Leviatano, o la materia, la forma e il potere di uno Stato ecclesiastico e civile, Il (
Leviathan, or the matter, form and power of a Commonwealth, ecclesiastical and civil) Opera di Th. Hobbes, pubblicata nel 1651 e, in traduzione latina, nel 1668. Nei quattro libri in cui il testo è suddiviso, Hobbes tratta, rispettivamente, dell’uomo (1°), dello Stato (2°), dello Stato cristiano (3°) e del Regno delle tenebre (4°). La teoria politica del costituirsi della società, dello stabilimento del patto sociale, della sovranità e del governo si inserisce all’interno di un’esposizione generale della filosofia avviata con la teoria della conoscenza e del linguaggio e che si conclude entro la più ampia cornice delle prospettive escatologiche e teologiche, affrontate negli ultimi due libri mediante un’analisi critico-biblica da cui emerge la necessità di unificare la sovranità statale ed ecclesiastica nell’unica figura del «luogotenente di Dio»: il sovrano assoluto. Il «grande Leviatano» chiamato Commonwealth o Stato è un «uomo artificiale» prodotto dall’uomo naturale. In tal senso esso possiede un’‘anima’ costituita dalla sovranità, delle articolazioni, rappresentate da magistrati e funzionari, e così via. Tale ‘corpo politico’ deve avere una sola testa, ossia deve essere guidato da un solo ‘capo’, che tiene in mano sia la spada, ossia il potere ‘temporale’, sia il pastorale, ossia quello ‘spirituale’, come rappresentato nel frontespizio dell’opera. L’uomo è artefice e materia dello Stato; per questo Hobbes inizia la sua opera mediante la descrizione del formarsi della conoscenza e del linguaggio umani a partire dai sensi e in base a un modello meccanicistico, da cui derivano una concezione nominalista in cui il linguaggio è definito come calcolo e lo statuto della scienza è convenzionale. Lo studio dei ‘movimenti dell’animo’ è condotto in base al loro trattamento ‘meccanico’. Essi sono prolungamenti del movimento fisico. Da ciò il porsi di nozioni quali l’utile o il dannoso intesi come piacere e dolore, da cui originano le nozioni di ‘bene’ e di ‘male’, che hanno fondamento convenzionale. L’uomo è naturalmente portato alla diffidenza e all’ostilità nei confronti dei suoi simili («homo homini lupus»), ma poiché in natura non si danno, fra gli uomini, differenze fisiche tali da ovviare alla possibilità che il più debole abbia comunque la forza o l’astuzia necessaria per prevalere sul più forte, lo stato di natura si risolve in una situazione di continua ‘guerra di tutti contro tutti’ in cui ciascuno può fare e possedere tutto ciò che è utile alla propria sopravvivenza. Si pone dunque la necessità, conforme alla legge di natura, ossia alla retta ragione (recta ratio), di stabilire con gli altri un «patto di unione», nel quale ogni uomo si unisce con ogni altro uomo alienando tutti i propri diritti, tranne quello alla vita, al sovrano che, detenendo il potere assoluto li garantisce, stabilisce le leggi civili e la religione pubblica, e rappresenta: «Quel Leviathan, o piuttosto quel dio mortale, cui dobbiamo la nostra pace e sicurezza».