilevò la vecchia). Inoltre rappresentò il Credito in numerose aziende industriali, fra cui la Società italiana per il commercio con le colonie e la Società napoletana per imprese elettriche. Nell'affare riguardante la società siderurgica Elba sostenne, in linea con le tesi espresse nel suo manuale bancario, l'opportunità di uno sganciamento del Credito dall'azienda industriale, nel momento in cui le azioni della società potevano essere cedute con profitto. Lo si può dunque annoverare tra gli oppositori delle incipienti tendenze di trasformazione delle banche miste in banche holding. La sua linea "istituzionale" lo portò a frequenti scontri con il collega Rava.
Rimase direttore centrale fino all'assemblea degli azionisti del 24 marzo 1903. Il figlio Giorgio ricorda che il L. decise di dimettersi perché non gradiva gli indirizzi della direzione, ritenuti "troppo crudamente affaristici"; e però i suoi rapporti con il vicepresidente del Credito, G. Castelbolognesi rimasero stretti e proficui. Divenne membro e segretario del consiglio di amministrazione e mantenne tali cariche a vita.
Non cessò la presenza del L. nella vita economica nazionale: fu presidente delle Officine e cantieri napoletani Pattison, vicepresidente della Società italiana di servizi marittimi, consigliere della Società italiana carburo di calcio, delle Assicurazioni generali di Venezia, di altre società gravitanti nell'orbita del Credito italiano. Ebbe anche un notevole ruolo sul piano locale, nel 1915 come vicepresidente della Banca mutua popolare di Roma (dove si era trasferito dopo avere lasciato la direzione del Credito italiano) e, dal 1910 al 1914, come presidente dell'Azienda tramviaria municipale.
Collaboratore della Nuova Antologia, fra il 1903 e il 1909 pubblicò, con lo pseudonimo di Aureus, una rassegna annuale dal titolo Gli istituti di credito in Italia. Fra gli altri articoli, Le banche e lo Stato in Germania. A proposito della storia della "Disconto Gesellschaft" (19 nov. 1904), e La "concentrazione" nelle banche (16 febbr. 1911). Continuò l'impegno, iniziato nel 1894, di redattore di Credito e cooperazione, organo dell'Associazione fra le banche popolari. Nella Rivista bancaria pubblicò, nel 1921, Circolazione di biglietti e di titoli rappresentativi, un breve saggio in cui si riprendevano concetti della real bills doctrine, una dottrina di origine scozzese, ormai superata dagli economisti (ma non dai banchieri), che tendeva ad assolvere le banche da ogni responsabilità in merito a fenomeni inflativi o deflativi.
Il L. fu molto attivo in enti culturali e di beneficenza, in particolare come socio della Dante Alighieri, del cui organismo direttivo fu membro dal 1911. Si adoperò con successo per il salvataggio della Biblioteca del Gabinetto scientifico-letterario Vieusseux di Firenze, acquistata dal Credito italiano e poi donata al Comune. Fu membro del Comitato per l'Esposizione del 1911 e consigliere economo della Società romana Pro infantia.
Il L. morì a Roma il 26 genn. 1923.
Il L. personifica le tendenze nazionali e progressive legate allo sviluppo del credito e della finanza, con riferimento tanto alla parte bassa della piramide del credito (banche popolari) quanto al vertice (politica del cambio, rapporti banca-impresa). Più che un economista in senso proprio, fu un buon conoscitore del tessuto economico nazionale, una figura intermedia fra il manager puro e il grand commis dello Stato. Nella Banca d'Italia fece con lui la sua prima comparsa (sia pure non tradotta in realizzazioni concrete) quella tendenza statistico-quantitativa che ebbe largo sviluppo negli anni seguenti. Nel Credito italiano egli rappresentò la vena tecnocratica destinata a svilupparsi pienamente dopo il passaggio dell'azienda all'Istituto per la ricostruzione industriale (IRI).
Fonti e Bibl.: Molte notizie sulla famiglia e sulla carriera sono tratte dalle Note autobiografiche di Giorgio Levi Della Vida (figlio del L.), dattiloscritto datato 1958 disponibile in copia presso la Biblioteca della Banca d'Italia in Roma, e dal necrologio pubblicato in Bollettino dell'Associazione Primo Lanzoni fra gli antichi studenti della Regia Scuola superiore di commercio di Venezia, 1923. Dati sulla carriera del L. nella Banca toscana si trovano nei Libri del personale e, per la nomina a reggente, nei verbali del Consiglio superiore: entrambi conservati in Roma, presso l'Archivio storico della Banca d'Italia.
Per quanto riguarda le cariche in società commerciali, oltre al Bollettino dell'associazione…, cit., è da vedere la Guida Monaci per gli anni 1899-1922. Corrispondenza relativa alla redazione del Manuale per le banche popolari fra il L., Luzzatti e F. Mangili (segretario dell'Associazione fra le banche popolari italiane) si trova a Venezia, Istituto veneto di scienze, lettere e arti, Archivio Luigi Luzzatti, b. B24, f. E. Levi Della Vida.
Sulla nascita della Banca d'Italia cfr. Giolitti e la nascita della Banca d'Italia nel 1893, a cura di G. Negri, Roma-Bari 1989. Le dichiarazioni del L. sulla politica dei cambi, pronunciate nella seduta del Consiglio superiore della Banca d'Italia del 27 ag. 1896, sono in La Banca d'Italia dal 1894 al 1913. Momenti della formazione di una banca centrale, a cura di F. Bonelli, Roma-Bari 1991, pp. 487-492 (per il passo cit., p. 491; a p. 776 i successivi contrasti fra la Banca e Luzzatti); E. Cerrito - A. Gigliobianco, Normes, comportements, groupes dirigeants. Problèmes de la construction de l'autorité monétaire en Italie (1880-1907), in Politiques et pratiques des banques d'émission en Europe (XVIIe-XXe siècle), diretta da O. Feiertag - M. Margairaz, Paris 2003, pp. 82-124. Per la notizia sulle statistiche in tema di banche popolari cfr. il Bollettinodell'Associazione…, cit., 1923, con riscontri in D. Marucco, L'amministrazione della statistica nell'Italia unita, Roma-Bari 1996, p. 180 (in cui si documenta anche il ruolo di Luzzatti). Per l'opera del L. nel Credito italiano, cfr. A. Confalonieri, Banca e industria in Italia (1894-1906), II, Bologna 1980, pp. 369, 385-401, 432, 448 (la posizione del L. sull'affare Elba è descritta nella n. 404, pp. 474 s.). Notizie sulla carica di segretario del consiglio di amministrazione: Milano, Arch. storico del Credito italiano, Relazioni di bilancio a stampa, 1902 e 1922. Infine, su Adele Della Vida, cfr. N.M. Filippini "Come tenere pianticelle". L'educazione della prima infanzia: asili di carità, giardinetti, asili per lattanti, in La scoperta dell'infanzia. Cura, educazione e rappresentazione. Venezia 1750-1930, a cura di N.M. Filippini - T. Plebani, Venezia 1999.