Libano
Stato mediorientale sul Mediterraneo, confinante con Israele e con la Siria, la cui storia ha condiviso fino alla fondazione di uno Stato autonomo con questo nome, nel 1920. Dalla conquista islamica (634) alla fine del periodo ottomano, il territorio dell’attuale L. aveva dato rifugio, nella sua parte montuosa (il Jabal Lubnan) e nella valle della Biqa, a minoranze religiose cristiane e musulmane, che vi avevano stabilito comunità autonome. Sulla fascia costiera, con i centri di Tiro, Tripoli e Sidone, sede di regni latini all’epoca delle crociate, si esercitò il governo mamelucco e poi ottomano, mentre la regione montuosa fu dominata in modo semindipendente, dal 12° al 17° sec., dalla famiglia Ma‛n, di religione drusa, alla quale apparteneva l’emiro Fakhr al-din. Dopo il fallimento, nel 1635, del tentativo di Fakhr al-din di stabilire uno Stato autonomo dal controllo ottomano, prese il potere la famiglia Shihab, di fede maronita, che raggiunse l’apogeo con l’emiro Bashir Shihab II, nominato governatore dagli ottomani. Shihab entrò tuttavia in conflitto, fra il 1821 e il 1825, con la famiglia rivale dei Jumblatt, di fede drusa, che sconfisse alleandosi con l’Egitto di Muhammad ‛Ali e con la Francia, ponendo così le basi di un conflitto settario che sarebbe proseguito fino al secolo seguente e che condusse, nei decenni successivi, a grandi massacri nelle due comunità. Nel conflitto, Francia ed Egitto si schierarono al fianco dei maroniti, Inghilterra e impero ottomano con i drusi, finché il governo ottomano, con l’accordo europeo, limitò l’egemonia dei maroniti a un territorio circoscritto del Jabal, garantendo ai drusi il potere di fatto sul restante territorio interno. L’assetto raggiunto permise nel 1920 alla Francia di ritagliare dal mandato sulla Siria che le era stato assegnato uno Stato del Grande L., con capitale Beirut, intorno all’enclave maronita, aggiungendovi la zona costiera e la valle della Biqa, abitati soprattutto da musulmani. La maggioranza demografica cristiana così ottenuta fu contestata dai musulmani, finché gli accordi stabiliti nel corso degli anni Venti, e confermati dal Patto nazionale (1943), ripartirono il potere politico fra cristiani, sunniti e sciiti, sebbene con un vantaggio a favore dei primi. Il fragile equilibrio raggiunto durò fino al 1958, quando la fondazione della RAU (➔ araba unita, Repubblica) scatenò la rivolta della popolazione musulmana, sedata dall’intervento americano nel Paese nel quadro della dottrina Eisenhower. La revisione del patto costituzionale richiesta dai musulmani in base ai mutati equilibri demografici fu negata dai cristiani maroniti. La tensione si accrebbe dopo la guerra arabo-israeliana del 1967 e con il cd. Settembre nero, che spostarono in L. le basi della guerriglia palestinese, violando la sovranità dello Stato libanese e creando conflitti all’interno della compagine governativa e dell’esercito nazionale, destinato a scindersi nelle sue componenti settarie. In questo quadro, nel 1975, iniziò la guerra civile. La Siria intervenne al fianco dei maroniti e contro la presenza dell’OLP, bersaglio delle rappresaglie israeliane per gli attacchi dal suolo libanese. Una prima tregua, raggiunta nel 1976, fu rotta dall’intervento delle milizie cristiane e dall’inizio di una lunga serie di assassini politici. Nel 1978, Israele invadeva una prima volta il L., occupando l’area a sud del fiume Litani, che avrebbe mantenuto fino al 2000. Gli Accordi di Camp David, nello stesso anno, spinsero invece la Siria a sostenere l’alleanza di sunniti, drusi e OLP, abbandonando i maroniti, che trovarono appoggio negli israeliani. Gli anni fino al 1982 videro intensificarsi gli scontri fra siriani e maroniti e gli attacchi e le ritorsioni di palestinesi e israeliani, mentre fra la popolazione sciita, rimasta fino ad allora a margine del conflitto, nasceva Hizbullah, sulla spinta della rivoluzione iraniana del 1979. Nel 1982, il ministro israeliano M. Begin ordinò l’invasione del L., per sradicarne le basi della guerriglia palestinese. L’esercito israeliano arrivò a Beirut, che assediò e bombardò per settimane, finché l’intervento delle Nazioni Unite e di una forza internazionale di pace ottenne la cessazione dei bombardamenti e l’evacuazione protetta di palestinesi e siriani da Beirut. Mentre le truppe israeliane si ritiravano, fu assassinato B. Gemayel (➔ Giumayyil, Amin), il leader maronita artefice dell’alleanza con gli israeliani e capo della milizia cristiana, divenuto presidente del Libano. Con il ritiro di Israele e l’espulsione dell’OLP, la guerra civile si riaccese fra le diverse comunità e al loro interno con la regia della Siria, rimasta l’unica forza esterna in campo. L’apice del conflitto fu raggiunto quando, nel 1988, A. Gemayel affidò la carica di primo ministro al generale maronita M. Aoun, violando le regole del Patto nazionale e scatenando la reazione del campo sunnita e della Siria. L’intervento della Lega araba riuscì a riunire tutte le parti per un accordo, che fu sottoscritto nel 1989 a Taif, e stabilì il riequilibrio della rappresentanza parlamentare delle componenti comunitarie, assegnando maggior peso ai musulmani. L’ultimo atto della guerra civile fu la rivolta di Aoun contro i termini dell’accordo; questa fu repressa dalla Siria, che rimase in L. fino al 2005, accettando di ritirarsi solo dopo l’ondata di manifestazioni popolari (la cd. Rivoluzione dei cedri), successiva all’assassinio del primo ministro R. Hariri. Dalla fine della guerra, il Paese ha ricostruito le istituzioni politiche nazionali devastate dal settarismo e affermato la sua sovranità, contro le ingerenze della Siria e di Israele, ma anche, al suo interno, contro la militarizzazione delle regioni meridionali sciite imposta da Hizbullah; quest’ultimo, nell’estate del 2006, attaccò Israele, provocando un nuovo conflitto, durante il quale l’esercito israeliano invase di nuovo, brevemente, il L. e Beirut fu bombardata. Le elezioni del 2009, vinte dall’alleanza di partiti antisiriani, sunniti e cristiani, hanno confermato l’evoluzione del L. verso l’unità nazionale.