LIBERO e LIBERA
. Coppia divina di tipo italico come Fauno e Fauna. Qualunque sia la sua etimologia, L. (Liber Pater, conosciuto anche sotto altre forme: Loebasius o Loebesius, Leiber o Leber) è una divinità che esprime la fecondità sia nell'interno della vita familiare sia nella natura vegetale e animale. A lui nell'antico calendario, detto di Numa, sono sacre le Liberali (17 marzo) nelle quali vecchie coronate di edera offrivano focacce di farina, miele e olio ai passanti, staccandone un frammento che gettavano su un'arula portatile, a beneficio del compratore (Ov., Fasti, III, 725 segg.). I giovani in questo giorno assumevano la toga virile (Cic., Ad Att., VI,1, 12) e le famiglie usavano mangiare all'aperto presso la porta di casa (Tertull., Apol., 22). Secondo Varrone poi (in Agost., De civ. Dei, VII, 21) in un mese non precisato, ma in cui si pregava pro eventibus seminum - dunque un mese primaverile -, si faceva a Lanuvio in onore di Libero una festa agraria che culminava nella processione di un simbolo fallico, che veniva coronato da una matrona prima di essere riposto. Da queste due feste di aspetto tutto latino gli studiosi più autorevoli (Preller, Wissowa, Warde Fowler, Marquardt) hanno ricavato la fisionomia indigena di Liber pater, prima della sua assimilazione con Dioniso.
Quest'assimilazione sarebbe avvenuta nel 496 a. C. agl'inizî della repubblica quando, in seguito a una carestia, i Libri Sibillini avrebbero ordinato d'introdurre in città la triade greca Demetra, Dioniso e Core, denominati sotto la forma latina di Ceres, Liber e Libera in quanto divinità patrone dell'agricoltura (cereali e vite). Questa triade era già conosciuta in tutta l'Italia meridionale, da Cuma alla Sicilia, dove in Enna era localizzato il mito del rapimento di Proserpina. In quell'occasione il dittatore Postumio fondò sulle pendici dell'Aventino, presso il Circo massimo, nel luogo ove oggi sorge la diaconia di S. Maria in Cosmedin, il celebre tempio di stile italico con la trabeazione e con il rivestimento di lastre fittili, tempio che bruciò sotto Augusto e fu ricostruito da Tiberio nel 17 d. C. Il rito e il personale del tempio furono naturalmente greci e la festa (Cerialia) cadeva il 19 aprile.
La forma di culto con cui questa triade era intesa e venerata non era quella misterica, sia eleusina, sia dionisiaca: ma in Demetra-Cerere si vide soprattutto la dea dei cereali e in Dioniso-Libero il dio che fa prosperare la vite. Libera-Core o Persefone non vi ebbe particolare rilievo, come non lo aveva nella coppia Libero-Libera in cui presiedeva soltanto feminarum seminibus. Anzi come nell'altra triade romana di origine etrusca, dove un dio aveva l'assoluta prevalenza sugli altri due (Giove su Giunone e Minerva) anche qui Cerere dominò la coppia Libero e Libera. La fusione di Libero con Dioniso divenne così completa che il nome di Libero finì per essere l'equivalente puro e semplice di Dioniso non solo nei feriali seriori, ma anche in seno ai misteri dionisiaci dell'età imperiale (Hierophantes Liberi patris, Archibucolus dei Liberi, signum Liberi patris Panthei).
Gli studî recenti sui rapporti culturali di Roma con i popoli finitimi, Etruschi e Greci della Campania, tendono tuttavia a modificare questo rapporto tra Libero e Dioniso nel senso di far di Libero niente altro che Dioniso, entrato in Roma nel sec. VI, da Cuma in Campania, per mezzo delle popolazioni osco-sabelliche. La diffusione del culto di Dioniso a sud di Roma è provata dalle antefisse dei templi di Satrico, Segni, Velletri, che riproducono teste di satiri e di menadi: il nome Libero sarebbe la traduzione latina di λύσιος o ἐλευϑέριος. Il suggerimento dei Libri Sibillini non avrebbe fatto che coordinare un culto i cui elementi già sussistevano nella città, sia per Demetra assimilata a Cerere, sia per Dioniso, sia per Core, conosciuta in Roma sotto la forma etrusca di Proserpina (Proserpnai, specchio di Orbetello).
Con questa nuova visuale non discordano gli elementi che si riscontrano nelle Liberali e nelle feste di Lanuvio in quanto le vecchie sacerdotes Liberi, l'edera, il banchetto, il culto fallico si ritrovano pure nel rituale greco di Dioniso.
Bibl.: G. Wissowa, Liber, in Roscher, Lexikon, II, coll. 2021-2029; id., Libera, ibid., coll. 2029-2030; W. Schur, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XIII, coll. 68-76; J. Toutain, Études de mythologie et d'histoire des religions antiques, Parigi 1909; F. Altheim, Terra Mater, Giessen 1931.