MACCIÒ, Licurgo
Nacque a Pistoia il 5 ag. 1826 dal notaio Michelangiolo e da Assunta Arrigoni, in una famiglia della borghesia professionale toscana di forti sentimenti patriottici. Laureatosi in giurisprudenza presso l'Università di Pisa il 9 luglio 1847, nel 1848 si arruolò volontario nel 2 battaglione toscano insieme con il fratello Demostene, pittore di discreta fama. Passato poi al 1( battaglione di Firenze, il 9 febbr. 1849 il M. fu nominato sottotenente e il 20 marzo successivo fu promosso al grado di tenente, poco prima che il battaglione venisse sciolto per motivi politici.
Il fratello maggiore Didaco, avvocato, inizialmente di tendenze democratiche, fu a capo delle Società degli Amici del popolo ed ebbe un ruolo politico di un certo peso nella Pistoia risorgimentale. Nell'imminenza del plebiscito era su posizioni monarchico-unitarie: eletto deputato all'Assemblea toscana del 7 ag. 1859, nel 1860 costituì a Pistoia il comitato distrettuale della Società nazionale che riuscì ad avere i favori di gran parte dello schieramento moderato, anche opponendosi attivamente al locale Comitato di provvedimento. Fu questo uno dei fattori della sua elezione al Parlamento del Regno nel primo collegio di Pistoia per la settima legislatura, mantenendo tale carica anche nella legislatura successiva, sino al 6 genn. 1862, data della sua morte.
Il M. iniziò la carriera nei ruoli consolari del Granducato di Toscana, con la nomina, nel 1850, a viceconsole ad Alessandria d'Egitto. A quel tempo, il servizio consolare granducale aveva subito una riorganizzazione, introdotta in un primo tempo da L. Serristori e completata da Neri Corsini, marchese di Lajatico, con il regolamento del 16 marzo 1848 rivisto il 30 nov. 1848 durante l'amministrazione Montanelli. In particolare per il servizio consolare, la guerra contro l'Austria aveva reso necessario il decreto del 2 nov. 1848 che imponeva a tutti i consoli e viceconsoli toscani che rappresentavano in pari tempo l'Austria e la Toscana di cessare dal loro ufficio, il che comportò un rinnovamento del personale. La nomina del M. coincise con l'amministrazione di Andrea Corsini, duca di Casigliano, ministro degli Esteri toscano dal 1849 al 1856 e membro del governo incaricato, sotto l'occupazione militare austriaca, di gestire la restaurazione dei Lorena.
Con l'annessione della Toscana al Regno di Sardegna, l'11 ag. 1860 fu nominato viceconsole di prima classe e, dal marzo 1861, destinato a reggere il consolato d'Italia al Cairo, dove ebbe modo di distinguersi per l'impegno in favore della fondazione di un ospedale europeo. Sposatosi con Vittoria Vernoni, da cui ebbe tre figlie, fu promosso nel 1863 a console di seconda classe e nel 1866 fu trasferito a Beirut con patenti di console generale. Qui venne in contatto per la prima volta con il console T.D. Roustan, con il quale i rapporti si sarebbero deteriorati a Tunisi (sede raggiunta dal console francese nel 1875 e dal M. sul finire del 1878, sotto il primo governo Cairoli e con L. Corti agli Esteri), quando già il governo di Parigi aveva comunicato al proprio console le intenzioni per l'istituzione di un protettorato francese sulla Tunisia.
La nomina del M. nella sede di Tunisi rispondeva all'esigenza di opporre alle mire francesi una difesa energica degli interessi nazionali: a questo ruolo egli sembrava particolarmente votato e tale attitudine si era evidenziata, proprio in funzione antifrancese, nel periodo conclusivo del suo servizio a Beirut. In occasione di un acceso diverbio scoppiato tra il M. e il console di Francia De Guyis nel giugno del 1878 per una questione di cerimoniale, il ministro degli Esteri francese W.-H. Waddington adombrò una sua "scarsa benevolenza per gli interessi francesi" (Giaccardi, p. 86).
Ma più che per misogallismo, la scelta di un agente particolarmente sensibile alla causa nazionale come il M. ben si confaceva alla politica di B. Cairoli, il quale, salvo coinvolgere l'Inghilterra, riguardo alla questione tunisina decise di non agire sul terreno diplomatico, ma più risolutamente sullo scacchiere locale.
Sin dal suo arrivo a Tunisi, che significativamente avvenne su una nave da guerra e con un insolito apparato di contorno, il M. fu perfetto interprete della linea di difesa dell'accordo raggiunto dall'Italia con il governo del bey nel settembre del 1868, che tendeva a conservare lo status quo oltre che ad assicurarle nuove condizioni di favore, una situazione che cominciò a essere minacciata dalle prospettive apertesi per i Francesi con il congresso di Berlino. Buon conoscitore del problema di Tunisi e cosciente degli interessi delle grandi potenze nello scacchiere mediterraneo, il M. riuscì presto a entrare in ottimi rapporti con il bey e con i rappresentanti del suo governo, con ciò conquistando il consenso dei residenti italiani, che ne ammirarono l'integrità, l'attivismo e la "prontezza da vero diplomatico" (Roma, Arch. stor. diplomatico del Ministero degli Affari esteri, Personale, f. Licurgo Macciò, lettera del 15 luglio 1879 da Tunisi di G. Ravasini al ministro degli Esteri). Ottenuta la benevolenza del bey, il M. si sforzò di incoraggiarlo sulla via di riforme con cui superare la crisi politica e amministrativa nella quale versava il paese, afflitto dall'eccessiva concentrazione di potere e dal non perfetto stato dei pagamenti, e dunque in una situazione di debolezza che avrebbe potuto a maggior ragione spianare la strada a un intervento straniero.
Più volte il M. fece valere la sua influenza, come in occasione della revoca da parte del governo di Tunisi, sul finire del 1878, di una concessione di alcune migliaia di ettari a un cittadino francese la cui causa era stata caldamente patrocinata da Roustan; tale incidente impressionò non poco il governo di Parigi, che fu contrariato anche di più quando, per l'accertamento di preesistenti diritti di un suddito italiano, furono accolte le obiezioni del M. alla costruzione di un tratto di ferrovia francese Tunisi-Susa. Puntuale nelle sue relazioni al ministro sulle reali intenzioni del governo francese, facendosi interprete dei sentimenti dei suoi connazionali il M. non esitò a invocare per tempo l'invio di navi da guerra italiane lungo le coste tunisine. A tale richiesta, peraltro, Cairoli, il 19 apr. 1881, in piena crisi del suo terzo governo, rispose con un diniego: pochi giorni dopo, prendendo a pretesto alcuni incidenti tra tribù lungo il confine algerino, truppe francesi penetrarono in territorio tunisino, il che permise l'imposizione francese del trattato di protettorato.
Laconico fu il commento del M. a chiusura della relazione con cui trasmetteva al ministero il trattato del Bardo, concluso tra il governo di Parigi e quello del bey il 12 maggio 1881: "sebbene non si dica apertamente, è facile lo scorgere come si pensi che, per seguire appunto i suggerimenti dell'Europa, di astenersi da ogni ostilità verso la Francia, le si è facilitata l'occupazione della Tunisia ed il compimento dei progetti contro di essa da lungo tempo nutriti" (Documenti diplomatici, V, doc. 504, p. 266).
Con dispaccio del 31 maggio 1881 gli fu annunciata la promozione a console generale di seconda classe (r.d. 27 febbr. 1881). Sostituito a Tunisi dal console A. Raybaudi Massiglia quando ormai il governo italiano aveva di fatto accettato il protettorato francese sulla Tunisia, in riconoscimento del servizio prestato e dopo aver ottenuto dal Parlamento i fondi per un ampliamento dei ruoli nel corpo diplomatico, nel marzo del 1882 il ministro P.S. Mancini gli offrì il posto di inviato straordinario e ministro plenipotenziario a Montevideo, ma il M. rifiutò tale destinazione per motivi familiari e di salute. Inviato nel gennaio del 1883 in Montenegro con credenziali di ministro residente, nell'ottobre del 1884 fu promosso console generale di prima classe e nel luglio del 1889 fu trasferito al Cairo dove, nel 1893-94, ebbe ancora modo di distinguersi impegnandosi per l'aggiudicazione dei lavori di costruzione di quattro ponti sul Nilo in favore della "Intrapresa di costruzioni metalliche" di Napoli, in procinto di licenziamenti per mancanza di commesse. Sue ultime destinazioni furono prima Corfù e successivamente Santiago del Cile, dove fu inviato con credenziali di ministro residente e patenti di console generale. Fu collocato a riposo nel settembre del 1898, con il conferimento del titolo onorario di inviato straordinario e ministro plenipotenziario. Si ritirò a Firenze, dove morì il 5 dic. 1905.
Nel corso della carriera il M. pubblicò una serie di resoconti di tipo commerciale nel Bollettino consolare: tra i più interessanti i Cenni intorno alla produzione del cotone nel distretto consolare del Cairo, 1863, vol. 2, p. 948; Intorno alla produzione della seta in Siria, 1867, vol. 4, f. I, p. 801; Della coltivazione della vite e dei metodi di vinificazione in Siria, 1869, vol. 5, parte II, p. 105; Allevamento dei bachi da seta in Siria, 1869, vol. 6, f. II, p. 387; Statistica commerciale della piazza di Beirut, 1874, vol. 11, parte I, p. 145; Informazioni intorno alla cultura e raccolta del tabacco nel distretto del r. consolato in Beirut, 1878, vol. 14, parte II, p. 157.
Fonti e Bibl.: Ministero degli Affari esteri, Documenti diplomatici, s. 9, Tunisi, voll. IV-VII, ad indices; A. Chiti, La questione di Tunisi e il pistoiese L. M. console d'Italia, in Bull. stor. pistoiese, XLI (1939), pp. 33-36; A. Giaccardi, La conquista di Tunisi, Milano 1940, pp. 86 ss.; F. Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, Bari 1965, p. 747; E. Serra, La questione tunisina da Crispi a di Rudinì e il "colpo di timone" alla politica estera dell'Italia, Milano 1966, pp. 1-14; La formazione della diplomazia nazionale (1861-1915). Repertorio bio-bibliografico dei funzionari del ministero degli Affari esteri, Roma 1987, p. 431.