LIEGI
(franc. Liège; fiammingo Luik; Leodicus, Legia nei docc. medievali)
Città del Belgio, capoluogo della provincia omonima, posta sulle rive della Mosa alla confluenza del fiume Ourthe.La zona in cui si sviluppò la città costituisce dal punto di vista geografico un sito di contatto, dal momento che verso questo preciso punto della valle della Mosa convergono diverse regioni naturali: la Hesbaye, il Pays de Herve, il Condroz e le Ardenne. D'altro canto l'incontro di un fiume di grande portata come la Mosa con un corso d'acqua a carattere tor rentizio, la Legia (od. Légie), favorì la formazione di una piccola altura costituita da limo particolarmente fertile, che, già nel corso della prima metà del 6° millennio a.C., ne garantì il popolamento. Su quest'area, oggi rappresentata dal nucleo più antico di L., la piazza Saint-Lambert, nel corso del sec. 2° sorse una villa romana di grandi dimensioni; incendiata alla fine del sec. 3°, questa fu in parte rioccupata in epoca tardoantica; quindi, sulle sue fondazioni, si sviluppò un vicus merovingio.La fisionomia di questo nucleo insediativo era quella di una mezzaluna. La sua estremità occidentale corrisponde all'ubicazione dell'antica piazza Notger, sviluppando da lì una curva estesa a comprendere il rialzamento alluvionale formato dai sedimenti della Légie; l'estremità orientale raggiungeva la via di collegamento parallela alla Mosa, successivamente denominata Féronstrée. Proprio all'estremità occidentale di questa mezzaluna, in corrispondenza della parte terminale, oggi scomparsa, della collina di Publémont, è stato possibile rinvenire resti di una necropoli, prime testimonianze dell'esistenza di un abitato contiguo. La sopravvivenza di questo nucleo abitato merovingio era assicurata dalla già citata via di transito di origine romana che, proveniente da Maastricht, confluiva direttamente nella zona commerciale e artigiana; quest'ultima era molto probabilmente collegata alla Mosa da un altro possibile percorso, embrione della via Neuvice. Le ricerche archeologiche condotte nell'area di piazza Saint-Lambert e nelle immediate adiacenze hanno fornito testimonianze delle attività diversificate di questo piccolo agglomerato merovingio: agricoltura, pascolo, artigianato e commercio.Le favorevoli condizioni ambientali dovettero indurre, nella seconda metà del sec. 7°, il vescovo della diocesi di TongresMaastricht, s. Lamberto, a costruire a L. una propria domus: una casa assai semplice, con i muri di torchis, coperta da un tetto di paglia che scendeva assai in basso, praticamente a livello del suolo, e con un accesso segnato da una sorta di portico (Kupper, 1991, p. 33). Sia la residenza vescovile sia l'oratorio che le si ergeva accanto dovevano essere protetti da una sommaria recinzione.Probabilmente originario di Maastricht, ove la sua famiglia è ben attestata, s. Lamberto poté godere a lungo della protezione del re di Austrasia Childerico II (662-675), ma l'assassinio di quest'ultimo e le crescenti difficoltà nell'amministrazione della diocesi segnarono l'inizio di una delle fasi più tormentate del suo episcopato. Il regime di immunità di cui beneficiava la Chiesa di Tongres-Maastricht, nei confronti della quale gli agenti del potere regio non potevano esercitare alcun diritto, fu alla base di una serie di conflitti di giurisdizione che opposero l'autorità sovrana al vescovo. Lo scontro si fece particolarmente acceso con l'avvento di Dodone, incaricato di gestire i domini di Pipino di Héristal (m. nel 714), maestro di palazzo alla corte franca: l'uccisione di due suoi congiunti, nel corso di una disputa che li opponeva agli uomini del vescovo, aprì la strada a una vendetta privata, con l'invio sul posto - ai margini della residenza liegese del vescovo s. Lamberto - di un gruppo di armati, che per rappresaglia massacrò il prelato, i suoi due nipoti e alcuni loro amici.L'avvenimento - che ebbe luogo il 17 settembre di un anno imprecisato, che la tradizione pone nel 696 ma da ricondurre piuttosto tra il 700 e il 705 - suscitò un'enorme emozione fra la popolazione del vicus. Sugli stessi luoghi del martirio si verificarono numerosi miracoli e dove erano conservati i resti mortali di s. Lamberto venne edificata una basilica, destinata a divenire in seguito la cattedrale, dedicata alla Vergine e appunto a s. Lamberto.Nel corso del sec. 8° il modesto villaggio acquisì sempre maggiore importanza; un'eco di questo fenomeno si coglie nel crescente interessamento manifestato per L. e la sua regione dallo stesso Carlo Magno: egli vi celebrò le feste di Pasqua nel 770 e sotto il suo regno, tra il 768 e il 794, venne coniata una moneta con la denominazione di leodico. Fu nel sec. 8°, ancora, che s. Uberto (m. nel 727), successore di s. Lamberto nella carica vescovile, trasferì a L. l'antica sede episcopale di Tongres-Maastricht e fece costruire, in prossimità della cattedrale, una chiesa dedicata a s. Pietro. Per il sec. 9°, infine, testimonianza significativa dell'importanza raggiunta dalla città è l'entusiastica descrizione da parte di un chierico irlandese, Sedulio, del palazzo episcopale.Malgrado le invasioni normanne dell'881-882 causassero gravi danni all'abitato, L. riuscì rapidamente a superare la crisi. Nel secolo successivo essa ricoprì allo stesso tempo il ruolo di metropoli ecclesiastica e di centro mercantile e sotto il governo di Notgero (972-1008) "il villaggio divenne una città" (Kupper, 1991, p. 33).Per questo energico vescovo, l'organizzazione urbana costituì uno dei fattori più importanti del successo dell'impresa da lui perseguita. Dopo s. Lamberto, egli può essere considerato come 'il secondo fondatore' di L., che dotò di un castrum e di una cinta fortificata. Il castrum era situato in una posizione dominante, ideale dal punto di vista strategico; esso sfruttava in pieno il rilievo del Publémont seguendone l'andamento sinuoso. Collegandosi alla zona orientale del castrum, vale a dire alle sue difese esterne, la cinta urbana si sviluppava a comprendere sia l'area ecclesiastica sia quella urbana propriamente detta; essa fu costruita sfruttando le cave di arenaria fossile di Pierreuse, le cui tracce sono ancora riconoscibili nei grossi blocchi tagliati sommariamente che caratterizzano, profondamente alterati da rifacimenti e ristrutturazioni seriori, i tratti murari ancora conservati.Per altri versi, il vescovo sembra aver perseguito e condotto a buon fine a L. una concezione teologica dell'urbanistica, realizzando al centro della città un sorta di Calvario monumentale, formato dalla collegiata di Sainte-Croix, fiancheggiata dalla collegiata di Saint-Jean-l'Evangéliste e dalla cattedrale dedicata alla Vergine. In prossimità di questo triangolo mistico, Notgero edificò un'altra collegiata, quella di Saint-Denis, dedicata al leggendario vescovo di Parigi, cui egli stesso si assimilava.A partire dal sec. 11°, L. conobbe un'ulteriore fase di espansione, in virtù anche dell'azione svolta dagli immediati successori di Notgero, che vollero seguire l'esempio del loro predecessore. Ma, soprattutto, L. si aprì agli apporti esterni: la via di Francia, che divenne in seguito la via Saint-Gilles, era collegata direttamente con il nucleo centrale della città dal ponte di Avroy; la via di Germania divenne accessibile agli abitanti della riva sinistra della Mosa grazie alla costruzione dell'opera architettonica più significativa della L. del sec. 11°, il ponte degli Archi, che contribuì all'animazione del quartiere commerciale. Nel 1056 un gruppo di abitanti di L. intraprese con successo il difficile viaggio fino a Santiago de Compostela.La città divenne anche una delle capitali culturali: da tutti gli angoli d'Europa, dalla Cornovaglia alla Boemia, dalla Normandia all'Austria, si giungeva a L. per seguire gli insegnamenti dei suoi docenti, i quali, a loro volta, assunsero importanti funzioni in Italia, in Inghilterra e in Polonia. Il canonico Hégélon, fattosi monaco a Cluny, fu l'architetto della celebre chiesa abbaziale di Cluny nel 1088.Lo sviluppo culturale di L. si può cogliere anche nelle arti plastiche, con la magnifica fioritura dell'arte mosana, con le sue opere di oreficeria, i manoscritti miniati, gli avori. Tra il 1107 e il 1118 venne realizzato il fonte battesimale bronzeo di Notre-Dame-aux-Fonts, eseguito con il procedimento della cera fusa, che costituì l'arredo liturgico e l'opera d'arte più prestigiosa della città medievale, oggi collocato in Saint-Barthélemy.In uno con lo sviluppo della vita economica e sociale si posero anche le premesse per il formarsi di un nuovo assetto istituzionale. Nel 1196 gli abitanti di L. ottennero dal vescovo Alberto di Cuyck una carta che riconosceva l'inviolabilità del domicilio. La borghesia accrebbe considerevolmente il suo ruolo politico, accanto all'influenza sempre molto forte del Capitolo della cattedrale. Essa controllava il commercio dei tessuti, del vino e dell'argento. Conflitti politici e sociali opposero 'grandi' e 'piccoli' nel corso dei secc. 13° e 14° e condussero alla stipula, il 18 giugno 1316, della pace di Fexhe, considerata, a giusto titolo, come il punto di partenza della costituzione del paese. Si trattò, in realtà, solo di una pacificazione di breve durata: principe e cittadini si affrontarono duramente e alla fine del sec. 14° si assistette all'instaurarsi a L. di una "democrazia patrizia" (Kupper, 1991, p. 63).Nel corso di questi due secoli l'esplosione demografica rese del tutto inadeguate le originarie fortificazioni, ma, per quanto riguarda la vera e propria cité, la zona di massima densità non superò l'area delimitata dalla grande arteria trasversale dell'Hors-Château, che correva parallela a Féronstrée, la via principale di penetrazione nel cuore di Liegi.Dal punto di vista economico, a partire dal sec. 13°, si sviluppò l'industria del carbon fossile, che sfruttava le miniere della riva sinistra della Mosa. Al tempo stesso e conseguentemente conobbe un grande sviluppo anche la metallurgia, in particolare per quanto riguarda la produzione di armi. Crebbe anche il numero delle corporazioni, che alla fine del sec. 14° raggiunsero le trentadue unità. Ciò nonostante, L. rimase per tutto il Medioevo "una città di chierici dominata dai grandi" e al tempo stesso "una città di chiese" (Kupper, 1991, pp. 85-86). Effettivamente furono con ogni probabilità i 'grandi', i nobili e i mercanti-cavalieri, all'origine del conflitto che oppose, nel sec. 15°, gli abitanti di L. ai duchi di Borgogna. Nel 1468 Carlo il Temerario intraprese l'assedio della città, che cadde il 3 novembre dello stesso anno; con incendi, devastazioni e massacri, il vincitore intese umiliare L. anche con il trasferimento a Bruges del monumento simbolo delle libertà comunali, il Perron. Solo agli inizi del sec. 16° la città poté realmente rinascere.
Le origini della diocesi di L. si pongono intorno alla fine del sec. 8°, quando la città divenne sede dell'antico vescovado di Tongres-Maastricht: tale trasferimento era stato facilitato non solo dalla scelta di s. Lamberto di eleggere L. come seconda residenza episcopale, ma soprattutto dall'azione svolta in tal senso dal suo successore, s. Uberto.Come quello di molti altri dignitari ecclesiastici dell'epoca, l'operato di s. Uberto fu contrassegnato sia da un impegno nell'ambito della regione sia da intenti di tipo missionario, come attestano per es. i numerosi viaggi nelle Ardenne e nel Brabante settentrionale per l'evangelizzazione di quelle contrade. Imparentato, come sembra, con la famiglia dei Pipinidi, egli favorì naturalmente i legami della propria circoscrizione ecclesiastica con la dinastia dei maestri di palazzo.I limiti della diocesi di L. si precisarono solo con il regno di Carlo Magno. In una prima fase il sovrano si interessò direttamente alle attività religiose nel nuovo vescovado, come indica l'episodio relativo all'aspro rimprovero che egli avrebbe mosso al vescovo Gerbaldo, dopo aver constatato che alcuni padrini e madrine non conoscevano le preghiere elementari del sacramento del battesimo (Eckhardt, 1955). Successivamente l'azione si diresse principalmente all'organizzazione distrettuale, con la suddivisione del territorio in province ecclesiastiche costituite da un arcivescovado e da diocesi da esso dipendenti, che nel caso di L. - diocesi cui faceva capo peraltro la stessa capitale imperiale Aquisgrana - previde l'inclusione nella giurisdizione dell'arcivescovado di Colonia.Per quanto concerne la configurazione territoriale, si trattava di un'area compatta, le cui frontiere raggiungevano verso N la Zelanda, verso S la Semois e l'od. dip. francese Ardennes; da O a E, essa si estendeva da Thuin e Nivelles ad Aquisgrana ed era attraversata, da S a N, dalla Mosa. Si può sostenere, a ragione, che la diocesi di L. nel Medioevo comprendesse di fatto metà dell'attuale Belgio, coprendo anche l'estremità meridionale dei Paesi Bassi. Assai precocemente il vescovo di L. delegò i suoi poteri ad arcidiaconi dotati a loro volta di estesi poteri giurisdizionali; in epoca medievale questi raggiunsero il numero di sette, a capo di altrettante arcidiaconie (Hesbaye, Condroz, Campine, Hainaut, Brabante, Famenne, Ardenne). All'interno di ciascuna di queste circoscrizioni vigeva un'ulteriore suddivisione in decanati o concili, mentre ogni decanato era organizzato nelle diverse parrocchie.A partire dal sec. 13° il vescovo venne eletto, in linea di massima, dai canonici del Capitolo della cattedrale di Saint-Lambert; "l'elezione del vescovo rappresenta un problema spinoso, spettando di diritto alla popolazione e al clero della diocesi. E in effetti, fino al sec. 12°, fu la curia episcopalis, formata da chierici e laici, ad avere l'incarico di eleggere il successore di un vescovo defunto" (Delville, 1994, col. 23). Ma tanto l'imperatore quanto il papa esercitarono, a seconda delle circostanze, un'influenza considerevole su talune elezioni. Il Capitolo della cattedrale di L. - con i suoi sessanta e, successivamente, ottantasette canonici - rappresentava d'altra parte una potenza al tempo stesso ecclesiastica e politica; esso costituiva il clero primario, mentre il clero secondario era formato dai membri di collegiate e da capitoli di canonici secolari, sette dei quali situati nella stessa L.: Saint-Paul, Saint-Pierre, Saint-Barthélemy, Saint-Denis, Sainte-Croix, Saint-Jean-l'Evangéliste, Saint-Martin.Anche a L. lo sviluppo demografico portò progressivamente alla formazione di numerose parrocchie, dipendenti dalle diverse collegiate; in origine però ne esisteva una sola, annessa alla cattedrale, quella di Notre-Dame-aux-Fonts, dove tutti gli abitanti di L. avevano l'obbligo di farsi battezzare. Tale monopolio fu abbattuto da alcune collegiate agli inizi del 12° secolo.Accanto alla cattedrale e alle collegiate, la diocesi di L. contava numerose abbazie, veri e propri centri culturali ed economici, come Saint-Jacques e Saint-Laurent a L., Lobbes, Stavelot, Waulsort, solo per citare le più importanti. In ognuno di questi complessi monastici, pure caratterizzati da strutture diverse, la politica, l'insegnamento, la liturgia e la teologia erano intimamente collegati. Si deve al vescovo Stefano (901-920) l'introduzione di una festività, quella della Trinità, poi estesa all'intera Chiesa da Giovanni XXII nel 1334. Lo stesso vescovo compose o commissionò anche un Ufficio di s. Lamberto, patrono della diocesi, un'antifona del quale, la Magna vox, costituì per secoli l'inno nazionale di Liegi.Negli insediamenti ecclesiastici disseminati in tutta la diocesi si intese, per il tramite del calendario liturgico, conservare la memoria degli avvenimenti storici, in un primo tempo quelli locali, poi quelli regionali e infine quelli mondiali: dai calendari-obituari si passò così agli annali, da questi alle cronache e dalle cronache regionali alla storia universale. Nel sec. 10° Folcuino di Lobbes (Gesta abbatum Lobiensium) integrò la storia dei suoi abati in un quadro storico che risale indietro fino alla più lontana antichità, ma ebbe cura di segnalare come la sua narrazione si basasse su ricerche condotte personalmente negli archivi dell'abbazia. Il manuale Fecunda ratis, scritto da Egberto di L. agli inizi del sec. 11°, permette di penetrare nelle pratiche pedagogiche in uso nella diocesi, che si fondavano sulla saggezza popolare, i proverbi e le favole. Nel sec. 12° Ruperto di Deutz, più correttamente chiamato Roberto di Saint-Laurent, comparava la scienza alla saggezza, studiava le sette arti liberali e coronava il suo pensiero elaborando un programma di insegnamento che imponeva al trivio e al quadrivio premesse di carattere morale (Stiennon, 1994, col. 13). Per parte sua, Wibaldo di Stavelot (1098-1158) esercitò un mecenatismo artistico destinato in particolare a valorizzare la figura di Cristo, anticipando per certi versi l'istituzione della festività del Corpus Domini.Nell'ultimo quarto del sec. 12° la diocesi di L. vide la nascita di un particolare tipo di istituto religioso: il beghinaggio. Esso si inscriveva in un movimento di pietà e di misticismo in cui era la donna a giocare un ruolo predominante e a introdurre, in virtù della sua speciale natura, elementi di forte rottura nel quadro tradizionale della vita religiosa: a differenza della reclusa che si ritirava dal mondo e viveva isolata in una cella, le beghine erano un gruppo di pie donne che sceglievano di approfondire in comune la loro esperienza religiosa, sotto la direzione o il controllo di un ecclesiastico (un parroco, un domenicano, un francescano).Fu una priora del lebbrosario di Cornillon, a L., a proporre una celebrazione del corpo e del sangue di Cristo sotto le specie eucaristiche. Nella realizzazione del suo progetto Giuliana di Cornillon (ca. 1192-1258) si scontrò con resistenze a volte feroci, che riuscì finalmente a vincere grazie al vescovo Roberto di Thourotte, che nel 1246 istituì per la diocesi di L. la festività del Corpus Domini. Alcuni anni dopo, nel 1264, Giacomo di Troyes, arcidiacono di Campine, divenuto papa con il nome di Urbano IV, estese la festività alla Chiesa universale.Nel sec. 14° anche la diocesi di L. risentì della profonda lacerazione provocata in seno alla Chiesa dal trasferimento della sede papale ad Avignone, ma ebbe ancora un papa nella persona di Innocenzo VI (1352-1362), già diacono del Brabante. Anche il grande scisma d'Occidente (1378-1415) ebbe ripercussioni forti a L.: "per guadagnare l'aiuto dei potenti duchi di Borgogna il papa di Roma nominò a Liegi dei vescovi che fossero loro favorevoli" (Delville, 1994, col. 42). Tale pratica condusse in seguito alla catastrofe del 1468.
Notevole appare il contrasto tra la configurazione della diocesi di L. e quella del principato omonimo: infatti da un lato compare un blocco omogeneo e compatto, dall'altro un grande corpo lacerato, frammentato in enclaves, deformato da escrescenze e, con l'annessione al principato della contea di Looz, nel 1336, da una testa macrocefala. Ciò nonostante, un punto comune riunisce diocesi e principato: per entrambi la Mosa, quasi una sorta di spina dorsale, costituì un asse culturale, politico ed economico. D'altro canto, rispetto alla diocesi, la formazione del principato appartiene cronologicamente a una fase assai seriore: la sua nascita può essere datata con precisione allorché l'imperatore Ottone II accordò nel 980 al vescovo Notgero un privilegio di immunità e Ottone III gli concesse nel 985 la contea di Huy, rendendo l'alto dignitario ecclesiastico un principe temporale a tutti gli effetti (MGH. Dipl. reg. imp. Germ., II, 2, 1893, pp. 413-414, nr. 16; Kurth, 1905). Secondo una prassi ben conosciuta, che consisteva, per i sovrani tedeschi, nel porre alla testa dei grandi vescovadi prelati di cui essi si garantivano la fedeltà attraverso la donazione di vasti domini fondiari, "la potenza temporale della Chiesa di Liegi ne risultò decuplicata e il capoluogo della diocesi divenne la capitale di uno stato territoriale" (Kupper, 1991, p. 39) che si conservò fino al 1795.Divenuti principi temporali, i vescovi di L. non dimostrarono sempre un grande fervore religioso: "erano gli affari politici e sociali quelli su cui si concentrava prioritariamente l'attenzione del principe" (Delville, 1994, col. 24), il quale non disdegnava di cambiare le vesti ecclesiastiche con abiti laici, talvolta sontuosi. Fu questo il caso, in particolare, di Ugo di Pierrepont (1200-1229), che inaugurò un'importante serie di vescovi di origine francese.Altrettanto frequente fu il caso di vescovi che, nel loro ruolo di signori, entrarono in contrasto con le città, in una lotta per il potere che proseguì per tutto il corso del sec. 13°, per concludersi, grazie alla mediazione del Capitolo della cattedrale, con il compromesso del 18 giugno 1316, la pace di Fexhe. Come ha sottolineato Magnette (1924, p. 116), "l'anno 1316 segna un momento decisivo nella storia politica interna dello stato di Liegi", giacché ormai il principe poteva governare solo con l'accordo dei tre ordini, clero, nobiltà e borghesia; si trattò di un avvenimento di importanza capitale, che, se non mise fine alle tensioni politiche e sociali, garantì tuttavia che lentamente giungesse a maturazione e finalmente s'imponesse l'idea di una 'patria'. Una patria che il vescovo Ugo di Pierrepont difese vittoriosamente nel 1213, nella battaglia di Steppes, contro il duca di Brabante e che gli abitanti di L. opposero all'autoritarismo feudale di Giovanni di Baviera tra il 1390 e il 1417.
Bibl.:
Fonti. - Vita Landiberti episcopi Traiectensis vetustissima, a cura di B. Krusch, in MGH. SS rer. Mer., VI, 1913, pp. 353-384; W.A Eckhardt, Die Kapitulariensammlung Bischof Ghaerbalds von Lüttich, Göttingen 1955, pp. 112-114 nr. 67, 116-119 nr. 69; Folcuino di Lobbes, Gesta abbatum Lobiensium, a cura di G.H. Pertz, in MGH. SS, IV, 1841, pp. 52-74; Egberto di Liegi, Fecunda ratis, a cura di E. Voigt, Halle 1889.
Letteratura critica. - S. Balau, Les sources de l'histoire de Liège au Moyen Age, Bruxelles 1903; G. Kurth, Notger de Liège et la civilisation au Xe siècle, 2 voll., Paris-Liège 1905; id., La cité de Liège au Moyen Age, 3 voll., Liège-Bruxelles 1909-1910; F. Magnette, Précis d'histoire liégeoise, Bruxelles 1924 (Liège 19283); T. Gobert, Liège à travers les âges. Les rues de Liège, 6 voll., Bruxelles 1924-1929; J. Lejeune, Liège et son Pays. Naissance d'une patrie (XIIIe-XIVe siècles), Liège-Paris 1948; id., Liège, de la principauté à la métropole, Antwerpen 1967 (19743); J. Philippe, Liège. Terre millénaire des arts, Liège 1971 (19803); C. Gaier, Grandes batailles de l'histoire liégeoise au Moyen Age, Liège 1980; J.L. Kupper, Liège et l'Eglise impériale, XIe-XIIe siècles, Paris 1981; J. Stiennon, Liège (Les cités de Belgique, 3), Bruxelles 1981; J.L. Kupper, Le village était devenu une cité, in Histoire de Liège, a cura di J. Stiennon, Toulouse 1991, pp. 33-95; J. Stiennon, De l'Office de la Trinité au Poème moral. Un enseignement, un art, une théologie, une morale, in Liège. Histoire d'une église, II, Strasbourg 1994, coll. 2-19; J.P. Delville, Sous les feux de Paris et de Rome, ivi, coll. 20-47.J. Stiennon
L'originaria cattedrale di L., Saint-Lambert, distrutta durante la Rivoluzione francese, venne fondata dal vescovo Notgero nel 989 e consacrata nel 1015. L'edificio aveva doppio transetto, due cori sopraelevati - quello orientale posto al di sopra di una cripta - e copertura lignea e rappresentava il polo religioso di un complesso comprendente il battistero di Notre-Dame-aux-Fonts, le costruzioni per i canonici, uno scriptorium e il palazzo vescovile con le sue ali di servizio.La collegiata di Saint-Paul (od. cattedrale) venne edificata nel 966-971 (Dictionnaire des églises de France, 1971, p. 72) o, secondo alcuni, nel 980 (Courtens, 1969, p. 16), nel luogo in cui sorgeva una cappella risalente al sec. 8°, dedicata a s. Callisto; della costruzione del sec. 10° resta solo un ambiente, coperto a volta, a S del coro. La chiesa attuale, testimonianza significativa dell'evoluzione dell'architettura gotica in Belgio nel corso di due secoli, venne costruita tra il 1232 e il 1430; il coro, con quattro cappelle addossate, e il transetto risalgono alla prima campagna costruttiva (1232-1289), mentre alla seconda fase dei lavori, intorno al 1334, vanno datate l'abside pentagonale, che sostituì quella precedente a terminazione rettilinea, e la torre di facciata, a base quadrata, restaurata nel 1810. All'interno della chiesa è conservata una croce trionfale, di scuola mosana, della seconda metà del 13° secolo. Le opere più preziose del Trésor de la Cathédrale provengono dall'antica cattedrale di Saint-Lambert: l'avorio detto 'delle tre risurrezioni', risalente al 1050-1060 ca.; una croce decorata in filigrana d'oro, della scuola di Hugo di Oignies, del 1230 ca.; un'icona della Vergine, opera bizantina donata dall'imperatore Federico II.Dell'antica collegiata di Saint-Denis, fondata nel 987 per volere del vescovo Notgero e consacrata nel 1011 dal suo successore Balderico II, rimangono le strutture murarie della navata centrale e del transetto. Nella prima metà del sec. 12° all'edificio venne aggiunto il Westbau, un torrione rettangolare di quattro piani, privo di ingressi e di decorazioni esterne e fiancheggiato da due torrette d'accesso, quadrate alla base e poligonali a partire dal primo piano. Nel 1749 l'interno della chiesa venne rinnovato in stile rocaille.Fondata tra il 1010 e il 1015 da Godescalco di Morialmé, sotto il regno del vescovo Balderico II, la chiesa di Saint-Barthélemy non conserva alcuna traccia della struttura originaria. Già alla fine del sec. 11°, infatti, si intraprese una ricostruzione integrale dell'edificio, partendo dal coro e proseguendo con il transetto, la navata centrale e le navate laterali, per arrivare, alla fine del sec. 12°, all'erezione del Westbau in facciata, che costituisce oggi l'elemento architettonicamente più interessante della costruzione: formato da un possente parallelepipedo di m. 22 di altezza, strutturato in tre piani e sormontato da due torrette, si inserisce in una tipologia di Westbau che a L. aveva conosciuto una notevole diffusione nel corso del 12° secolo. L'interno della chiesa fu decorato con stucchi fra il 1738 e il 1747.Dal 1804 è in Saint-Barthélemy il celebre fonte battesimale in bronzo, proveniente da Notre-Dame-aux-Fonts; capolavoro dell'arte mosana, l'opera è tradizionalmente attribuita all'orafo Renier de Huy (v.) e datata fra il 1107 e il 1118. Disperso durante la Rivoluzione francese il coronamento con figure di profeti, il fonte si compone di un cilindro intorno al quale si dipanano cinque scene, riconoscibili grazie alle iscrizioni, separate l'una dall'altra da alberi non identificati: Battesimo di Cristo, Battesimo del centurione Cornelio, Battesimo del filosofo Cratone, Predicazione di s. Giovanni Battista ai pubblicani, Battesimo dei pubblicani. Il basamento è costituito dalle figure di dieci buoi (in origine dodici), simbolo del 'mare di bronzo fuso' del Tempio di Gerusalemme (1 Re 7, 23-25) o, secondo alcuni, degli apostoli (Courtens, 1969, p. 89). La profonda conoscenza e l'assimilazione dell'arte classica, per il tramite dell'arte carolingia, sono testimoniate dal trattamento delle vesti dei vari personaggi e dalla concreta resa spaziale; la padronanza nella descrizione anatomica e la concezione quasi impressionistica del paesaggio hanno fatto ipotizzare un'ispirazione diretta a modelli di scultura romana presenti nel territorio di L. (Lapière, 1982). Ricostruita nelle forme del Gotico flamboyant nel sec. 16°, la chiesa di Saint-Jacques era in origine l'abbaziale del monastero benedettino fondato nel 1013 dal vescovo Balderico II e consacrato nel 1030. Dell'edificio romanico sopravvive soltanto il Westbau, costruito nella seconda metà del sec. 12°, dominato da una torre ottagonale in origine fiancheggiata da due torri di dimensioni minori: una torretta crollò nel 1651, l'altra fu demolita poco dopo. All'interno della chiesa gli stalli risalgono al sec. 14°; nel tesoro sono conservate opere di oreficeria del sec. 14°, fra cui un reliquiario di S. Odilia.Intorno al 988 il vescovo Notgero fondò la chiesa di Saint-Jean-l'Evangéliste quale fedele copia, perfino nelle dimensioni, della Cappella Palatina di Aquisgrana. Di questa costruzione non rimane traccia, essendo stata sostituita già nel sec. 11° da un edificio romanico - a sua volta distrutto e ricostruito nel sec. 18° -, del quale resta, sia pur ampiamente restaurato nei secc. 15° e 16°, il Westbau, composto da un torrione centrale fiancheggiato da due torrette. Notevole, all'interno, una Madonna in trono con Bambino in legno policromo con dorature e cabochons; risalente al 1230 ca., quest'opera illustra l'evoluzione del tipo dell'austera Sedes sapientiae romanica verso una rappresentazione più umanizzata della figura della Vergine, evoluzione testimoniata anche dalle due statue della Vergine e di S. Giovanni (1240 ca.) del portico.Non si conservano resti dell'antica collegiata di Sainte-Croix, fondata nel 979 e consacrata nel 986 dal vescovo Notgero. Interamente ricostruita intorno al 1200 e restaurata nel sec. 19°, la chiesa attuale si distingue per la presenza di due absidi contrapposte. Il coro occidentale, utilizzato ora come battistero, si compone di un blocco rettangolare sormontato da un campanile ottagonale e di un'abside semicircolare coronata da una galleria e decorata da paraste, fra le quali si aprono finestre ogivali. A una successiva campagna costruttiva, fra il 1324 e il 1361, appartengono il coro orientale e la navata centrale, fiancheggiata da due navate laterali di uguale altezza. All'interno gli stalli scolpiti sono del 14° secolo. Nel tesoro è conservata una chiave in bronzo della confessio di s. Pietro, detta chiave di s. Uberto, al quale sarebbe stata donata nel 722 da papa Gregorio II.La basilica di Saint-Martin, eretta sul Publémont, fu fondata nel 963 dal vescovo Eracle e rimase collegiata fino al 1797; subì restauri e rifacimenti già a partire dal sec. 14°, quando fu ricostruita la torre, distrutta da un incendio nel 1312, fino alla quasi completa riedificazione nel 16° secolo.
Nel Mus. d'Archéologie et d'Arts Décoratifs, Mus. Curtius è conservata un'importante raccolta di opere medievali. La Vergine ad altorilievo detta di Dom Rupert, perché tradizionalmente attribuita alla mano del monaco teologo Rupert, che l'avrebbe eseguita come ex voto, è una delle più celebri realizzazioni dell'arte mosana. Datata alla metà del sec. 12°, l'opera proviene dall'antica abbazia di Saint-Laurent, fondata dal vescovo Eracle verso il 968 e andata quasi completamente distrutta in un incendio nel 1568, quindi riedificata in forme gotiche nel 1571. Si tratta di una rappresentazione assai evoluta del tipo della Sedes sapientiae, in cui la Madonna non appare più in atteggiamento ieratico come nei primi esempi, ma come una madre affettuosa. Allo stesso periodo (metà del sec. 12°) risale la c.d. croce di Kemexhe, ornata di smalti champlevés (la figura del Cristo appartiene alla fine del sec. 14°). La legatura dell'Evangeliario di Notgero è costituita da un intaglio in avorio di scuola mosana dell'inizio del sec. 11°, arricchito con smalti champlevés intorno al 1170. Altra opera significativa è il c.d. Mistero d'Apollo, timpano di portale in pietra scolpita, anch'esso risalente al sec. 12°, con la rappresentazione dell'Onore tra il Lavoro e la Solerzia.Il Mus. d'Art Religieux et d'Art Mosan offre un panorama completo dell'arte mosana. Opera celebre è la Vergine d'Evegnée, del 1070 ca., in legno policromo: esempio precoce di Sedes sapientiae, in cui la Vergine quasi appare come un idolo primitivo e priva di qualsiasi richiamo all'iconografia bizantina della Theotókos, va considerata espressione di un cristianesimo semplice e popolare. Nel museo è anche conservato il trittico della Santa Croce, splendido esemplare di oreficeria mosana: la piccola stauroteca cruciforme al centro risale al 1006, anno in cui l'imperatore Enrico II donò alla chiesa di Sainte-Croix una reliquia della Vera Croce; intorno al 1160-1170 un artista, tradizionalmente identificato con Godefroid de Huy, realizzò il trittico, la cui iconografia è funzionale all'esaltazione della Croce quale strumento della redenzione. Nel museo è conservata anche la croce processionale proveniente da Wonck (prov. di L.), datata alla metà del sec. 13° e decorata con medaglioni in smalto champlevé.
Bibl.: Belgische Kunstdenkmäler, München 1923; J. Stiennon, La miniature dans le diocèse de Liège aux XIe et XIIe siècles, in L'art mosan, "Journées d'études, Paris 1952", a cura di P. Francastel, Paris 1953, pp. 90-101; Trésors des musées Belges, Paris 1964; Histoire générale des églises de France. Belgique, Luxembourg, Suisse, Paris 1966; A. Courtens, Belgique romane. Architecture, art monumental, Bruxelles-Paris 1969; Dictionnaire des églises de France, V, Nord et Est. Belgique, Luxembourg, Suisse, Paris 1971; H. Westermann-Angerhausen, Das ottonische Kreuzreliquiar im Reliquientriptychon von Ste. Croix in Lüttich, WRJ 36, 1974, pp. 7-22; H.E. Kubach, A. Verbeek, Romanische Baukunst an Rhein und Maas. Katalog der vorromanischen und romanischen Denkmäler, 4 voll., Berlin 1976-1989; M. Serck-Dewaide, L. Serck, L. Kockaert, La Sedes Sapientiae de la collégiale Saint-Jean à Liège. Examen et traitement, Bulletin de l'Institut royal du patrimoine artistique 17, 1978-1979, pp. 68-88; W. Petke, Provenienz und Datierung des Evangeliars von Averbode, Scriptorium 33, 1979, pp. 206-218; J. Philippe, Liège. Terre millénaire des arts, Liège 1980(1971); Trésors du Musée d'arts religieux et mosan de Liège, cat. (Paris 1981), Liège 1981; P. Bloch, Ein romanischer Bronzekruzifixus in Lüttich, in Clio et son regard. Mélanges Jacques Stiennon, Liège 1982, pp. 49-56; M.R. Lapière, A propos des fonts baptismaux de Saint-Barthélemy. Plastique païenne et symbolisme biblique, ivi, pp. 423-435; M. Trokay, Compositions monumentales du Proche Orient ancien et représentations mosanes de fonts baptismaux, ivi, pp. 639-652; Répertoire photographique du mobilier des sanctuaires de Belgique. Province de Liège, Bruxelles 1982; J.H. Oliver, Gothic Manuscript Illumination in the Diocese of Liège (c. 1250-c. 1330) (Corpus of Illuminated Manuscripts from the Low Countries, 2), Leuven 1988, I; J. Lafontaine-Dosogne, La tradition byzantine des baptistères et de leur décor, et les fonts de Saint-Barthélemy à Liège, CahA 37, 1989, pp. 45-68; A. Lemeunier, M. De Ruette, G. Dewanckel, La croix processionnelle de Wonck au Musée d'art religieux et d'art mosan de Liège. Etude stylistique, technologie et conservation, Bulletin de l'Institut royal du patrimoine artistique 23, 1990-1991, pp. 187-200; P. Colman, Les fonts baptismaux de Saint-Barthélemy à Liège. Une merveille, des problèmes, Bulletin de la Classe des beaux-arts. Académie royale de Belgique, s. VI, 1992, 1-4, pp. 27-43.S. Lupinacci
La produzione libraria dell'area di L. non ha lasciato testimonianze per il periodo carolingio. Le grandi abbazie mosane si servirono infatti di manoscritti di importazione remsese e franco-sassone, alcuni dei quali forse prodotti in loco da ateliers stranieri (Boutemy, 1953). Gli scriptoria della diocesi rimasero legati ai modelli dell'epoca dell'arcivescovo di Reims Ebbone (m. post 847) ancora fino agli anni quaranta del sec. 10°, quando Ottone I commissionò all'abbazia di Lobbes (Hainaut) i Vangeli di Aethelstan (Londra, BL, Cott. Tib. A.II). Tra la fine del sec. 10° e gli inizi dell'11° l'integrazione della regione all'impero orientò la miniatura locale verso la produzione trevirese, diffusa anche grazie alla mediazione dell'abbazia di Stavelot, che nella prima metà del sec. 11° estese la sua giurisdizione alla città renana (Euw, 1973). Caratteristica di questo periodo è l'esecuzione di libri decorati da semplici disegni a penna e sobrie velature di colore, come la Psychomachia di Prudenzio o l'Evangeliario di Gembloux, della fine del sec. 10°-inizi 11° (Bruxelles, Bibl. Royale, 10066-10067; 5573), stilisticamente in rapporto con la regione di Treviri, da cui proviene il Salterio di Wolbodone, degli inizi del sec. 11° (Bruxelles, Bibl. Royale, 9188), che introdusse con successo nella regione lo stile del Maestro del Registrum Gregorii (Rhein und Maas, 1972-1973, I, p. 224ss.).Nel sec. 11° l'elevazione di L. a sede del principato ecclesiastico e la fioritura delle scuole monastiche recarono grande impulso all'industria libraria cittadina, che si attestò negli scriptoria della cattedrale di Saint-Lambert e delle nuove fondazioni benedettine di Saint-Jacques e Saint-Laurent. I contatti commerciali con l'Inghilterra e le Fiandre settentrionali e lo spostamento di artisti e committenti tra queste regioni e L. favorirono la diffusione dei modelli franco-anglosassoni e, nella seconda metà del secolo, l'esportazione della miniatura liegese oltre il canale della Manica (Euw, 1973). Già sensibile nell'Evangeliario di Saint-Laurent, del 1030 ca. (Bruxelles, Bibl. Royale, 18383), l'influenza inglese si intensificò in un gruppo di manoscritti degli anni sessanta che guardano ai programmi iconografici della Reichenau, di Echternach e di Colonia, ma si rifanno stilisticamente alla produzione di Saint-Omer e adottano il formato alto e stretto tipicamente anglosassone, come per es. il Commentario alle lettere di s. Paolo di Floro di Lione (Bruxelles, Bibl. Royale, 9369-9370), l'Evangeliario di Manasse (Parigi, BN, lat. 819), l'Evangeliario di Giuditta di Fiandra (Fulda, Hessische Landesbibl., Aa.21). Le grandi abbazie mosane furono tra le prime a produrre nel sec. 11° grandi bibbie illustrate. Intorno al 1080-1090 a Saint-Hubert, Lobbes e Stavelot vennero decorate spettacolari bibbie con monogrammi e iniziali istoriate, talvolta a piena pagina, disposte ad apertura di ogni singolo libro, secondo un programma illustrativo la cui complessità iconografica e progettuale trova difficilmente riscontro nella miniatura europea coeva (Cahn, 1982). La realizzazione di almeno due di queste opere, la Bibbia di Stavelot (Londra, BL, Add. Ms 28106-28107) e quella di Lobbes (Tournai, Grand Séminaire, 1), si deve alla genialità compositiva e alla potenza narrativa del monaco Goderannus e all'originalità con la quale i suoi collaboratori reinterpretarono i modelli tardoantichi e bizantini. La ricerca di nuovi valori plastici che animava questi artisti è particolarmente sensibile nella contemporanea produzione liegese, come testimonia il superamento dell'incerta spazialità tardo-ottoniana in direzione romanica dello splendido Breviario di Monaco (Bayer. Staatsbibl., Clm 23261; Usener, 1950; 1953).Nella decorazione delle iniziali vegetali, eseguite al tratto, si andò elaborando tra i secc. 11° e 12° uno stile mosano originale e sostanzialmente unitario, che nasceva dal precoce superamento in senso naturalistico della freddezza metallica dei modelli tardo-ottoniani treviresi. Le dinamiche volute dei tralci vengono ridotte a ordinato sostegno di foglie e fiori sempre più grandi e carnosi e l'insieme, animato da frequenti concessioni zoo-antropomorfe, acquista spessore e profondità inconsueti (Lapière, 1981).Nel sec. 12° nella regione di L. si attuò un graduale processo di interpenetrazione fra le diverse tecniche artistiche che portò alla costituzione di uno stile unitario. Miniatori e orefici dovevano servirsi degli stessi album di modelli, di uno dei quali forse sono pervenuti i frammenti (Liegi, Bibl. Univ., 2613, foglietto Wittert; Berlino, Staatl. Mus., Pr. Kulturbesitz, Kupferstichkab., 78.A.6, salterio; Rhein und Maas, 1972-1973, I, pp. 296-297; Klemm, 1973). Tratto distintivo della miniatura mosana del sec. 12° è l'uso di formule derivate dall'oreficeria e dallo smalto: il fondo della composizione viene diviso in bande larghe e piatte, dai colori fortemente contrastati, nelle quali sono incastonate silhouettes umane stilizzate e dai tratti drasticamente chiaroscurati, che attingono al repertorio morfologico degli smalti (Stiennon, 1968). La Bibbia di Saint-Laurent, del 1150 ca. (Bruxelles, Bibl. Royale, 2034-2035), e il Sacramentario di Colonia (Erzbischöfliche Diözesan- und Dombibl., 157), del 1164 ca., indicano che L. ebbe una parte fondamentale nella creazione di tale sensibilità estetica, della quale sono esempi paradigmatici i Dialoghi di Gregorio Magno (Bruxelles, Bibl. Royale, 9916-9917), la Bibbia di Floreffe (Londra, BL, Add. Ms 17737-17738) e l'Evangeliario di Averbode, del terzo quarto del sec. 12° (Liegi, Bibl. Univ., 363 C). Le ultime due opere, che vennero commissionate contemporaneamente dalle omonime fondazioni norbertine a un atelier che lavorava anche per l'abbazia di Arnstein (Treviri), pongono il problema del ruolo svolto dai Premostratensi nella diffusione di questo stile in area renano-mosana e del loro apporto alla definizione di iconografie bibliche tra le più complesse del sec. 12° (Stiennon, 1953; Köllner, 1973).Tra la fine del sec. 12° e gli inizi del 13° il rapido declino delle abbazie benedettine e la chiusura delle scuole monastiche segnarono una crisi profonda nella miniatura liegese, già penalizzata dall'assenza di scriptoria laici organizzati come nelle grandi capitali europee e dal persistere della tradizione aniconica nella produzione cistercense locale. Furono gli Ordini mendicanti, che fecero il loro ingresso a L. nel 1229-1232, e soprattutto le beghine a riempire questo vuoto, reso tanto più grave dall'aumento della richiesta di libri liturgici e devozionali che le nuove forme di spiritualità comportavano. I codici prodotti tra la metà del sec. 13° e il primo quarto del 14° nella diocesi sono per lo più salteri, che riflettono a livello testuale e iconografico modelli eseguiti inizialmente da e per le beghine, forse sotto la supervisione dei Domenicani di L., come per es. il gruppo di manoscritti collegati al Salterio di Lamberto il Balbuziente (Londra, BL, Add. Ms 21114). Essi testimoniano il lento distacco della miniatura liegese dalla koinè artistica renano-mosana, che coincise con la penetrazione e la lenta elaborazione delle influenze francesi, mediate inizialmente dalla produzione dello Hainaut, poi da artisti itineranti, direttamente provenienti da Parigi e Verdun, che stabilirono la loro sede nella capitale della diocesi. L. riacquistò così alla fine del sec. 13° quel ruolo di centro artistico internazionale che aveva perso nella prima metà del secolo, passando poi nel 14° da canale di diffusione dello stile di corte parigino nella regione di Colonia a centro di esportazione di miniatori e pittori verso Parigi (Oliver, 1988).
Bibl.: M. Schott, Zwei Lütticher Sakramentare in Bamberg und Paris und ihre Verwandten (Studien zur deutschen Kunstgeschichte, 284), Strassburg 1931; K.H. Usener, Das Breviar CLM. 23261 der Bayerischen Staatsbibliothek und die Anfänge der romanischen Buchmalerei in Lüttich, MünchJBK, s. III, 1, 1950, pp. 78-92; A. Boutemy, Manuscrits pré-romans du pays mosan, in L'art mosan, "Journées d'études, Paris 1952", a cura di P. Francastel, Paris 1953, pp. 51-70; J. Stiennon, La miniature dans le diocèse de Liège aux XIe et XIIe siècles, ivi, pp. 90-101; K.H. Usener, Les débuts du style roman dans l'art mosan, ivi, pp. 103-112; J. Stiennon, Les manuscrits à peintures de l'ancienne bibliothèque de l'abbaye Saint-Laurent de Liège, in Saint-Laurent de Liège. Eglise, abbaye et hôpital militaire, a cura di R. Lejeune, Liège 1968, pp. 137-160; Rhein und Maas. Kunst und Kultur 800-1400, cat. (Köln-Bruxelles 1972), 2 voll., Köln 1972-1973; A. von Euw, Zur Buchmalerei im Maasgebiet von den Anfängen bis zum 12. Jahrhundert, ivi, II, 1973, pp. 343-360; H. Köllner, Zur Datierung der Bibel von Floreffe. Bibelhandschriften als Geschichtsbücher?, ivi, pp. 361-376; E. Klemm, Ein romanischer Miniaturenzyklus aus dem Maasgebiet, Wien 1973; M.R. Lapière, La lettre ornée dans les manuscrits mosans d'origine bénédictine XIe-XIIe siècles (Bibliothèque de la Faculté de philosophie et lettres de l'Université de Liège, 229), Paris 1981; W. Cahn, Romanesque Bible Illumination, Ithaca (NY) 1982, pp. 124-136; G. Chapman, Mosan Art, an Annotated Bibliography, Boston (MA) 1988; J.H. Oliver, Gothic Manuscript Illumination in the Diocese of Liège (c. 1250-c. 1330) (Corpus of Illuminated Manuscripts from the Low Countries, 3), Leuven 1988, II; id., L'art mosan: un bilan, Le Moyen Age, s. V, 4, 1990, pp. 317-322.F. Cecchini