Sapienza, Libro della
Libro deuterocanonico del Vecchio Testamento, che nella Bibbia greca reca il titolo di Sapienza di Salomone (Σοφία Σαλωμὼν, o Σαλωμὼντος). Il titolo di Liber Sapientiae o Sapientia è della Volgata, che soppresse il nome di Salomone, a cui s. Girolamo non riconosceva la paternità del libro (così pure, ad es., Agostino e Origene), preferendogli Filone Alessandrino.
L'attribuzione a Salomone era confortata dalla chiara allusione di Sap. 9, 7-8 e 12, dal titolo di re sotto cui l'autore si presenta (7, 5; 8, 9-15) e dall'appellarsi ai sovrani come a suoi pari (1, 1; 6, 1-11 e 21). Ma si tratta, con ogni probabilità, di un artificio letterario, con cui porre, al pari dell'Ecclesiaste e del Cantico dei Cantici, anche questo libro sapienziale sotto il nome del più grande dei saggi di Israele. Il libro, in realtà, fu scritto interamente in greco, forse nel I secolo a.C., da un autore ebreo di cultura greco-alessandrina, e rivolto con fini parenetici agli Ebrei della diaspora. Di struttura unitaria, insolita per analoghi libri sapienziali ebraici, il libro della S. risente ampiamente delle tematiche della cultura greca, specialmente dallo stoicismo e del tardo platonismo, con echi dell'ermetismo, delle religioni misteriche e dell'astrologia (cfr. in particolare la descrizione della S. in 7, 15-30).
Il libro è suddiviso in 19 capitoli, raggruppabili in tre sezioni: una prima (1-5), che dopo un'esortazione alla giustizia intesa come pieno accordo di operare umano e volontà divina, prosegue con un confronto tra la vita dei giusti e degli empi e le loro diverse retribuzioni ultraterrene; una seconda (6-9), che dà un'ampia illustrazione dell'origine, della natura e dell'azione della S., e del modo di acquistarla; una terza, infine, che tratta dell'azione della S. - salvifica per i giusti e perditrice per gli empi - nella storia di Israele, di Canaan e di Egitto. In questa sezione è sviluppato un confronto tra la sorte del popolo eletto e di quello dell'Egitto, attraverso il contrasto tra l'idolatria politeista egiziana e il monoteismo ebraico.
Di particolare rilievo è la caratterizzazione della S., che sarà il motivo maggiormente ripreso dalla tradizione cristiana. La S. è non soltanto concepita come attributo di Dio e a lui identificata nel governo della storia e del mondo, ma è altresì raffigurata, ipostaticamente, come " Vapor ... virtutis Dei, / et emanatio quaedam... claritatis omnipotentis Dei sincera / ... candor... lucis aeternae / et speculum sine macula Dei maiestatis / et imago bonitatis illius " (7, 25-26). La S. assume in tal modo l'aspetto d'immagine e modello di Dio, vero logos universale che permea di sé il creato e lo vivifica (1, 7). Questo aspetto troverà ulteriori formulazioni nel Nuovo Testamento - in particolare nel prologo del Vangelo di Giovanni (1, 1-18, cfr. 3, 16-17; 5, 20) e in s. Paolo (Col. 1, 15-16; Haeb. 1, 2-3) - e nella susseguente teologia del Verbo.
Conformemente all'uso piuttosto ampio dei libri sapienziali nel Convivio, D. richiama il libro di Sapienza (così designato in Cv III XV 5, IV VI 18, XVI 1) sempre all'interno della sua trattazione della S. come Filosofia-Donna gentile. Infatti, se anche D. accoglie la personificazione biblica della S., è per accentuarne la nozione emanatistica, già presente nel testo veterotestamentario, attraverso l'accostamento a formulazioni della filosofia neoplatonica. In Cv III XV 5 è ricordato quanto si dice nel libro di Sapienza: " Chi gitta via la sapienza e la dottrina, è infelice " (Sap. 3, 11 " Sapientiam enim et disciplinam qui abicit infelix est ") e, ancora, però si legge nel libro allegato di Sapienza, di lei parlando: " Essa è candore de la etterna luce e specchio sanza macula de la maestà di Dio " (Sap. 7, 26 " candor est... lucis aeternae et speculum sine macula Dei maiestatis "). Con quest'ultimo passo D. intende chiarire la funzione della S. come mediatrice e ‛ immagine ' di Dio, proprio in quanto si vede come ne l'aspetto di costei de le cose di Paradiso appaiono.
Un secondo tema ripreso con insistenza da D. - tema con cui si apriva il Libro della S. - è quello della giustizia, intesa come adeguamento della volontà umana a Dio mediante la S. che da lui emana. Così in Pd XVIII 91-93 (‛ Diligite iustitiam ', primai / fur verbo e nome di tutto 'l dipinto; / ‛ Qui iudicatis terram ', fur sezzai) D. descrive come nel cielo di Giove, sede delle anime giuste e pie, gli spiriti luminosi si disposero a formare il primo versetto del Libro della S. (" Diligite iustitiam qui iudicatis terram ", Sap. 1, 1). L'evolversi della scritta sapienziale prima nell'emme e infine nel simbolo imperiale (vv. 94-114), non è altro che la resa visuale della continuità che deve sussistere tra precetto biblico e realizzazione di esso da parte dei giusti, ai quali è demandato il governo del mondo (Mn I XI 2). La ‛ trasformazione ' del versetto in simbolo trova la sua interna giustificazione nell'essere quelle anime illuminate e - medievalmente - ‛ informate ' dalla Sapienza. Lo stesso tema è ripreso in Cv IV VI 18 per sottolineare la necessità dell'unione di autorità filosofica e autorità imperiale; nel passo D. riporta infatti la citazione di quanto è detto in quello di Sapienza: " Amate lo lume de la sapienza, voi tutti che siete dinanzi a' populi ", che è traduzione fedele di Sap. 6, 23 (" Diligite lumen sapientiae, omnes qui praeestis populis "). La stessa citazione, con una minima variante e l'omissione di tutti, è in Cv IV XVI 1 (Amate lo lume di sapienza, voi che siete dinanzi a li populi), in rapporto alla veridicità di ogni sovrano che s'ispiri alla S. divina.
Due altre citazioni, dalla Sapientia, sono in Ep XIII 6 (Sap. 7, 14) e 62 (Sap. 1, 7), rispettivamente per la partecipazione a Dio attraverso la s. e per l'emanazione di Dio nell'universo attraverso di essa. Da notare, infine, che in Pg XI 6 il dolce vapore emanante da Dio non è altro che la S., secondo l'espressione di Sap. 7, 25 " Vapor est enim [la s.] virtutis Dei, et emanatio quaedam " (v. SOPRA; v. anche SCIENZA).
Bibl. - J. Fichtner, Weisheit Salomos, Tubinga 1938; H. Duesberg, Les scribes inspirés, II, Parigi 1939, 441-592; L. Bigot, Sagesse (Le livre de la), in Dictionnaire de théologie catholique, XIV, ibid. 1939, 703-744; A.M. Dubarle, Les sages d'Israël, ibid. 1946, 187-235.