Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Recisi i legami con l’Austria dopo la prima guerra mondiale, il Principato del Liechtenstein stringe accordi diplomatici ed economici con la Svizzera. Nello stesso periodo, muta l’ordinamento politico del Paese che passa da un regime monarchico-costituzionale a una forma di governo parlamentare. Nel secondo Novecento, le basi dell’economia del Liechtenstein si spostano dalle attività agro-pastorali all’industria e alla finanza.
Politica di neutralità e riforme istituzionali
All’inizio del Novecento, il Principato del Liechtenstein (160 km2), compreso tra la Svizzera e l’Austria, nella regione montuosa a sud del lago di Costanza, appartiene alla sfera d’influenza della monarchia asburgica. Il sovrano del piccolo Stato risiede stabilmente a Vienna da dove governa i suoi sudditi attraverso un amministratore e due consiglieri che lo rappresentano nel Paese. Il legame di dipendenza dall’Austria è strettissimo: il Liechtenstein è incorporato nel territorio doganale e fiscale del suo potente vicino. Subisce perciò, nonostante la propria neutralità, i duri contraccolpi economici della prima guerra mondiale e della sconfitta austriaca. L’industria tessile del principato va in rovina. I risparmi e i redditi della popolazione vengono erosi dalla svalutazione monetaria che colpisce l’Austria. Il malcontento generale e le pressioni dell’opinione pubblica inducono il principe Giovanni II del Liechtenstein (1840-1929), regnante dal 1858, a una decisiva svolta in politica estera; attraverso la quale, nel primo dopoguerra, il piccolo Stato si inserisce nell’orbita elvetica. Il principato affida la propria rappresentanza diplomatica alla Svizzera, con cui stipula una serie di trattati di unione postale, doganale e monetaria. La nuova collocazione geopolitica salva il Paese dall’Anschluss hitleriano dell’Austria, e lo scudo della neutralità elvetica gli risparmia l’esperienza del secondo conflitto mondiale.
Gli anni del primo dopoguerra segnano profondamente la successiva storia del Liechtenstein anche per quanto riguarda la politica interna. Nel 1921, infatti, una rivoluzione patriottica costringe il principe a promulgare una costituzione più liberale e più democratica rispetto a quella concessa nel 1862. Avviene così il passaggio del Liechtenstein da un regime monarchico-costituzionale puro a una forma di governo inclinante al parlamentarismo. Il principe cessa di essere il capo del governo e di condividere il potere legislativo con l’assemblea rappresentativa. In base al nuovo ordinamento, quest’ultima, che mantiene la tradizionale denominazione di “Dieta”, si compone di venticinque membri, eletti per quattro anni a suffragio universale maschile (le donne accederanno ai diritti politici soltanto nel 1984). Oltre all’esercizio della funzione legislativa, alla Dieta compete la scelta dei membri dell’esecutivo, la cui nomina, formalmente, è prerogativa del re. Il governo, formato da un capo, da un vicecapo e da tre consiglieri, dura in carica per quattro anni. Entro questa cornice istituzionale, che estromette il principe dall’effettiva direzione dello Stato, si svolge, nei decenni seguenti, la vita politica del Paese, incardinata su un sistema bipartitico, tendente al modello della democrazia consensuale. Il Partito Borghese del Progresso (FBP) e l’Unione Patriottica (VU), non molto distanti sul piano programmatico, governano in coalizione, concordando l’attribuzione delle principali cariche politiche in base ai risultati elettorali. Soltanto alla fine del secolo si verifica un caso di governo monocolore; allorquando l’FBP, sempre maggioritario tra il 1928 e il 1970, esce sconfitto dalle urne e decide di abbandonare la tradizionale logica consociativa, restando all’opposizione per l’intera legislatura.
Nel corso del Novecento il Liechtenstein si trasforma anche sotto il profilo economico. Fino al secondo dopoguerra è un paese agricolo, produttore di cereali, vino e frutta; fortemente orientato all’allevamento del bestiame. A partire dagli anni Cinquanta vive un’intensa fase di industrializzazione, che fa crollare la percentuale di popolazione impiegata nelle attività agro-pastorali. Accanto al comparto della lavorazione del cotone si afferma il settore chimico-farmaceutico e decollano le industrie di precisione. Al rapido incremento della ricchezza del Paese, cui tiene dietro la crescita demografica, che alla fine del secolo porta il Liechtenstein oltre la soglia dei 30 mila abitanti (più del doppio rispetto agli anni Cinquanta), contribuisce in maniera determinante il capitale straniero, attratto dalla legislazione fiscale vantaggiosa e dal solido sistema bancario. Negli ultimi decenni del secolo cambia anche l’immagine internazionale del principato. Mentre nel primo dopoguerra la candidatura del Liechtenstein alla Società delle Nazioni è respinta dalle grandi potenze, tra la fine degli anni Settanta e l’inizio dei Novanta, il piccolo Stato è ammesso a far parte delle principali organizzazioni interstatali. Nel 1978, diventa membro del Consiglio d’Europa; nel 1990 ottiene un seggio all’ONU; nel 1995 aderisce allo spazio economico europeo.