LIBRO
(XXI, p. 70; App. II, II, p. 199)
Storia del manoscritto. − Il l. manoscritto e la sua storia dall'antichità al Basso Medioevo (v. manoscritto, XXII, p. 143) sono stati oggetto in questi ultimi anni di indagini numerose di carattere diverso, ma che si possono riferire a tre nuclei fondamentali, necessariamente correlati pur se distinti: struttura fisica del l. manoscritto (v. anche codicologia, in questa Appendice); rapporto tra quest'ultimo come supporto materiale e testo contenutovi; suo ruolo nel contesto socioculturale in cui risulta prodotto e adoperato, con particolare attenzione alle pratiche di lettura.
In epoca greco-romana, il l. manoscritto è normalmente in forma di rotolo di papiro (fino circa al secolo 2°-3° d.C.; v. anche papirologia, XXVI, p. 257; App. II, ii, p. 502; III, ii, p. 361; IV, ii, p. 732). Secondo convenzioni tecnico-librarie venutesi a fissare con ogni probabilità in ambito ellenistico-alessandrino, il l./rotolo di contenuto letterario risulta misurare una lunghezza difficilmente inferiore a m 2,50 circa o superiore ai 10÷12 m, con una preferenza per i 7÷8 m, e di altezza oscillante da un minimo di cm 14÷16 a un massimo di 30÷32, con una preferenza per i 26÷28, secondo epoche, ambiti di attività ''editoriale'' o altre circostanze inerenti alle modalità di trascrizione. Questo imponeva o che un intero scritto − un dramma, un'orazione − fosse compreso in un'unità libraria conforme alle misure convenzionali, o che testi molto brevi fossero posti insieme in un unico rotolo, o ancora che grandi opere fossero distribuite in più l./rotoli, con un'ulteriore partizione in tomi/rotoli nel caso di l. particolarmente lunghi: in ogni caso i testi dovevano disporsi in rotoli che non potevano derogare alle convenzioni tecnico-librarie stabilite. Questi dati discendono da testimoni direttamente conservatisi per intero o da ricostruzioni varie; in particolare, indagini circostanziate sono state condotte sulla tipologia dei volumina ritrovati nella cosiddetta ''Villa dei papiri'' a Ercolano e di quelli greco-egizi provenienti da cartonnage di mummia. Manca tuttavia una ricerca esaustiva, come quella dovuta a E. G. Turner (1977) sulla tipologia del manoscritto in forma di codice nella sua fase primitiva (tra i secoli 2°-7°).
Il codice (v. anche X, p. 676) − pur se entra in concorrenza con il rotolo prima del 2° secolo d.C. circa, affermandosi in modo definitivo alla fine del 4° − trova le sue origini in epoca molto antica e soprattutto nel mondo romano, strutturato nella forma di polittici lignei, talora costituiti − a quanto si è potuto constatare in base a documentazione iconografica − da un numero assai alto di tavolette, e adoperati largamente nella prassi amministrativa, ma pure come supporto di testi cronachistici e letterari. Alla conoscenza di tipologie e di varietà lignee delle tavolette per scrivere ha contribuito una serie di ritrovamenti assai cospicui a Vindolanda, sito militare in Britannia.
Al momento del suo definitivo diffondersi nella specie di l., il codice si presenta costituito di papiro (ricavandosi sempre i fogli necessari alla sua manifattura da rotoli standard, come si è potuto constatare dalla presenza di giunture) o anche di pergamena, la materia scrittoria di origine animale in uso già da epoca ellenistica nel mondo mediterraneo, ma che comincia a diffondersi anch'essa a partire dal 2° secolo d.C. circa fino a prendere nel 4° il sopravvento sul papiro, a eccezione che in Egitto − area di produzione della carta papiracea − e forse nelle zone limitrofe, come mostra il repertorio di codici greci e latini di origine egiziana indagati da Turner. Sull'avanzata e il definitivo imporsi del codice come forma libraria sembra abbiano interagito fattori ideologici (tipologia in contestazione con quella tradizionale del rotolo e perciò fatta propria da nuove fasce alfabetizzate e dai cristiani), economici (a quantità pari di testo, risparmio di materia scrittoria giacché questa veniva utilizzata, a differenza che nel rotolo, sui due lati), pratici (forma più atta alla lettura, alla consultazione, al reperimento di passi in testi di riferimento, e capace di racchiudere in un unico l.-contenitore quantità testuali date da più rotoli).
A parte rare sopravvivenze del rotolo a fini particolari, nel Medioevo sia bizantino sia occidentale la forma normale di l. resta il codice di pergamena o di carta. A quest'ultimo proposito la massiccia sostituzione del manoscritto cartaceo a quello membranaceo avvenuta nel corso del tardo Medioevo si ritiene collegata nel mondo bizantino soprattutto alla crisi economica, e in Occidente anche a un'assai più ampia diffusione dell'alfabetismo tra i laici, con un forte incremento della produzione scritta − libraria e non − e quindi la richiesta di una materia scrittoria non solo di minore incidenza sul costo del l., ma di più facile fabbricazione e di più largo consumo.
Per quanto concerne committenza e sistemi di produzione, nell'antichità il l. sembra essere stato prodotto per lo più da manodopera schiavile, oppure da artigiani retribuiti, o tra le mura domestiche di privati facoltosi per soddisfarne le esigenze, o anche in botteghe librarie specializzate, o presso scuole e biblioteche (fenomeno, quest'ultimo, proprio dell'Oriente tardoantico e cristiano). Nell'Alto Medioevo occidentale, a parte un certo numero di l. di cultura tecnica e applicata scritti da laici, la manifattura libraria, intesa come pia penitenza, è assolta all'interno di scriptoria vescovili e monastici su committenza di vescovi, abati, grandi signori, ma talora di semplici religiosi; a Bisanzio e nell'Occidente tardomedievale e umanistico, a quanti trascrivono l. nell'ambito di istituzioni religiose, si aggiungono imprenditori librai (in Occidente soprattutto presso le università) e individui, laici ed ecclesiastici, che trascrivono l. a pagamento o per uso proprio.
In riferimento alla produzione libraria medievale tanto greca che latina, forte impulso ha avuto lo studio codicologico del manoscritto, sia come ''archeologia'' del l., sia − in particolare per il Medioevo latino − come indagine quantitativa condotta su ampie campionature. Fissati i criteri di rilevamento dei dati (più rigorosi che in passato, talora confortati dal ricorso a tecniche di laboratorio), l'''archeologia'' del l. è volta a scandagliare la specifica origine animale e lo spessore del supporto membranaceo, le tecniche di fabbricazione della carta nelle sue diverse varietà (orientale, arabo-occidentale, spagnola, occidentale con o senza filigrana), i modi di costruzione dei fascicoli, i formati, la foratura-guida delle righe, i sistemi e i tipi di rigatura, l'architettura della pagina intesa come rapporto tra superficie scritta e superficie non scritta (cosiddetta mise en page), i dispositivi di presentazione del testo (cosiddetta mise en texte), la scrittura correlata alle maniere di rigatura, la composizione degli inchiostri, la rilegatura. Nel caso di manoscritti decorati l'indagine risulta estesa alla composizione e allo spettro cromatico dei colori. Interessanti riscontri all'''archeologia'' e alla storia del libro medievale, sia greco sia latino, sono stati ricavati dallo studio del lessico adoperato per il l. e le sue tecniche nel Medioevo stesso.
Su queste basi è venuta a fondarsi una codicologia quantitativa come indagine sui diversi livelli di produzione del l. o di certi l. in una data area o in una data epoca, e quindi sulla circolazione di determinati testi in relazione ai livelli produttivi (v. anche codicologia, in questa Appendice). Questo metodo è stato applicato organicamente alla produzione del l.-manoscritto nella Francia del Nord tra i secoli 9° e 15°. Sempre sotto l'aspetto tecnico-librario e dei livelli produttivi correlati a luoghi, tempi e contenuti testuali, nuova attenzione è stata dedicata al l. universitario nel Basso Medioevo occidentale e al problema dell'exemplar/pecia.
Il ruolo del l.-manoscritto − considerato in rapporto sia alla committenza che ai sistemi e alle tecniche di produzione − emerge da una parte nei termini di l.-oggetto, come status-symbol o bene patrimoniale, dall'altro come strumento di lettura, apprendimento, consultazione, corredato − in Occidente soprattutto nel Basso Medioevo − di dispositivi testuali adeguati quali interpunzione, segni diacritici, suddivisione in capitoli, distinzione funzionale fra testo e commento, rimandi, alternanze nei colori degli inchiostri come ausilio alla lettura e alla comprensione. A un'ottica focalizzata sul momento della produzione libraria è andata subentrando, come prospettiva prevalente, quella del consumo e della fruizione, con uno spostamento del punto d'interesse dalla storia del l. alla storia della lettura, quest'ultima mirata non soltanto all'indagine delle strategie e alla quantificazione degli individui lettori, ma anche ai concreti meccanismi dell'interagire di questi ultimi con le tecniche del libro. La lettura, ricondotta al contesto sociale e culturale entro cui è praticata, vede restituito, così, il proprio carattere di attività semiotica complessa, mediante la quale il lettore opera, a partire dal testo, un processo creativo e personale di ''produzione del senso''.
Infine, nel caso di ''manoscritti d'autore'', è stato ridefinito attraverso il rapporto l./testo il processo di ''scrittura'' del testo stesso nel suo percorso dalla minuta alla stesura definitiva, sì da precisare in età sia antica che medievale i modi diretti o indiretti di quella che è stata chiamata la "partecipazione dell'autore all'opera di scritturazione del proprio testo" (A. Petrucci).
Bibl.: Codicologica, a cura di A. Gruys e J.-P. Gumbert, 5 voll., Leida 1976-80; L. Gilissen, Prolégomènes à la codicologie. Recherches sur la construction des cahiers et la mise en page des manuscrits médiévaux, Gand 1977; E.G. Turner, The tipology of the early codex, Filadelfia 1977; C. Bozzolo, E. Ornato, Pour une histoire du livre manuscrit au Moyen Age. Trois essais de codicologie quantitative, Parigi 1980; D. Reinsch, Bemerkungen zu bizantinischen Autorenhandschriften, in Griechische Kodikologie und Textüberlieferung, a cura di D. Harlfinger, Darmstadt 1980, pp. 629-44; J. Van Sickle, The book-roll and some conventions of the poetic books, in Arethousa, 13 (1980), pp. 5-42 (con bibl. alle pp. 115-27); M.-C. Garand, Auteurs latins et autographes des XIe et XIIe siècles, in Scrittura e civiltà, 5 (1981), pp. 77-104; R.H. Rouse, Statim invenire: schools, preachers, and new attitudes to the page, in R.L. Benson, G. Constable, C.D. Lanham, Renaissance and renewal in the twelfth century, Oxford 1982, pp. 201-25; P. Saenger, Silent reading: its impact on Late Medieval script and society, in Viator, 13 (1982), pp. 367-414; T.C. Skeat, The length of the standard papyrus roll and the cost-advantage of the codex, in Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik, 45 (1982), pp. 169-76; A.K. Bowman, J.D. Thomas, Vindolanda: the Latin writing-tablets, Londra 1983; G. Cavallo, Libri scritture scribi a Ercolano, Napoli 1983; A. Petrucci, Il libro manoscritto, in Letteratura italiana Einaudi, ii: Produzione e consumo, Torino 1983, pp. 499-524; C.H. Roberts, T.C. Skeat, The birth of the codex, Oxford 1983; A. Petrucci, Lire au Moyen Age, in Mélanges de l'Ecole Française de Rome, Moyen Age, Temps modernes, 96 (1984), pp. 603-16; Il libro e il testo, a cura di C. Questa e R. Raffaelli, Atti del Convegno internazionale (Urbino 20-23 settembre 1982), Urbino 1984; R. Chartier, Du livre au lire, in Pratiques de la lecture, a cura di R. Chartier, Marsiglia-Parigi 1984, pp. 62-88; The role of the book in medieval culture, a cura di P. Ganz, 2 voll., Turnhout 1986; A. Petrucci, Dal libro unitario al libro miscellaneo, in Tradizione dei classici, trasformazioni della cultura, a cura di A. Giardina, Roma-Bari 1986, pp. 173-87 (con note alle pp. 271-74); Grafia e interpunzione del latino nel medioevo, a cura di A. Maierù. Seminario internazionale (Roma 27-29 settembre 1984), Roma 1987; La production du livre universitaire au Moyen Age. Exemplar et pecia, a cura di L.-J. Bataillon, B.-C. Cuyot, R.-H. Rouse. Actes du Symposium tenu au Collegio San Bonaventura de Grottaferrata en mai 1983, Parigi 1988; Le livre au Moyen Age, a cura di J. Glenisson, Parigi-Turnhout 1988; Les débuts du codex, a cura di A. Blanchard, Turnhout 1989; G. Cavallo, Libro e cultura scritta, in Storia di Roma Einaudi, iv: Caratteri e morfologie, Torino 1989, pp. 693-734; Id., Testo, libro, lettura, in Lo spazio letterario di Roma antica, a cura di G. Cavallo, P. Fedeli, A. Giardina, ii, La circolazione del testo, Roma 1989, pp. 307-41; P. Saenger, Physiologie de la lecture et séparation des mots, in Annales E.S.C., 44 (1989), pp. 939-62; Vocabulaire du livre et de l'écriture au Moyen Age, a cura di O. Weijers, Actes de la Table ronde (Paris 24-26 sept. 1987), Turnhout 1989; Contributi italiani alla diffusione della carta in Occidente tra XIV e XV secolo, a cura di G. Castagnari, Convegno di studio (Fabriano 22 luglio 1988), Fabriano 1990; Mise en page et mise en texte du livre manuscrit, a cura di H.-J. Martin e J. Vezin, Parigi 1990; P. Saenger, The separation of words and the order of words: the genesis of medieval reading, in Scrittura e civiltà, 14 (1990), pp. 49-74; G. Cavallo, Libri scritti, libri letti, libri dimenticati, in Il secolo di ferro: mito e realtà del secolo X, Settimane di studio del Centro italiano di studi sull'alto medioevo, xxxviii (Spoleto 19-25 aprile 1990), Spoleto 1991, pp. 759-94; P. Rück, Pergament. Geschichte, Struktur, Restaurierung, Herstellung, Sigmaringen 1991; H. Blanck, Das Buch in der Antike, Monaco 1992; G. Cavallo, Forme e ideologia della committenza libraria tra Oriente e Occidente, in Committenti e produzione artistico-letteraria nell'alto medioevo occidentale, Settimane di studio del Centro italiano di studi sull'alto medioevo, xxxix (Spoleto 4-10 aprile 1991), Spoleto 1992, pp. 617-43; M.B. Parkes, Pause and effect. Punctuation in the West, Aldershot 1992; A. Petrucci, Dalla minuta al manoscritto d'autore, in Lo spazio letterario del Medioevo, a cura di G. Cavallo, C. Leonardi, E. Menestò, 1, Il medioevo latino, i, La produzione del testo, Roma 1992, pp. 353-72; C. Salles, Lire à Rome, Parigi 1992; Ancient and medieval book materials and techniques, a cura di M. Maniaci e P. Munafò, Atti del Seminario internazionale (Erice 18-25 settembre 1992), Città del Vaticano 1993.
Libro a stampa. - Tra la fine del 18° secolo e l'inizio del 19° la domanda di giornali e di l., in concomitanza con la rivoluzione industriale, la rivoluzione francese e la generalizzata diffusione dell'alfabetismo, crebbe enormemente in tutta Europa e soprattutto in Inghilterra e in Francia. Alcune importanti innovazioni tecniche, succedutesi entro un breve arco di tempo, permisero di aumentare le tirature e di modificare le tecniche di fattura e d'illustrazione dei l. e dei quotidiani. In rapida successione alla carta di stracci, prodotta a mano, fu sostituita quella di pasta di legno, prodotta meccanicamente; al torchio di legno, ancora manovrato a mano, 350 anni dopo Gutenberg, fu sostituito (1810) quello metallico azionato dal vapore; vari processi portarono, nella seconda metà dell'Ottocento, alla meccanizzazione anche della composizione con le macchine monotype e linotype; le illustrazioni furono prodotte non più su lastre di rame, facilmente deperibili, ma su dure e resistenti matrici di legno ''di testa'', di pietra (litografia) o d'acciaio; i processi di legatura furono meccanizzati e assunti direttamente dai grandi editori. Alla vecchia editoria ancora artigianale si venne rapidamente sostituendo, anche in Italia (Pomba, Sonzogno, Barbera, Treves), un'editoria di tipo industriale, capace di finanziare alte tirature, che a volte, in caso di grandi successi editoriali (in Francia, V. Hugo o J. Michelet), potevano toccare le centinaia di migliaia di copie.
Sul piano della creatività grafica, superato il sobrio classicismo di G.B. Bodoni (morto nel 1813, ma il suo Manuale tipografico fu pubblicato postumo nel 1818), si affermò il modello del l. cosiddetto ''romantico'', con frontespizi carichi di figurazioni e di caratteri gotici e illustrazioni fitte, spesso a vignetta, tipico della produzione nordica, ma largamente diffuso anche in Francia e in Italia. Il ruolo dell'illustrazione divenne sempre più importante nel l. di grande diffusione, che assistette all'affermazione definitiva della forma-romanzo; tipici sono i casi de I promessi sposi di A. Manzoni del 1842, illustrati da F. Gonin, e dell'attività in Francia di un illustratore della forza di G. Doré.
Al l. industriale e alla sua scarsa qualità estetica reagì verso la fine del 19° secolo in Inghilterra W. Morris, che propose un ritorno alla tipografia artigianale con la sua Kelmscott Press (1891) e ai modelli di caratteri dell'età rinascimentale; la sua influenza fu largamente presente in Inghilterra, in Germania e negli Stati Uniti. I maggiori cambiamenti di gusto nei caratteri, nell'illustrazione e nell'impaginazione del l. si verificarono tuttavia in Europa tra la fine dell'Ottocento e i primi due decenni del Novecento, per influenza del movimento dell'Art nouveau (o Liberty), che modificò decisamente il rapporto fra illustrazione e l., promosse la creazione di nuovi caratteri e impose un nuovo gusto grafico, che si affermò largamente anche nella nascente grafica pubblicitaria. In Italia vi si collegarono in vario modo A. De Carolis e i suoi l. dannunziani, il movimento della rivista L'Eroica, promotrice dell'illustrazione xilografica d'arte, G.A. Sartorio e altri.
Prima e dopo la prima guerra mondiale il Futurismo italiano e quello russo ruppero il modello tradizionale dell'impaginazione lineare, della gerarchia dei caratteri e dei corpi tipografici, fornendo nuovi e rivoluzionari modelli di testualità e di l., rimasti poi sostanzialmente senza seguito. A tali tendenze reagì infatti, già negli anni Venti, un forte ritorno al classicismo tipografico, con prodotti sobri, uso di caratteri ispirati a modelli cinquecenteschi, scarse illustrazioni; ne furono rappresentanti in Italia, fra gli altri, R. Bertieri e G. Mardersteig (dal 1927 a Verona) e in Inghilterra S. Morison, che nel 1931 creò la nuova, rigorosa veste grafica del Times di Londra. La creazione di caratteri nuovi, di tipo geometrizzato (''a bastone''), fu invece provocata dalla fortuna del movimento del Bauhaus nella Germania degli anni Venti; per sua influenza il grafico J. Tschichold si fece promotore di una tipografia ''essenziale'', attraverso cui i nuovi orientamenti di gusto dell'architettura razionale entrarono nel mondo della stampa. Intanto, soprattutto in Francia, grandi artisti innovavano l'illustrazione del l., con esperimenti nei quali la mistione fra stampa e figure divenne un elemento caratterizzante.
Un altro fattore di novità fu, negli anni Trenta e Quaranta del 20° secolo, la sempre più larga utilizzazione della fotografia d'arte e d'attualità nella copertina e all'interno dei l. di natura letteraria e di consumo, secondo suggestioni proprie della grafica pubblicitaria, del cinema, dei settimanali illustrati, la capacità innovatrice dei quali era, in Italia e altrove, più pronunciata in senso sperimentale di quella della produzione libraria. Nel contempo, la sempre crescente diffusione dell'alfabetizzazione di massa e dell'istruzione media fece nascere in Inghilterra i famosi tascabili Penguin Books (1935), di formato ridotto e a costi popolari, presto imitati dappertutto, con rilevanti conseguenze per l'incentivazione della lettura di massa e per gli ulteriori sviluppi delle politiche editoriali soprattutto nei paesi anglosassoni.
Nel secondo dopoguerra prevalse in Europa e in Italia un esteso eclettismo che vide alternarsi modelli grafici diversi, ispirati ora a essenziale rigore (casa editrice Einaudi), ora a vivace figurativismo (case editrici Mondadori e Rizzoli); notevole fu sull'editoria italiana più colta l'influenza creativa di grafici come A. Steiner e B. Munari. Col tempo la grafica libraria si è venuta sempre più concentrando nella sola copertina, divenuta unico elemento di richiamo commerciale e sempre più dipendente, in un inevitabile processo di adeguamento, dalla cartellonistica pubblicitaria, spesso prodotta dai medesimi studi professionali. Oggi negli Stati Uniti e in Europa appaiono particolarmente originali nella loro violenta grossolanità le copertine della narrativa di consumo, con grandi scritte in rilievo, uso di colori sgargianti e di dorature e argentature brillanti. Il l. di qualità grafica superiore per modelli, caratteri, illustrazione è ovunque prodotto per lo più da case editrici minori e di natura sperimentale, che non riescono però a imporre modelli validi anche per la produzione di massa.
I fenomeni che hanno trasformato, all'incirca negli ultimi due decenni, la produzione del l. a stampa del mondo industrializzato non appartengono in realtà al suo aspetto grafico-estetico, ma al processo produttivo e alle innovazioni tecnologiche.
Per quanto riguarda il primo, la produzione è sempre più caratterizzata da forti concentrazioni a livello nazionale e internazionale, che danno vita a grandi complessi in cui il l. è prodotto insieme (e in catena) con altri mezzi di comunicazione di massa: film, serial televisivi, telenovele e così via; per quanto riguarda le seconde, le tecniche della fotocomposizione hanno di nuovo radicalmente modificato, meno di due secoli dopo l'introduzione della pressa a vapore, i modi e i ritmi della stampa. Ciononostante l'aspetto del l. è rimasto sostanzialmente immutato, anche se l'influenza dei grafici vi rende sempre più prevalenti le tecniche e le tendenze della comunicazione visuale. Perché la natura del l. cambiasse, occorrerebbe che nascesse nella società un nuovo bisogno di scrittura e di lettura, che ignorasse o respingesse le suggestioni del passato e fosse capace d'imporre nuove soluzioni, nuovi modelli. Ciò per ora sembra possibile soltanto ai livelli più bassi della letteratura d'intrattenimento di massa; mentre la grafica libraria dei paesi meno sviluppati, e in particolare di quelli musulmani, nella sua essenziale sobrietà, fa intravvedere la presenza di nuovi modelli e di nuove vie alla creazione grafica. Forse il l. contemporaneo, giunto alla svolta finale del secolo, è maturo per cambiare ancora una volta processo di produzione, aspetto e natura. Vedi tav. f.t.
Bibl.: J. Lewis, The twentieth century book, Londra-New York 1967; M. Twymann, Printing 1770-1970. An illustrated history of its development and uses in England, Londra 1970; C. Clair, A history of European printing, Londra-New York-San Francisco 1976; A. Petrucci, La scrittura. Ideologia e rappresentazione, Torino 1986; Disegnare il libro. Grafica editoriale in Italia dal 1945 ad oggi, Milano 1988. Più in generale cf. anche La memoria del sapere. Forme di conservazione e strutture organizzative dall'Antichità ad oggi, a cura di P. Rossi, Roma-Bari 1988.