LICHFIELD
(Licetfeld, Liccetfelth, Licitfeld nei docc. medievali)
Cittadina dell'Inghilterra centrale situata nella contea dello Staffordshire.Sul sito dell'od. Wall, a pochi chilometri da L., sorgeva l'antica Letocetum ('campo dei morti'), che sembra derivasse il nome dalla leggenda secondo la quale sarebbero stati martirizzati in questo luogo ca. un migliaio di cristiani.La città di L. si sviluppò a partire dalla seconda metà del sec. 7°, quando, su impulso del re Wulfhere (659-675), vi fu stabilita la sede vescovile del regno della Mercia (Beda il Venerabile, Historia ecclesiastica gentis Anglorum, IV, 3; V, 23). Il più importante vescovo di questo periodo fu Ceadda (669-672), che stabilizzò la sede episcopale e, grazie alla sua esemplarità di vita, acquistò grande fama di santità; alla sua morte fu sepolto presso l'antica chiesa di St Mary - che sorgeva probabilmente sul sito dell'od. cattedrale -, nel Close (area circostante la costruzione e ospitante edifici a essa direttamente collegati), e il luogo della sua tomba divenne ben presto un centro di pellegrinaggio.La città ebbe un ulteriore sviluppo a partire dal 785 (Wilkins, 1737), quando fu dichiarata sede arcivescovile da papa Adriano I; ma già dall'831 la sede veniva trasferita a Canterbury e negli anni 1075-1148 L. finì con il perdere anche la dignità episcopale (Kettle, Johnson, 19822, pp. 140-143).Il più rilevante monumento di L. è la cattedrale, dedicata alla Vergine e a s. Ceadda, la cui storia costruttiva è strettamente connessa alla vita della città. Nulla è rimasto dell'originaria chiesa, sorta per iniziativa del vescovo Jarumar (predecessore di Ceadda) intorno al 668-669, poi continuata dallo stesso Ceadda e infine conclusa dal vescovo Headda nel 700 per accogliere le reliquie del santo vescovo. Tra la fine del sec. 11° e il 12° la cattedrale sassone fu sostituita dal più vasto edificio normanno, iniziato nel 1085 dal vescovo Robert de Limesey (1085-1117) e continuato dal vescovo Roger de Clinton (1129-1148; Kettle, Johnson, 19822, pp. 140-143). Tracce di questa seconda costruzione sono state individuate, durante i restauri del 1856 (Lichfield Cathedral, 1989, p. 9), nel deambulatorio meridionale dell'attuale coro e in alcuni pilastri del capocroce, ma questi resti non permettono di definire né le dimensioni né la forma dell'edificio, che comunque dovette essere presto considerato inadeguato per ospitare le reliquie di s. Ceadda.La cattedrale di età gotica fu quindi la terza eretta sul medesimo sito e, pur rimaneggiata e ampliata fino al secolo scorso, è quella tuttora esistente; essa è l'unica cattedrale d'Inghilterra ad aver conservato le tre guglie (Ladies of the vale), ma quella centrale fu ricostruita dopo la guerra civile del 1642.La chiesa è a tre navate, portate a termine nel 1285, divise da pilastri a fascio che sorreggono volte a crociera costolonata, concluse a E dalla Lady Chapel - che ne costituisce una sorta di abside poligonale - e precedute a O da un nartece con due torri laterali; il punto di innesto del transetto sul corpo longitudinale è sottolineato dalla guglia centrale. Il capocroce e parte del coro (1208), che conservano ancora tracce della decorazione normanna, e i transetti meridionale (1221) e settentrionale (1240) sono in early English, così come la sala capitolare (1249), che si apre sulla navatella settentrionale del coro. A forma di ottagono allungato, la sala capitolare presenta trentasei volte nervate, sostenute centralmente da un unico grande pilastro a fascio - in cui compaiono tra le altre le figure di Adamo ed Eva -, chiavi di volta molto decorate e tracce di affreschi risalenti al sec. 14° (Lichfield Cathedral, 1989, p. 11).In posizione simmetrica rispetto alla sala capitolare si apre, sul lato meridionale del coro, la cappella di S. Ceadda, nella quale sono conservate le reliquie del vescovo. Delle grandi vetrate del transetto, quella meridionale è in perpendicular style, mentre quella settentrionale è frutto di un restauro ottocentesco (Kettle, Johnson, 19822, pp. 190-192).La Lady Chapel fu completata all'incirca entro il terzo decennio del sec. 14° dal vescovo Walter de Langton in decorated style e solo in un secondo momento venne annessa alla terminazione orientale dell'edificio.Il Close ospita vari edifici costruiti tra il sec. 15° e il 17°, situati sull'area di precedenti costruzioni di epoca medievale, di cui non rimane alcuna traccia, poiché distrutte durante la guerra civile (Kettle, Johnson, 19822, pp. 174-175). Soltanto a livello di fondazione sono stati individuati i resti delle fortificazioni presso l'ingresso meridionale al Close, quelli dell'antico palazzo del vescovo Roger de Clinton, situato presso l'angolo nordorientale, quelli di una scala del sec. 14° nella Vicar's House e, al di sotto della St Mary House, tracce di un'abitazione medievale.Nel piano superiore della sala capitolare trova posto la biblioteca (Cathedral Lib.), nella quale sono conservati pregevoli manoscritti dell'età medievale.
Bibl.:
Fonti. - Beda il Venerabile, Historia ecclesiastica gentis Anglorum, in Venerabilis Bedae opera historica, a cura di C. Plummer, Oxford 1896, I, pp. 3-360; Tommaso di Chesterfield, Historia de Episcopis Goventrensibus et Linchfeldensibus, in T.H. Wharton, Anglia Sacra sive Colletio Historiarum, London 1691, I, pp. 421-443; D. Wilkins, Concilia Magnae Britanniae et Hiberniae, I, London 1737, p. 152.
Letteratura critica. - J. Lingard, The History and Antiquities of the Anglo-Saxon Church, 2 voll., New Castle 1806 (trad. franc. Les antiquités de l'église Anglo-Saxonne, Paris 1828); A.W. Clapham, English Romanesque Architecture, 2 voll., Oxford 1930-1934; T.S.R. Boase, English Art. 1100-1216 (The Oxford History of English Art, 3), Oxford 1953; G. Webb, Architecture in Britain: The Middle Ages (The Pelican History of Art, 12), Harmondsworth 1956 (19652); H.M. Taylor, J. Taylor, Anglo-Saxon Architecture, 3 voll., Cambridge 1965-1978; A.C. Taylor, The Cathedrals of England, London 1967; A.J. Kettle, D.A. Johnson, A History of Lichfield Cathedral, London 19822 (1970); R.D. Stevick, The 4x3 Crosses in the Lindisfarne and Lichfield Gospels, Gesta 25, 1986, pp. 171-184; Lichfield Cathedral, Eastleigh Hants 1989.A. Spanò
Tra i manoscritti medievali conservati nella Cathedral Lib. il più importante è l'Evangeliario di L. o Libro di s. Ceadda (Cathedral Lib., 1). Si tratta di un manoscritto tra i più enigmatici della produzione insulare per il quale mancano testimonianze che ne attestino la produzione a Lichfield. Per stile e programma decorativo il codice può essere collocato cronologicamente tra l'Evangeliario di Lindisfarne, del 698 (Londra, BL, Cott. Nero D.IV), e il Libro di Kells, del 750-800 (Dublino, Trinity College, 58, già A.I.6).Se la critica è concorde nel ritenere l'Evangeliario di L. successivo all'Evangeliario di Lindisfarne e da questo dipendente per il modello delle grandi initial pages, esso non fu comunque prodotto dallo scriptorium di Lindisfarne e presenta elementi in comune con altri evangeliari insulari, legati alla Northumbria, a Iona e all'Irlanda.Opera di un esperto artista-scriba legato agli sviluppi stilistici di vari scriptoria (Henderson, 1987), l'Evangeliario di L. ha in comune con quello di Lindisfarne e con il Libro di Kells il fatto di non contenere indicazioni pratiche per usi liturgici; tale circostanza rende probabile che il codice di L. sia stato realizzato per essere esposto in un luogo sacro, sebbene manchino ulteriori testimonianze in proposito; in un'annotazione del principio del sec. 9° (p. 141) risulta che esso venne donato all'abbazia di Llandeilo Fawr nel Galles da un certo Gelhi, che lo aveva ottenuto al prezzo di un costoso cavallo. Il libro sarebbe dunque giunto nel Galles come bottino e probabilmente era legato in origine a un luogo sacro della Mercia. Come attesta l'iscrizione "Wynsige presul" (p. 1) - Wynsige fu vescovo di L. negli anni 963-973/975 ca. -, esso doveva trovarsi nella città già nel tardo 10° secolo.Il programma decorativo era molto ricco, ma sfortunatamente gran parte dell'Evangeliario è andata perduta, compreso l'intero Vangelo di Giovanni. Per il Vangelo di Luca si è invece conservato un cospicuo gruppo di pagine miniate: esso è introdotto da un ritratto dell'evangelista (p. 218), da un'altra pagina con i simboli degli evangelisti (p. 219) e da una cross-carpet page (p. 220), mentre l'inizio del testo (p. 221) è segnato da una initial page, secondo uno schema probabilmente ripetuto per ciascun vangelo. Inoltre si conservano, del Vangelo di Matteo, dopo l'inizio, ancora tre pagine con cornice all'interno delle quali è racchiusa la genealogia di Cristo (pp. 2-4) così come un ΧΡΙ iniziale (p. 5).La parte miniata non è soltanto molto estesa, ma anche di alta qualità, con un uso del colore considerevolmente raffinato. Oltre alla peculiare gamma cromatica, nella quale dominano ombre di porpora e lilla, si rileva un uso insolito del pigmento concepito come stesura di velature sovrapposte; tale procedimento fu ripreso in seguito nel Libro di Kells. Altri legami che l'Evangeliario di L. ha con il Libro di Kells sono costituiti dal rifiuto della maniera più classicheggiante adottata nel codice di Lindisfarne per i ritratti degli evangelisti e dalla resa stilizzata del drappeggio e dei capelli con bande di colore.In ogni caso, sia la cross-carpet page, sia le initial pages dell'Evangeliario di L. si rifacevano a quelle di Lindisfarne, in modo particolare per l'uso di uccelli intrecciati tra loro e per le teste e gli arti di animali usati per indicare la fine della cornice.Molto vasta è la gamma di modelli e di motivi ornamentali e tutto appare eseguito con considerevole perizia. Nonostante i danni causati dalle cancellature, dalle abrasioni e sebbene il codice abbia subìto la perdita di un non precisato numero di pagine, esso resta una delle opere più importanti della produzione della scuola insulare.
Bibl.: CLA, II, 1935, nr. 159; R.L.S. Bruce-Mitford, Lindisfarne and Lichfield, in Evangeliorum Quattuor Codex Lindisfarnensis, II, Olten-Lausanne 1960, pp. 257-258; N.R. Ken, Medieval Libraries of Great Britain, London 1964; M. Richards, The Lichfield Gospels (Book of St. Chad), The National Library of Wales Journal 18, 1973, pp. 135-146; C. Nordenfalk, Celtic and Anglo-Saxon Painting, New York 1977; J.J.G. Alexander, Insular Manuscripts 6th to the 9th Century (A Survey of Manuscripts Illuminated in the British Isles, 1), London 1978; W.A. Stein, The Lichfield Gospels (tesi), Berkeley Univ. 1980; G. Henderson, From Durrow to Kells: the Insular Gospel-Books 650-800, London 1987; R. Gameson, The Royal I.B.VII. Gospels and English Book Production in the Seventh and Eighth Centuries, in The Early Medieval Bible, a cura di R. Gameson, Cambridge 1994, pp. 24-52.A.E. Lawrence