LIBER DIURNUS
. Raccolta di formule cancelleresche in uso presso la Curia pontificia nel Medioevo.
Nel complesso degli affari trattati quotidianamente dalla S. Sede ve n'erano moltissimi di carattere comune e che perciò si potevano trattare con formulario uniforme. Tali erano, p. es., la nomina e il conferimento dei diversi uffici nell'amministrazione dei beni papali, la delimitazione dei rapporti dei monasteri e altre istituzioni con i membri della gerarchia ecclesiastica, la consacrazione di chiese e di altari, la concessione di grazie e di privilegi, la creazione del papa e la partecipazione che se ne doveva dare alle pubbliche autorità, le professioni di fede che emettevano i nuovi papi e i nuovi vescovi, ecc. I relativi documenti che si dovevano compilare vennero redatti su moduli e formule uniformi, nei quali bastava inserire volta per volta i dati particolari riguardanti le persone e i luoghi; e perciò si senti ben presto l'utilità di avere prontamente alla mano quei moduli e quelle formule, raccogliendoli in un manuale che a mano a mano s'accrebbe con quelle aggiunte richieste da nuovi bisogni e da nuove circostanze, e anche si trasformò secondo le opportunità o i capricci dei notarii.
Il primo nucleo di tale formulario si è formato sotto l'influenza del Registrum di S. Gregorio Magno intorno al 625. Esso poi si arricchì di formule e subì notevoli modificazioni attraverso i secoli susseguenti fino al tempo di Leone III, e fu usato nella cancelleria papale sino allo scorcio del sec. XI, per scomparire poi completamente dall'uso e quasi anche dalla memoria, mentre nuove formule più conformi al gusto e agli usi letterarî dei nuovi tempi si sostituivano alle antiche. Tuttavia fu conservato in tre antichi codici: uno vaticano, scritto verso l'800, che da Nonantola passò a S. Croce in Gerusalemme e poi nella Biblioteca Vaticana; uno claromontano, andato poi smarrito nella seconda metà del sec. XVIII, uno ambrosiano proveniente da Bobbio (l'uno e l'altro posteriori di mezzo secolo al primo); contengono complessivamente 109 formule.
Il primo che nell'età moderna ebbe notizia del Liber diurnus dal codice che stava ancora a Nonantola, fu l'erudito Luca Holste (Holstenio), che nel 1650 ne preparò un'edizione per la stampa (criticamente però assai difettosa), ma ne fu impedita la pubblicazione a Roma, perché si pensò che potesse riuscire di pregiudizio alla S. Sede e offrire materiale pericoloso di polemica sia ai protestanti sia ai gallicani, soprattutto forse per le espressioni contrarie a papa Onorio I; invece fece maggiore scandalo la notizia risaputa dell'impedita pubblicazione. Un numero limitato di esemplari fu messo in circolazione nel 1724 e servirono per tre ristampe che se ne fecero in seguito. Nel 1680 uscì a Parigi un'edizione del Liber diurnus curata dal gesuita J. Garnier sul codice claromontano e provvista di note erudite; essa fu ristampata poi a Lipsia nel 1733, a Vienna nel 1762 e nella Patrologia Latina del Migne, CV, coll. 9-187, per opera di J.-B. Pitra. Un'edizione veramente critica fu pubblicata da Th. von Sikel (Liber diurnus Rom. Pontif. ex uno codice Vaticano, Vienna 1889), il quale pubblicò pure speciali studî su di esso. Finalmente per la prima volta nel vol. VII della Analectia Ambrosiana si ha: Il codice ambrosiano del Liber Diurnus Romanorum Pontificum pubblicato auspice il nuovo arciv. di Milano Achille Ratti. L'edizione fu fatta in fac-simile nel 1921, mentre su quel codice rimasto quasi ignorato aveva richiamato l'attenzione il bibliotecario A. Ceriani, e studî e note avevano pubblicati il Ratti stesso e il padre W.M. Peitz.