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LIBANO

di Paolo Minganti, Paolo Matthiae - Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1979)
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LIBANO (XXI, p. 30; App. II, 11, p. 192; III, 1, p. 988)

Paolo Minganti
Paolo Matthiae

Repubblica (10.400 km2 con 2.126.325 ab. nel 1970) unitaria di tipo presidenziale. A causa della sua posizione geografica, e dell'afflusso di numerosi profughi palestinesi - che sono arrivati a sfiorare le 200.000 unità -, il L. ha risentito duramente degli avvenimenti degli ultimi anni, che hanno avuto come conseguenza lo scoppio di una sanguinosa guerra civile tra cristiani e musulmani (v. storia, in questa voce) che ha provocato un grave collasso dell'economia.

Precedentemente a tali avvenimenti il L. aveva conosciuto una rapida crescita economica: negli anni 1956-66 il reddito nazionale era aumentato di circa il 7% annuo, in termini reali.

Il L. era un piccolo produttore agricolo: la superficie coltivata (33,5%) comprendeva 85.000 ha irrigui. Nel paesaggio agrario si distinguevano 5 regioni: 1) le colture irrigue della regione costiera; 2) i campi non irrigui delle pendici occidentali; 3) le colture irrigue delle zone di montagna; 4) le colture della Beqaa; 5) i pascoli di montagna. Accanto ai cereali, si coltivavano patate, cipolle, pomodori, lenticchie, soprattutto nelle zone più interne; nelle pendici a E e a NE di Beirut erano in sensibile progresso le colture degli agrumi e dei meli, mentre nelle bassure costiere ben riparate avevano trovato condizioni favorevoli i bananeti. A queste colture si affiancavano quelle tradizionali dell'olivo, incostante nel rendimento, e della vite, il cui prodotto veniva utilizzato, oltre che per la vinificazione, per produrre uva secca. Il paese era comunque grande importatore di derrate alimentari. Essendo inoltre quasi del tutto privo di risorse minerarie, aveva una bilancia commerciale largamente deficitaria, riequilibrata però dal forte attivo dei servizi (turismo e banche) e da un aumento della produzione industriale successivo alla chiusura del canale di Suez.

Tra le attività industriali, un impianto siderurgico sorto nella zona di Jbeil dove sono stati rinvenuti giacimenti di minerali di ferro, raffinerie di petrolio a Tripoli e a Saida, al termine degli oleodotti dell''Iraq e dell'Arabia, un grande cementificio a Shiga in grado di esportare parte del prodotto; inoltre cotonifici, uno iutificio, e impianti per la lavorazione del tabacco.

Il turismo rappresentava una risorsa fondamentale per il L.: nel 1974 erano stati registrati oltre 2.200.000 turisti. Oggi le attrezzature ricettive - in particolare i numerosi alberghi di lusso della capitale - hanno subito gravissimi danni.

Come intermediario finanziario, il L., dopo il crollo, avvenuto nel 1966, della Intra Bank, una delle più importanti banche libanesi, si riprese, aiutato in ciò anche dal positivo andamento della bilancia dei pagamenti, che dal 1967 chiudeva costantemente in attivo. I depositi dei capitali a breve (per lo più depositi arabi) avevano raggiunto i 150 milioni di dollari nel 1970, e 300 milioni di dollari nel 1972. La progressiva chiusura delle banche e il totale trasferimento dei depositi stranieri hanno segnato la fine di ogni attività finanziaria.

Anche il commercio è attualmente molto ridotto; nel 1973 nel porto di Beirut avevano attraccato 3532 navi che avevano sbarcato merci per 2,8 milioni di t; nello stesso periodo erano state imbarcate 720.000 t di merci. Le navi battenti bandiera libanese erano 123 con una stazza lorda complessiva di 167.500 tonnellate.

Bibl.: Hachem Nabil, Libanon, sozio-ökonomische Grundlagen, Oplanden 1969; P. S. Sanlaville, La personalité géographique du Liban, in Revue de géographie de Lyon, XLIV (1969); A. Zeinaty, L'industrie du pétrole au Liban, Parigi 1969; M. W. Mikesell, The deforestation of Mount Lebanon, in Geographical Review, LXX (1969); I. M. Prost-Tournier, Le Liban. Premier pays touristique du Moyen Orient arabe, in Revue de géographie de Lyon, XLIX (1974).

Storia. - Incidenti che fecero temere nuove violenze si ebbero tra il 1958 e il 1959; l'allargamento del governo da 4 a 8 membri (ottobre 1959) e della Camera da 66 a 99 (deciso nell'aprile 1960) contribuì a una certa distensione, e le elezioni (giugno-luglio 1960) poterono avvenire nella calma, tanto che il presidente Shihāb, considerando conclusa la sua opera di pacificazione, manifestò l'intenzione di dimettersi (20 luglio 1960); ne fu però dissuaso. Una nuova crisi con l'Egitto si verificò nel 1961, per l'ospitalità concessa ai fuorusciti siriani. Alla fine dello stesso anno, il 31 dicembre, militari ed elementi del partito nazionale sociale (erede del partito popolare siriano) tentarono d'impadronirsi del potere; il tentativo fu stroncato dopo alcuni giorni di combattimenti e i responsabili furono arrestati e processati. Una certa tensione interna si ebbe ancora nel settembre 1964 alla scadenza del mandato di Fu'ād Shihāb, che rifiutò di riproporre la sua candidatura; le apprensioni si rivelarono infondate, e il 18 agosto fu eletto presidente Charles Ḥelu. Nella relativa tranquillità, rotta nell'autunno 1965 da incidenti con Israele per azioni di rappresaglia contro attacchi di guerriglieri, nel dicembre 1965-gennaio 1966 il governo Karāmah affrontò l'annoso e difficile problema della riforma dell'organizzazione amministrativa e giudiziaria dello stato, al fine di eliminare gl'inconvenienti maggiori derivanti dalla ripartizione delle cariche su base confessionale. Nel marzo 150 alti funzionari e magistrati furono costretti a lasciare il servizio, ma il governo Karāmah cadde. Il nuovo gabinetto, formato da ‛Abdallāh el-Yāfī, si trovò a fronteggiare una seria crisi finanziaria: un'ondata di sfiducia nel sistema bancario, sul quale si fondava in massima parte l'economia libanese, provocò un affrettato ritiro dei depositi specialmente dalla Intra Bank, che nell'ottobre chiuse gli sportelli. Il governo dovette intervenire in difesa dei risparmiatori e delle stesse attività economiche, imponendo un sistema di controlli e di garanzie; comunque nel dicembre el-Yāfī dovette dimettersi, e fu sostituito da Karāmah. Nel giugno 1967 il L. espresse esplicitamente la sua solidarietà con i paesi arabi impegnati nel conflitto con Israele, pur senza parteciparvi direttamente; dimostrazioni popolari provocarono il danneggiamento di beni britannici e statunitensi. Nel marzo 1968 si ebbero le elezioni per il rinnovo della Camera, preparate da un govemo presieduto da al-Yāfī; prevalsero un'"Alleanza tripartita" raggruppante i partiti a prevalenza maronita (Falangi, Partito nazionale liberale, Blocco nazionale) e un Blocco democratico con tendenza di sinistra, anch'essi però divisi da rivalità interne, che impedirono la formazione di una chiara maggioranza. A complicare la situazione contribuì non poco una recrudescenza delle attività della resistenza palestinese, cui risposero rappresaglie d'Israele, che accusava il L. di fornire loro ospitalità e assistenza. Uno scontro, il primo dopo due anni, si ebbe alla frontiera nel maggio 1968; nel dicembre, in risposta a un attacco di guerriglieri contro un aereo israeliano nell'aeroporto di Atene, l'aviazione israeliana attaccò quello di Beirut distruggendo al suolo la quasi totalità degli aerei di linea libanesi. Accusato d'incapacità, il governo el-Yāfī si dovette dimettere e fu sostituito il 20 gennaio 1969 da un nuovo governo, presieduto da Rashīd Karāmah.

Il problema della solidarietà con la resistenza palestinese (il L. ospitava oltre 260.000 profughi) e del pericolo che essa rappresentava per le dure rappresaglie israeliane alle azioni di guerriglia veniva intanto riproponendo la questione dei rapporti fra cristiani e musulmani. I primi erano per una politica di moderazione nei riguardi d'Israele, gli altri per un più deciso appoggio alla guerriglia, ma nella sostanza era in contestazione il peso che ciascuna comunità doveva avere nella politica e nell'amministrazione: nella finzione legale esse erano considerate come rappresentanti la metà della popolazione, ma l'ultimo censimento risaliva al 1939 e i calcoli riconoscevano ormai una netta prevalenza di musulmani. Nella primavera e nell'estate del 1969 infiltrazioni di guerriglieri dalla Siria e la creazione di nuove basi d'attacco contro Israele, che rispose con rappresaglie, provocarono frizioni con l'esercito, che in ottobre si decise all'attacco. La minaccia di una nuova guerra civile fu sventata dalla firma al Cairo (2 novembre), da parte del comandante in capo dell'esercito libanese e del capo dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina Yāsir ‛Arafāt, di un accordo per il quale i guerriglieri accettavano di limitare la loro attività ad alcune zone designate. L'accordo fu ulteriormente perfezionato nel gennaio 1970, ma non pose fine alle frizioni: nel marzo si ebbero a Beirut scontri fra falangisti e guerriglieri, nei quali non furono però coinvolti né governo né esercito; nel maggio si ebbe un grave attacco israeliano con incursioni aeree e l'occupazione, per due giorni, di una vasta zona nel meridione. Scaduto il mandato di Ḥelu, nell'agosto 1970 fu eletto presidente Suleimān Farangiyyah, che affidò il governo a Ṣā'ib Sallām. Questi prese misure di distensione, alleviando la censura su stampa, radio e televisione e abrogando il bando comminato ad alcuni partiti politici estremisti (partito comunista, partito popolare siriano, Ba‛th di tendenza filo irachena e altri). Ciò malgrado, per tutto il 1971 continuarono scioperi e manifestazioni contro il costo della vita e la disoccupazione, disordini studenteschi, scontri armati fra opposte fazioni.

Nell'aprile 1972 nuove elezioni della Camera portarono a uno spostamento a sinistra dell'equilibrio. L'espulsione della resistenza palestinese dalla Giordania provocò una recrudescenza delle azioni in partenza dal L. e delle conseguenti rappresaglie israeliane, e gli abitanti dei villaggi meridionali più direttamente colpiti chiesero nel marzo 1972 che l'esercito esercitasse una maggiore sorveglianza sulla guerriglia. Nel settembre la rappresaglia per l'uccisione degli atleti israeliani a Monaco procurò pesanti perdite all'esercito, che nel dicembre mosse all'attacco di alcune basi della resistenza. Nuovi attacchi israeliani nel febbraio 1973 e attentati da parte di estremisti palestinesi provocarono le dimissioni del governo Sallām, che accusò l'esercito d'incapacità. Nel marzo la tensione fra esercito e guerriglieri giunse al culmine: campi palestinesi furono attaccati da terra e dall'aria, tentativi d'infiltrazione dalla Siria furono respinti. L'intervento dei paesi arabi portò a una tregua e a un nuovo accordo per il quale la resistenza s'impegnava a disarmare i profughi, a rinunciare all'addestramento in territorio libanese e a cessare gli attacchi contro Israele. Pressioni dei musulmani sunniti per ottenere maggiori posti nel governo, disordini, incidenti fra milizie di partito continuarono a contribuire al mantenimento di un'atmosfera di tensione. Per quanto non direttamente coinvolto nella guerra dell'ottobre 1973, il L. ebbe a soffrirne nelle province meridionali, oggetto di ripetuti attacchi anche dopo la cessazione delle ostilità. Nel febbraio 1974 il governo, presieduto da Taqī ed-dīn Ṣolḥ, propose una riforma della distribuzione delle cariche che rispondesse alle richieste dei musulmani, provocando una ferma reazione dei Maroniti. Per parte loro i musulmani sciiti del meridione chiesero maggiori rappresentanze e investimenti per lo sviluppo della loro regione, minacciando di armarsi sia contro Israele, sia contro il governo. Nel complesso la situazione era agl'inizi del 1975 ancora estremamente tesa, come dimostrarono violenti scontri a Beirut e nel resto del paese, fra formazioni paramilitari d'ispirazione cristiana e formazioni paramilitari d'ispirazione musulmana, cui si volle dare un'interpretazione di lotte fra forze "conservatrici" e "progressiste". La lotta proseguì accanita senza che gli altri paesi arabi, concordi nel respingere ogni intervento esterno, fossero capaci di assumere un atteggiamento comune che portasse a una tregua. Solo verso la fine del 1976, quando la Siria, rompendo gl'indugi, decise d'intervenire direttamente per por fine agli scontri, gli altri paesi arabi accettarono la formazione di una loro "forza di pace", che risultò comunque composta prevalentemente da Siriani. Tuttavia nel 1978 la situazione si è fatta estremamente drammatica con l'infuriare della guerra tra maroniti, siriani e palestinesi, soprattutto nella città di Beirut e nel L. meridionale.

Bibl.: Politics in Lebanon, a cura di L. Binder, New York 1966; P. K. Hitti, lebanon in history, Londra 19673; M. W. Suleiman, Political parties in Lebanon, Ithaca 1967; M. C. Hudson, The precarious Republic: political modernization in the Lebanon, New York 1968; A. L. Tibawi, A modern history of greater Syria, including Lebanon and Palestine, Londra 1969; F. L. Oubain, Crisis in Lebanon, Washington 1971.

Archeologia. - La complessità della situazione urbanistica nel L. impedisce un organico sviluppo delle attività archeologiche, ostacolate dall'intensa e disordinata concentrazione di insediamenti lungo tutto il litorale. Di conseguenza, esplorazioni archeologiche sistematiche possono essere programmate soprattutto nella regione interna, come a Kamid el-Loz, ovvero sulla costa in base a grandi programmi di esproprio, come a Tiro e a Biblo, dove sono stati spostati gli abitati moderni; scavi importanti per la conoscenza della civiltà fenicia su più limitate aree sono stati effettuati a Khalde, la zona aeroportuale di Beirut, e al santuario di Eshmun a Sidone. Particolarmente notevole per la cultura del Bronzo Tardo (circa 1580-1200 a. C.) dell'area siriana è Kamid el-Loz, che deve identificarsi con l'antica Kumidi, sede di governatore egiziano durante il Nuovo Regno, dove dagli scavi sono emersi un settore ancora limitato di un palazzo, caratterizzato da un vano lungo con contrafforti e ambienti laterali minori, e un importante tempio con pianta irregolare a schema centrale; a Kamid el-Loz, oltre alcuni ostraca in scrittura paleocananea, sono state rinvenute, nel palazzo, alcune tavolette cuneiformi, di cui almeno due provengono da Tell Amarna e sono lettere inviate da un faraone, forse Amenophis III, ad alcuni principi siriani, tra i quali il re di Damasco. Di particolare importanza per la cronologia delle fasi del Ferro II e III (circa 1000-530 a. C.) è l'esplorazione della necropoli a inumazione di Khalde, che ha fornito abbondante materiale ceramico soprattutto dei secoli 9°-7° a. Cristo. L'ampliamento dello scavo dell'area sacra circostante le grandi strutture del tempio di Eshmun a Sidone ha consentito di attribuire la costruzione del grande podio monumentale ai re Eshmunazar II e Bodashtart della fine del 6° secolo a. C., mentre sono stati identificati i resti di possibili fondazioni anteriori, che devono appartenere almeno al periodo neobabilonese.

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