LIECHTENSTEIN (XXI, p. 105; App. I, p. 793; II, 11, p. 200; III, 1, p. 992)
Lo sviluppo delle attività industriali, dei servizi, del turismo e soprattutto delle attività finanziarie e bancarie, in una società ristretta e per di più incapace di mobilitare essa stessa una mano d'opera qualificata, ha imposto negli anni Sessanta il ricorso alla forza-lavoro straniero e, inoltre, all'utilizzazione giornaliera di 2500 frontalieri. In tutti i settori della vita attiva è così aumentata la presenza degli stranieri: per es., la metà degli effettivi dell'insegnamento secondario è fornito dai Tedeschi e dagli Austriaci. Nel 1962 una legge ha fissato al 33% della popolazione globale la percentuale degli stranieri ammessi a risiedere nel paese, nonché le quote d'immigrazione per ogni nazionalità; una serie di accordi firmati nel 1963 ha affidato praticamente alla Svizzera la polizia degli stranieri e il controllo delle frontiere. Benché la Svizzera continui a rappresentare gl'interessi del principato all'estero e ad esercitare in nome di questo stato una serie di altre attività, pure il L. è titolare di pieno diritto della sovranità internazionale.
La vita politica e il potere restano concentrati nelle mani di 5000 elettori, meno di un quarto della popolazione. L'elettorato attivo e passivo è stato rifiutato, nel 1971 e nel 1973, alle donne, nonostante l'accordo unanime del Partito progressista conservatore (i neri, Fortschrittliche Bürgerpartei) e dell'Unione patriottica (i rossi, Vaterländische Union Volkspartei): infatti una forte percentuale della popolazione femminile è costituita da straniere naturalizzate in seguito a matrimonio, e gli elettori hanno temuto che l'allargamento della base elettorale avrebbe potuto comportare influenze straniere negli affari interni. I due partiti si contrastano duramente per il controllo dei 15 seggi della Dieta; ma né la composiziane sociologica dell'elettorato né le differenze ideologiche spiegano il vigore della lotta politica. I neri sono restati al potere senza interruzione dal 1930 al 1970, ma l'hanno riconquistato nel 1974; attualmente il rapporto dei seggi tra la maggioranza e la minoranza è dell'ordine di 8 a 7. Nel 1965 una legge costituzionale ha stabilito la collegialità del governo e ha aumentato il numero dei ministri da 2 a 4 e la durata di una legislatura a quattro anni. Al centro della vita politica del paese resta la famiglia del principe Francesco Giuseppe II, salito sul trono nel 1938, grande conoscitore d'arte e famoso collezionista, uomo d'affari di gran talento e soprattutto abile diplomatico. Ha, in teoria, poteri molto estesi: il capo del governo è responsabile davanti al sovrano, il quale dispone di un diritto di veto su tutti i testi votati dalla Dieta. Questa particolarità spinge molti costituzionalisti a negare che il regime principesco sia una democrazia parlamentare. In pratica il principe esercita poco l'autorità che gli è concessa dalla costituzione: una sola volta ha fatto uso del diritto di veto, allorché si è trattato di bloccare una legge che proibiva la caccia. L'attaccamento unanime dei cittadini del L. alla persona del sovrano è considerato da tutti come una garanzia contro i rischi di elvetizzazione di questo minuscolo stato, fiero della sua originalità.
Bibl.: P. Raton, Le Liechtenstein. Histoire et institutions, Ginevra 1967.