CRONACHE, Libri delle (detti anche Paralipomeni)
Sono due libri biblici, di contenuto storico, riconosciuti sia nel canone ebraico sia nel cattolico.
Nome e posizione nel canone. - Il loro titolo ebraico è Dibhĕrēhayyamīm, che significa "parole dei giorni", concettualmente corrisponde a "avvenimenti dei tempi", "cronache"; questo titolo è originario, o per lo meno assai antico, giacché lo troviamo in altri scritti storici citati dalla Bibbia e dalle stesse Cronache (I Cronache, XXVII, 24). I Settanta mutarono questo titolo in quello di παραλειπομένων [βιβλία] "cose tralasciate", che poi passò alla versione latina antica (Itala) e alla Vulgata in semplice trascrizione Paralipomenon; questo nuovo titolo fu provocato dall'idea inesatta che le cronache mirassero a narrare le "cose tralasciate" dagli anteriori libri storici della Bibbia.
Nella Bibbia ebraica le Cronache sono poste nella terza classe dei libri del Canone, detta dei Kĕthubhīm o Agiografi; alcuni codici (spagnoli) le pongono al principio di questa classe, mentre altri (tedeschi) seguono la serie tenuta dal Talmūd (Baba bathra, 13 b-15) che le pone alla fine: le odierne edizioni ebraiche seguono quest'ultima serie. Invece la versione dei Settanta e la Vulgata le pongono tra i libri dei Re e quello di Esdra; questa disposizione è la più giusta, non tanto perché il corpo della narrazione delle Cronache riassume quello dei libri dei Re e degli anteriori, quanto perché il seguente libro di Esdra-Neemia riprende il filo della narrazione precisamente al punto in cui fu lasciato dalle Cronache e ripetendo per di più le stesse parole.
Si ritiene anzi oggi che il gruppo Cronache - Esdra- Neemia formasse da principio un'opera sola, scritta da uno stesso autore; non tanto l'argomento trattato, che trova la sua piena conclusione solo alla fine di Neemia, ma anche l'indole della trattazione, lo stile e la lingua, identici in tutto il gruppo, non lasciano alcun dubbio su questo punto. Si crede perciò che nella serie odierna della Bibbia ebraica da quell'omogeneo gruppo fosse staccata l'ultima porzione, cioè EsdraNeemia, e premessa alla porzione Cronache, perché Esdra-Neemia narrava una storia ancora nuova; mentre le Cronache furono relegate in fondo a tutta la Bibbia, perché ripetevano storie ivi già narrate.
Avvenne poi ancora una doppia suddivisione, una in ciascuna delle due porzioni: come la porzione Esdra-Neemia fu suddivisa nei due libri che le dànno il nome, così la porzione Cronache fu suddivisa in due libri. Ma anche qui non v'è dubbio: questa suddivisione, ignota ai codici ebraici, fu eseguita solo per rendere più maneggevole l'opera, come ci attesta anche S. Girolamo.
Contenuto. - Le Cronache narrano la storia del popolo ebraico: ma, poiché lo scopo che esse si propongono le porta a disinteressarsi di moltissimi episodî, per dare invece molto campo all'illustrazione morale di certe istituzioni, ne risulta che questa storia è ridotta in realtà a un compendio dei fatti.
Le Cronache cominciano con lunghissime liste genealogiche (I Cron., I-IX), le quali, secondo un'usanza vigente anche in tardivi storiografi arabi, cominciano con Adamo: scendendo poi da lui, eliminano man mano tutto ciò che non riguarda più il popolo d'Israele, per concentrarsi sempre più attorno ai due perni più importanti per lo scopo della narrazione, cioè la tribù di Giuda con la genealogia di David (I Cron., II, 3-IV, 23) e la tribù di Levi (V, 27-VI, 66 [Vulg., VI, 1-81]). Queste genealogie, la cui importanza era grandissima nei tempi post-esilici (cfr. Esdra, II, 59, 62), sono qua e là inframezzate da brevi narrazioni illustrative. Dopo un fugace accenno al re Saul (I cron. X), e al regno di David in Hebron, comincia la storia di questo re (XI segg.), che si svolgerà d'ora in poi parallela a quella di Samuele e Re. I fasti di David continuano fino a tutto il I Cron.; ma di lui sono omessi quasi tutti gli episodî dei sette anni di regno in Hebron, come pure il suo adulterio e le turbolenze della sua famiglia, compresavi la ribellione di Assalonne: al contrario, è concessa una inusitata ampiezza ai racconti della traslazione dell'Arca a Gerusalemme, dei preparativi per la costruzione del Tempio, e specialmente (XXIII-XXVII) dell'organizzazione del servizio liturgico. Anche nella storia di Salomone (II Cron., I-IX) non sono raccontati i particolari della sua assunzione al trono, né la sua finale idolatria, mentre qui pure è data larghissima parte alla costruzione e dedicazione del Tempio (II-VII). Il restante dell'opera (X-XXXVI), dopo aver narrato la separazione del regno d'Israele da quello di Giuda (X), dà regolarmente la serie dei re di quest'ultimo, disinteressandosi quasi totalmente dell'altro; inoltre, degli stessi re di Giuda si sottolinea soprattutto l'attività da loro spiegata nel campo religioso.
Rispetto alla narrazione dei libri di Samuele-Re, le Cronache hanno pochissimi dati nuovi: tra questi i più notevoli sono l'indicazione archeologica del condotto della fonte di Gihon in Gerusalemme (II Cron., XXXII, 30), e la notizia della prigionia babilonese, del pentimento e della successiva restituzione del re Manasse (XX-DIII, 11 segg. l. nel caso contrario, cioè dei moltissimi episodi non ricordati nelle Cronache, si può asserire che l'autore li riteneva già noti ai suoi lettori, come si argomenta anche da passi quali I Cron., X, 13 confrontato con I Re [Samuele], XXVIII, 7 segg., I Cron., XX, 1 confrontato con II Re [Samuele], XI, 2 segg. e altri.
Il documento letterario. - Le Cronache, insieme con Esdra-Neemia, hanno un carattere letterario che le distingue nettamente dagli altri scritti biblici: sia il materiale lessicografico, sia la fraseologia e la sintassi ebraica rivelano profonde influenze aramaiche. Commentatori e filologi hanno apprestato lunghe liste di vocaboli che compaiono, o assolutamente o almeno in particolari accezioni, solo nelle Cronache e in altri scritti postesilici, come pure di espressioni quasi sconosciute nella precedente letteratura ebraica.
Un'altra particolarità del testo odierno delle Cronache è che in molti punti esso è assai guasto, avendo sofferto lungo la trasmissione grafica. Ciò è riscontrabile soprattutto nelle liste genealogiche, con cui cominciano: è ben naturale, infatti, che quei lunghi elenchi di aridi nomi, molte volte di forma esotica, si prestassero per amanuensi disattenti a omissioni, deformazioni, e guasti di ogni sorta. Per farsene un'idea basti ricordare che, in questa minuta rassegna delle tribù israelitiche, quelle di Dan e di Zabulon non sono nominate affatto, e quella di Neftali è ridotta a un monco versetto di pochi nomi (I Cron., VII, 13); ciò è avvenuto perché i rispettivi elenchi si sono sfasciati, e sono finiti fusi in elenchi di altre tribù (i ruderi dello sfasciamento sono rimasti nel sibillino tratto di I Cron., VII, 12 segg.).
Il documento storico. - Per le genealogie iniziali il Cronista, quantunque non lo dica, dipende certamente dagli anteriori libri biblici, specialmente dal Genesi; da qualche accenno (I Cron., V, 17; cfr. IX, 1) sembrerebbe che si sia servito anche di liste non conservate nella Bibbia. Lungo la narrazione poi rimanda frequentissimamente ad altre fonti scritte, che egli cita per titolo. Esse sono principalmente: Il Libro dei re di Giuda e d'Israele, oppure... d'Israele e di Giuda (cfr. II Cron., XVI, 11; XXV, 26; XXVII, 7; XXVIII, 26; XXXV, 27; XXXVI, 8), con il quale è certamente da identificarsi Il Libro dei re d'Israele (I Cron. IX,1) e Le gesta [ebr. dĕbharīm] dei re d'Israele (II Cron., XXXIII, 18).
Questa gran fonte, che potremmo chiamare la storia dinastica ebraica, doveva essere non solo opera voluminosa, ma contenere anche riportati (secondo il costume della storiografia semitica: cfr. I. Guidi, L'historiographie chez les Sémites. in Revue biblique, 1907, p. 509 segg.) larghi squarci di scritti anteriori; anche questo punto del resto è esplicitamente attestato dal Cronista, che rimanda a Le gesta (o: parole] di Jehu ben Hanani come a scritto inserito nella storia dinastica (II Cron., XX, 34; un caso simile nel testo ebraico di II Cron., XXXII, 32, ove tuttavia le antiche versioni leggono diversamente e forse meglio). Questa storia dinastica non sembra che fosse l'insieme dei libri biblici di Samuele-Re, giacché, a parte altre considerazioni, in questi noi non troviamo molti dati che il cronista dice espressamente esistere nella storia dinastica (cfr. I Cron., IX,1; II Cron., XXVII, 7; XXXIII, 18; XXXVI, 8). La lunga serie di passi paralleli tra le Cronache e Samuele-Re (se ne veda l'elenco nei commentatori, o a Chronicles in Dictionary of the Bible del Hastings: v. bibl.) dimostra che la fonte delle due opere è la stessa, cioè la storia dinastica: tuttavia il cronista deve aver tenuto d'occhio anche Samuele-Re, come si argomenta sia dall'ordine della narrazione, sia dal modo di trattare il materiale, giacché, mentre segue fedelmente l'ordine di Samuele-Re, se ne distacca poi a mezzo d'un racconto, perfino d'una frase, per intercalarvi elementi proprî a lui solo.
Altri scritti a cui il Cronista rimanda sono quelli di parecchi "profeti", quali di Samuele, di Nathan, e di Gad (I Cron., XXIX, 29); di Nathan, di Ahia, e la Visione di Iddo [Addo] (II Cron., IX, 29); uno scritto di Isaia ben Amos (II Cronista, XXVI, 22, oltre quello di XXXII, 32 già ricordato); quello di Semeia e di Iddo (II Cron., XII, 15); da notare sono anche il rimando di I Cron., XXIII, 27, quello a una ignota collezione di Canti funebri (II Cron., XXXV, 25), quello di II Cron., XXXIII, 18-19 (ove il testo è incerto), e particolarmente quelli al midhrash del profeta Iddo (II Cron., XIII, 22) e al midhrash del Libro dei re (II Cron., XXIV, 27).
Di tutti questi scritti non sappiamo positivamente nulla di sicuro. È tuttavia probabile che la maggior parte di essi non fossero noti al cronista in esemplari che circolassero isolati, bensì attraverso larghi squarci incorporati nella storia dinastica; si è notato infatti che alla fine di una data biografia egli non rimanda mai alla storia dinastica e insieme a qualcuno di questi scritti, bensì rimanda per lo più ad essi quando non rimanda alla storia dinastica. Anche lo scritto del profeta Iddo, chiamato midhrash (termine ebraico che più tardi indicò un racconto condotto a scopo soprattutto edificativo), è più probabile che fosse incorporato nella storia dinastica; non si sa invece che cosa fosse precisamente il midhrash del Libro dei Re.
Attingendo dunque da queste fonti il Cronista ha scritto la sua storia, ma non per il solo scopo informativo, bensì per dimostrare una tesi: la quale è che la felicità del popolo d'Israele dipende dalla osservanza fedele della Legge mosaica e del culto liturgico del Tempio. Quindi, nel suo scritto, la nazione come elemento etnografico perde quasi ogni importanza, tanto che la sua parte numericamente più forte, cioè il regno settentrionale, è appena qua e là accennata, perché religiosamente scismatica; ma tanto maggiore importanza viene ad acquistare il regno meridionale, con la sua dinastia davidica, con Gerusalemme per capitale, e specialmente con il suo Tempio. Nel Tempio il Cronista vede il centro morale di tutto Israele, perché il Tempio gli appare come la realizzazione della Torah (Legge), e dall'alto del Tempio egli contempla la storia del circostante popolo. Perciò giustamente il suo scritto è stato definito una "cronaca ecclesiastica di Gerusalemme" (Reuss); esso è un parto genuino di quel pragmatismo religioso che animava la Gerusalemme post-esilica, società essenzialmente religiosa costituita sulla base della Torah.
Confrontando metodicamente le Cronache con i libri di Samuele-Re si notano molte divergenze. Ora, non solo le omissioni già notate (adulterio di David, idolatria di Salomone, ecc.) dipendono evidentemente dalla suddetta tesi del cronista, ma ne dipendono anche parecchie di quelle divergenze: ad es. le molte particolarità liturgiche che si ritrovano in più in I Cron. (XIII), XV-XVI (cfr. II Sam. [Re], VI), in II Cron., XXIII (cfr. II [IV] Re, XI), in II Cron, V, 4 (cfr. I [III] Re, VIII, 3, che s'accorda con Deuteron., XXXI, 9), ecc. Altre divergenze possono essere conciliate interpretando certi termini o affermazioni in senso largo: così se I Cron., XVIII, 17 dice che i figli di David erano primi appresso al re, può riferirsi a un senso secondario del termine kohen, "sacerdote", usato in II Sam. [Re], VIII, 18 (cfr. W. Caspari, in Zeitschrift f. alttestamem. Wissenschaft, XXXV, 1915, p. 155); se in I [III] Re, XV, 14, e in XXII, 43, si dice che rispettivamente i re Asa e Giosafat non soppressero il culto dei "luoghi alti", mentre in II Cron., XIV, 5 e in XVII, 6 è detto che lo soppressero, si possono interpretare le rispettive affermazioni con una relativa remissività; lo stesso valga per casi simili.
Casi più gravi sono invece le divergenze tra II Cron., VIII, 2, e I [III] Re, IX, 11-13; tra II Cron., XX, 36 e I [III] Re, XXII, 48; tra II Cron., XXVIII, 5 segg. e II [IV] Re, XVI, 5 confrontato con Isaia, VII,1, 4, 7; e qualche altro caso. Ai quali è da aggiungere il già accennato fenomeno dei numeri iperbolici, che merita un'attenzione particolare. Siffatte cifre esorbitanti si trovano con una frequenza impressionante nelle Cronache: ed eccone alcuni esempî. Secondo I Cron., XXII, 14 David mette in serbo per la costruzione del Tempio la somma di 100.000 talenti d'oro e di 1.000.000 d'argento, che sarebbero rispettivamente circa 5.000 tonnellate d'oro e 34.000 d'argento (mentre, secondo I [III] Re, X, 14, la principale rendita annua d'oro dello stesso Salomone era solo di 666 talenti); secondo II Cron., XIII, 3,17, Abia con 400.000 uomini sconfigge gli 800.000 di Geroboamo e ne uccide in un sol giorno 500.000; secondo II Cron., XIV, 8-9, Asa con una forza complessiva di 580.000 sconfigge Zara l'Etiope che ne ha 1.000.000 e 300 carri da guerra; secondo II Cron., XVII, 14-19, Giosafat ha un esercito della forza di1.160.000, oltre alle guarnigioni delle fortezze; secondo II Cron., XXVIII, 5, 8, Achaz perde, uccisi in un giorno, 120.000 uomini, e sono condotti in schiavitù 200.000 fra donne e ragazzi del suo regno.
Che queste cifre non corrispondano alla realtà, è cosa concordemente ammessa. Per spiegare queste iperboli alcuni studiosi cattolici, pochi in realtà, ricorrono al fatto che il testo delle Cronache ha subito molti guasti. Altri studiosi, anche cattolici, respingono tale spiegazione, giacché rilevano che, se il guasto del testo è vero, è applicabile soprattutto alle liste genealogiche dei nomi proprî, e solo in qualche caso non frequente alle cifre: la retta conservazione delle quali è d'altra parte dimostrata, non solo dalla frequenza della loro iperbole, confermata dalle antiche versioni, ma anche da quella specie di proporzione quantitativa che si riscontra in esse (ad es., nei casi citati, il pio re Abia ha 400.000 soldati e sconfigge l'empio Geroboamo che ne ha precisamente il doppio; lo stesso a un dipresso accade per il pio Asa rispetto all'alienigena Zara; il re Giosafat, uno dei più pii, ha la cifra più grande di soldati, superando di molto il milione, ecc.). Quindi, o si è proposto per ragioni speciali di ridurre queste cifre tutte di 9/10 (Kaulen, cattolico), o più comunemente si son messe queste cifre in relazione con la suddetta tesi del Cronista, di dimostrare cioè che la fedeltà al iahvismo è fonte di prosperità e successo, mentre l'opposto porta alla rovina. Questi studiosi, in altre parole, si elevano dal caso particolare delle cifre iperboliche alla questione generale circa l'indole della narrazione del Cronista; e vi scorgono, non una semplice relazione di ciò che è avvenuto, bensì una rielaborazione midrascica (vedi sopra) di dati storici esposti e presentati secondo la tesi del Cronista; e con l'applicazione di questo principio spiegano anche le altre divergenze tra le Cronache e gli altri libri biblici. Cosicché le Cronache, secondo tale teoria, sarebbero una storia idealizzata del popolo d'Israele, in quanto il loro autore proietta nel passato le istituzioni strettamente iahvistico-toratiche che reggono la sua società di Gerusalemme, e da questo punto di vista giudica i fatti e li narra a scopo parenetico.
Questa teoria, assolutamente predominante fra gli acattolici, fu in qualche modo accettata anche dal gesuita F. de Hummelauer (Commento, nel Cursus Script. Sacrae del Cornely); il quale, pur riservandosi di esaminare in un volume a parte (non mai uscito) la questione se le narrazioni del Cronista siano strettamente o largamente storiche (p. 5), lascia tuttavia intravedere quale sarebbe stata la soluzione dalle espressioni che usa nei punti più decisivi del commento. Così ad es., a p. 210 suppone che il Cronista attinga a una fonte parafrastica o midrascica, e che non si preoccupi di critica ma dell'edificazione dei lettori; a p. 322 dice che la somma d'oro raccolta da David per la costruzione del Tempio "appartiene alla favola e non alla storia"; e a p. 325 parla di argomenti storici trattati "con una certa libertà epica", ecc. È tuttavia da notare che, nello stesso corpo di pubblicazioni, questa teoria del de Hummelauer ha ricevuto più tardi una sconfessione da altri (cfr. R. Cornely e A. Merk, Introductionis... Compendium, 9ª ediz., Parigi 1927, p. 406).
Si noti infine, a parte qualunque teoria, che recenti scoperte archeologiche hanno confermato notizie proprie esclusivamente al Cronista. È il caso di II Cron., XXXII, 30, ove si dice che in Gerusalemme il re Ezechia "otturò la fonte delle acque di Gihon, quella superiore, e le indirizzò, per sotto la parte occidentale, alla città di David". Questa notizia è rigorosamente esatta, anche nelle sue espressioni. Infatti la fonte di Gihon (l'odierna Fonte della Vergine) invia le sue acque dentro un tunnel artificiale scavato sotto l'estremità dell'Ofel, che è la continuazione meridionale della collina del Tempio: esse perciò scorrono verso la parte occidentale, finché vengono a sboccare nella piscina di Siloe (valle del Tiropeo), cioè dentro la città di David. Ora, dentro questo tunnel, si scoprì nel 1880 un'iscrizione privata, che si riferisce ai lavori del tunnel stesso, e che dalla forma dei caratteri si rivela dei tempi appunto di Ezechia.
Epoca. - Il fatto già accennato, che l'ebraico usato nelle Cronache è profondamente infetto di aramaismi, mostra da sé solo che l'opera è sorta in un'epoca assai tardiva. Questo principio è confermato da dati contenuti nel testo. In I Cron., XXIX, 7 è nominata la moneta ădharkün, che è certamente il "darico" persiano corrente in Palestina. In I Cron., III, 19 segg. sono elencate 6 generazioni discendenti da Zorobabel, sì da scendere a circa il 350 a. C.: ma secondo i Settanta, seguiti dalla Siriaca e Vulgata, si conterebbero in questo passo 11 generazioni, sì da scendere a più di un secolo più in basso. Ammettendo poi l'unità originale di Cronache-Esdra-Neemia, si trova un altro dato in Neemia, XII, 11, ove è nominato il sommo sacerdote Iaddua (Ieddoa), del quale sappiamo da Giuseppe Flavio (Ant. giud., XI, 8, 4) che era contemporaneo di Alessandro il Grande (333 a. C.). Ond'è che comunemente oggi si ritiene essere le Cronache sorte intorno al 300 a. C.; altri le fa scendere a circa il 250 (Kuenen), e perfino al 200 o dopo (Nöldeke).
Bibl.: Commenti: E. Bertheau, Die Bücher der Chronik erklärt (in Kurzgefasstes exeg. Handbuch), 2ª ed., Lipsia 1873; B. Neterel, Die Bücher der Chronik, 2ª ed., Münster 1899; S. Oettli, Die Bücher der Chronik, Esdra und Nehemia, nel Kurzgefasster Kommentar di H. Strack e O. Zöckler, Nördlingen 1889; W. E. Barnes, The Book of Chronicles, Cambridge 1899; J. Benzinger, Die Bücher der Chronik, in Marti, Kurzer Hand-Kommentar zum A. T., Tubinga e Lipsia 1901; R. Kittel, Die Bücher der Chronik übersetz und erklärt, in Nowack, Handkommentar zum A. T., Gottinga 1902; F. de Hummelauer, Commentar. in librum I Paralip., in Cornely, Cursus Scripturae S., Parigi 1905; B. L. Curtis e A. A. Madsen, The Books of Chronicles, in The Internat. Crit. Commentary, Edimburgo 1910; N. Schlögl, Die Bücher der Chronik übres, u. erklärt, Vienna 1911; E. Dimmler, Paralipomena Esdras Nehemias, München-Gladbach 1922; D. Rothstein, Die Bücher der Chronik, in E. Kautzsch e A. Bertholet, Die heilige Schrift des A. T., 4ª ed., Tubinga 193, II, p.562 sgg. Fra le edizioni critiche del testo ebraico (v. bibbia), notevole, per la distinzione delle fonti segnalata con diversità di colori e per le note critiche, quella di R. Kittel, The Books of the Chronicles (parte 20ª di The sacred books of the Old Test. di P. Haupt), Lipsia 1895.
Per studî particolari: F. Brown, in Hastings, Dict. of the Bible, I, pp. 389-397; F. C. Movers, Kritische Untersuchungen über die bibl. Chronik, Bonn 1834; J. Wellhausen, De Gentibus et familiis Judaeis quae I Ch. 2-4 enumerantur, 1870; W. E. Barnes, Religious Standpoint of the Chronicler, in Amer. Journ. of Semit. Languages and Literat., XIII (1896-97), ottobre, pp. 14-20; G. Richter, Untersuchungen zu den Geschlechtsregistern der Chronik, in Zeitschrift für alttest. Wissenschaft, XXIV (1914), pp. 107-141; E. Podechard, Les références du Chroniqueur, in Revue biblique, 1915, pp. 236-247.