LHASA (A. T., 97-98)
Città capitale del Tibet, situata a 3650 m. s. m., in una pianura ben coltivata e ricca di alberi. Il nome di Lhasa (scritto anche Lhassa) significa "terra degli dei", o "terra santa", dal nome di un tempio ivi edificato nel sec. VII d. C. La città fu chiamata Barantola dai primi viaggiatori europei che vi giunsero nel 1661. Il nome probabilmente deriva dalla traduzione mongola del nome tibetano. Dighe e canali proteggono la città contro le inondazioni del Ki-chu, un grande affluente di sinistra del Brahmaputra. La popolazione sedentaria è di circa 20.000 ab., di cui (oltre i monaci dei tre monasteri De-pung, Se-ra e Gan-den) 7000 sono tibetani, 2000 cinesi, 800 nepalesi, 50 mongoli e 50 del Bhutan. La popolazione fluttuante di pellegrini e commercianti varia da 1000 a 2000 persone. Lhasa è un importante centro commerciale e religioso lamaistico. Le case, costruite in pietra e imbiancate con calce, sono a tre piani, con verande e con tetti piatti. Una grande via (Ling-kor) circonda la città; è continuamente percorsa da processioni religiose e da pellegrini.
A 1500 m. a O. della città sorge il Po-ta-la, un insieme imponente di costruzioni, che è a un tempo monastero, palazzo, fortezza e santuario, dove possono essere ospitati 10.000 religiosi. Qui risiede il Dalai Lama, in un palazzo di quattro piani a 100 m. sulla pianura, col tetto ricoperto di lamine d'oro.
Il complesso di monasteri e di templi s'innalza sopra la roccia. Accessibile solo attraverso scale praticatevi obliquamente, ha un deciso carattere di fortezza. L'esterno è in blocchi di pietra imbiancati e soltanto a molta altezza presenta finestre, in serie regolari. I tetti sono tutti a terrazzo. L'edificio centrale per il suo colore esterno è detto palazzo rosso. Mancano ancora esatte descrizioni del possente monumento architettonico. Esso comprende forse avanzi risalenti al sec. VII; ma nella parte principale è certamente del sec. XVI. Gli ambienti interni sono arredati nella tradizione dell'arte tibetana, derivata da quella indiana; pareti e soffitti sono decorati da ricchi intagli lignei così carichi di dorature, argentature e policromie, da indurre il Waddell a paragonarli a Nikko.
A N. della grande piazza del mercato è il palazzo del re; a O. della piazza il grande tempio Tsuk-la-kang. Fuori della città, sopra una collina, il tempio della medicina. Parchi e giardini privati, assai belli, sono numerosi nei dintorni della città. Il monastero di De-pung (scritto anche Dre-pung, nome che significa "mucchio di riso"), a 6 km. a O. della città, il più grande dei monasteri del Tibet, fondato nel 1414, ha 7700 monaci, e un'università divisa in quattro collegi; il monastero di Se-ra (la grandine pietosa), a 5 km. a N. della città, fondato nel 1417, ha 5500 monaci e tre collegi. Vi si conserva un pugnale sacro (pur-pa), volatovi, secondo la tradizione, dall'India. Il monastero di Gan-den, fondato nel 1409, con 3300 monaci, e due eollegi, a 40 km. a E. della città, conserva la tomba monumentale del suo fondatore Tsong-ka-pa. Infine il monastero di Samye, il primo dei monasteri del Tibet, a circa 50 km. a SE. di Lhasa, fu fondato alla fine del secolo VIII d. C. da Padma Sambhava.
Soltanto i templi della città bassa dominati all'esterno dai loro tetti curvi e riccamente dorati, rivelano un'influenza cinese, naturale conseguenza della situazione politica verificatasi nel sec. XVIII.
Il beato Odorico da Pordenone forse visitò Lhasa verso il 1330; i padri Grueber e d'Orville la visitarono nell'agosto 1661; i cappuccini (Giuseppe d'Ascoli e altri) vi eressero una chiesa nel 1708, ma ne furono espulsi nel 1745 e la missione fu demolita. Il padre Ippolito Desideri vi abitò dal 1716 al 1721. Nel 1846 vi risiedettero per un mese i padri Huc e Gabet. Il 4 agosto 1904 vi entrò una spedizione militare inglese; la città fu da allora visitata saltuariamente da studiosi europei. Una linea telegrafica la collega all'India.
V. tavv. I e II.
Bibl.: A. Kircher, China monumentis illustata, Amsterdam 1667; A. Giorgi, Alphabetum tibetanum, Roma 1672; L. Magalotti, Notizie varie dell'impero della China e di qualche altro paese adiacente, Firenze 1697; C. Puini, Il Tibet secondo la relazione del viaggio del P. Ippolito Desideri, Roma 1904; I. Desideri, An Account of Tibet, ed. De Filippi, Londra 1932; L. A. Waddell, Lhasa and its Mysteries, Londra 1905; L. A. Waddell, The Buddhism of Tibet, Londra 1895; P. Huc, Souvenirs d'un voyage dans la Tartarie, le Tibet, ecc., II, Parigi 1853; Ch. Bell, The People of Tibet, Oxford 1928 (descrizione della vita della città); P. Clement da Terzorio, In India e nel Tibet, Roma 1932 (storia documentata delle missioni dei cappuccini in Lhasa). Da leggere con precauzione: W. Montgomery McGovern, Mon voyage secret à Lhassa, Parigi 1926; A. David-Neel, Voyage d'une parisienne à Lhassa, Parigi 1927; G. Castellani, Nel Tibet. Il p. I. Desideri S. J. e la sua missione, in Civiltà Cattolica, 1932 e 1933.