LIGGIERI (Liggieri diAndreotto)
Figlio di Nicoluccio, nacque a Perugia alla fine del XIII secolo o più probabilmente nei primi anni del Trecento.
La famiglia del L. esercitava da tempo l'arte della mercanzia e risiedeva nel rione di Porta Sole, parrocchia di S. Fiorenzo. A dare avvio alle fortune politiche - e forse anche economiche - della famiglia era stato il nonno di L., Andreotto di Liggieri. Andreotto, il 22 marzo 1300, fu tra i testimoni presenti all'atto notarile con cui il Consiglio generale di tutte le società delle arti di Perugia decretò la ricostruzione della cattedrale dei Ss. Lorenzo ed Ercolano a spese del Comune. Sempre Andreotto è ricordato nello statuto del Comune e Popolo di Perugia del 1342 per aver ratificato, in qualità di camerlengo, l'accordo raggiunto tra le Comunità del lago Trasimeno in merito alla determinazione degli spazi di pesca. Il padre di L. fu, nei primi anni del Trecento, uno degli esponenti del popolo grasso che nel 1303 conquistò il potere cittadino attraverso la sostituzione dei consoli con la nuova magistratura dei Dieci priori delle arti, che deteneva il potere esecutivo cittadino.
L. fece il suo ingresso nella vita pubblica nel 1323, anno in cui risulta iscritto all'arte della mercanzia con l'appellativo di "Legerutius", forse per l'ancor giovane età. Nicoluccio, a quella data, era quasi certamente già morto, perché non compare nella medesima matricola. Nel 1327 L. ricevette il primo incarico pubblico, come podestà a Spoleto. Proprio durante la sua podesteria, gli Spoletini furono "cacciati di Perugia e suo dominio" (Pellini, p. 491) dai Priori delle arti per non avere consegnato il pallio nelle forme dovute in occasione della festa di S. Ercolano, protettore di Perugia. Rientrato a Perugia, gli fu affidata la difesa della città, che temeva sussulti della fazione ghibellina in occasione del passaggio delle truppe imperiali di Ludovico il Bavaro (1327-28).
Negli anni successivi L. acquisì un ruolo di primissimo piano in seno all'arte della mercanzia, di cui divenne console nel secondo semestre del 1330 e nel primo del 1334. Contemporaneamente svolse un ruolo sempre più rilevante nella politica cittadina che, nel 1333, aveva conosciuto un'ulteriore svolta antimagnatizia con la redazione del cosiddetto Libro rosso, contenente oltre 700 nomi di nobili cui era vietato l'accesso alle maggiori magistrature. In seguito alla sconfitta di Carbognana, presso Cortona, subita dai Perugini contro le truppe aretine, L. fu inviato, insieme con Ubaldino di Tano degli Ubaldini, a Lucca e a Parma, per condurre un contingente di 1300 cavalieri appartenenti all'esercito di Giovanni del Lussemburgo, re di Boemia. Nell'agosto del 1335 le truppe boeme avviarono le operazioni contro Arezzo, governata dalla fazione ghibellina dei Tarlati; la guerra che Perugia conduceva insieme con Firenze si concluse con la presa di Arezzo e la pace, stipulata il 19 apr. 1337 da tre sindaci: Antonio degli Albizzi per Firenze, Azzolino Camaiani per Arezzo e L. per Perugia.
Dopo questi fatti non si hanno notizie di L. fino al 1347, quando fece parte della delegazione di dieci ambasciatori che il Comune di Perugia inviò a Roma a seguito della nomina a tribuno di Cola di Rienzo.
Nel 1348, anno della grande peste, L. fu capitano del Popolo di Orvieto e nell'aprile 1349 fu inviato come governatore ad Anghiari, appena recuperata dopo la rivolta del dicembre precedente. Nel primo semestre del 1351 fu console della mercanzia e nel bimestre successivo, in qualità di priore delle arti, condusse personalmente una campagna militare contro Gubbio; alla fine di agosto guidò un'ambasciata a Orvieto per perfezionare la pace di recente raggiunta tra i due Comuni. Tra il 1352 e il 1353 comandava le truppe perugine contro Cortona, che cadde nel mese di febbraio.
Dalla fine degli anni Quaranta L. divenne uno dei principali protagonisti della vita politica cittadina e, nel decennio successivo, guidò numerose missioni diplomatiche. Nel marzo del 1353 rappresentò Perugia alla pace di Sarzana, insieme con Betto d'Andruccio di Nino e Bettolo di Piero de' Pelacani; l'anno successivo fu inviato dal cardinale Egidio de Albornoz a governare Viterbo, appena tolta a Giovanni di Vico. Nel 1355 guidò due ambascerie a Pisa presso Carlo IV di Lussemburgo, diretto a Roma per essere incoronato imperatore; con la prima, in gennaio, notificò a Carlo IV la buona disposizione della città e nella seconda, avvenuta nel mese di giugno e alla quale partecipò anche Bartolo da Sassoferrato, ottenne il privilegio imperiale per lo Studium generale e la conferma di altri privilegi per diritti goduti dalla città di Perugia.
Nel secondo semestre del 1357 L. fu nuovamente console della mercanzia e alla fine dell'anno si fece promotore di una campagna militare contro Cortona, il cui signore, Bartolomeo Casali, era accusato di avere stretto alleanza con Siena a danno di Perugia; oltre a essere nominato tra i Cinque sopra la guerra, gli fu anche affidato il comando dell'esercito.
Mentre stringeva d'assedio Cortona, L. inviò ambasciatori a Firenze per ottenerne la neutralità. Quando, nel marzo 1358, Siena, alleata di Cortona, riuscì a condurre una compagnia mercenaria di 1200 uomini proveniente dalla Lombardia, i Cortonesi contrattaccarono gli assedianti e i Perugini furono costretti a ritirarsi. Giunta la notizia, a Perugia vi furono dei tumulti e L., accusato di incapacità militare, fu costretto a trattare il rientro in città attraverso propri emissari. La guerra si concluse con una pace, raggiunta con la mediazione di Firenze. Nel 1359 L., insieme con Fedanzino di Giovanni del Marescalco, un altro membro dei Cinque sopra la guerra, fu messo formalmente sotto accusa dal fiorentino Geri de' Pazzi, chiamato a Perugia con il compito di sindacatore delle spese sostenute nel conflitto. I Priori delle arti, favorevoli agli accusati, li sottrassero al giudizio inviandoli in ambasciata presso Egidio de Albornoz, utilizzando una disposizione statutaria che impediva di istruire processi contro gli ambasciatori in carica.
L. riuscì comunque ben presto a superare le difficoltà procurategli dalla sfortunata campagna contro Cortona e nel 1360 ottenne di guidare la difesa di Ascoli Piceno dalla minaccia ghibellina. Rientrato a Perugia, il 24 ag. 1361, in seguito a una confidenza di Tinieri Montemelini sventò una congiura nobiliare che intendeva sottrarre il controllo della città al popolo grasso. L'avere scoperto il complotto e la dura posizione assunta nei confronti dei congiurati - la maggior parte dei quali, condannati a morte, erano riusciti a fuggire - costò però a L. la vita l'anno successivo: il 19 giugno 1362, di domenica subito dopo il vespro, L. si fermò a leggere una lettera datagli da Filippo Baldacchini, ambasciatore di Cortona, sotto la casa di Niccolò Tei de' Boccoli. Donato de' Boccoli, fratello (o forse figlio) di Ceccherello de' Boccoli - uno dei congiurati condannati - da una finestra gli lanciò contro una "macinetta" di pietra colpendolo alla testa e uccidendolo. La famiglia de' Boccoli fu bandita dalla città e la casa abbattuta, ma l'assassino sfuggì alla cattura. Il giorno successivo la salma di L. fu portata al palazzo dei Priori, e i Priori delle arti gli concessero, post mortem, il titolo di cavaliere. Le esequie si svolsero con grande pompa il 21 giugno nella cattedrale, dove L. fu sepolto in un pregevole sepolcro marmoreo presso la tomba di Urbano IV.
Matteo Villani dà di L. il seguente ritratto: "Leggieri di Andreotto, popolare di Perugia, fu uomo di grande animo, e al suo tempo Tullio, perocché fu il più bello dicitore si trovasse, e sanza appello il maggiore cittadino ch'avesse città d'Italia che si reggesse a popolo e libertà, e il più amato e il più careggiato e dal popolo e da' Raspanti; ma a' gentili uomini, li cui trattati avea scoperti, forte era in crepore e malavoglienza" (Cronica, XI, 5). E in effetti acre e duraturo fu l'astio della fazione nobiliare perugina contro L., al punto che il 17 maggio 1371, durante un tumulto cittadino, i soldati di Ranuccio dell'Abbate, della famiglia dei Ranieri, distrussero il sepolcro di L. e ne sparsero le ossa per le strade della città.
Non si conosce il nome della moglie di L., dalla quale ebbe almeno un figlio, Angelo, iscritto all'arte della mercanzia nel 1346 e priore delle arti nel 1380. I figli di Angelo, Andreotto e Legerotto, iscritti all'arte della mercanzia rispettivamente nel 1362 e nel 1377, morirono in età giovanile e probabilmente senza figli, perché nella matricola dell'arte della mercanzia del 1403 non compare più alcun discendente di Liggieri.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Perugia, Arch. stor. del Comune, Miscellanea, 1, cc. 8v-9r; ibid., Conservatori della moneta, 7, cc. 12v-14r; ibid., Consigli e riformanze, 23, cc. 49v, 83r, 145r, 153r, 180v, 183r, 198v, 277v; Perugia, Arch. capitolare, Libro Verde, cc. 48v-50r; Ibid., Arch. del Nobile Collegio della mercanzia di Perugia, Statuti e Matricole, 2, c. 31r; Croniche di Giovanni, Matteo e Filippo Villani, II, a cura di A. Racheli, Trieste 1858, p. 369; Cronache della città di Perugia, a cura di A. Fabretti, Torino 1887, pp. 15, 29, 32, 77, 80, 83, 100, 107, 114, 118 s., 148, 153, 176, 181; Statuti e matricole del Collegio della mercanzia di Perugia, II, a cura di A. Bartoli Langeli et al., Perugia 2000, pp. 429, 447, 468, 478, 489, 491, 496 s., 507, 519 s., 551 s., 863; Statuto del Comune e Popolo di Perugia del 1342 in volgare, II, a cura di M. Salem Elsheikh, Perugia 2000, pp. 491 s.; P. Pellini, Dell'historia di Perugia, I, Venetia 1664, pp. 527, 540, 879, 889, 933, 951, 953, 967-969, 973 s., 982, 997 s.; A. Rossi, Armi ed utensili distribuiti all'esercito di Perugia che nel 1358 campeggiava a Cortona, in Giorn. di erudizione artistica, II (1873), pp. 191-207; L. Bonazzi, Storia di Perugia, I, Perugia 1875, pp. 320, 347, 354-356, 375; L. Salvatorelli, La politica interna di Perugia in un poemetto volgare della metà del Trecento, in Boll. della Deputazione di storia patria per l'Umbria, L (1953), pp. 101-103; M. Pecugi Fop, Il Comune di Perugia e la Chiesa durante il periodo avignonese con particolare riferimento all'Albornoz, Perugia 1970, pp. 42, 55; J.Ph. Grundman, The popolo at Perugia, Perugia 1992, pp. 325 s.; Id., Cat up the tree: the Raspanti and the Vencioli conspiracy of 1351, in Boll. della Deputazione di storia patria per l'Umbria, XCVII (2000), pp. 264 s., 287.